Restituzione di somme da unico pagamento ma su titoli diversi: il credito non è frazionato

Non incorre nella violazione del principio dell’infrazionabilità del credito il ricorrente che domandi con diversi procedimenti monitori la restituzione delle spese legali ad un avvocato distrattario, scaturite da diversi contenziosi, anche se pagategli con un unico assegno in virtù di titoli diversi cristallizzati in sentenze rese dal giudice di pace poi riformate in sede di gravame.

La vicenda processuale. Il Tribunale riformava la sentenza del Giudice di Pace rigettando l’opposizione contro cinque decreti ingiuntivi ottenuti nei confronti di un avvocato e promossi da una società di somministrazione gas nello specifico tali decreti ingiuntivi si fondavano sulla richiesta di restituzione all’avvocato distrattario di spese di lite relative ad un pregresso contenzioso avuto con gli utenti della società di somministrazione, ove quest’ultima era rimasta soccombente in primo grado e vincitrice in appello. V’è da dire che, sempre con riferimento a questi ultimi contenziosi, la società di somministrazione non aveva potuto recuperare le spese legali versate all’avvocato distrattario il tribunale, infatti, aveva ritenuto che la domanda di ripetizione delle spese di primo grado doveva esser formulata non agli utenti assistiti, bensì al loro difensore-distrattario che, però, non era stato evocato in giudizio. Da qui i decreti ingiuntivi e le conseguenti opposizioni, prima accolte, poi rigettate, e da cui è scaturito il ricorso per cassazione da parte dell’avvocato distrattario. I motivi di ricorso. L’avvocato fonda le sue argomentazioni di ricorso sotto due profili 1 omesso accoglimento dell’eccezione di improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito la società di somministrazione, infatti, aveva chiesto la restituzione delle somme corrisposte con un unico assegno, ma sulla base di cinque distinti ricorsi monitori 2 omesso accoglimento della eccezione di passaggio in giudicato delle sentenze pronunciate in grado di appello che avevano respinto la domanda proposta solo nei confronti degli utenti assistiti, e non già anche dell’avvocato distrattario. Le argomentazioni della Corte di Cassazione. La Suprema Corte bolla il ricorso dell’avvocato ritenendolo infondato sotto ogni profilo. Innanzitutto, il difensore distrattario subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione di una sentenza di primo grado, anche se non evocato personalmente in giudizio tuttavia nelle sentenze di cui si discute nella fattispecie in esame non è contenuto alcun accertamento negativo dell’obbligo del difensore distrattario di restituire le spese del giudizio di primo grado da questi incassate al contrario è contenuta l’affermazione che, con riferimento alla domanda accessoria della società di somministrazione di restituzione delle spese la legittimazione passiva spettava al difensore distrattario, non partecipante al giudizio. Ne consegue come tale statuizione lasci impregiudicata la facoltà di recuperare contro il difensore distrattario le somme, come peraltro è avvenuto in via di ricorsi monitori da parte della società di somministrazione. Per quanto concerne il frazionamento del credito, gli ermellini ritengono che la società di somministrazione non sia incorso in alcun abuso processuale. Il preciso richiamo è alla decisione delle Sezioni Unite del 16.02.2017 che ha stabilito il noto principio secondo cui le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi” ma con un distinguo ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”. La fattispecie in parola è però fuori dalla portata dei principi della Corte di Cassazione le domande di restituzione avanzate dalla società di somministrazione nei confronti dell’avvocato distrattatrio non facevano capo ad un medesimo rapporto tra le parti, e neppure sono ascrivibili ad un ambito oggettivo unico per essere fondate su uno stesso fatto costitutivo. Dirimente è la circostanza secondo la quale i titoli fondanti la domanda la ripetizione delle somme versate dall’appellante all’appellato erano diversi perché cristallizzate dalle plurime e diverse sentenze del giudice di pace e solo con la riforma delle predette sentenze di primo grado, sulla scorta di altre plurime sentenze di appello, è sorto il diritto della società di somministrazione alla restituzione delle somme.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 gennaio – 3 ottobre 2019, n. 24747 Presidente D’Ascola – Relatore Cosentino Ritenuto in fatto Con la sentenza n. 3099/17 il tribunale di Salerno, riformando la sentenza del giudice di pace di Cava dè Tirreni n. 961/2011, ha rigettato l’opposizione dell’avv. M.M. contro cinque decreti ingiuntivi n. 249, 247, 244, 238 e 237 dell’anno 2010 ottenuti nei suoi confronti dalla ENGIE ITALIA s.p.a. già Italcogim s.p.a, poi GDF Suez Energie s.p.a. - società distributrice di gas ed energia elettrica - per il recupero di spese di lite relative ad un pregresso contenzioso in materia di rapporti di somministrazione di gas spese che essa ENGIE ITALIA aveva versato all’avv. M. , quale difensore-distrattario degli utenti che avevano giudizialmente agito contro di lei. In tali precedenti giudizi la ENGIE ITALIA era rimasta soccombente in primo grado e vincitrice in appello, senza, tuttavia, poter recuperare le spese da lei versate agli utenti in provvisoria esecuzione delle sentenze del giudice di pace il tribunale infatti - nelle sentenze del 2009 con cui aveva ribaltato in favore della ENGIE ITALIA le decisioni, favorevoli agli utenti, del giudice di pace - aveva tuttavia ritenuto che la ripetizione delle spese del primo grado andasse domandata non agli utenti ma al loro difensore-distrattario, che non era parte nel giudizio. Donde i decreti ingiuntivi della ENGIE ITALIA nei confronti dell’avvocato M. e le conseguenti opposizioni di costui, accolte, previa riunione, dal giudice di pace e poscia rigettate dal tribunale, con la sentenza qui gravata. In tale sentenza il tribunale salernitano ha osservato - che l’eccezione di improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito, sollevata dall’avvocato M. sul rilievo che la ENGIE ITALIA aveva proposto cinque ricorsi monitori per chiedere la restituzione delle somme a lui versate con unico assegno, doveva ritenersi infondata, in ragione della diversità di titoli e pluralità di crediti sorti con la riforma di diverse e plurime sentenze - che il giudice di pace aveva errato nel ritenere che la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di spese di lite in esecuzione provvisoria delle sentenze pronunciate in primo grado nei pregressi giudizi relativi ai rapporti di somministrazione di gas, avanzata dalla ENGIE ITALIA contro l’avvocato M. , fosse preclusa dal giudicato formatosi sulle sentenze di appello del 2009 che avevano respinto tale domanda nei confronti degli utenti assistiti dall’avvocato M. nella sentenza gravata si osserva che tale domanda era stata rigettata proprio perché proposta nei confronti degli utenti e non del loro difensore distrattario, non parte in quei giudizi. Avverso la sentenza n. 3099/17 del tribunale di Salerno l’avvocato M. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, contrastati con controricorso dalla ENGIE ITALIA s.p.a. La causa è stata chiamata e decisa nell’adunanza di camera di consiglio del 10 gennaio 2019. Con il primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e artt. 93 e 324 c.p.c Il ricorrente - richiamato il consolidato principio che il difensore distrattario subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, benché non evocato personalmente in giudizio - argomenta che, proprio alla luce di tale principio, il rigetto della domanda di restituzione delle spese pronunciato nelle sentenze del 2009 avrebbe acquistato efficacia di giudicato vincolante nei rapporti tra esso ricorrente e la ENGIE ITALIA. Il motivo va disatteso, perché non coglie la portata del giudicato esterno rappresentato dalle sentenze del 2009 in tali sentenze non è contenuto alcun accertamento negativo dell’obbligo del difensore distrattario di restituire le spese del giudizio di primo grado da lui incassate, ma è contenuta l’affermazione di cui, proprio perché si tratta di statuizione passata in giudicato, non rileva scrutinare la giuridica fondatezza che - sulla domanda accessoria dell’appellante ENGIE ITALIA di restituzione delle spese pagate in esecuzione provvisoria della sentenza sfavorevole di primo grado - la legittimazione passiva spettava al difensore distrattario, non partecipante al giudizio, e non ai suoi assistiti, contro i quali la domanda era stata proposta. È evidente come tale statuizione lasciasse impregiudicata l’iniziativa giudiziaria di recupero contro il difensore-distrattario, poi esercitata da ENGIE ITALIA nel presente giudizio. Col secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del principio dell’infrazionabilità del credito, dolendosi del rigetto, da parte del tribunale, della relativa eccezione. Evidenzia che la società aveva scelto di effettuare un unico pagamento con un solo assegno in virtù di titoli diversi le sentenze del giudice di pace e argomenta che il rapporto obbligatorio sarebbe rimasto unico, così come il credito, con la conseguenza che unica doveva essere la richiesta giudiziale di restituzione da parte della società, che invece aveva proceduto a richiedere ben 93 decreti ingiuntivi abusando del processo attraverso la creazione di molteplici contenziosi ed aggravando la posizione debitoria dell’appellato. Sottolinea inoltre, richiamando la giurisprudenza in materia, che la società ha locupletato sulla liquidazione delle spese, soprattutto in considerazione dei decreti monitori depositati tutti lo stesso giorno e aventi tutti identità di soggetti, causa petendi e petitum. Anche questa censura è infondata. In tema di infrazionabilità del credito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, con la sentenza n. 4090 del 16.02.2017, che il principio per cui più domande fondate su un medesimo rapporto tra le stesse parti possono essere proposte in giudizi autonomi solo qualora il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata opera in relazione alle domande che, pur avendo ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, risultino in proiezione inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, siano fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale. Nel caso in esame si è fuori dalla portata della citata pronuncia, perché è evidente che le domande di restituzione avanzate dalla società nei confronti dell’avv. M. non solo non fanno capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, ma non sono neppure, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo infatti, come esattamente rilevato dal tribunale i titoli in forza dei quali le somme erano versate dall’appellante all’appellato sono diversi e sono rappresentati dalle plurime e diverse sentenze del giudice di pace e . solo con la riforma delle predette sentenze del giudice di pace, disposta con plurime sentenze di appello, è sorto il diritto della società odierna appellante alla restituzione delle somme pag. 4 della sentenza . In definitiva il ricorso va rigettato in relazione ad entrambi i motivi in cui esso si articola. Le spese seguono la soccombenza. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 710, oltre Euro 100 per esborsi ed oltre accessori di legge. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.