Onorario per il patrocinio in più gradi di giudizio: l’avvocato alle prese con il rebus della competenza

Il tema delle modalità con le quali l’avvocato può chiedere la liquidazione del proprio compenso e che, se non mi inganno, avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni del legislatore espressione di una norma di favore per l’avvocato nel senso di facilitarlo è particolarmente complesso e scivoloso proprio dal punto di vista processuale.

L’ordinanza interlocutoria della Sesta Sezione della Corte di Cassazione del 17 giugno 2019, n. 16212 è stata resa in sede di regolamento di competenza al fine di individuare, in base alle norme che il legislatore ha previsto per la domanda con la quale l’avvocato chiede al giudice la liquidazione dei propri onorari da ultimo con il d.lgs. 150/2011, tale compenso. Il caso. Nel caso di specie la vexata quaestio riguarda l’individuazione del giudice competente quando l’avvocato chieda la liquidazione dopo aver prestato la propria opera in una controversia che si è svolta in più gradi. Due gradi di giudizio. Ed infatti, il caso deciso prende le mosse dal ricorso di un avvocato che ha promosso una domanda volta a sentir condannare il proprio cliente in quel caso, un condominio di Napoli alla liquidazione dei compensi spettanti per l’attività di patrocinio per una causa che in primo grado si era svolta davanti al Tribunale di Napoli che in appello di Napoli. Senonché, il Tribunale di Napoli aveva dichiarato la propria incompetenza assumendo che se la domanda ha ad oggetto la richiesta di compensi per l’attività svolta in più gradi di causa, l’intera lite rientra nella competenza del giudice di secondo grado o di quello che abbia conosciuto per ultimo della controversia , essendo solo questi in grado di valutare l’attività svolta e di liquidare il compenso nella misura più adeguata. Avverso quella decisione l’avvocato proponeva, quindi, regolamento di competenza alla Corte di Cassazione. Il ricorso al capo dell’ufficio giudiziario adito per il processo. Il tema è complesso anche perché risente della disposizione rectius delle interpretazioni dell’ art. 28 l. n. 794/1942 nella parte in cui così prevedeva per la liquidazione degli onorai e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato o il procuratore, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all’art. 633 e seguenti del codice di procedura civile, proporre ricorso al capo dell’ufficio giudiziario adito per il processo”. Una procedura rispetto alla quale parte della giurisprudenza aveva ritenuto che la competenza fosse funzionale e inderogabile, ma che consentiva all’avvocato, in un caso come quello affrontato, di fare un unico processo per i due gradi ma davanti al giudice che per ultimo avesse trattato il processo sull’assunto che solo quest’ultimo fosse in condizione di valutare l’opera svolta nella sua globalità e liquidare il compenso in misura adeguata”, mentre altra parte minoritaria non consentiva il cumulo all’interno di un unico processo proprio per la inderogabilità della competenza del giudice adito per il processo”. Oggi, l’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 prevede, oltre all’applicazione del rito sommario di cognizione, sempre la competenza dell’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. A tal riguardo la giurisprudenza per cui si veda la sentenza delle Sezioni Unite n. 4485/2018, relatore Frasca e che è bene richiamare ha avuto modo di affermare che 1 è esclusa la possibilità di introdurre l´azione sia con il rito di cognizione ordinaria atto di citazione , sia con quello del procedimento sommario ordinario” di cui agli artt. 702 bis e segg. c.p.c. 2 gli unici riti utilizzabili sarebbero pertanto quelli del ricorso per ingiunzione di pagamento e dell’art. 702- bis c.p.c., così come disciplinato dall’art. 14D.lgs n. 150/2011 da utilizzare anche per l’opposizione al decreto ingiuntivo 3 in entrambi i casi, l'oggetto della controversia può avere ad oggetto solo il quantum oppure riguardare anche una contestazione sull’an 4 soltanto qualora il convenuto svolga una difesa che si articoli in via riconvenzionale o di compensazione o di accertamento pregiudiziale, l’introduzione di una domanda ulteriore e la sua esorbitanza dal rito di cui all’art. 14 comporta − sempre che non si ponga anche un problema di connessione ai sensi degli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., e, se è stata adita la corte di appello, il problema della soggezione della domanda del cliente alla competenza di un giudice di primo grado, che ne impone la rimessione ad esso − che si debba dar corso alla trattazione di detta domanda con il rito sommario, qualora anche la domanda introdotta dal cliente si presti ad un’istruzione sommaria in caso contrario, si impone di separarne la trattazione e di procedere con il rito per essa di regola previsto. Con riferimento alla questione dei più gradi di giudizio le Sezioni Unite avevano puntualizzato che il difensore può 1 proporre le domande in cumulo con il rito monitorio davanti al Tribunale competente in via ordinaria , 2 proporle separatamente davanti all’ufficio di espletamento delle prestazioni, ai sensi del secondo comma della suddetta norma 3 proporle cumulativamente davanti al Tribunale del luogo indicato dal terzo comma dell’art. 637 c.p.c. ferma, in tutti i casi, la prevalenza del foro del consumatore”. Rimessione alle Sezioni Unite. Tuttavia, per la sesta sezione, però, occorre investire le Sezioni Unite della Suprema Corte per risolvere alcuni snodi interpretativi che si sono posti a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 150/2011. La prima questione che viene sottoposta è quella volta a sapere se l’avvocato oggi mantiene, o no, la possibilità di chiedere i compensi per attività svolte in più gradi in un unico processo dinanzi al giudice che abbia conosciuto per ultimo della controversia dando continuità all’orientamento maggioritario formatosi nel vigore dell’art. 28 l. n. 794/1942, anche tenendo conto dell’affermata natura non inderogabile della competenza del giudice adito per il processo”. La seconda questione – in via alternativa alla prima – è quella volta a sapere se invece i criteri per dette controversie vadano ricercati esclusivamente sulla base del coordinamento tra il secondo comma dell’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e l’art. 637 c.p.c., lasciando al ricorrente la sola alternativa di proporre più domande autonome per i compensi relativi a ciascun grado di causa dinanzi ai singoli giudici aditi per il processo o di cumularle dinanzi al tribunale competente ex art. 637 c.p.c. con salvezza del c.d. foro del consumatore , restando in ogni caso esclusa la competenza del giudice che abbia conosciuto per ultimo del processo. La parola, quindi, passa alle Sezioni Unite che ci auguriamo risolvano i quesiti facilitando la vita all’avvocato quando questi debba chiedere la liquidazione del proprio compenso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 2, ordinanza interlocutoria 1 marzo – 17 giugno 2019, n. 16212 Presidente D’Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa Il Tribunale di Napoli ha dichiarato la propria incompetenza in relazione alla domanda di liquidazione dei compensi professionali proposta dal ricorrente per il patrocinio svolto in favore del Condominio di Via Petrarca n. 66 di Napoli, nel giudizio definito dal medesimo Tribunale con sentenza n. 5826/2014 e dalla locale Corte d’appello con sentenza n. 4007/2015. Il giudice di merito ha sostenuto che se la domanda ha ad oggetto la richiesta di compensi per l’attività svolta in più gradi di causa, l’intera lite rientra nella competenza del giudice di secondo grado o di quello che abbia conosciuto per ultimo della controversia , essendo solo questi in grado di valutare l’intera attività svolta e di liquidare il compenso nella misura più adeguata. Avverso detta decisione l’avv. P.P. ha proposto ricorso per regolamento di competenza strutturato in un unico motivo. Il Condominio di Via Petrarca n. 66 di Napoli ha depositato memoria difensiva. Motivi della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce che la pronuncia impugnata, richiamandosi ad un unico precedente conforme, avrebbe disatteso le indicazioni della sentenza n. 4485/2018 delle sezioni unite di questa Corte, secondo cui nei procedimenti D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, quando le prestazioni del difensore siano svolte dinanzi ad uffici giudiziari diversi, per ottenere il relativo compenso occorrerebbe proporre domande autonome dinanzi a ciascun giudice adito per il processo, con esclusione della possibilità di riconoscere al giudice di secondo grado o al giudice che abbia trattato per ultimo il giudizio la competenza per l’intera controversia. 1.1. L’originaria formulazione della L. n. 794 del 1942, art. 28, disponeva che per la liquidazione, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato o il procuratore, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all’art. 633 c.p.c. e ss., proporre ricorso al capo dell’ufficio giudiziario adito per il processo. Tale competenza era ritenuta funzionale, non derogabile Cass. 27402/2013 Cass. 13001/2001 Cass. 993/1995 Cass. 9628/1995 Cass. 2613/1983 Cass. s.u. 182/1999 , neppure per ragioni di connessione Cass. 887/1970 Cass. 1012/1996 contra, Cass. 2912/1976 , restando salva l’applicabilità dei criteri di competenza di cui all’art. 637 c.p.c., ove l’avvocato avesse fatto ricorso alla tutela monitoria Cass. 10293/2002 Cass. 6700/1994 , sempre che la lite fosse circoscritta alla liquidazione del compenso e non fosse contestato l’an della pretesa Cass. 4419/1991 . In tal caso, la domanda proposta ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 28, era reputata inammissibile Cass. 23344/2008 Cass. 17053/2011, nonché, di recente, Cass. 24089/2018 , ovvero, per altre pronunce, l’intera causa doveva esser trattata con il rito ordinario Cass. 17662/2007 Cass. 4419/2001 . Restava in ogni caso impregiudicata la possibilità di instaurare un ordinario giudizio di cognizione, invocando i criteri di competenza generali. 1.2. Per l’indirizzo prevalente di questa Corte il carattere funzionale ed inderogabile della competenza L. n. 794 del 1942, ex art. 28, pur comportando la necessità di proporre la domanda al capo dell’ufficio giudiziario adito per il processo, non impediva al difensore che avesse svolto il patrocinio in più gradi di instaurare un unico giudizio per ottenere l’intero corrispettivo, nel qual caso il ricorso doveva essere indirizzato all’ufficio che per ultimo avesse trattato il processo, sull’assunto che solo quest’ultimo fosse in condizione di valutare l’opera svolta nella sua globalità e liquidare il compenso in misura adeguata Cass. 13586/1991 Cass. 6033/1987 Cass. 4215/1983 Cass. 3256/1953 . Per le prestazioni rese in primo ed in secondo grado, la competenza restava, quindi, radicata dinanzi al giudice d’appello Cass. 4704/1989 L’indirizzo numericamente minoritario ha per contro escluso la possibilità di cumulare in un unico giudizio la richiesta del corrispettivo per l’attività svolta in più gradi, ritenendo insuperabile l’ostacolo derivante dall’impossibilità di sottrarre le singole domande, alla competenza inderogabile del capo dell’ufficio adito per il processo in mancanza di una disposizione espressa Cass. 21/1973 e Cass. 6493/1997 . Da tale prospettiva l’unitarietà dell’incarico svolto poteva aver rilievo per la liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente ma non per quelli dovuti dal cliente al proprio difensore Cass. 6493/1997 . 1.3. Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 1 e 2, prevede attualmente che le controversie previste dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28, e l’opposizione proposta a norma dell’art. 645 c.p.c., contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto. È competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale. Ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 3, comma 1, è esclusa l’applicabilità delle disposizioni di cui agli all’art. 702 ter c.p.c., comma 2 e 3, con conseguente impossibilità di disporre il passaggio della causa al rito ordinario ove le difese svolte delle parti richiedano un’istruzione non sommaria. Detta norma è stata ritenuta legittima dalla Corte costituzionale anche per il fatto che la disposizione è sembrato confermasse l’impossibilità di ricorrere al procedimento speciale nel caso in cui il thema decidendum si estenda a questioni che esulano dalla mera determinazione del compenso così, testualmente, Corte Cost. 65/2014 . All’indomani dell’entrata in vigore del D.Lgs. n 150 del 2011, la giurisprudenza di questa Corte ha però prevalentemente riconosciuto alla luce della preclusione sancita dall’art. 3, comma 1, del decreto cit., che impedisce la trasformazione del rito a prescindere dalla complessità della lite , l’attrazione al rito sommario speciale di tutte le controversie riguardanti il compenso del difensore anche se pertinenti all’an della pretesa, stante l’insindacabilità della scelta del rito applicabile, basata su una verifica, astratta ed irrevocabile, compiuta a monte dal legislatore sulla base delle caratteristiche riscontrate in alcune specie di controversie che hanno ad oggetto determinate specifiche materie Cass. 4002/2016 Cass. 548/2017 Cass. 3993/2017 Cass. 5843/2017 Cass. 12411/2017 Cass. 12847/2017 Cass. s.u. 4485/2018 Cass. 10410/2018 Cass. 26778/2018 in senso contrario, Cass. 19873/2015 cfr., inoltre, Cass. 12248/2016 secondo cui il provvedimento che definisce l’an della pretesa è impugnabile in appello appellabile e non è ricorribile in cassazione . Tale soluzione appare confermata ed ulteriormente sviluppata dalle Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 4485/2018, secondo cui a il giudizio D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, comprende tutte le questioni concernenti il diritto al compenso, inclusa la contestazione dell’an, specie se introdotte mediante eccezioni o mere difese, inidonee ad ampliare l’oggetto della causa, essendo esclusa qualsivoglia possibilità di dichiarare l’inammissibilità della domanda b è preclusa la difensore la possibilità di proporre la domanda in via ordinaria o nelle forme dell’art. 702 bis, dovendo in ogni caso trovare applicazione il rito D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 3 c qualora il cliente non si limiti a contestare il diritto al compenso ma introduca una domanda riconvenzionale, se quest’ultima rientra nella competenza del giudice adito ex art. 14, resta sottoposta al rito speciale ove non necessiti di una cognizione non sommaria. In caso contrario, il giudice dovrà disporre la separazione e trattare la sola riconvenzionale con il rito ordinario d se la contro-domanda eccede la competenza del giudice ai sensi dell’art. 14, comma 2, troveranno applicazione le norme sulle modificazioni della competenza per ragioni di connessione, con l’eventuale spostamento dell’intera controversia in applicazione degli artt. 34-36 c.p.c. salvo che la domanda sia stata proposta con il rito monitorio . Dal complesso delle richiamate argomentazioni emerge anzitutto che la competenza del giudice adito per il processo è di natura derogabile in quanto non diversamente qualificata dal legislatore, non potendosi considerare tale neppure per ragioni di carattere funzionale cfr. sentenza par. 16, pag. 19 , e, pertanto, subisce gli effetti della connessione. Inoltre, con specifico riguardo alla proposizione -nello stesso processo della domanda di compenso per attività svolte dinanzi a più uffici giudiziari giudice di pace, tribunale e Corte d’appello , le Sezioni unite hanno puntualizzato che il difensore può a proporre le domande in cumulo con il rito monitorio ai sensi dell’art. 637 c.p.c., comma 1, e, dunque, davanti al tribunale competente in via ordinaria b proporle separatamente davanti all’ufficio di espletamento delle prestazioni, ai sensi del comma 2 della suddetta norma c proporle cumulativamente davanti al tribunale del luogo indicato dall’art. 637 c.p.c., comma 3, ferma, in tutti i casi, la prevalenza del foro del consumatore D.Lgs. n. 2006 del 2005, art. 33, comma 2, lettera u . Tirando le somme, sembrerebbe ammissibile proporre esclusivamente dinanzi al tribunale la domanda volta ad ottenere i compensi per l’attività svolta in più gradi, nonostante il disposto del D.Lgs. n 150 del 2011, art. 14, comma 2, poiché il cumulo di domande può essere introdotto presso il Tribunale anche con il rito monitorio in presenza di un criterio di radicamento ai sensi dell’art. 637 c.p.c., comma 1 o 3, ed il fatto che il ricorrente non abbia utilizzato la forma monitoria e, dunque, uno dei due riti introduttivi possibili, non incide sulla possibilità che il detto tribunale possa essere competente, atteso che, se il legale rinuncia ad avvalersi del procedimento monitorio ed introduce la controversia ex art. 28, direttamente con il rito sommario, sebbene non davanti all’ufficio presso il quale le prestazioni sono state espletate, non si può ritenere che il giudice adito non sia competente, qualora la sua competenza fosse sussistita se fosse stato adito con il rito monitorio cfr. sentenza pag. 44 . Il quadro sistematico e le indicazioni operative che emergono dalla pronuncia inducono, in conclusione, ad interrogarsi a se, nell’attuale quadro normativo, esclusa la possibilità di proporre la domanda in via ordinaria o ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e ss., resti tuttora impregiudicata la possibilità di chiedere i compensi per attività svolte in più gradi in un unico processo dinanzi al giudice che abbia conosciuto per ultimo della controversia e-quindi nello specifico, la Corte di appello di Napoli , dando continuità all’orientamento maggioritario formatosi nel vigore della L. n. 794 del 1942, art. 28, anche tenendo conto dell’affermata natura non inderogabile della competenza del giudice adito per il processo b se, invece, i criteri di competenza per dette controversie vadano ricercati esclusivamente sulla base del coordinamento tra il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 2 e l’art. 637 c.p.c., lasciando al ricorrente la sola alternativa di proporre più domande autonome per i compensi relativi a ciascun grado di causa dinanzi ai singoli giudici aditi per il processo o di cumularle dinanzi al tribunale competente ex art. 637 c.p.c. con salvezza del cd. foro del consumatore , restando in ogni caso esclusa la competenza del giudice che abbia conosciuto per ultimo del processo. Profilandosi quindi una questione di massima di particolare importanza, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., il Collegio ritiene opportuno rimettere gli atti al primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite. P.Q.M. dispone la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.