In materia di società tra professionisti STP , i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” di cui all’articolo 10, comma 4, lett. b , l. numero 183/2011 per l’Antitrust non devono essere considerati cumulativi.
Questo è quanto affermato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella delibera del 22 maggio, pubblicata ieri nel proprio bollettino settimanale numero 24/2019. L’interpretazione dell’Autorità. Per l’Autorità l’interpretazione della norma articolo 10, comma 4, lett. b , l. numero 182/2011, adottata da taluni Consigli e Federazioni di Ordini professionali può «determinare limitazioni della concorrenza, in quanto si traduce in un ingiustificato ostacolo alla possibilità per i professionisti di organizzarsi in forma di STP». In particolare, lo scorso novembre 2018, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti aveva affermato che la maggioranza dei due terzi dovesse valere in modo cumulativo, ossia sia per le teste che per le quote. Una tale interpretazione, però, ostacola per l’Antitrust la possibilità per i professionisti di scegliere l’organizzazione e la compagine societaria ritenuta più consona alle proprie esigenze e si traduce, dunque, «in un’ingiustificata limitazione della concorrenza, in contrasto con lo spirito della norma volta al completo superamento del divieto per i professionisti di costituirsi in società». Per tale motivo, i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” di cui all’articolo 10, comma 4, lett. b , l. numero 183/2011 per l’Antitrust non devono essere considerati cumulativi. In tale prospettiva, la maggioranza dei professionisti rimane obbligatoria per quanto riguarda le decisioni da assumere, ma lo stesso non vale per quanto concerne le quote societarie.
Bollettino_AGCM_n._24_2019