Diritto di accesso ai dati personali del defunto trattati dallo studio legale

La norma integrata con il d.lgs. n. 101/2018 impone alcuni vincoli in base ai quali i prossimi congiunti possono proporre istanza di accesso ai dati dell’interessato venuto a mancare, ma le circostanze tipizzate si prestano ad essere interpretate.

Il ruolo dell’avvocato nel riscontrare le istanze di accesso agli atti presentate ai sensi dell’art. 15 GDPR, nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 2- terdecies cod. privacy, che limita l’accesso dei prossimi congiunti che abbiano ragioni familiari meritevoli” di protezione coniuge e figli, in mancanza ascendenti ovvero fratelli e sorelle e in loro mancanza altri ascendenti o discendenti diretti fino al quarto grado , individuati anche per analogia in materia di corrispondenza epistolare ex art. 93 della legge sul diritto d’autore l. 22 aprile 1941, n. 633 . Il caso. A seguito della morte del padre, i due figli si rivolgono allo studio legale che aveva seguito le questioni civilistiche dello stesso, chiedendo di verificare quanto esistente presso lo studio legale relativamente ad una polizza vita sottoscritta dal de cuius intestata ad un terzo soggetto a loro sconosciuto e di cui gli stessi hanno avuto contezza tramite comunicazione scritta ricevuta presso la residenza. Diritto di accesso da parte degli eredi del defunto. Il GDPR ha introdotto e formalizzato, agli artt. 15-22, una serie di diritti riconosciuti in capo agli interessati, tra cui il diritto di accesso, che prevede che questi abbia il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l'accesso ai dati personali, oltre che ad una serie di informazioni tra le quali le finalità del trattamento, le categorie di dati trattati, i destinatari a cui tali dati saranno comunicati ed il periodo di conservazione. Successivamente, il d.lgs. n. 101/2018 per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del GDPR, ha statuito all’art. 2- terdecies del novellato codice privacy, che i diritti di cui agli artt. da 15 a 22 GDPR riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione. Dunque, nel caso rappresentato, sembrerebbe che prossimi congiunti ed eredi possano legittimamente pretendere dal professionista l’accesso agli atti inerenti il trattamento che ha coinvolto il padre defunto. Tuttavia, ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione. Se è vero, infatti, che essi hanno comunque diritto di conoscere circostanze che potrebbero ledere propri interessi patrimoniali es. la riduzione della legittima per effetto del pagamento del premio sulla polizza vita in favore di un terzo estraneo , d’altro canto deve evidenziarsi, sul punto la giurisprudenza recente, ha affermato che nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell'art. 1920, comma 3, c.c., un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non può, quindi, essere oggetto delle sue disposizioni testamentarie né di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima Cassazione Civile, sentenza n. 26606/16 . Potrebbe non esservi, in conclusione, un interesse proprio da tutelare in capo agli eredi che hanno richiesto di conoscere l’esistenza di eventuali atti stipulati in vita dal padre. Il caso non pare di facile risoluzione e, anche alla luce della sentenza indicata, sarebbe forse opportuna una pronuncia dell’Autorità Garante a sgomberare il campo da ulteriori dubbi.