La pronuncia di rigetto, il giudicato implicito e la specifica disamina del rapporto

In caso di riforma del titolo esecutivo che condanna al pagamento delle spese legali al legale distrattario del vincitore, tenuto alla restituzione di queste somme è lo stesso difensore anche se non evocato in giudizio.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 9280/19, depositata il 3 aprile. Il caso. La vicenda processuale, giunta fino alla cognizione dei giudici di piazza Cavour, prendeva le proprie mosse da una sentenza del giudice di pace che aveva condannato una società a restituire importi ad essa non dovuti nonché a rimborsare, all'avvocato difensore antistatario delle controparti, le spese anticipate e gli onorari non riscossi. Promosso l'appello avverso questa sentenza, il tribunale accoglieva il gravame della detta società e riformava le pronunce del giudice di pace limitatamente alla condanna alla restituzione degli importi asseritamente non dovuti mentre rigettava il gravame relativo alla condanna al pagamento delle spese anticipate e degli onorari non riscossi dal difensore distrattario di ciascuno degli originari attori. Successivamente, su ricorso della società antagonista, il competente ufficio del giudice di pace emetteva ben cinque decreti ingiuntivi con i quali si chiedeva all'avvocato il pagamento alla ricorrente della somma di poco meno di € 2.000,00 con ciascun decreto, oltre interessi moratori e spese. Avverso ciascuna ingiunzione il legale proponeva opposizione, eccependo, in via principale, la inammissibilità delle domande monitorie in dipendenza del giudicato formatosi a seguito delle sentenze pronunciate dal tribunale nell'anno 2009 e, in via subordinata, eccependo la improponibilità delle domande monitorie per indebita frammentazione del credito. Il giudice di pace riuniva i giudizi e con sentenza accoglieva le opposizioni, revocando tutte le ingiunzioni di pagamento. Inevitabile era, a questo punto, l'appello della avversa società contro cui resisteva il legale. Il tribunale accoglieva il gravame e, in riforma della sentenza, rigettava le opposizioni proposte dall’appellato avverso le ingiunzioni di pagamento evidenziando che, nel caso di specie, non si era in presenza di un credito unitario che la società appellante aveva ingiustificatamente frazionato in plurime richieste monitorie e che la domanda monitoria di restituzione delle somme corrisposte in precedenza, dalla stessa società al legale, non era coperta da giudicato. Più di preciso, la sentenza a cui faceva riferimento il legale non poteva fare stato, secondo il tribunale, nei confronti dell'appellato, difensore anticipatario, giacché costui non era stata parte dei giudizi definiti con le medesime statuizioni. Inevitabile a questo punto era il ricorso in Cassazione da parte dell'avvocato. I motivi di cassazione. In particolare, il legale deduceva che l'appello esperito dalla avversa società contro le sentenze del giudice di pace aveva avuto modo di investire anche la pronuncia sulle spese sicché, sebbene difensore anticipatario e sebbene non evocato in giudizio, doveva reputarsi parte sostanziale dei giudizi definiti dal tribunale con le statuizioni dell'anno 2009, non impugnate. Insisteva, pertanto, sulla circostanza che nel caso di specie operasse senz'altro la preclusione da giudicato. Inoltre, con il secondo motivo il ricorrente denunciava la violazione del principio di infrazionabilità del credito eccependo, che la società aveva provveduto ingiustificatamente al frazionamento di un credito unitario in violazione dei principi di correttezza e buona fede mentre avrebbe dovuto effettuare una unica richiesta giudiziale. In particolare, l’avvocato deduceva che le spese e gli onorari in suo favore distratti gli erano stati pagati con un unico assegno circolare e che, quindi, la restituzione dell’ammontare costituiva l’oggetto dell'unico rapporto insorto tra le parti a seguito della riforma delle sentenze del giudice di pace. Il dictum della Cassazione. In verità, la Suprema Corte rigetta il ricorso condannando il legale a rimborsare alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità per le seguenti ragioni. Gli Ermellini, con riferimento al primo motivo, spiegano che, nel caso di riforma oppure di annullamento della sentenza, costituente titolo esecutivo, di condanna al pagamento delle spese e degli onorari in favore del difensore della parte già vittoriosa, il quale abbia chiesto la dichiarazione ex art. 93 c.p.c,, tenuto alla restituzione delle somme pagate a detto titolo è lo stesso difensore distrattario che, come titolare di un autonomo rapporto instauratosi direttamente con la parte soccombente, è l'unico legittimato passivo rispetto all'azione di ripetizione di indebito oggettivo proposto da tale parte. La Suprema Corte non condivide l'assunto del ricorrente secondo cui era da considerarsi, comunque, parte in senso sostanziale dei giudizi definiti dal tribunale con le statuizioni del 2009 sicchè, in dipendenza della mancata impugnazione di tali statuizioni, opera la preclusione del giudicato. Gli Ermellini spiegano, altresì, che l'impugnazione della sentenza non deve essere rivolta anche contro il difensore distrattario e che quest’ultimo subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, benché non evocato personalmente in giudizio. Pure ad ammettere che si imponesse l'impugnazione delle statuizioni del 2009, con cui il tribunale ebbe a respingere il gravame limitatamente alla condanna al pagamento delle spese anticipate e degli onorari non riscossi dall' avvocato antistatario, secondo la Suprema Corte è da ritenere che nessuna preclusione da giudicato si prefiguri in dipendenza della mancata impugnazione delle sentenze dell'anno 2009. La pronuncia di rigetto non più soggetta ad impugnazione, infatti, non costituisce giudicato implicito con efficacia vincolante nei futuri giudizi laddove del rapporto, che ne costituisce il presupposto logico e giuridico, non abbiano costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice le questioni concernenti la sua esistenza, la validità e la qualificazione. E questo è ciò che è successo nel caso di specie ove questi profili non erano stati esaminati nè valutati dal tribunale. Da ultimo, la Suprema Corte rigetta anche il secondo motivo di gravame in quanto con il mezzo di impugnazione in disamina il ricorrente aveva censurato sostanzialmente, sollecitandone la rivisitazione, il ‘giudizio di fatto’ realizzato dal tribunale competente, condividendo la prospettazione della società controricorrente secondo cui oggetto di censura non era una violazione di legge bensì la ricostruzione che, dei rapporti intervenuti tra le parti, era stata effettuata dal giudice di seconde cure. In ogni caso, rilevano gli Ermellini, che l’iter motivazionale che sorregge l'impugnato dictum risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica oltre che congruo ed esaustivo. Infatti, il tribunale competente ha debitamente specificato che i titoli in forza dei quali le somme erano state versate dalla società appellante all’appellato erano costituiti dalle diverse plurime sentenze del giudice di pace, successivamente riformate dallo stesso tribunale con le statuizioni del 2009. Quindi, i rapporti di debito e credito tra l'avvocato e la società, correlati alla distrazione degli onorari e delle spese inizialmente disposte dal giudice di pace, nascevano sin dall'inizio plurimi e distinti. Ciò vieppiù che la controricorrente società ha dedotto che i singoli crediti erano stati, per quanto possibile, raggruppati e non frammentati. Al contempo, secondo la Corte, a nulla rileva la prospettazione dell'avvocato secondo cui le spese e gli onorari furono pagate con un unico assegno circolare in quanto l'asserito cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle risultanze istruttorie, da parte del giudice di merito, non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 20 dicembre 2018 – 3 aprile 2019, n. 9280 Presidente Lombardo - Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Il giudice di pace di Cava dè Tirreni ebbe a condannare la Italcogim Energie s.p.a. ora Engie Italia s.p.a. a restituire importi ad essa non dovuti nonché a rimborsare all’avvocato M.M. , difensore antistatario di ciascuno degli istanti, le spese anticipate e gli onorari non riscossi. Il tribunale di Salerno, con statuizioni dell’anno 2009, ebbe ad accogliere parzialmente l’appello della Italcogim Energie s.p.a. ora Engie Italia s.p.a. ovvero ebbe ad accogliere il gravame - e a riformare le pronunce del giudice di pace - limitatamente alla condanna alla restituzione degli importi asseritamente non dovuti, ebbe a respingere il gravame limitatamente alla condanna al pagamento delle spese anticipate e degli onorari non riscossi dal difensore distrattario - avvocato M.M. - di ciascuno degli istanti. Con decreti n. 267, n. 268, n. 269, n. 311 e n. 313 del 2010 il giudice di pace di Cava dè Tirreni, su ricorso della GDF Suez Energie s.p.a. già Italcogim Energie s.p.a., ora Engie Italia s.p.a. , ingiungeva all’avvocato M.M. il pagamento alla ricorrente s.p.a., con ciascun decreto, della somma di Euro 1.606,82, oltre interessi moratori e spese. Avverso ciascuna ingiunzione l’avvocato M. proponeva opposizione. Eccepiva l’inammissibilità delle domande monitorie in dipendenza del giudicato formatosi a seguito delle sentenze pronunciate dal tribunale di Salerno nell’anno 2009 in via subordinata eccepiva l’improponibilità delle domande monitorie per indebita frammentazione del credito. Resisteva la Engie Italia s.p.a. già GDF Suez Energie s.p.a. e Italcogim Energie s.p.a. . Riuniti i giudizi, con sentenza n. 962/2011 il giudice di pace di Cava dè Tirreni accoglieva le opposizioni e revocava le ingiunzioni di pagamento. Proponeva appello la Engie Italia s.p.a Resisteva l’avvocato M.M. . Con sentenza n. 3100/2017 il tribunale di Salerno accoglieva il gravame ed, in riforma dell’appellata sentenza, rigettava le opposizioni proposte dall’appellato avverso le ingiunzioni di pagamento. Evidenziava il tribunale che non si era in presenza di un credito unitario che la società appellante aveva ingiustificatamente frazionato in plurime richieste monitorie. Evidenziava altresì che la domanda monitoria di restituzione delle somme corrisposte dalla allora Italcogim Energie all’avvocato M. non era coperta da giudicato. Evidenziava segnatamente che il rigetto della domanda della Italcogim Energie disposto dal tribunale di Salerno con le statuizioni dell’anno 2009 non poteva fare stato nei confronti dell’appellato, difensore anticipatario, giacché costui non era stato parte dei giudizi definiti con le medesime statuizioni. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato M.M. ne ha chiesto mercè due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione. La Engie Italia s.p.a. ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 93 e 324 c.p.c Deduce che l’appello esperito dalla allora Italcogim Energie avverso le sentenze del giudice di pace di Cava dè Tirreni ebbe ad investire anche la pronuncia sulle spese, sicché, sebbene difensore anticipatario e sebbene non evocato in giudizio, doveva reputarsi parte sostanziale dei giudizi definiti dal tribunale di Salerno con le statuizioni, non impugnate, dell’anno 2009. Deduce dunque che opera senz’altro la preclusione da giudicato. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del principio di infrazionabilità del credito. Deduce che l ’allor a Italcogim Energie ha provveduto ingiustificatamente al frazionamento di un credito unitario in violazione dei principi di correttezza e buona fede che controparte avrebbe dovuto effettuare un’unica richiesta giudiziale. Deduce in particolare che le spese e gli onorari in suo favore distratti gli furono pagati con un unico assegno circolare che la restituzione di tale unico ammontare costituiva l’oggetto dell’unico rapporto insorto tra le parti a seguito della riforma delle sentenze del giudice di pace di Cava dè Tirreni. Il primo motivo è manifestamente destituito di fondamento. Ed invero questo Giudice del diritto spiega che, nel caso di riforma o annullamento della sentenza, costituente titolo esecutivo, di condanna al pagamento delle spese e degli onorari in favore del difensore della parte già vittoriosa, il quale abbia reso la dichiarazione di cui all’art. 93 c.p.c., tenuto alla restituzione delle somme pagate a detto titolo è lo stesso difensore distrattario, il quale, come titolare di un autonomo rapporto instauratosi direttamente con la parte già soccombente, è l’unico legittimato passivo rispetto all’azione di ripetizione d’indebito oggettivo proposta da tale parte cfr. Cass. 20.9.2002, n. 13752 Cass. 9.12.2003, n. 18741 . Su tale scorta si rappresenta quanto segue. Per un verso, va condivisa l’affermazione di cui alla sentenza impugnata per cui il rigetto della domanda della Italcogim di restituzione delle somme versate a titolo di spese e competenze processuali non può fare stato nei confronti del difensore antistatario . , atteso che esso non era parte dei giudizi di appello, conclusisi con le sentenze del 2009 che riformavano le sentenze di primo grado del giudice di pace così sentenza impugnata, pag. 5 . Per altro verso, non si giustifica l’assunto del ricorrente secondo cui era da considerare comunque parte in senso sostanziale dei giudizi definiti dal tribunale di Salerno con le statuizioni dell’anno 2009, sicché in dipendenza della mancata impugnazione come da attestazione contenuta del fascicolo di prime cure di tali statuizioni opera la preclusione da giudicato. Per altro verso ancora, va condivisa la prospettazione della controricorrente secondo cui la domanda proposta contro il cliente . non impediva e non impedisce la proposizione della domanda . contro il soggetto realmente legittimato passivamente rispetto alla pretesa di restituzione delle spese legali così controricorso, pag. 7 . In verità si spiega altresì che l’impugnazione della sentenza non deve essere rivolta anche contro il difensore distrattario e che il difensore distrattario subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, benché non evocato personalmente in giudizio cfr. Cass. ord. 25.10.2017, n. 25247 Cass. 15.4.2010, n. 9062 . Ebbene - pur ad ammettere il che sarebbe da escludere alla luce degli insegnamenti testè citati che si imponesse da parte della Italcogim Energie s.p.a. l’impugnazione delle statuizioni del 2009 con cui il tribunale di Salerno ebbe a respingere il gravame limitatamente alla condanna al pagamento delle spese anticipate e degli onorari non riscossi dall’avvocato antistatario, M.M. - è da ritenere che nessuna preclusione da giudicato si prefiguri in dipendenza della mancata impugnazione delle sentenze dell’anno 2009. Infatti questa Corte spiega che la pronunzia di rigetto non più soggetta ad impugnazione non costituisce giudicato implicito - con efficacia vincolante nei futuri giudizi - laddove del rapporto che ne costituisce il presupposto logico-giuridico, non abbiano costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice le questioni concernenti l’esistenza, la validità e la qualificazione cfr. Cass. 16.5.2006, n. 11356 . Ebbene, nel caso di specie, siffatti profili - esistenza, validità e qualificazione - non furono disaminati e valutati dal tribunale di Salerno con le statuizioni del 2009. Invero, siccome dà atto la statuizione in questa sede impugnata, il tribunale di Salerno ebbe a rigettare la domanda restitutoria delle somme corrisposte al difensore distrattario alla stregua tout court del rilievo per cui siffatta domanda avrebbe dovuto esser proposta nei confronti del medesimo difensore anticipatario, unico legittimato passivo cfr. sentenza impugnata, pag. 5 . Il secondo motivo è manifestamente destituito di fondamento. Si premette che il motivo de quo si qualifica in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Invero con il mezzo di impugnazione in disamina il ricorrente censura sostanzialmente, sollecitandone la rivisitazione, il giudizio di fatto cui il tribunale di Salerno in parte qua ha atteso si condivide dunque la prospettazione della controricorrente secondo cui oggetto di censura non risulta essere . una violazione di legge bensì la ricostruzione che dei rapporti intervenuti tra le parti ha effettuato . il Giudice di seconde cure così controricorso, pag. 9 . Su tale scorta, alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, non può che reputarsi quanto segue. Innanzitutto che nessuna delle figure di anomalia motivazionale suscettibili di acquisir valenza alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata, può scorgersi in ordine alle motivazioni cui il tribunale salernitano ha in parte qua ancorato il suo dictum. Inoltre che il tribunale ha di sicuro disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante in parte qua la res litigiosa. In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge - in parte qua - l’impugnato dictum risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo. Il tribunale di Salerno difatti ha debitamente specificato che i titoli in forza dei quali le somme erano state versate dalla società appellante all’appellato, erano costituiti dalle diverse e plurime sentenze del giudice di pace di Cava dè Tirreni poi riformate dallo stesso tribunale con le statuizioni dell’anno 2009. Ossia che i rapporti di debito - credito tra l’avvocato M.M. e la Italcogim Energie s.p.a. ora Engie Italia s.p.a. , correlati alla distrazione degli onorari e delle spese inizialmente disposta dal giudice di pace di Cava dè Tirreni, nascevano ab origine plurimi e distinti. Ciò viepiù che la controricorrente ha addotto che i singoli crediti sono stati per quanto possibile raggruppati ed assolutamente non frammentati cosi controricorso, pag. 11 . Al contempo a nulla rileva prospettare che le spese e gli onorari furono pagati con un unico assegno circolare della Banca di Roma . Infatti questa Corte spiega che l’asserito il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892 . Negli esposti termini quindi non riveste valenza alcuna nel caso di specie l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte n. 23726 del 15.11.2007 secondo cui non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale . In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla s.p.a. controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, M.M. , a rimborsare alla controricorrente, Engie Italia s.p.a., le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, cit