Antiriciclaggio, avvocati sempre più vincolati alla valutazione del rischio

Come noto il 19 giugno 2018 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Direttiva UE 2018/843, c.d. V Direttiva antiriciclaggio, con la quale viene ad essere sensibilmente modificata la IV Direttiva europea antiriciclaggio ovverosia quella n. 2015/849. E’ altresì noto che quest’ultima Direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, che ha integralmente sostituito il d.lgs. n. 231/2007.

Cenni sulla nuova normativa europea. La nuova Direttiva antiriciclaggio, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 10 gennaio 2020, è, senza dubbio alcuno, frutto di un attento monitoraggio nel corso degli anni, da parte dell’Unione europea, dei meccanismi di lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo meccanismi sempre più mirati. Prova ne sia che la V Direttiva è caratterizzata da ben 55 considerato cioè vere e proprie premesse applicative e dalle non trascurabili differenze rispetto alla vecchia normativa, tant’è vero che gli articoli sostituiti o modificati sono ben 34. Senza considerare infine che la nuova normativa antiriciclaggio europea è caratterizzata anche dall’introduzione di ben 9 nuovi articoli rispetto al precedente testo. Molteplici quindi le novità introdotte tra queste anche un’attenzione ben delineata alle valute virtuali e al loro potenziale uso improprio , ma quello che è immediatamente rilevabile è l’attenzione, davvero piena, al concetto di trasparenza del sistema economico, unica situazione nella quale la prevenzione del riciclaggio di denaro può essere efficace. Non è certo un caso quindi che nella quarta premessa alla nuova normativa si ribadisca in maniera esplicita che la prevenzione può essere efficace solo se si realizzi un ostacolo vero a quei soggetti criminali, ovviamente che cercano di proteggere le loro attività finanziarie attraverso strutture non trasparenti e che l’integrità del sistema finanziario dell’Unione dipende dalla trasparenza delle società, degli altri soggetti giuridici, dei trust e delle strutture affini. Un obiettivo molto preciso quindi che ovviamente si riverbera anche sulle misure per i professionisti per arrivare all’obiettivo occorrerà infatti assumere sempre più informazioni finalizzate alla valutazione del rischio. Obblighi per gli avvocati le modifiche. Al tema degli obblighi sono dedicati i capi I, II e III, del titolo secondo del d.lgs. n. 231/2007, come sostituito dal d.lgs. n. 90/2017 e si ha quindi riguardo agli articoli da 17 a 41. Senza entrare ovviamente nello specifico esame dei singoli obblighi, peraltro tutti ben noti agli avvocati e al mondo dei professionisti, basterà ricordare che i suddetti riguardano a l’adeguata verifica della clientela b la conservazione dei dati e delle informazioni acquisite c la segnalazione dell’operazione sospetta cfr., per un’analisi dettagliata degli obblighi, G. Gambogi, Avvocati nuove misure antiriciclaggio d.lgs. n. 90/2017 , in www.ordineavvocatifirenze.eu, nonché Nuove linee guida CNF, 14 luglio 2017 . Occorre immediatamente rilevare come le nuove norme della V Direttiva lascino sostanzialmente inalterate le misure semplificate di adeguata verifica della clientela e quelle di verifica rafforzata della clientela rispettivamente contenute negli artt. 23 e 24 del d.lgs. n. 231/2007, come successivamente modificato. Ciò si evince da un’attenta lettura degli allegati 2 e 3 alla V Direttiva che sostanzialmente riportano un elenco, sia pur non esaustivo, di fattori e tipologie di situazioni potenzialmente a basso o ad alto rischio di riciclaggio già esistenti nel nostro ordinamento interno. E’ vero però che la nuova normativa prevede, inserendolo nell’impianto precedentemente in vigore quello, cioè, della IV , l’art. 18- bis che, con riferimento proprio alle misure rafforzate di adeguata verifica della clientela, pone estrema attenzione ai rapporti d’affari o alle operazioni che coinvolgono paesi terzi ad alto rischio. In questi casi, infatti, i soggetti obbligati saranno chiamati ad applicare nuove misure rafforzate di verifica della clientela. E’ logico pensare che mentre alcune siano evidentemente proprie del mondo creditizio e finanziario, altre siano da osservare anche per i professionisti e precisamente informazioni supplementari sul cliente e sul titolare effettivo, informazioni supplementari sullo scopo e la natura del rapporto di affari, sull’origine dei fondi e del patrimonio del cliente e del titolare effettivo, sulle motivazioni delle operazioni previste ed eseguite. Ne consegue che, molto probabilmente, il legislatore italiano, alla luce di quanto sopra, adeguerà la normativa vigente elencando ulteriori fattori, oltre a quelli già previsti, dei quali l’avvocato dovrà tener conto. Se così sarà, la c.d. identificazione del cliente” e del titolare effettivo del rapporto, se sarà necessario accertare l’identità di quest’ultimo dovrà essere ancora più approfondita rispetto al passato. Peraltro, come vedremo poco oltre, l’acquisizione di ulteriori informazioni, pur riferibili all’adeguata verifica, sono senz’altro finalizzate alla miglior e più incisiva valutazione del rischio di trovarsi in costanza di una operazione sospetta. L’adeguata verifica della clientela da parte di terzi. L’attuale normativa Sezione III del titolo secondo e precisamente gli articoli da 26 a 30 d.lgs. n. 231/2007, come modificato prevede che gli obblighi di adeguata verifica della clientela si considerino assolti anche previo rilascio di idonea attestazione da parte del terzo che dichiari di avervi provveduto direttamente nell’ambito di un rapporto con il soggetto destinatario dell’attività di verifica. Proprio con riferimento a tale situazione la V Direttiva rafforza, mediante l’introduzione di una nuova disposizione inserita nell’art. 27 della precedente normativa europea, l’obbligo per gli stati membri di provvedere affinché i soggetti obbligati, ai quali il cliente è stato presentato, adottino misure adeguate per assicurare che il terzo fornisca immediatamente, su richiesta, le pertinenti copie dei dati di identificazione e verifica, compresi – ove disponibili – i dati ottenuti mediante mezzi di identificazione elettronica. L’utilizzo da parte del soggetto obbligato delle acquisizioni effettuate dal terzo risponde, senza dubbio alcuno, ad un principio di economicità si consente agli obbligati di reimpiegare e utilizzare dati, notizie, elementi e informazioni acquisiti da terzi. In futuro pare proprio che a fronte di ciò si prevedano oneri per i soggetti obbligati, e quindi anche per gli avvocati, di stabilire canali idonei affinché il terzo che ha raccolto dati ed effettuato sostanzialmente la verifica li trasmetta senza indugio. Onere, quello sopra indicato, che costituirà senz’altro una novità rispetto al passato. Obbligo di conservazione protezione dei dati. Come già evidenziato poc’anzi i soggetti destinatari delle misure antiriciclaggio sono obbligati anche a conservare i documenti e le informazioni seguenti. La materia è attualmente disciplinata dagli artt. 31, 32, 33, 34 d.lgs. n. 231/2007, come modificato nel corso del 2017. Una delle novità più significative della normativa italiana del 2017 è senz’altro rappresentata dalla soppressione degli obblighi di registrazione e quindi l’avvocato, già da quella data, non si è più dovuto preoccupare di istituire il registro cartaceo della clientela o, in alternativa, dell’archivio informatico. La nuova normativa europea interviene tuttavia su alcune disposizioni della IV Direttiva introducendo qualche modifica. Scontata quella relativa all’interesse pubblico dell’Unione affinché il trattamento dei dati personali avvenga sulla base delle nuove norme poste dalla V Direttiva ed anche ai sensi dell’intervenuto Regolamento n. 2016/679 del Parlamento Europeo, meglio noto con la sigla GDPR. L’interesse pubblico alla conservazione era già evidenziato dalla Direttiva precedente, con la nuova viene confermato e adeguato alle nuove norme entrate in vigore. Tuttavia in tema di conservazione dei dati pare importante segnalare che i soggetti obbligati, rispetto al passato, dovranno conservare la copia dei documenti e delle informazioni necessarie per soddisfare gli obblighi di adeguata verifica della clientela comprese, ed è questa la novità, quelle informazioni ottenute tramite mezzo di identificazione elettronica o i servizi fiduciari di cui al Regolamento UE n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica o servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno ed anche qualsiasi altra tecnica di identificazione elettronica o a distanza che sia sicura, regolamentata, riconosciuta, approvata o accettata dalle Autorità nazionali. Come noto per la normativa interna i documenti, i dati e le informazioni acquisite sono conservate per un periodo di 10 anni dalla cessazione del rapporto continuativo oppure dall’esecuzione dell’operazione occasionale la normativa europea, sia vecchia, che nuova, prevedeva un termine minore . Segnalazione e rischio un obbligo e una valutazione sempre più strettamente correlati. Se è vero che gli obblighi di conservazione non registrano che le poche novità sopra indicate, è vero che la valutazione del rischio viene ad essere nuovamente considerata dalla V Direttiva. La Commissione infatti, rispetto al passato, dovrà fare uno sforzo non solo e non tanto per associare i rischi a ciascun settore interessato, considerando le stime dei volumi monetari del riciclaggio fornite per ciascun specifico settore, ma dovrà anche verificare i mezzi più diffusi utilizzati per riciclare proventi illeciti non limitandosi a valutare le operazioni con Paesi terzi ad alto rischio riciclaggio, ma anche alle operazioni tra Stati membri. Infine la Commissione con le nuove norme si impegna a mettere a disposizione a tutti gli Stati membri ed anche ai soggetti obbligati una relazione per assisterli meglio nell’individuazione, comprensione, gestione e mitigazione del rischio di riciclaggio. Trattasi di un dato importante che dovrà essere considerato tenuto conto che nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 15 d.lgs. n. 231/2007 come modificato, gli organismi di autoregolamentazione e quindi, per gli avvocati, il Consiglio Nazionale Forense, hanno l’obbligo di dettare criteri e metodologie, commisurati all’attività svolta e alle dimensioni dei soggetti obbligati, per l’analisi e la valutazione dei rischi di riciclaggio. Aumentano quindi le informazioni e gli elementi dai quali trarre i modelli di valutazione del rischio e del resto aumentano anche – come visto in precedenza – le informazioni che un soggetto obbligato dovrà assumere dal proprio assistito. Sommariamente sappiamo che per l’avvocato il fattore di rischio è correlato alla tipologia di clientela, all’area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte, ai servizi offerti, alla tipologia dell’operazione del rapporto continuativo o della prestazione professionale, al valore dell’operazione e alla sua ragionevolezza, alla frequenza di determinate operazioni. Peraltro le linee guida in materia riciclaggio predisposte dal CNF, sia quelle del 2016, sia quelle del 2017, quest’ultime riferibili alla modifica della normativa interna, sono molto puntuali e finalizzate ad individuare molteplici elementi di aiuto per l’avvocato. Linee guida quindi utili e di sicuro ausilio per i legali alle quali, è bene ricordare, si devono aggiungere i cosiddetti ‘indicatori di anomalia’ per l’individuazione delle operazioni sospette di cui al Decreto 16/4/10 del Ministero della Giustizia cfr., su tali indicatori, Antiriciclaggio, Gli obblighi per gli avvocati i nuovi indicatori di anomalia per l’individuazione delle operazioni sospette , a cura di G. Gambogi . La nuova normativa europea ribadisce ovviamente che la segnalazione effettuata in buona fede e nel rispetto della normativa non costituisce nessun tipo di illecito per il professionista e l’attenzione ancora più forte a questo aspetto è desumibile anche da alcuni principi contenuti nella V Direttiva che mirano a rafforzare la tutela del soggetto che effettua la segnalazione a possibili reazioni nei suoi confronti. Avvocati e numero di segnalazioni. Non è raro leggere, allorquando l’unità di informazione finanziaria alla quale il d.lgs. n. 231/07, così come modificato dalla novella del 2017, dedica l’art. 6 disposizione fondamentale per comprendere appieno le funzioni dell’unità medesima rende noti i dati relativi alle segnalazioni delle operazioni sospette, le critiche agli avvocati per le pochissime segnalazioni ad essi attribuibili. La ragione, tuttavia, è facilmente spiegabile ed è legata alla normativa che, peraltro, sul punto, non registra novità ricollegabili alla V Direttiva. L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, infatti, non si applica ai professionisti per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente od ottengono riguardo allo stesso nel corso dell’esame della posizione giuridica o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento innanzi ad un’Autorità giudiziaria o in relazione a tale procedimento, anche tramite una convenzione di negoziazione assistita, da uno o più avvocati ai sensi di legge, compresa la consulenza sull’eventualità di intentarlo o evitarlo, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso. Tale disposizione è contenuta nel nuovo art. 35, comma 5, del più volte citato d.lgs. n. 231/07, come sostituito. Ecco quindi la vera motivazione del perché le segnalazioni degli avvocati siano quantitativamente inferiori rispetto ad altri soggetti obbligati. A tal proposito si deve semmai segnalare che la V Direttiva antiriciclaggio dell’Unione, tra le novità sulle quali si dovrà senz’altro riflettere, stabilisce che gli organi di autoregolamentazione quindi, come detto in precedenza, il CNF mettano in atto meccanismi efficaci ed affidabili per incoraggiare le segnalazioni delle operazioni sospette alle Autorità competenti. Infine, vale la pena ricordare che l’esenzione sopra ricordata è riferibile al solo obbligo di segnalazione e quindi l’avvocato è comunque tenuto all’attività di accertamento sull’identità della persona e d’altra parte l’art. 23 del nuovo Codice Deontologico Forense, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 241 del 16 ottobre 2014, stabilisce, al comma 2, che l’avvocato prima di assumere l’incarico deve comunque accertare l’identità della persona che lo conferisce e della parte assistita nel caso in cui questa sia diversa . Per quanto attiene alle violazioni della normativa di cui trattasi si può ritenere che il sistema sanzionatorio rimarrà quello attualmente previsto.