Se l’ammontare non è determinato al momento del conferimento dell’incarico il pagamento non è liquido né esigibile

Il compenso per prestazioni professionali, che non sia convenzionalmente stabilito, è un debito pecuniario illiquido, da determinare secondo la tariffa professionale perciò il foro facoltativo del luogo ove deve eseguirsi l’obbligazione previsto dall’art. 20, seconda ipotesi, c.p.c., va individuato, ai sensi dell’art. 1182, ultimo comma, c.c., nel domicilio del debitore in quel medesimo tempo.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 7674/19, depositata il 19 marzo. La fattispecie. L’ordinanza in commento trae origine dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso nei confronti di un legale che aveva ottenuto il provvedimento richiesto relativamente al mancato pagamento dei propri compensi professionali. L’opposizione – fondata su diversi motivi tra i quali, per quanto qui di interesse, l’incompetenza territoriale del Giudice di Pace che aveva emesso il decreto ingiuntivo, che aveva ritenuto sussistente la propria competenza ai sensi dell’art. 20, seconda ipotesi, c.p.c. – era stata rigettata all’esito del giudizio di primo grado e solo parzialmente accolta in appello. Se il compenso non è determinato il Foro competente è quello del domicilio del debitore. Il ricorrente ha impugnato la sentenza di appello contestando la decisione nella misura in cui il tribunale ha ritenuto che, in base al combinato disposto degli artt. 1182, comma 3, c.c. e 20 c.p.c. il Giudice di Pace adito in via monitoria fosse territorialmente competente a conoscere della controversia pur essendo, al contrario, indubitabile che il credito vantato dal ricorrente in via monitoria non fosse né determinato, né determinabile al momento del conferimento dell’incarico e per cui, a fronte di un credito pecuniario illiquido, il foro facoltativo del luogo in cui deve eseguirsi l’obbligazione, previsto dall'art. 20, seconda ipotesi, c.p.c., deve essere individuato, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1182 c.c., nel domicilio del debitore e non in quello del creditore. Accogliendo il ricorso la Corte di Cassazione ha statuito che, secondo il proprio costante orientamento, costituisce obbligazione pecuniaria soltanto il debito che sia sorto originariamente come tale, avente ad oggetto, cioè, fin dalla sua costituzione, la prestazione di una determinata somma di danaro e il cui ammontare sia, quindi, già fissato al momento in cui l’obbligazione sia venuta in essere. Ne discende che costituisce obbligazione pecuniaria, da adempiere, ai sensi dell’art. 1182, comma 3, c.c., al domicilio del creditore al tempo della scadenza, l’obbligazione derivante da titolo negoziale o giudiziale in cui questo ne abbia stabilito la misura e la scadenza, mentre qualora tale determinazione non sia stata eseguita ab origine dal titolo, l’obbligazione deve essere adempiuta, salvo diversa pattuizione, al domicilio del debitore ai sensi dell’ultimo comma della norma richiamata, non trattandosi di credito liquido ed esigibile. Invero, il fondamento dell’art. 1182, comma 3, c.c., che fissa al domicilio del creditore l’adempimento delle obbligazioni che hanno per oggetto somme liquide ed esigibili sta nel fatto che il debitore è in grado di sapere con certezza, fin dal momento in cui l'obbligazione è venuta in essere, non solo se la prestazione è dovuta, ma anche il termine del pagamento e il suo ammontare con la conseguenza che, negli altri casi, riprende la regola generale che stabilisce il principio che l’obbligazione deve considerarsi querable. Poiché peraltro l’ammontare e la scadenza dell’obbligazione avente a oggetto il pagamento di compensi professionali non sono determinati, di norma, dalla convenzione con la quale sia stato conferito l’incarico, ma possono essere stabiliti successivamente solo alla stregua dell’attività posta in essere concretamente dal professionista, dopo cioè che questa sia stata prestata, la relativa obbligazione non costituisce obbligazione pecuniaria liquida ed esigibile, ai sensi dell'art. 1182, comma 3, c.c. e non deve essere eseguita al domicilio del creditore, ma a quello del debitore. In definitiva, secondo i Giudici, Il compenso per prestazioni professionali, che non sia convenzionalmente stabilito, è un debito pecuniario illiquido, da determinare secondo la tariffa professionale perciò il foro facoltativo del luogo ove deve eseguirsi l’obbligazione previsto dall’art. 20, seconda ipotesi, c.p.c., va individuato, ai sensi dell’art. 1182, ultimo comma, c.c., nel domicilio del debitore in quel medesimo tempo.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 novembre 2018 – 19 marzo 2019, n. 7674 Presidente Gorjan - Relatore Dongiacomo Fatti di causa L’avv. B.A.G.M. e l’avv. C.P. , con atto di citazione notificato in data 30/1/2013, hanno proposto appello nei confronti della sentenza pronunciata dal giudice di pace di Faenza il 5/11/2012, deducendo l’erroneità della decisione assunta dal primo giudice per avere rigettato l’opposizione, che gli stessi avevano proposto, al decreto ingiuntivo pronunciato ai loro danni su ricorso dell’avv. G.S.L. 1 affermando la propria competenza per territorio 2 ritenendo la sussistenza della prova scritta richiesta dall’art. 633 c.p.c., comma 1 3 riconoscendo la legittimazione passiva degli ingiunti 4 violando la previsione dell’art. 112 c.p.c. 5 applicando un parametro di liquidazione delle spese processuali diverso da quello stabilito dalla L. n. 27 del 2012. Il tribunale di Ravenna, con sentenza del 10/7/2013, ha parzialmente accolto l’appello ed ha, per l’effetto, rideterminato, ai sensi del D.M. n. 140 del 2012, le spese processuali liquidate in primo grado, confermando, per il resto, la sentenza appellata. Il tribunale, innanzitutto, ha ritenuto l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza per territorio, dovendosi ritenere applicabile nel caso di specie il comb. disp. di cui all’art. 20 c.p.c., e art. 1182 c.c., comma 3, come correttamente affermato dal Giudice di primo grado . Il tribunale, inoltre, ha respinto l’eccezione di mancanza di adeguata prova scritta di cui agli artt. 633 e 634 c.p.c., sul rilievo che il decreto ingiuntivo era stato richiesto e quindi emesso su parcelle professionali mai contestate opinate dal competente Consiglio dell’Ordine professionale di appartenenza in aderenza alle previsioni di cui agli artt. 633 e 636 c.p.c. . Quanto, poi, alla questione relativa al conferimento dell’incarico all’avv. G. ed all’individuazione del soggetto conseguentemente obbligato al pagamento di quanto di sua spettanza, il tribunale, dopo aver premesso che - la domiciliazione dell’avvocato presso un altro collega non determina l’insorgenza della qualifica di codifensore in capo al domiciliatario, a nulla rilevando che il cliente sottoscriva la procura ad litem nei confronti di quest’ultimo - il rapporto che interviene tra i due avvocati assume la forma del contratto di mandato e non quella del contratto a favore di terzi l’onorario del domiciliatario dev’essere, quindi, versato dall’avvocato mandante e non dal cliente il quale, a sua volta, dovrà farsi carico delle spese sostenute dal suo patrocinatore ha ritenuto che l’avv. G.S. non aveva mai avuto alcun contatto con la Vaprio Stile srl, né risulta che con la essa avesse mai intrattenuto un rapporto e che deve, pertanto, affermarsi che l’incarico defensionale, pur trovando la propria formalizzazione per iscritto nella procura alle liti che il professionista deve farsi rilasciare in vista dell’iniziativa giudiziaria da intraprendere, sia stato in effetti conferito all’avvocato G.S. dai legali qui appellanti . Del resto, - ha aggiunto il tribunale - gli atti del processo intercorso tra la Vaprio Stile s.r.l. e la Faenza Stile s.r.l., da quello introduttivo fino ai successivi, sono stati predisposti dagli avv.ti B. e C. , i quali hanno agito nella veste di effettivi mandanti per conto del cliente Vaprio Stile srl . La documentazione allegata e le comunicazioni tra i legali, infatti, dimostrano che gli avv.ti B. e C. e non altri davano all’avv. G. indicazioni sulle attività da compiersi impartendo istruzioni per le udienze, per il deposito degli atti e per la loro notifica . L’avv. B.A.G.M. e l’avv. C.P. , con ricorso notificato in data 28/1/2014, hanno chiesto, per dieci motivi, la cassazione della sentenza del tribunale, dichiaratamente non notificata. Ha resistito l’avv. G.S.L. con controricorso notificato in data 3/3/2014. I ricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione delle norme sulla competenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 2, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che, in base al comb. disp. dell’art. 1182 c.c., comma 3, e art. 20 c.p.c., il giudice di pace di Faenza fosse territorialmente competente a conoscere della controversia pur essendo, al contrario, indubitabile che, nel caso di specie, il credito vantato dall’avv. G. non fosse né determinato né determinabile al momento del conferimento dell’incarico da parte della Vaprio Stile, per cui, a fronte di un credito pecuniario illiquido, il foro facoltativo del luogo in cui deve eseguirsi l’obbligazione, previsto dall’art. 20 c.p.c., seconda ipotesi, dev’essere individuato, ai sensi dell’art. 1182 c.c., u.c., nel domicilio del debitore e non in quello del creditore. 2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 633 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3, e art. 636 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, nel rigettare l’appello alla sentenza con la quale il giudice di pace aveva confermato il decreto ingiuntivo dagli stessi opposto, ha ritenuto infondato il corrispondente motivo d’impugnazione sul rilievo che il decreto ingiuntivo era stato richiesto ed emesso su parcelle professionali mai contestate opinate dal competente Consiglio dell’ordine professionale d’appartenenza, laddove, al contrario, deve escludersi che costituisca idonea prova scritta ai sensi dell’art. 633 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3, e art. 636 c.p.c., comma 1, un documento redatto dal creditore ed intestato e indirizzato ad un terzo rispetto a colui nei confronti del quale il decreto ingiuntivo è richiesto, come, invece, è accaduto nel caso di specie la parcella azionata in via monitoria dall’avv. G. nei confronti degli avv.ti B. e C. , infatti, hanno osservato i ricorrenti, è sempre stata intestata ed indirizzata solo ad un soggetto terzo, ossia alla Vaprio Stile. 3. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su un motivo d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, al pari del giudice di pace, non ha pronunciato sul motivo d’impugnazione con il quale gli stessi, nel proporre l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei loro confronti e poi l’appello avverso alla sentenza con la quale il giudice di pace aveva rigettato tale opposizione, avevano denunciato l’inammissibilità e/o l’improcedibilità dell’azione monitoria intrapresa dall’avv. G. la quale, infatti, presuppone, in sostanza, l’accertamento e/o la declaratoria giudiziale di simulazione del conferimento dell’incarico professionale da parte della Vaprio Stile in quanto, in realtà, conferito dagli avv.ti B. e C. , che, però, in sede monitoria, non è ammissibile. La sentenza impugnata, quindi, non avendo pronunciato, né espressamente né implicitamente, su tale motivo d’appello, è incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., ed è, quindi, nulla. 4. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’art. 1703 c.c., degli artt. 82 e 83 c.p.c., e dell’art. 62, della legge professionale forense, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, al fine di determinare chi fosse tenuto al pagamento della parcella dell’avv. G. , ha distinto tra la procura alle liti, incontestabilmente conferita dalla Vaprio Stile agli avv.ti T. , B. , C. e G. , e l’incarico defensionale, ed ha ritenuto che tale incarico, pur trovando la propria formalizzazione per iscritto nella procura alle liti che il professionista deve farsi rilasciare in vista dell’iniziativa giudiziaria da intraprendere, sia stato in effetti conferito all’avvocato G.S. dai legali qui appellanti , dando rilevanza ad elementi che non ne hanno alcuna, come la predisposizione degli atti da parte degli avv.ti B. e C. , le indicazioni fornite all’avv. G. sulle attività da compiersi e la inveritiera mancanza di contatti tra la Vaprio Stile e l’avv. G. , senza considerare, invece, altri elementi che, invece, se tenuti in conto, avrebbero condotto ad una conclusione opposta, come la sottoscrizione degli atti di causa da parte dell’avv. G. e la sua partecipazione alle udienze, unitamente alla procura alle liti conferita congiuntamente a tutti i codifensori ed all’intestazione della parcella alla Vaprio Stile. 5. Con il quinto motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha omesso, anche solo implicitamente, di esaminare il fatto decisivo, dagli stessi dedotto con l’atto d’appello e, quindi, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla spendita del nome della Vaprio Stile nei rapporti tra gli avv.ti B. e C. e l’avv. G. , limitandosi ad affermare che gli avv. B. e C. avevano agito nella veste di effettivi mandanti per conto del cliente Vaprio Stile, laddove, al contrario, se avesse esaminato il fatto predetto, il tribunale avrebbe dovuto necessariamente concludere nel senso che, in forza della spendita del nome della società effettuata dall’avv. C. , il contratto di patrocinio per difendere la Vaprio Stile contro la Faenza Stile si era concluso direttamente tra la Vaprio Stile e l’avv. G. . 6. Con il sesto motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha omesso, anche solo implicitamente, di esaminare il fatto decisivo, dagli stessi dedotto con l’atto d’appello e, quindi, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla sottoscrizione da parte dell’avv. G. , per rinuncia alla solidarietà professionale, della transazione tra la Vaprio Stile e la Faenza Stile. L’avv. G. , infatti, hanno osservato i ricorrenti, non avrebbe avuto alcun motivo per firmare tale transazione se i soggetti tenuti al pagamento delle sue competenze fossero stati gli avv.ti B. e C. . La sottoscrizione della transazione, quindi, hanno proseguito i ricorrenti, costituiva un fatto decisivo per il giudizio che, se esaminato, avrebbe indotto il tribunale ad assumere una decisione opposta posto che, attraverso tale sottoscrizione, l’avv. G. ha riconosciuto che il suo ruolo è stato di vero e proprio co-difensore e che, pertanto, la sua unica cliente, tenuta a corrispondere le relative spese, era la Vaprio Stile. 7. Con il settimo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha omesso, anche solo implicitamente, di esaminare il fatto decisivo, dagli stessi dedotto con l’atto d’appello e, quindi, oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’applicabilità al rapporto intercorso tra gli avv.ti B. e C. e l’avv. G. del principio contenuto nell’art. 30 del codice deontologico, a norma del quale l’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non adempia la parte assistita, tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato per ottenere l’adempimento. Ed infatti, hanno osservato i ricorrenti, il tribunale, se avesse esaminato tale questione, pur ritenendo erroneamente che l’incarico all’avv. G. di difendere in giudizio la Vaprio Stile era stato conferito dagli avv.ti B. e C. , avrebbe dovuto concludere che quest’ultimi, proprio in applicazione dell’art. 30 cit., non erano tenuti ad alcun pagamento nei confronti dell’avv. G. . Gli avv.ti B. e C. , infatti, hanno fornito la prova richiesta dall’art. 30 cit., e cioè di essersi più volte attivati presso la cliente Vaprio Stile affinché provvedesse a versare all’avv. G. le sue spettanze. 8. Con l’ottavo motivo, i ricorrenti, lamentando la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su un motivo d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, al pari del giudice di pace, non ha pronunciato sul motivo d’impugnazione con il quale gli stessi, nel proporre l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei loro confronti e poi l’appello avverso alla sentenza con la quale il giudice di pace aveva rigettato tale opposizione, avevano denunciato che l’azione monitoria intrapresa dall’avv. G. avrebbe dovuto essere promossa nei confronti dello Studio Legale T. e Associati e non dell’avv. B. , che ne è socio non amministratore, e dell’avv. C. , che non è socio ma solo collaboratore. 9. Con il nono motivo, i ricorrenti, lamentando la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su un motivo d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, al pari del giudice di pace, non ha pronunciato sul motivo d’impugnazione con il quale gli stessi, nel proporre l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei loro confronti e poi l’appello avverso alla sentenza con la quale il giudice di pace aveva rigettato tale opposizione, avevano denunciato l’inesistenza di qualsivoglia solidarietà passiva degli avv.ti B. e C. nei confronti dell’avv. G. , il quale ha svolto nei confronti della Vaprio Stile l’attività di co-difensore e non quella di semplice domiciliatario. 10. Con il decimo motivo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento/riforma della sentenza impugnata in ordine alla conferma della sentenza di primo grado in ordine alla condanna al pagamento di quanto richiesto dall’avv. G. nonché in ordine alle spese di lite di primo e di secondo grado. 11. Il primo motivo è fondato con assorbimento di tutti gli altri. Questa Corte, infatti, ha avuto già modo di affermare che costituisce obbligazione pecuniaria soltanto il debito che sia sorto originariamente come tale, avente ad oggetto, cioè, fin dalla sua costituzione, la prestazione di una determinata somma di danaro, ed il cui ammontare sia, quindi, già fissato al momento in cui l’obbligazione sia venuta in essere. Ne deriva che costituisce obbligazione pecuniaria, da adempiere, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 3, al domicilio del creditore al tempo della scadenza, l’obbligazione derivante da titolo negoziale o giudiziale in cui questo ne abbia stabilito la misura e la scadenza, mentre qualora tale determinazione non sia stata eseguita ab origine dal titolo, l’obbligazione deve essere adempiuta, salvo diversa pattuizione, al domicilio del debitore ai sensi dell’ult. comma della norma sopra indicata, non trattandosi di credito liquido ed esigibile. Invero, il fondamento della norma art. 1182 c.c., comma 3 che fissa al domicilio del creditore l’adempimento delle obbligazioni che hanno per oggetto somme liquide ed esigibili sta nel fatto che il debitore è in grado di sapere con certezza, fin dal momento in cui l’obbligazione è venuta in essere, non solo se la prestazione è dovuta ma anche il termine del pagamento ed il suo ammontare con la conseguenza che, negli altri casi, riprende la regola generale che stabilisce il principio che l’obbligazione deve considerarsi querable. Poiché l’ammontare e la scadenza dell’obbligazione avente ad oggetto il pagamento di compensi professionali non sono determinati, di norma, dalla convenzione con la quale sia stato conferito l’incarico, ma possono essere stabiliti successivamente solo alla stregua dell’attività posta in essere concretamente dal professionista, dopo cioè che questa sia stata prestata, la relativa obbligazione non costituisce obbligazione pecuniaria liquida ed esigibile, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 3, e non dev’essere eseguita al domicilio del creditore, ma a quello del debitore. In definitiva, il compenso per prestazioni professionali, che non sia convenzionalmente stabilito, è un debito pecuniario illiquido, da determinare secondo la tariffa professionale perciò il foro facoltativo del luogo ove deve eseguirsi l’obbligazione art. 20 c.p.c., seconda ipotesi va individuato, ai sensi dell’art. 1182 c.c., u.c., nel domicilio del debitore in quel medesimo tempo Cass. n. 21000 del 2011 Cass. n. 4511 del 2001 Cass. n. 2591 del 1997 Cass. n. 12629 del 1995 Cass. n. 1189 del 1971 più di recente, Cass. n. 118 del 2017, in motiv., la quale ha ritenuto che l’art. 1182 c.c., comma 3, per cui l’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro dev’essere adempiuta al domicilio del creditore, si applica esclusivamente nel caso in cui la somma sia già determinata nel suo ammontare ovvero quando il credito in danaro sia determinabile in base ad un semplice calcolo aritmetico e non si renda necessario procedere ad ulteriori accertamenti, mentre quando la somma deve essere ancora liquidata dalle parti, o, in loro sostituzione, dal giudice, mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione l’art. 1182, comma 4, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza Cass. n. 30287 del 2017, per la quale l’obbligazione avente ad oggetto il pagamento, in favore di un avvocato, del compenso professionale che non sia stato determinato all’atto del conferimento dell’incarico, va adempiuta al domicilio del debitore, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 4, trattandosi di credito non liquido, poiché i titolo non determina né il suo ammontare né stabilisce criteri determinativi non discrezionali, con la conseguenza, tanto nel caso di azione volta all’accertamento ed alla liquidazione dei compensi dovuti in favore del professionista, quanto di azione di accertamento negativo circa l’esistenza stessa dell’obbligazione, la competenza ai sensi dell’art. 20 c.p.c., in relazione al forum destinatae solutionis, va radicata in capo al giudice del luogo ove il debitore ha il proprio domicilio al tempo della scadenza dell’obbligazione Cass. SU n. 17989 del 2016, secondo cui le obbligazioni pecuniarie da adempiere al domicilio del creditore a norma dell’art. 1182 c.c., comma 3, sono - agli effetti sia della mora ex re, sia del forum destinatae solutionis - esclusivamente quelle effettivamente liquide, delle quali cioè il titolo determini l’ammontare o indichi criteri determinativi non discrezionali Cass. n. 9273 del 2011 Cass. n. 22326 del 2007 Cass. n. 7021 del 2002 . Nel caso di specie - escluso ogni rilievo alle norme invocate dall’avv. G. solo nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo cfr. la comparsa di risposta del 7/7/2011, p. 2 e 3 previste dall’art. 637 c.p.c., commi 2 e 3 la prima che individua un’ipotesi di competenza per materia , in quanto l’ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito azionato si riferisce non è il giudice di pace di Faenza ma il tribunale di Ravenna la seconda, poiché la competenza per valore del giudice del luogo in cui ha sede il consiglio dell’ordine al quale l’avvocato è iscritto, trova applicazione solo relativamente alla domanda d’ingiunzione proposta per il credito all’onorario che l’avvocato vanti in conseguenza delle prestazioni professionali direttamente rese al soggetto che, nella qualità di cliente , abbia rappresentato e difeso in giudizio non anche per il credito al compenso che, in forza di un ordinario contratto di mandato, sia pur a beneficio di un terzo, lo stesso abbia maturato come, nel caso di specie, l’attore ha dedotto nel ricorso per decreto ingiuntivo che ha introdotto il giudizio cfr. infra nei confronti del collega che l’abbia incaricato dello svolgimento di singoli atti processuali nell’interesse del suo cliente cfr., in ordine a quest’ultima ipotesi, Cass. n. 25816 del 2011, in motiv., per cui non è infrequente che una parte, la quale debba essere rappresentata e difesa in un giudizio destinato a svolgersi in una città diversa da quella della propria residenza, non conoscendo legali di quel foro, si rivolga ad un professionista della propria città, e che sia poi quest’ultimo a metterla in corrispondenza con un legale del foro ove deve aver luogo il processo, al quale talvolta congiuntamente con il legale con cui ha rapporto diretto la parte medesima conferisce il mandato ad litem. Nel qual caso è possibile che la parte abbia inteso intrattenere un rapporto di clientela unicamente con il professionista che già conosceva, ed abbia conferito al legale dell’altro foro soltanto la procura tecnicamente necessaria all’espletamento della rappresentanza giudiziaria sicché il mandato di patrocinio in favore di quest’ultimo non proviene dalla parte medesima, bensì dal primo professionista, che ha individuato e contattato il legale del foro della causa e sul quale graverà perciò l’obbligo di corrispondere il relativo compenso - gli atti del giudizio di merito, cui la Corte accede direttamente in ragione della natura processuale del vizio dedotto, dimostrano che l’avv. G.S.L. ha chiesto al giudice di pace di Faenza di ingiungere all’avv. B.A.G.M. e all’avv. C.P. il pagamento della somma di Euro 4.723,44, oltre interessi e spese, quale compenso dichiaratamente maturato nei loro confronti per aver compiuto, su esplicito ed esclusivo incarico degli stessi, sia pur nell’interesse della s.r.l. Vaprio Stile che si è limitata a rilasciare la procura ad litem , una serie di atti relativi al giudizio nel quale la predetta società era parte, avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo emesso su istanza della s.r.l. Faenza Stile, come l’estrazione di copia del decreto ingiuntivo e dei documenti ad esso allegati, la notifica dell’atto di opposizione, l’iscrizione della causa a ruolo, il deposito e la notifica del ricorso per sequestro conservativo in corso di causa, la notifica e l’iscrizione a ruolo del reclamo a norma dell’art. 669 terdecies c.p.c., il deposito delle note e delle memorie autorizzate, il ritiro degli scritti difensivi della controparte ed ogni altra attività risultante dal fascicolo di parte, oltre alla partecipazione a tutte le udienza di trattazione salvo quella del 16/4/2009 ed, infine, alla sottoscrizione dell’atto di transazione che ha definito la lite, con rinuncia alla solidarietà professionale. L’istante, peraltro, non ha espressamente dedotto né altrimenti emerge, ai fini di cui all’art. 38 c.p.c., comma 4, dagli atti del giudizio di merito Cass. n. 21080 del 2005 Cass. SU n. Cass. SU n. 17989 del 2016 che il titolo del credito azionato e cioè il mandato di patrocinio asseritamente conferitogli dai ricorrenti abbia determinato l’ammontare del compenso dallo stesso invocato ovvero indicato i criteri determinativi non discrezionali per la relativa quantificazione. Né, del resto, rileva, ai fini in esame, il fatto che la somma invocata corrisponde alla parcella approvata dal consiglio dell’ordine degli avvocati Cass. SU n. 9214 del 1987 Cass. n. 6096 del 2013, in motiv. e neppure che l’ammontare invocato dall’istante non sia stato contestato dai ricorrente, trattandosi di circostanze inidonee a trasformare in pecuniaria un’obbligazione che, al momento in cui è azionata in giudizio, tale non può essere considerata. Il credito azionato dall’avv. G. , pertanto, alla luce di quanto dedotto nel ricorso introduttivo art. 20 c.p.c. e di quanto emerge dagli atti del giudizio art. 38 c.p.c., comma 4 , non ha dato luogo ad un’obbligazione pecuniaria da adempiere al domicilio del creditore a norma dell’art. 1182 c.c., comma 3, trattandosi, piuttosto, di credito non liquido, poiché il titolo dedotto in giudizio non ha determinato né il suo ammontare né ha stabilito criteri determinativi non discrezionali, con la conseguenza la competenza, a norma dell’art. 20 c.p.c., seconda ipotesi, in relazione al forum destinatae solutionis art. 1182 c.c., u.c. , va radicata in capo al giudice del luogo in cui i debitori avevano il proprio domicilio al tempo della scadenza dell’obbligazione, collocato, come lo stesso attore aveva indicato nel ricorso per decreto ingiuntivo, a Milano. Né la competenza del giudice di pace di Faenza può radicarsi, a norma dell’art. 20 c.p.c., prima ipotesi, in ragione del luogo che l’avv. G. neppure ha invocato v. la comparsa di risposta depositata nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo il 7/7/2011, p. 2 e 3 in cui tale obbligazione è sorta forum contractus . Ed infatti, - escluso, ai fini della competenza, ogni rilievo all’eccezione sollevata dai convenuti che neghi l’esistenza stessa del contratto invocato dall’attore Cass. n. 10966 del 2003 Cass. n. 8189 del 2012 - quando l’obbligazione dedotta in giudizio è il compenso dovuto all’avvocato, per la determinazione del forum contractus facoltativo, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., deve farsi riferimento al luogo in cui il contratto è stato concluso e quindi, a norma dell’art. 1326 c.c., al luogo in cui il proponente ha avuto conoscenza dell’accettazione dell’altra parte Cass. n. 11974 del 1995 . Nel caso di specie, il ricorso per decreto ingiuntivo proposto dall’avv. G. non contiene alcuna indicazione in ordine al luogo in cui, nei termini predetti, il contratto di mandato asseritamente stipulato con gli avv.ti C. e B. sarebbe stato stipulato per contro, risulta dall’atto di citazione in opposizione presentato da quest’ultimi e dalla comparsa di risposta depositata in tale giudizio dall’avv. G. , p. 3 che, in fatto, l’avv. C. al cui studio in la Vaprio Stile si era rivolta per proporre opposizione al decreto ingiuntivo ad essa notificato dalla Faenza Stile aveva contattato telefonicamente come precisato nell’atto d’appello l’avv. G. e che lo stesso gli aveva dichiarato la sua disponibilità a rappresentare e difendere la Vaprio Stile nel predetto giudizio. Ciò significa che, alla luce di quanto emerge dagli atti art. 38 c.p.c., comma 4 , l’incarico asseritamente conferito dai ricorrenti all’avv. G. è stato stipulato nel luogo in cui i primi hanno avuto conoscenza dell’accettazione di quest’ultimo, vale a dire, appunto, in difetto di emergenze in senso contrario, il suo studio, sito a cfr., per i contratti stipulati per telefono, Cass. n. 16417 del 2009, secondo la quale, per tali contratti, luogo della conclusione è quello in cui l’accettazione giunge a conoscenza del proponente ed in cui questi, attraverso il filo telefonico, ha immediata e diretta conoscenza dell’accettazione, con la conseguenza che, nel predetto luogo, si radica il primo dei fori alternativi previsti dall’art. 20 c.p.c. , rimanendo, per contro, irrilevanti - ad onta di quanto in fatto dedotto dall’avv. G. nella comparsa di risposta depositata nel giudizio d’appello p. 7 e 8 e nel controricorso p. 15, 16 - i contatti successivamente intercorsi per iscritto tra le presunte parti sulla base, peraltro, di accordi dichiaratamente già raggiunti v. la missiva del 6/3/2009 . E neppure, infine, rileva, allo scopo di radicare la competenza innanzi al giudice di pace di Faenza, il criterio costituito, a norma dell’art. 18 c.p.c., dal luogo in cui i convenuti hanno la loro residenza, pacificamente collocata, per l’avv. B. , a e, per l’avv. C. , a . 12. La pronuncia del decreto ingiuntivo richiesto non spettava, in definitiva, al giudice di pace di Faenza. La sentenza impugnata, avendo affermato la competenza per territorio del giudice di pace di Faenza ritenendo applicabile nel caso di specie il comb. disp. di cui all’art. 20 c.p.c., e art. 1182 c.c., comma 3 , dev’essere, pertanto, cassata art. 382 c.p.c., comma 2 . Alla cassazione della sentenza impugnata, ovviamente, non potrà i far seguito il rinvio della causa al tribunale di Ravenna, che, per quanto detto, è incompetente ratione loci. Ed infatti, quando sia il giudice di primo che quello di secondo grado abbiano erroneamente ritenuto sussistere la propria competenza per territorio, della quale invece erano privi, alla cassazione della sentenza d’appello deve seguire l’indicazione da parte di questa Corte del giudice competente in primo grado, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 2, dinanzi al quale sarà onere della parte più diligente riassumere il giudizio, ai sensi dell’art. 50 c.p.c. Cass. n. 22810 del 2018 Cass. n. 10566 del 2003 Cass. n. 22958 del 2010 giudice che, nel caso di specie, va indicato, in relazione ai criteri previsti dall’art. 18 c.p.c., e art. 20 c.p.c., prima e seconda ipotesi, nel giudice di pace di Milano per l’avv. C. , invece, in conseguenza della sua residenza in , il giudice di pace, relativamente al solo criterio della residenza previsto dall’art. 18 c.p.c., è quello di Desio ferma restando, peraltro, la possibilità di ricorrere anche sotto questo profilo al criterio del cumulo soggettivo previsto dall’art. 33 c.p.c 13. La cassazione della sentenza impugnata per violazione delle regole sulla competenza impone, infine, la liquidazione delle spese dei gradi di merito e di quelle del giudizio di legittimità art. 385 c.p.c., comma 2 . Tali spese seguono la soccombenza e la liquidazione delle stesse è rimessa, avuto riguardo al petitum, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. P.Q.M. la Corte così provvede accoglie il primo motivo e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata indica, quale giudice competente in primo grado, il giudice di pace di Milano e di Desio rimette al tribunale di Ravenna la liquidazione delle spese dei gradi di merito e di quelle del presente giudizio di legittimità, secondo i criteri indicati in motivazione.