Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente

Con la sentenza n. 123/18, il CNF ha ribadito alcuni principi di diritto in tema di divieto di assunzione dell’incarico nei confronti dell’ex cliente.

Il CNF, con sentenza n. 123/18, ha ribadito che il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata ed è soggetto al limite temporale di 2 anni dalla cessazione del rapporto professionale. Da tale vincolo deontologico, l’avvocato può essere sciolto solo dall’autorizzazione espressa dell’ex cliente. Il caso. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, a conclusione del procedimento disciplinare svoltosi a carico dell’avvocato ricorrente, gli infliggeva la sanzione della censura per avere assunto la difesa del marito nella separazione personale dalla moglie, in violazione del divieto di assumere incarichi contro l’ex cliente. Tale divieto si riteneva violato sul presupposto che egli aveva accettato l’incarico di difendere il marito nel giudizio di separazione, pur avendo ricevuto in precedenza l’incarico, sia pure poi revocato, dalla moglie nella fase pre-contenziosa. Avverso tale decisione l’avvocato interpone rituale e tempestivo ricorso e chiede l’annullamento della stessa ed il suo proscioglimento. Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente. Durante l’analisi del ricorso interposto dal ricorrente, il Consiglio Nazionale Forense ha l’occasione di ribadire tre importanti principi di diritto. Primo fra tutti è quello che scaturisce dall’art. 68 del Codice Deontologico Forense, secondo cui il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente, prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata a favore di quest’ultimo, giacché è sufficiente una prestazione professionale nella più ampia definizione di assistenza, così come è irrilevante il motivo per il quale la dismissione del mandato sia avvenuta, ossia per revoca o rinuncia . L’autorizzazione espressa dell’ex cliente libera l’avvocato . Il medesimo precetto, prosegue il CNF, sussiste nei confronti dell’avvocato sempreché non sia decorso un ragionevole periodo di tempo, che l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza e che non vi sia la possibilità, per il professionista, di utilizzare notizie in precedenza acquisite. Tuttavia, anche quando tali condizioni non ricorrono tutte nella fattispecie, il rigido tenore della norma può ritenersi superato se il soggetto autorizza espressamente il professionista a non tener conto del divieto, liberandolo così dal vincolo deontologico che la disposizione gli impone. Limite temporale. Per per quanto concerne il limite temporale, il Consiglio ribadisce che l’avvocato non può e non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita, se non dopo il decorso di 2 anni dalla cessazione del rapporto professionale. E, anche dopo tale termine, egli deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già espletato. Infine, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non è estraneo a quello espletato in precedenza, se si tratta di assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare, se ha assistito il minore in controversie familiari e poi uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa. Nella fattispecie, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e conferma integralmente la decisione impugnata.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 17 dicembre 2016 16 ottobre 2018, numero 123 Presidente Logrieco Relatore Sacchieri Fatto 1. Con decisione del 10 marzo 2014 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, a conclusione del procedimento disciplinare svoltosi a carico dell’avv. [ricorrente], ha inflitto al medesimo la sanzione della censura, avendolo ritenuto responsabile del seguente addebito violazione degli artt. 6. 7 e 51 CDF per avere assunto la difesa del si[tizio] nella separazione personale dalla moglie [mevia] in violazione del divieto di assumere incarichi contro l’ex cliente [mevia], che aveva assistito stragiudizialmente per la stessa controversia, nonché giudizialmente per una divisione giudiziale, prima del decorso dei due anni dalla cessazione di tali incarichi, così venendo meno ai doveri di lealtà, correttezza, fedeltà e violando il divieto di assumere incarichi contro ex clienti prima del decorso del termine di legge. In Ancona dal novembre 2012”. 2. La vicenda disciplinare trae origine da un esposto pervenuto al COA territoriale in data 26 giugno 2013 da parte della signora [mevia], la quale faceva presente di avere conferito incarico all’avv. [ricorrente] per la difesa nell’ambito di un procedimento civile davanti al Tribunale di Ancona avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione ereditaria, giudizio ancora formalmente pendente ad aprile 2013 come risultante dalla lettera in data 22/4/2013 inviatale dall’avv. [ricorrente] di avere, altresì, conferito incarico di natura stragiudiziale al suddetto professionista al fine di pervenire ad una separazione consensuale dal marito [tizio] di avergli successivamente revocato il mandato” e di avere riscontrato che, nel conseguente giudizio da lei promosso con ricorso depositato in data 28 gennaio 2013 con l’assistenza dell’avv. [caia], l’avv. [ricorrente] si era costituito per il marito con comparsa del 5 aprile 2013. L’esponente -sul presupposto che il comportamento tenuto dall’avv. [ricorrente] violasse gli obblighi deontologici, non potendo lo stesso accettare l’incarico di difendere il marito nel giudizio di separazione, avendo ricevuto in precedenza l’incarico sia pure poi revocato di assisterla nella fase pre-contenziosa invocava l’intervento del COA perché fossero adottati gli opportuni provvedimenti”. 2. Invitato a fornire chiarimenti, l’avv. [ricorrente] chiedeva di essere sentito a difesa e faceva pervenire in data 26 settembre 2013 me[mevia]a con cui riconosceva di avere ricevuto incarico, nel maggio 2011, da parte della signora [mevia] di difenderla in un giudizio di scioglimento di comunione ereditaria procomma numero [ omissis ] Tribunale di Ancona/Sezione Distaccata di Senigallia che, di fatto, era stato definito nel mese di dicembre 2012”, allorquando veniva redatto, in esecuzione di un pregresso accordo, atto notarile di alienazione dell’immobile in comunione, con conseguente apprensione in denaro della quota di spettanza della cliente, venendo poi il giudizio abbandonato riconosceva che la signora [mevia] si era a lui rivolta per verificare se sussistesse la possibilità di pervenire ad una separazione consensuale dal marito [tizio] e di avere, in esecuzione di tale incarico, convocato i coniugi nel suo Studio, avviandosi tra le parti proficui colloqui dichiarava di essere venuto poi a conoscenza che la signora [mevia], senza alcuna preventiva comunicazione, si era rivolta ad altro avvocato, di tanto venendo notiziato dal marito che aveva ricevuto, da parte del nuovo difensore della moglie, una lettera d’invito a ricercare un’intesa per una separazione consensuale e che il [tizio] che avevo conosciuto da poco ha pensato di rivolgersi allo scrivente”. Tali essendo i fatti, concludeva che, a suo avviso, nel comportamento tenuto non si potesse ravvisare alcun profilo di rilievo disciplinare. Audito in data 16 dicembre 2013, l’avv. [ricorrente] confermava quanto sopra e precisava che, allorquando aveva assunto la assistenza/difesa del signor [tizio], l’incarico relativo al giudizio di scioglimento della comunione ereditaria in cui aveva difeso la moglie si era da tempo concluso”. 3. Con delibera del 16 dicembre 2013, il COA disponeva l’apertura di procedimento disciplinare nei confronti dell’avv. [ricorrente], formulando il capo di incolpazione sopra trascritto sub 1. 4. Disposta la citazione a giudizio per la seduta del 10 marzo 2014, l’incolpato insisteva preliminarmente nella richiesta di prova testimoniale già formulata con nota depositata il 28 gennaio 2014, che veniva rigettava in quanto ritenuta superfluaalla luce della documentazione prodotta e di quella agli atti”. Venivano intesi sia l’incolpato che si riportava alle precedenti note difensive e depositava ulteriore documentazione , sia l’esponente che, a domanda, puntualizzava di avere conferito incarico all’avv. [caia] di assisterla in ordine alla procedura di separazione in data 24 ottobre 2012 e che il giudizio di scioglimento della comunione ereditaria era stato definito in via transattiva nel dicembre 2012 . Indi il COA decideva affermando la responsabilità dell’incolpato, con conseguente applicazione della sanzione della censura, giusta dispositivo che veniva trascritto in verbale. 5. Con decisione depositata l’ 1 settembre 2014, il COA, ripercorsa la vicenda nei termini di cui si è detto sopra in sintesi, argomentava che i fatti appaiono, nella loro materialità, incontestati”. Evidenziava, in particolare, come l’avv. [ricorrente] aveva assunto la veste di difensore di [tizio] nel novembre 2012, quando ancora era in corso il giudizio di scioglimento di comunione ereditaria e che lo stesso aveva assistito la moglie in via stragiudiziale nella procedura di separazione fino ad ottobre 2012. Tutto ciò rendeva evidente come l’incolpato si fosse reso responsabilità della violazione del precetto articolo 51 CDF che fa divieto all’avvocato di assumere incarichi contro ex clienti se non quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale, a nulla rilevando, in particolare, il fatto che fosse stata la [mevia] a decidere di rivolgersi ad altro avvocato posto che ciò non fa venir meno il divieto” di cui al precetto citato. Aggiungeva il COA che restava irrilevante accertare se, nell’assolvimento del nuovo incarico a favore del marito, egli avesse utilizzato o meno notizie acquisite nell’espletamento dell’incarico svolto a favore della moglie ed ex cliente, costituendo tale evenienza un fatto autonomamente rilevante sul piano disciplinare, ma ulteriore e distinto da quello specificamente contestato del divieto in sé di assumere incarichi contro un ex cliente nel biennio dalla cessazione dell’incarico termine, peraltro, osservava ulteriormente il COA, nella fattispecie neppure da osservare, configurandosi il divieto come assoluto, ai sensi della seconda parte dell’articolo 51 CDF, stante che il nuovo” mandato aveva sostanzialmente lo stesso oggetto di quello precedente già dismesso . 6. Avverso detta decisione ha interposto rituale e tempestivo ricorso l’avv. [ricorrente], difeso da sé medesimo, affidato a due motivi coi quali si chiede l’annullamento della stessa ed il suo proscioglimento. Col primo motivo viene dedotta illegittimità per eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, nonché illegittimità per violazione di legge in quanto la presunta responsabilità disciplinare sancita dall’articolo 51 CdF, nel caso di specie, non risulta integrata atteso la dichiarazione di assenso del soggetto alla cui tutela la norma è in parte orientata” si sostiene che la [mevia] aveva sostanzialmente abdicato alla tutela di cui all’articolo 51 CDF, acconsentendo che l’avv. [ricorrente] assumesse la difesa del marito nell’instaurando giudizio di separazione, così venendo meno il rilievo disciplinare astrattamente insito in tale condotta. Col secondo motivo viene dedotta illegittimità per eccesso di potere e violazione del diritto di difesa e contraddittorio per mancata assunzione della prova testimoniale ritualmente richiesta” si sostiene che la decisione del COA di non ammettere la prova testimoniale richiesta, senza supportare tale determinazione con un’adeguata motivazione, gli ha impedito di compiutamente difendersi e di far valere le sue ragioni. 7. In sede di discussione del ricorso, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto dello stesso. Non è comparso il ricorrente difeso da sé medesimo . Diritto Il ricorso è infondato e, dunque, va rigettato. 1. Realmente, come osservato dal COA, i fatti sulla base dei quali è stata formulata l’incolpazione non sono controversi. E’ incontestato e documentalmente provato che l’avv. [ricorrente] abbia assunto l’incarico di difendere il signor [tizio] nel giudizio di separazione personale promosso dalla moglie [mevia] con ricorso del 28 gennaio 2013, sebbene lo stesso i avesse difeso la [mevia] in un giudizio di scioglimento di comunione ereditaria procomma numero [ omissis ] Tribunale di Ancona/Sezione Distaccata di Senigallia di fatto conclusosi in via conciliativa e, poi, abbandonato , per ammissione dello stesso incolpato, nel mese di dicembre 2012 allorquando veniva stipulato rogito di alienazione dell’immobile oggetto della comunione con ripartizione del ricavato tra i comunisti in ragione delle rispettive quote ii avesse avuto incarico, da parte della [mevia], di assisterla in via stragiudiziale per tentare di pervenire ad una separazione consensuale dal coniuge [tizio] come risulta, tra l’altro, dalla lettera del 2 ottobre 2012, indirizzata dall’avv. [ricorrente] al [tizio], a nome e per conto della sig.ra [mevia] la quale intende addivenire a separazione personale e mi ha pertanto conferito ampio mandato di esperire la relativa procedura” . 2. La condotta considerata rientra scolasticamente nella fattispecie prevista dall’articolo 51 CDF previgente assunzione di incarichi contro ex clienti” ora disciplinata in diversa articolazione grafica, ma in sostanziale identità di contenuti dall’articolo 68 del nuovo CDF entrato in vigore il 16 dicembre 2014 assunzione di incarichi contro una parte già assistita” la quale, in buona sostanza, consente all’avvocato di assumere un incarico contro una parte già assistita nel rispetto di due concorrenti condizioni e, cioè che i sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale ii l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo” a quello espletato in precedenza diversamente, infatti, il divieto di assumere incarichi contro una parte già assistita si configura come assoluto e perdurante, quindi, nonostante il trascorrere del biennio . Resta fermo in ogni caso” anche, cioè, quando sia trascorso il biennio e il nuovo incarico sia diverso per oggetto da quello precedente il divieto per l’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito Nella fattispecie, l’assunzione dell’incarico conferito all’avv. [ricorrente] dal marito dell’esponente [incarico databile, ancor prima della costituzione nel giudizio di separazione avvenuta con comparsa del 5 aprile 2013 , già al 2 novembre 2012, come risulta dalla lettera di pari data diretta all’avv. [caia], subentrata nell’assistenza della [mevia], in cui l’odierno ricorrente dichiara di scrivere a nome e per conto” del [tizio] il quale mi ha conferito il mandato di assisterlo e difenderlo nella procedura indicata in oggetto”, ossia quella finalizzata alla separazione personale] non solo è avvenuto nella pendenza del giudizio numero [ omissis ], ma ha riguardato quanto alla procedura di separazione una vicenda avente l’identico oggetto rispetto a quello per il quale egli era intervenuto, fino a pochi giorni prima, nell’interesse della [mevia]. Correttamente, pertanto, il COA rileva che, nella fattispecie, stante il fatto che il successivo mandato conferito dal [tizio] ha il medesimo oggetto di quello per il quale era stato conferito incarico dalla [mevia], neppure si porrebbe il problema del rispetto del biennio, vertendosi nell’ipotesi di non estraneità” dell’oggetto del nuovo incarico rispetto a quello afferente il rapporto esaurito che la norma configura come illecito disciplinare in termini assoluti, a prescindere ed oltre, cioè, il rispetto dell’intervallo temporale biennale. Ed è appena il caso di puntualizzare ma solo per completezza, non avendo le questioni formato oggetto di specifico motivo di ricorso che i il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente, prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata a favore di quest’ultimo, avendo più volte questo Consiglio avuto modo di ribadire che la norma di cui all’articolo 51 CDF previgente come quella di cui all’articolo 68 nuovo CDF non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza” CNF, 16 aprile 2014, numero 43 o 63 , cosicchè è sufficiente a integrare il divieto anche il fatto che la pregressa attività abbia avuto consistenza di mera attività stragiudiziale e non anche giudiziale in senso adesivo, sul punto, ex plurimis CNF , 14 aprile 2016, numero 78 ii che resta irrilevante il motivo per il quale la dismissione del mandato sia avvenuta, sicchè il divieto previsto dall’ articolo 51 CDF previgente e, ora, dall’articolo 68 nuovo CDF resta integrato indipendentemente dal fatto che questa sia dovuta a revoca o rinuncia” CNF, 28 dicembre 2015 numero 226 CNF 13 marzo 2013, numero 35 e CNF, 18 giugno 2010, numero 37 . 3. Quanto sopra ribadito, passando all’esame dei due mezzi di ricorso, essi risultano entrambi manifestamente privi di fondamento. 3.a Infondato è il primo mezzo di censura, con cui il ricorrente deduce che la condotta posta in essere, benché astrattamente riconducibile a quella di cui all’articolo 51 CDF, risulterebbe in concreto scriminata dal fatto che la [mevia] avrebbe acconsentito acchè lui avesse assistito il marito nel giudizio di separazione, come risulterebbe dal documento in atti 12/10/2012 ” sottoscritto dalla [mevia], che il COA avrebbe inspiegabilmente” trascurato di prendere in considerazione. La tesi viene supportata in diritto col richiamo ad una sentenza di questo Consiglio con cui si è affermato che il precetto deontologico di cui all’articolo 51 CDF -pur nel caso in cui l’avvocato abbia assunto un incarico contro una parte già assistita senza il rispetto dell’arco temporale del biennio e per una vicenda avente un oggetto estraneo a quello del rapporto professionale esaurito non può ritenersi violato se l’assunzione dell’incarico sia avvenuto con il consenso espresso della parte già assistita, in quanto idoneo a liberare l’avvocato dall’obbligo deontologico imposto dalla norma CFN, 22 ottobre 2010, 120 . Il principio detto è condivisibile e va qui ribadito. Epperò, non sussistono in fatto le condizioni per la sua applicabilità al caso di specie. Il documento cui il ricorrente fa riferimento altro non è se non la delega” che [mevia] ebbe a rilasciare in favore dell’avv. [ricorrente] in data 12 ottobre 2012 ad esperire l’azione di separazione personale dei coniugi unitamente al marito [tizio]”, ossia a presentare un ricorso congiunto ove si fosse raggiunto l’accordo per una separazione consensuale. E’ del tutto evidente che siffatta delega” non possa essere interpretata nel senso tutt’affatto diverso voluto dal ricorrente di autorizzazionea non tenere conto del divieto” di cui all’articolo 51 CdF così testualmente a pag. 3 del ricorso , ossia di consenso anche ad intraprendere fallito che fosse il tentativo di pervenire ad una separazione consensuale un giudizio di separazione nell’interesse esclusivo del marito contro di essa ovvero a costituirsi come è in concreto avvenuto nell’interesse del marito nel giudizio di separazione che essa [mevia] avesse proposto con l’assistenza del nuovo legale da lei incaricato . Dunque, il profilo di ricorso esaminato è assolutamente infondato, basato com’è su una interpretazione della delega” del tutto capziosa. 3.b Neppure risulta fondato l’altro mezzo di ricorso col quale si lamenta violazione del diritto di difesa e contraddittorio per mancata assunzione della prova testimoniale richiesta”. In termini generali, va ribadito che il COA gode di ampia discrezionalità nel valutare la conferenza e la rilevanza delle prove dedotte in virtù del principio del libero convincimento, sicchè non è censurabile, né può determinare la nullità della decisione, la mancata audizione di testi indicati, quando risulti che il Consiglio abbia ritenuto le testimonianze del tutto inutili o irrilevanti ai fini del giudizio, per essere il Collegio già in possesso degli elementi sufficienti a determinare l’accertamento completo dei fatti da giudicare attraverso la valutazione delle risultanze acquisite” CNF, 10 novembre 2014, numero 154. In senso conforme, tra le tante CNF, 10 marzo 2015, numero 16 e CNF, 16 aprile 2014, numero 52 . Nella fattispecie, del tutto correttamente il COA ha ritenuto che le circostanze dedotte a capitoli di prova nella me[mevia]a difensiva del 28 gennaio 2014 richiesta di prova in cui l’incolpato, poi, ha insistito anche nella seduta dibattimentale fossero irrilevanti e che la prova testimoniale capitolata fosse superflua” alla luce della documentazione già in atti. Trattasi di valutazione che il Consiglio ritiene corretta e condivisibile. Ed, infatti i il capitolo sub a mira a fare accertare un fatto e, cioè, che in data 12 ottobre 2012 il [tizio], raccogliendo l’invito formulatogli dall’avv. [ricorrente] su incarico della moglie, si è recato presso il suo Studio unitamente alla moglie, per discutere delle condizioni della separazione personale dei coniugi” incontestato ed incontroverso, sicchè risulta superfluo ed irrilevante ammettersi prova testimoniale a conferma ii il capitolo sub b mira a confermare che in quell’occasione venne redatta la delega” di cui sopra si è detto, rilasciata dalla [mevia] e sulla quale risulta apposta anche la firma del [tizio]. Anche qui la prova richiesta dovrebbe valere solo a confermare la veridicità del documento/delega del 12 ottobre 2012, rilasciato dalla [mevia] e firmato anche dal [tizio], la cui autenticità, però, nessuno ha messo in dubbio, ma che nulla di rilevante apporta ai fini della decisione, dovendosi escludere -per quanto sopra chiarito sub 3 b che essa come inesattamente esposto in ricorso contenesse una espressa autorizzazione del cliente a non tenere conto del divieto” di cui all’articolo 51 CdF. Appare evidente, dunque, che la decisione del COA di non ammettere la prova in quanto superflua” alla luce della documentazione in atti risulti ineccepibile perché coerente con le risultanze già acquisite. 4. La decisione impugnata merita conferma anche quanto all’aspetto sanzionatorio. Al riguardo, bisogna considerare che, nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, le norme del nuovo CDF entrato in vigore il 16 dicembre 2014 si applicano anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, avendo l’articolo 65, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, numero 247, recepito il criterio del favore rei”, in luogo di quello del criterio del tempus regit actum” Cass. Sez. Unumero 16 febbraio 2015, numero 3023. In senso conforme, per la giurisprudenza di questo Consiglio, tra le tante CNF, 12 luglio 2016, numero 180 CNF, 23 luglio 2015, numero 123 e CNF, 18 luglio 2015, numero 112 . Ciò impone di operare un necessario raffronto tra le due discipline con riferimento alle condotte contestate nel capo di incolpazione. Al ricorrente è stata contestata la violazione degli artt. 6 doveri di lealtà e correttezza , 7 dovere di fedeltà e 51 assunzione di incarichi contro ex clienti del CDF previgente, che prevedono fattispecie rispettivamente riconducibili agli artt. 9 e 19, all’articolo 10 e all’articolo 68 del nuovo CDF. Gli articolo 9 e 19 che richiamo i doveri di lealtà e correttezza e l’articolo 10 dovere di fedeltà non hanno un apparato sanzionatorio autonomo con la conseguenza che la sanzione applicabile dovrà essere individuata in una tra quelle previste nell’articolo 22 comma 1°, da fissarsi in concreto avuto riguardo ai criteri dettati dall’articolo 21, commi 2°, 3° e 4°, anche tenuto conto dei criteri ex articolo 22, comma 2°, che valgono ad attenuare ovvero aggravare la sanzione , mentre l’articolo 68 che al comma 1° fa divieto all’avvocato di assumere un incarico professionale contro una parte già assistita se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e, al comma 2° vieta in termini assoluti, quindi anche oltre il termine biennale previsto nel comma 1°, di assumere un incarico professionale contro la parte già assistita nel caso, ricorrente nella fattispecie, in cui l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza” prevede la sanzione edittale della sospensione da mesi 2 a mesi 6 per la violazione del comma 1° e da 1 a tre anni per la violazione del comma 2°. Ne risulta, dunque, la necessità di tenere ferma la sanzione applicata dal COA di Ancona censura , tenuto conto che il nuovo CDF prevede per la violazione delle condotte contestate al ricorrente un regime sanzionatorio più severo inapplicabile per il divieto della reformatio in peius . P.Q.M. visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27 novembre 1933 numero 1578 e gli artt. 59 e ss. del R.D. 22 gennaio 1934 numero 37 Il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso, confermando integralmente la decisione impugnata. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.