Rito camerale per la controversia in materia di liquidazione degli onorari dell’avvocato

Per le controversie aventi ad oggetto la domanda di condanna di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato sono soggette al rito di cui all’art. 14, d. lgs. n. 150/2011.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2045/19, depositata il 24 gennaio. Il caso. Un avvocato chiedeva la liquidazione del compenso professionale per l’attività svolta in favore di un Comune, con procura alle liti a lui conferite da un’impresa affidataria dei servizi di gestione del patrimonio immobiliare comunale. Il Comune, costituitosi in giudizio, deduceva la sua estraneità al rapporto d’opera professionale con l’avvocato. Il Tribunale accoglieva la domanda del difensore e condannava il Comune al pagamento delle prestazioni professionali. Quest’ultimo propone ricorso per cassazione sostenendo che il Tribunale aveva adottato il rito camerale e non quello ordinario ex art. 702- bis c.p.c., nonostante la contestazione riguardasse l’ an della pretesa creditoria e non il quantum . Gli onorari dell’avvocato. Come più volte ha ricordato la Suprema Corte, le controversie di cui all’art. 298, l. n. 794/1942, introdotte sia ai sensi dell’art. 702- bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento dei compensi professionali spettanti all’avvocato, sono soggette al rito di cui all’art. 14, d. lgs. n. 150/2011, anche quando il cliente sollevi contestazioni riguardo all’esistenza del rapporto, alle prestazioni eseguite e, in genere, all’a n debeatur . Dunque, il Tribunale ha correttamente applicato il succitato art. 14, adottando il rito camerale. E per tali ragioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal Comune.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 4 ottobre 2018 – 24 gennaio 2019, numero 2045 Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatti di causa Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., l’Avv. B.S. chiedeva la liquidazione dei compensi professionali per l’attività svolta in favore del Comune di Napoli, sulla base di procure alle liti a lui conferite dalla R. Gestioni s.p.a., nella qualità di impresa affidataria dei servizi di gestione del patrimonio immobiliare comunale e rappresentante dell’ente comunale. Il Comune si costituiva e deduceva la sua estraneità al rapporto d’opera professionale con l’Avv. B. . Il Tribunale, in composizione collegiale,accoglieva la domanda e condannava il Comune di Napoli al pagamento delle prestazioni professionali in favore del difensore. Per la cassazione ha proposto ricorso il Comune di Napoli sulla base di un motivo ha resistito con controricorso l’Avv. B. , che, in prossimità dell’udienza ha depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione Con l’unico motivo di ricorso, il Comune di Napoli deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14, per avere il Tribunale adottato il rito camerale e non invece con il rito ordinario ex art. 702 bis c.p.c., nonostante la contestazione riguardasse l’an della pretesa creditoria e non il quantum, in quanto era stata contestata la titolarità passiva del rapporto obbligatorio. Sostiene il ricorrente che l’adozione del rito camerale ha pregiudicato l’esercizio delle garanzie difensive, soprattutto in relazione al regime di impugnazione della decisione, espressamente esclusa dal D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14. Il ricorso è infondato. Il D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14 prevede che le controversie di cui alla L. 13 giugno 1942, numero 794, art. 28, e l’opposizione proposta a norma dell’art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. Ai sensi dell’art. 14, comma 4, l’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Malgrado la pregressa formazione di un orientamento giurisprudenziale favorevole alla tesi del ricorrente, la più recente giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. numero 4002/2016 e Cass. numero 12411/2017 ha ritenuto, al fine di dare sistematicità al sistema delle liquidazioni dei compensi professionali, che l’ordinanza conclusiva del procedimento D.Lgs. numero 150 del 2011, ex art. 14 non sia appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il quantum debeatur, sia che la stessa sia estesa all’an della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14. La perdita del grado di appello nelle controversie che involgano accertamenti sull’an debeatur - oltre a non far sorgere dubbi di legittimità costituzionale, giacché per il principio del doppio grado di giurisdizione non è prevista un’apposita copertura costituzionale - risulta bilanciata dalla collegialità del giudice prevista dal comma 2 dell’art. 14. Tale indirizzo ha trovato, da ultimo, avallo anche nella sentenza di questa Corte n, 4485 del 2018, resa a Sezioni Unite, che -nel dirimere il contrasto sulla questione in esame, individuato con l’ordinanza interlocutoria di questa Sezione numero 13272/2017 - ha stabilito che le controversie di cui alla L. numero 794 del 1942, art. 28, introdotte sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, sono soggette al rito di cui al D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14, anche quando il cliente sollevi contestazioni riguardo all’esistenza del rapporto, alle prestazioni eseguite e, in genere, all’an debeatur A seguito dell’introduzione del D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14, le controversie di cui alla L. numero 794 del 1942, art. 28, come sostituito dal citato D.Lgs., possono essere introdotte con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario speciale disciplinato dal D.Lgs. numero 150 del 2011, artt. 3,4 e 14, o con il procedimento per decreto ingiuntivo ex artt. 633 c.p.c. e ss. e l’eventuale opposizione si dovrebbe proporre ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e ss. e nel relativo procedimento troverebbero applicazione gli artt. 648, 649, 653 e 654 c.p.c. , essendo, invece, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico, di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e ss Il Tribunale ha fatto corretta applicazione del D.Lgs. numero 150 del 2011, art. 14, adottando il rito camerale, anche in presenza di contestazioni da parte del Comune di Napoli sull’an debeatur. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese di lite vanno compensate tra le parti, considerato il mutamento della giurisprudenza in ordine al rito applicabile in materia di opposizione alla liquidazione dei compensi professionali dell’avvocato in caso di contestazioni sull’an debeatur, risolte con la sentenza delle Sezioni Unite numero 4485 del 2018. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.