Ci sono luoghi e tempi di chiarezza ci sono luoghi e tempi di confusione. Tra il lessico calcistico e quello giuridico ci sono differenze. Parlare di sport non è la stessa cosa che discutere di diritto, ragionevolmente.
Il “nuovo” processo civile si accinge a presentarsi congedare i vecchi riti sarà difficile per molti ma la sfida è stimolante in ragione degli obiettivi. La semplificazione incombe e le direttrici della riforma si fanno sempre più chiare, nel senso di esplicite talvolta più torbide che cristalline . Allo stato del dibattito, i protagonisti sono quelli istituzionali, ma il Ministro promette un confronto ampio ed aperto per condividere gli obiettivi condivisi di celerità ed efficienza, confronto nel quale coinvolgere chiunque anche sui temi tecnici, come i meccanismi del processo. C’è tanto su cui discutere, e per la verità alcuni spunti della conferenza stampa del Guardasigilli devono condividersi, probabilmente plaudirsi emblematicamente, più giustizia non necessariamente vuol dire meno processi. Bisogna dunque capire al più presto quale sarà la metodologia del confronto, per non rimanere a guardare e partecipare costruttivamente. Cosa non ha funzionato e come cambiare rotta rispetto a croniche difettività del sistema giuridico recte giudiziario ? V’è che tra una diagnosi ed una prognosi ha preso forma l’aberrazione di semplificare il mondo del diritto consentendo un accesso poco calibrato a ciascuno “portare avanti leggi semplici e lineari che possano essere comprese da tutti non soltanto dagli addetti ai lavori”. Con i limiti di un’interpolazione, fermiamoci su questo aspetto, che forse dimentica la connotazione tecnica del diritto, e la presenza di filtri concettuali peculiari. Prendere un oggetto restando al fatto storico comune è cosa diversa dall’utilizzare la categoria del comodato ove integrata , che introduce implicazioni concettuali di una categoria giuridica ben precisa. Che fare, dunque, portare in Tribunale il lessico del “prendere un oggetto”? In parallelo, il cittadino che va dal dermatologo accusando un arrossamento non può certo aspettarsi che in nome della facilità di comunicazione il medico gli diagnostichi esattamente un arrossamento piuttosto che una dermatite o altra patologia specifica . Saremmo contenti se in un ospedale ci parlassero di acqua e sale al posto di soluzione fisiologica ? Aggiungiamo pure un altro considerando nella nostra società – gli operatori del diritto, e della medicina, lo sanno bene – dilaga l’arroganza culturale ad ogni fatto di cronaca la collettività muta la propria pelle e si trasforma secondo le emergenze del caso gli esperti si moltiplicano e chiunque ha la convinzione di dire cose serie. Nessun problema per le tifoserie in occasione dei mondiali di calcio il nostro Paese pullula di allenatori, il che non crea danno, perché lo sport fa parte dei “circenses” di antica memoria a tutti spazi espressivi liberi e leggeri. In diritto qualcosa cambia, o almeno dovrebbe. Cronaca nera i media tempestano i cittadini, talvolta in un gioco perverso di strumentalizzazione emotiva che non lascia indifferente nessuno. I non addetti si appassionano di temi nient’affatto accessibili emblematicamente, dolo e colpa gli addetti si trovano costretti ad approcciare i fenomeni con questa tara pesante delle precomprensioni emotive. In tutti questi esempi, il desiderio di occuparsi della realtà viene spesso affrontato senza strumenti conoscitivi adeguati. C’è sempre un doppio binario scienza e chiacchiericcio , e nessuno si può occupare di rendere bagaglio conoscitivo comune nozioni specialistiche. Coinvolgere la collettività nei problemi della giustizia – è mia convinzione – non può e non deve significare abbassare l’asticella del confronto tecnico, concettuale, linguistico. Gli obiettivi li sceglie anche l’utente del sistema ciascuno di noi ma non ognuno deve poter interferire con chi esprime delle professionalità adeguate. Di più, valga una categoria la più numerosa , spiegare ai clienti che l’avvocato va pagato è già oggi difficile, perché – si dice diffusamente – non ci vuole molto a “scrivere una lettera” cosa accadrebbe se tutti si sentissero abbastanza preparati da poter scrivere quella lettera? Fare l’avvocato è un privilegio, ed una responsabilità, che non si fonda sul consenso e sull’approvazione può recuperare prestigio solo volando alto. Infine, non ci sarebbe nulla di strano nel proteggere un sapere che si vuole ancorato ad involucro costituzionale per l’avvocato come auspicato da più qualificati oratori o forse non è cosa diversa dalla “giurisdizione forense” . Non mi resta che pensare ad un possibile malinteso.