Assicurazione RC avvocati: l’obbligo indennitario investe anche le spese processuali

La compagnia di assicurazione deve garantire il legale, sempre nei limiti del massimale, di tutto il risarcimento da questi dovuto alla avversa parte vittoriosa, perciò, anche delle spese processuali quali accessori della somma liquidata in favore del terzo danneggiato.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 24159/2018 depositata il 4 ottobre. Il caso. Anche gli avvocati piangono. Qualche volta. E talaltra, vincono. Nella vicenda processuale giunta sino alla Suprema Corte, si verteva in tema di individuazione dell’obbligo indennitario della compagnia di assicurazione per la responsabilità civile dell’avvocato. Nello specifico, un cliente evocava in giudizio il proprio avvocato deducendo che il professionista era stato incaricato della sua difesa in un giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo. Tuttavia, lamentava che il professionista aveva lasciato scadere il termine previsto per proporre l'opposizione stessa. In particolare, l'ufficiale giudiziario, nel notificare il decreto ingiuntivo, aveva inviato l'avviso raccomandato in base all'art. 140 c.p.c. ed il tribunale aveva fatto decorrere da quel momento il termine per l'opposizione, aderendo all'indirizzo interpretativo, al tempo dominante, che considerava la notifica perfezionata nel giorno in cui era stato compiuto l'ultimo degli atti previsti dal relativo procedimento, attraverso la spedizione proprio dell'avviso raccomandato. Il Tribunale, dunque, riteneva irrilevante la data di effettiva ricezione del decreto ingiuntivo da parte del cliente e, sulla base di tale motivazione, aveva qualificato tardiva l'opposizione. La conseguenza era stata la condanna del cliente al pagamento dell'importo ingiunto, comprensivo di capitale, anticipazioni e spese legali del difensore di parte avversa. L’avvocato ha sbagliato e deve pagare. Il cittadino, a fronte di ciò, aveva sostenuto la sussistenza del nesso causale tra la condotta inadempiente del proprio avvocato ed il danno subìto, evidenziando la ragionevole probabilità di esito favorevole dell'opposizione poiché avrebbe potuto dimostrare di aver estinto il debito erroneamente ingiunto mediante la consegna di assegni e la sottoscrizione di una quietanza nella quale si dava atto che le somme erano state corrisposte al coniuge del creditore. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda attorea nonché quella di manleva avanzata dal convenuto avvocato il quale, nel chiedere il rigetto delle domande aveva in via subordinata richiesto di essere autorizzato a chiamare in garanzia la propria assicurazione, in quanto secondo il giudice di primo grado si verteva in materia di interpretazione normativa di speciale difficoltà. Ciò portava con sé la conseguenza della limitazione della responsabilità del professionista al solo dolo ed alla colpa grave che venivano esclusi nel caso di specie. Tanto perché era all'epoca sussistente un contrasto interpretativo sulla norma in tema di notificazione. Ricorso in appello, però, le sorti del giudizio mutavano in quanto la corte territoriale riteneva fondate le ragioni del cliente. Secondo la Corte di Appello, la colpa del professionista non risiedeva nell'aver sostenuto una interpretazione difforme da quella al tempo maggioritaria bensì nel non aver osservato la norma di diligenza, optando per la soluzione più prudente. Riconoscendo il nesso causale tra la negligenza del legale ed il pregiudizio subìto, il giudice di secondo grado condannava l'avvocato al risarcimento dei danni rappresentati dagli onorari corrisposti, dalle somme erogate in favore dell'asserito creditore oltre agli interessi ed alla rivalutazione istat. Invece, riguardo alla posizione della compagnia che assicurava per la responsabilità civile il legale, la corte territoriale riteneva operante lo scoperto contrattuale del 10% e, a causa della mancata produzione da parte del convenuto avvocato delle condizioni generali di contratto, escludeva dalla garanzia l'importo delle spese legali della controparte vittoriosa in giudizio. Avverso tale decisione veniva proposto ricorso dall'avvocato presso la Suprema Corte. L’obbligo indennitario della compagnia per RC Avvocati. Gli Ermellini sostanzialmente confermano le rimostranze del legale in merito alla questione riguardante le spese processuali e l’estensione della garanzia assicurativa. Nello specifico, gli Ermellini rilevano che la Corte di Appello ha escluso che possano essere addebitati alla compagnia di assicurazione gli importi corrispondenti alle spese legali sostenute dal creditore del cliente danneggiato, quale parte vittoriosa in giudizio, e ciò non per difetto di prova del rapporto di assicurazione, ma per il fatto che tale voce di spesa non rientra nel danno complessivamente spettante e, quindi, non coperto dalla garanzia assicurativa. In concreto, la motivazione della Corte territoriale lascia intendere che l'importo relativo alle spese legali della controparte vittoriosa può essere posta a carico della compagnia solo se questa voce di danno è espressamente prevista nelle condizioni generali di contratto che, però, nel caso di specie non erano state prodotte. Al contrario, per come sostenuto dall'avvocato ricorrente in Cassazione, il costo relativo a quelle spese non deve essere espressamente previsto come voce ulteriore nelle condizioni generali di polizza perché rientra nella garanzia ex art. 1917 c.c., quale accessorio della somma liquidata in favore dell'attore per danni. In concreto, confermano gli Ermellini, queste spese costituiscono un accessorio della obbligazione risarcitoria e gravano sull’assicuratore se” e nei limiti” in cui non comportino il superamento del massimale di polizza, come nel caso di specie. Già in altre occasioni la giurisprudenza della Cassazione aveva stabilito che in tema di assicurazione della responsabilità civile, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato, nei limiti del massimale, concerne l'intera obbligazione dell'assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui, eventualmente, l'assicurato venga condannato in favore del danneggiato vittorioso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 marzo – 4 ottobre 2018, numero 24159 Presidente Frasca – Relatore Positano Fatti di causa 1. Con atto di citazione del 25 ottobre 2011, G.D. evocava in giudizio l’avvocato M.F.P. deducendo che il professionista era stato incaricato della difesa nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 5 del 1996 emesso dal Tribunale di Monza in favore di P.P. , lamentando che il professionista aveva lasciato scadere il termine previsto dall’articolo 641 c.p.c. per proporre l’opposizione. In particolare, alla data del 2 febbraio 1996 l’ufficiale giudiziario, nel notificare il decreto ingiuntivo, aveva inviato l’avviso raccomandato previsto all’articolo 140 c.p.c. e il Tribunale aveva fatto decorrere da quel momento il termine per l’opposizione aderendo all’indirizzo interpretativo a quel tempo dominante, che considerava la notifica perfezionata nel giorno in cui era stato compiuto l’ultimo degli atti previsti dal relativo procedimento, attraverso la spedizione dell’avviso raccomandata, ritenendo irrilevante la data effettiva di ricezione del decreto ingiuntivo da parte del G. . Sulla base di queste premesse il Tribunale aveva ritenuto tardiva l’opposizione. L’attore aveva sostenuto la sussistenza del nesso causale tra la condotta inadempiente del professionista ed il danno subito, evidenziando la ragionevole probabilità di esito favorevole dell’opposizione poiché avrebbe potuto dimostrare di aver estinto il debito, mediante la consegna di assegni e la sottoscrizione di una quietanza nella quale si dava atto che le somme erano state corrisposte al marito della creditrice, con assegni oltre ad un minimo importo corrisposto in contanti. 2. Si costituiva l’avvocato chiedendo il rigetto delle domande ed in via subordinata di essere autorizzato a chiamare in causa il proprio assicuratore, Società Cattolica di Assicurazione, la quale concludeva per il rigetto delle domande proposte dall’attore e, in via subordinata, chiedeva il riconoscimento della riduzione dell’obbligo di garanzia nella misura del 10%, sulla base della clausola di scoperto contenuta nelle condizioni di contratto. 3. Con sentenza del 19 dicembre 2013 il Tribunale rigettava la domanda dell’attore e quella di manleva avanzata dal convenuto nei confronti della terza chiamata, rilevando che vertendosi in materia di interpretazione normativa il professionista aveva dovuto affrontare problemi tecnici di speciale difficoltà, con la conseguente applicazione dell’articolo 2236 c.c. e relativa limitazione della responsabilità al dolo e alla colpa grave, esclusi nel caso di specie, sussistendo un contrasto interpretativo sulla norma in tema di notificazione. Tanto che l’opzione sostenuta dal professionista sarebbe stata, in tempi più recenti, accolta dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 3 del 2010. In secondo luogo riteneva carente la prova del nesso causale tra la condotta del professionista ed il danno subito, non essendo stata dimostrata con sufficienza la causa di estinzione del credito ingiunto. 4. Avverso tale decisione proponeva appello il G. con atto notificato il 6 marzo 2014, rilevando che l’adempimento della prestazione del professionista non implicava la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, poiché lo stesso avrebbe dovuto, in via cautelativa, attenersi all’interpretazione più rigorosa, giacché era noto che, secondo l’orientamento maggioritario nel 1996, l’opposizione effettuata sulla base dell’opposta opinione sarebbe stata verosimilmente dichiarata tardiva. Nel merito, l’esito dell’opposizione sarebbe stato certamente favorevole. Chiedeva, pertanto, la condanna del professionista a corrispondere la somma di Euro 27.475 pari al debito ingiunto, oltre al rimborso dei compensi professionali versati nel 1996 al professionista e, in via subordinata, il risarcimento del danno da perdita di chance di successo del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Si costituivano gli appellati. 5. Con sentenza del 26 novembre 2014 la Corte d’Appello di Milano riteneva fondato il primo motivo in quanto la colpa del professionista non risiedeva nell’avere sostenuto un’interpretazione difforme da quella al tempo maggioritaria, ma nel non aver osservato la norma di diligenza, optando per la soluzione più prudente, che sarebbe stata imposta dal tenore dell’articolo 1176 cc. Nel merito la Corte territoriale rilevava che, sulla base delle risultanze processuali, sussisteva il nesso causale tra la negligenza del legale e il pregiudizio subito, poiché il cliente del professionista avrebbe verosimilmente dimostrato di avere estinto il credito della P. . Il risarcimento spettante al G. era rappresentato dagli onorari corrisposti al professionista, dalle somme erogate in favore della P. , oltre ad interessi e rivalutazione Istat. Riguardo alla posizione della compagnia Cattolica Assicurazione, riteneva operante lo scoperto contrattuale del 10% e a causa della mancata produzione da parte dei convenuti delle condizioni generali di contratto, escludeva dalla garanzia l’importo delle spese legali della controparte vittoriosa in giudizio. 6. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’avvocato M.F.P. affidandosi a due motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste in giudizio la società Cattolica di Assicurazione con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1917, prima comma c.c. in relazione all’articolo 360, numero 3 c.p.c, per avere la Corte d’Appello di Milano disatteso il principio generale che stabilisce che la copertura assicurativa è estesa a tutto quanto l’assicurato deve pagare al terzo, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione e cosi anche alle spese di lite della controparte vittoriosa nel giudizio, in quanto accessorie all’obbligazione risarcitoria. In sostanza, la somma di denaro che il professionista assicurato è stato condannato a pagare nelle mani del cliente danneggiato, rappresentata dalle spese sostenute dal G. per il giudizio, deve gravare integralmente sull’assicuratore poiché rappresenta un accessorio della somma liquidata per i danni e va compresa nella somma assicurata, nei soli limiti del massimale, certamente non superato nel caso di specie. 2. La Corte d’Appello ha escluso che possano essere addebitati alla compagnia di assicurazione gli importi corrispondenti alle spese legali sostenute da G. , quale parte vittoriosa in giudizio e ciò non per difetto della prova del rapporto di assicurazione, perché, al contrario, a pagina 13 della sentenza precisa che per effetto della garanzia assicurativa prestata dalla compagnia il professionista dovrà essere manlevato ad eccezione della franchigia contrattuale del 10%. La ragione della esclusione risiede nel fatto che tale voce di spesa non rientra nel danno complessivamente spettante al G. e coperto dalla garanzia assicurativa pagina 11, ove include gli onorari pagati al professionista, le somme versate alla creditrice, oltre interessi e rivalutazione . Pertanto la motivazione lascia intendere che l’importo relativo alle spese legali della controparte vittoriosa può essere posto a carico della compagnia solo se questo è espressamente previsto nelle condizioni generali di polizza che, nel caso di specie, non risultavano prodotte. Al contrario il ricorrente sostiene che il costo relativo a quelle spese non deve essere espressamente previsto come voce ulteriore nelle condizioni generali di polizza, ma rientra nella garanzia ai sensi dell’articolo 1917 cc. quale accessorio della somma liquidata in favore dell’attore per danni. 3. Il motivo è fondato. La questione riguarda le spese processuali e rilevano quelle al cui pagamento l’assicurato venga condannato in favore del danneggiato vittorioso. Spese che - distinte da quelle sopportate dall’assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato e regolate dal terzo comma dell’articolo 1917 cc. - costituiscono, secondo la giurisprudenza costante della Corte, un accessorio dell’obbligazione risarcitoria e gravano sull’assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza tra le tante, Cass. 15 marzo 2004, numero 5242 . 4. Negli stessi termini Cass. Sez. 3, 20 novembre 2012, numero 20322 secondo cui in tema di assicurazione della responsabilità civile, l’obbligo, indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, nei limiti del massimale, concerne l’intera obbligazione dell’assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui l’assicurato, eventualmente in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso”. 5. Con il secondo motivo, formulato in via subordinata si lamenta la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360, numero 4 c.p.c. per avere la Corte territoriale disatteso il principio di non contestazione, omettendo di considerare come fatto non contestato, da ritenersi quindi pacifico, l’esistenza di una copertura assicurativa, anche con riferimento alle spese legali, di primo e di secondo grado della controparte vittoriosa in giudizio, nei confronti dell’assicurato e conseguentemente omettendo, nella propria statuizione, di estendere la manleva assicurativa in favore del professionista, anche alle spese legali della controparte. 6. La Corte d’Appello ha omesso di considerare come pacifica l’esistenza della copertura assicurativa e, quindi, il riferimento alle spese legali di primo e secondo grado attribuite a G. . La Corte non poteva considerare non dimostrato tale profilo a fronte di una richiesta di pagamento formulata dall’attore principale riguardo alle spese di lite di giudizio e alla richiesta dell’assicurato, odierno ricorrente, di manleva da ogni pretesa vantata dall’attore principale. Infine l’assicuratore non ha mai contestato l’estensione della manleva a tali voci. Atteso l’accoglimento del primo motivo, il secondo è assorbito. 7. La controversia può essere decisa nel merito non richiedendo ulteriori accertamenti diversi dalla individuazione dell’ammontare delle spese processuali gi8 liquidate dalla Corte territoriale, per il giudizio di primo grado, in Euro 7.254,00 pag. 14 della sentenza impugnata a carico dell’odierno ricorrente e, per n giudizio di appello, nell’importo di Euro 6.615,00 oltre rimborso forfettario ed accessori. 8. In questi termini va disposta la condanna della Compagnia Cattolica Ass.ni alla rifusione al ricorrente delle spese del giudizio come sopra liquidate a carico del ricorrente nei confronti del danneggiato G. , oltre alle spese del presente giudizio. P.T.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito O secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito, condanna la società Cattolica Ass.ni alla rifusione in favore del ricorrente delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in Euro 7.254,00 ed in Euro 6.615,00, oltre rimborso forfettario ed accessori condanna la controricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio in favore del ricorrete liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese Forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.