L’avvocato ottiene decreto ingiuntivo per i propri compensi ma il cliente si oppone con querela di falso: qual è il giudice competente?

Richiamando un recente arresto giurisprudenziale, gli Ermellini affermano che laddove il cliente, dopo la proposizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’avvocato per i propri compensi, ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda non esorbitante la competenza del giudice adito ex art. 14 d.lgs. n. 150/2011 la trattazione delle due domande avverrà con il rito sommario, mentre, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena.

Decreto ingiuntivo per compensi professionali. Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17467/18, depositata il 4 luglio, decidendo sul ricorso straordinario per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Modena che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di due avvocati per i compensi professionali spettanti a fronte dell’attività svolta a favore dell’opponente. In particolare, quest’ultimo chiedeva l’accertamento della falsità delle firme apposte in calce alla scrittura privata su cui si fondava la domanda degli avvocati ad ottenere il compenso. Il Giudice monocratico modenese negava la propria competenza, a favore di quella del Tribunale in composizione collegiale, affermando appunto l’inammissibilità del ricorso proposto secondo il rito sommario. Il soccombente deduce in Cassazione l’erronea affermazione del giudice monocratico. Ammissibilità del ricorso in Cassazione. Il Collegio afferma in primo luogo l’ammissibilità del ricorso posto che in tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, ai sensi dell’art. 14, comma 4, d.lgs. n. 150/2011, l’ordinanza conclusiva del procedimento non è appellabile ma può essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione, sia nel caso in cui la controversia riguardi il solo quantum , che nell’ipotesi in cui sia estesa anche all’ an della pretesa. Procedimento sommario speciale”. Analizzando il merito della doglianza, la Corte ricorda che l’art. 14 cit. prevede una disciplina speciale che prevale rispetto a quella prevista dal decreto n. 794/1942 indicando quale rito da utilizzare il rito sommario di cognizione ex art. 702 ss. c.p.c., rito che le Sezioni Unite con la sentenza n. 4485/18 hanno definito procedimento sommario speciale”. Secondo la norma citata, l’opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali è regolata dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo . L’ufficio giudiziario competente è quello adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il Tribunale decide in composizione collegiale. Nel caso di specie, avendo il Tribunale di Modena emesso il decreto ingiuntivo opposto, correttamente l’opponente si era rivolto allo stesso Tribunale, posto che la proposizione di querela di falso era avvenuta in via incidentale, sebbene con rilievo pregiudiziale. Il Giudice non avrebbe quindi potuto dichiarare inammissibile la domanda ma avrebbe dovuto separare i due giudizi, convertire il rito della querela di falso in ordinario a cognizione piena con decisione collegiale e sospendere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo fino all’esito della definizione della querela. In conclusione, richiamando il principio affermato dalle Sezioni Unite con il precedente citato, gli Ermellini chiariscono che laddove il cliente, dopo la proposizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo, ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda non esorbitante la competenza del giudice adito ex art. 14 d.lgs. n. 150/2011 la trattazione delle due domande avverrà con il rito sommario, mentre, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena o eventualmente con rito speciale a cognizione piena , previa separazione delle domande. Infine, nel caso in cui il cliente proponga una domanda non appartenente alla competenza del giudice adito, trovano applicazione gli artt. 34, 35 e 36 c.p.c. con eventuale spostamento della competenza sulla domanda ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 150/2011. Per questi motivi, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio al Tribunale di Modena in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 29 maggio – 4 luglio 2018, n. 17467 Presidente Amendola – Relatore Rubino Fatto e diritto Rilevato che 1.B.G. ha proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 settimo comma Cost. contro P.G. e M.R. , avverso la ordinanza emessa in data 28.3.2017 dal Tribunale di Modena. 2. Gli avvocati P. e M. resistono con controricorso illustrato da memoria. 3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal d.l. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta fondatezza del ricorso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti. Considerato che 1. Il Collegio, esaminate anche le osservazioni contenute nella memoria dei controricorrenti, condivide le valutazioni della proposta del relatore nel senso della manifesta fondatezza del ricorso. 2.11 B. , con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., proponeva opposizione a un decreto ingiuntivo emesso in favore degli avvocati P. e M. per prestazioni professionali, chiedendo che il tribunale accertasse la falsità delle firme apposte in calce alla scrittura privata in base alla quale gli avvocati avevano chiesto ed ottenuto l’emissione del decreto ingiuntivo nei suoi confronti. Il Tribunale di Modena in composizione monocratica, con ordinanza, dichiarava l’inammissibilità del ricorso affermando che la causa, in quanto avente ad oggetto una querela di falso, sarebbe stata di competenza del tribunale in composizione collegiale, aggiungendo come peraltro indicato dalla stessa parte ricorrente, che ha intestato il ricorso al Tribunale collegiale , e nelle conclusioni si rivolge espressamente al Tribunale collegiale che di conseguenza il ricorso, proposto secondo il rito sommario doveva ritenersi inammissibile che non si potesse disporre il cambio del rito. Di conseguenza, dichiarava inammissibili le domande proposte da parte attrice di talché essendo la domanda proposta una opposizione a decreto ingiuntivo, alla declaratoria di inammissibilità conseguiva la definitività del decreto. 3.11 B. , con l’unico motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 bis e quater c.p.c., in relazione all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c Afferma di aver proposto correttamente l’opposizione a decreto ingiuntivo, nei termini di legge, ovvero nei 40 giorni dalla notifica di esso, nelle forme di legge, ovvero con il ricorso, secondo quanto previsto dall’art. 702 bis, conformemente al disposto dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, e dinanzi all’ufficio giudiziario funzionalmente competente, ovvero il Tribunale di Modena, lo stesso giudice che aveva emesso il decreto opposto. Assume che il giudice monocratico abbia compiuto un errore nel dichiarare inammissibile l’opposizione e che tale errore non potesse essere emendato in altro modo che con la proposizione diretta del ricorso per cassazione. Il ricorso, proposto avverso l’ordinanza del giudice di primo grado, è in primo luogo ammissibile, in quanto è lo stesso art. 14 del dl.lgs. n. 150 del 2011, al quarto comma, che dichiara non appellabile l’ordinanza che definisce il giudizio. Questa Corte ha già affermato peraltro che in tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, l’ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il quantum debeatur , sia che la stessa sia estesa all’ an della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14 Cass. n. 12411 del 2017 . Nel merito, esso è fondato e va accolto. Il giudice territoriale non ha considerato, infatti, che, quanto alle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, l’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 ha dettato una apposita disciplina, che supera quella contenuta nel decreto n. 794 del 1942, e prevede che il rito da utilizzare sia il rito sommario di cognizione, disciplinato dagli artt. 702 e ss. C.p.c., pur con alcune integrazioni e modifiche rito definito da Cass. S.U. n. 4485 del 2018 un procedimento sommario speciale. In particolare, l’art. 14 prevede che Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 2. È competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale. 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 4. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Per cui, il Tribunale adito era stato correttamente individuato, nel giudice che aveva emesso il decreto ingiuntivo opposto il ricorrente si era correttamente indirizzato, al Tribunale in composizione collegiale come previsto dal secondo comma, in fine la proposizione della querela di falso era ivi avvenuta via incidentale e non principale, in quanto proposta all’interno del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sebbene con rilievo di questione preliminare, idonea a definire il giudizio, in quanto ove accolta sarebbe caduta la prova scritta del credito in base alla quale i professionisti odierni controricorrenti avevano chiesto e ottenuto il decreto. Quindi il Tribunale di Modena non avrebbe in ogni caso potuto legittimamente dichiarare inammissibile la domanda in realtà, entrambe le domande proposte, perché la ritenuta inammissibilità corretto, per quanto solo oscuramente emergente dalla pronuncia impugnata, della inutilizzabilità del rito sommario per decidere sulla querela di falso, avrebbe dovuto separare i due giudizi, convertire il rito, quanto alla querela di falso, disponendo che esso proseguisse con rito ordinario a cognizione piena con decisione necessariamente collegiale, e sospendere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo fino all’esito della definizione della querela. Deve ritenersi infatti che la partecipazione necessaria al giudizio del Pubblico Ministero, lo svolgimento degli adempimenti necessariamente previsti dalla legge artt. 221 e ss.cp.c. allorché venga proposta una querela di falso, l’esigenza, sottesa agli interessi in gioco ed anche all’eventuale rilievo penale degli esiti del giudizio, a che si proceda ad una completa istruttoria in merito, siano tutti elementi che depongono in favore della incompatibilità del rito sommario con la definizione di una querela di falso, che deve essere trattata con rito ordinario di cognizione ed essere decisa dal collegio. Questa è la strada tracciata dal recente intervento a Sezioni Unite di questa Corte, n. 4485 del 2018, che ha affermato il seguente principio di diritto La controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’ an debeatur . Soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 d.lgs. cit., la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena , previa separazione delle domande. Qualora la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda, ai sensi dell’art. 14 . Il ricorso va accolto, l’ordinanza cassata e la causa rinviata al Tribunale di Modena, in diversa composizione, affinché si pronunci sulle domande proposte. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Modena in diversa composizione.