La competenza in materia di onorari spetta al Collegio o al Giudice monocratico?

Le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l'opera prestata nei giudizi davanti al Tribunale, ai sensi degli art. 28, 29 e 30 l. n. 794/1942, rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale.

La Sezione Prima Civile della Cassazione sentenza n. 12411/17, depositata il 17 maggio , si è occupata in modo specifico della composizione del Tribunale monocratica ovvero collegiale per la trattazione delle controversie in materia di compensi dovuti gli avvocati. Il caso. Un avvocato conveniva in giudizio davanti al Tribunale, nelle forme del procedimento sommario di cognizione, due ex clienti, chiedendo la loro condanna in solido al pagamento della somma di euro 4.250,00, oltre accessori, per l’attività professionale prestata in loro favore con riferimento ad un giudizio instaurato davanti al TAR. I resistenti eccepivano la prescrizione presuntiva della pretesa azionata per il decorso di oltre un triennio dal deposito della sentenza del TAR senza che il ricorrente avesse esercitato alcuna pretesa. II Tribunale in composizione monocratica , con ordinanza respingeva le pretese dell’avvocato ritenendo maturata la prescrizione presuntiva. Contro tale ordinanza proponeva quindi ricorso per cassazione il professionista. Ricorso inammissibile perché andava proposto appello? Questa l’eccezione fatta valere dal Pubblico Ministero, secondo il quale il provvedimento impugnato aveva natura sostanziale di sentenza, per cui doveva essere impugnato con l’appello e non con il ricorso straordinario per cassazione. Ma gli Ermellini ritengono di non poter accogliere tale eccezione perché essa muove dal presupposto – ritenuto non fondato - che, nei casi in cui una controversia relativa al compenso per prestazioni giudiziali rese da un avvocato in materia civile involga l’accertamento della esistenza del credito professionale an debeatur , il provvedimento che definisce il procedimento in primo grado, quand'anche adottato in forma di ordinanza ex art. 14, d.lgs. n. 150/2011, abbia valore sostanziale di sentenza e, pertanto, possa essere impugnato soltanto con il mezzo dell’appello e che, nei casi in cui venga eccepita la prescrizione presuntiva del credito professionale dell'avvocato, la controversia involga l’accertamento dell' an debeatur . Ma, appunto, una simile impostazione non è più attuale. Infatti, secondo la Suprema Corte, in coerenza con il principio secondo cui le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell'avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui all'art. 14, d.lgs. n. 150/2011 anche nell'ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum ma riguardi l’ an della pretesa, va affermato che l’ordinanza che definisce il procedimento di cui all'art. 14 citato non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione, anche nell'ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza, e non solo la quantificazione, del credito dell'avvocato. La competenza spetta al Giudice unico” o al Collegio? Decisivo il motivo di censura con il quale il ricorrente aveva censurato la decisione gravata perché assunta dal Tribunale in composizione monocratica anziché in composizione collegiale. Infatti, l'art. 14, d.lgs. n. 150/2011, comma 2, espressamente dispone che è competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. II tribunale decide in composizione collegiale . E a tale riguardo, peraltro a fronte di un chiaro riferimento normativo, gli Ermellini ritengono di non poter che dare continuità al principio, già espresso dalla Sezioni Unite nel 2012, per cui le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l'opera prestata nei giudizi davanti al tribunale, ai sensi degli art. 28, 29 e 30 l. n. 794/1942, rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall'art. 50- bis , comma 2, c.p.c., come peraltro confermato dall'art. 14, comma 2, d.lgs. n. 150/2011, per i procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. In conclusione, il provvedimento erroneamente pronunciato dal Tribunale in composizione monocratica è stato cassato con rinvio al medesimo Tribunale ma in composizione collegiale .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 dicembre 2016 – 17 maggio 2016, n. 12411 Presidente Bucciante – Relatore Petitti Fatti di causa L’Avvocato G.G. convenne in giudizio, nelle forme del procedimento sommario di cognizione, davanti al Tribunale di Lucca, P.A. e T.G. , chiedendo che fosse disposta la loro condanna in solido al pagamento della somma di Euro 4.250,00, oltre accessori, per l’attività professionale prestata in loro favore con riferimento al giudizio instaurato davanti al TAR Toscana avverso la deliberazione n. 61 del 29 dicembre 1998 del Comune di Montecarlo. P.A. e T.G. resistettero alla domanda, eccependo la prescrizione presuntiva della pretesa azionata per decorso di oltre un triennio dal deposito della sentenza del TAR Toscana senza che il ricorrente avesse esercitato alcuna pretesa sul punto. Il Tribunale di Lucca in composizione monocratica, con ordinanza n. 652 del 2015, depositata in data 9 marzo 2015, respinse la domanda, ritenendo maturata la prescrizione presuntiva eccepita dai resistenti, e compensò le spese di lite. Per la cassazione della citata ordinanza ricorre G.G. sulla base di quattro motivi. P.A. e T.G. sono rimasti intimati. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza di discussione. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 50-bis e 50-quater cod. proc. civ., in relazione all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, dolendosi del fatto che la controversia non sia stata trattata dal Tribunale in composizione collegiale, così come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento alle controversie di cui all’art. 28 della legge n. 794 del 1942 Cass., S.U., n. 12609 del 2012 e come previsto espressamente dall’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. 2. - Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2956, n. 2, e 2957 cod. civ., in relazione all’art. 2959 cod. civ., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che l’unico rimedio che egli aveva per vincere l’eccezione di prescrizione presuntiva era il deferimento del giuramento decisorio, omettendo così di considerare che ai detti fini è sufficiente anche l’ammissione del debitore in ordine alla mancata estinzione del debito e, nella specie, le deduzioni difensive dei convenuti erano chiaramente significative della mancata estinzione dell’obbligazione su di loro gravante. D’altra parte, lo stesso giudice ha affermato di ritenere probabile che il debito non sia stato onorato dai convenuti. 3. - Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2956, n. 2, e 2957 cod. civ., in relazione all’art. 85 cod. proc. civ. e agli artt. 1722 e 1724 cod. civ., censurando il provvedimento impugnato quanto alla individuazione del dies a quo della decorrenza del termine triennale di prescrizione, dal giudice individuato nella missiva in data 11 agosto 2003, con la quale i clienti comunicavano di avere conferito incarico ad altro difensore in data 12 maggio 2003. Il ricorrente rileva in proposito che nella citata comunicazione la data del nuovo incarico era il 12 maggio 2000 e si duole che il Tribunale abbia ritenuto che la data di decorrenza della prescrizione sia stata individuata dalla data della comunicazione della revoca del mandato piuttosto che dalla data di decisione della lite. Con la precisazione che, comunque, doveva escludersi che si fosse verificata la revoca del mandato, certamente non nella data del 12 maggio 2000, avendo esso ricorrente svolto attività difensiva in favore dei suoi assistiti anche dopo la detta data, e che la comunicazione degli intimati in data 30 luglio 2007 lasciava chiaramente intendere che la somma corrisposta era destinata a compensare l’attività sino al 12 maggio 2000. 4. - Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2956, n. 2, e 2944, nonché motivazione apparente, con riferimento all’affermazione del provvedimento impugnato per cui non poteva ritenersi rilevante, ai fini interruttivi della prescrizione,. la richiesta dei dati bancari del professionista, formulata da altro legale in nome e per conto del P. e della T. . 5. - Il Pubblico ministero ha concluso nel senso della inammissibilità del ricorso perché il provvedimento impugnato, avente natura sostanziale di sentenza, avrebbe dovuto essere impugnato con l’appello. Tale richiesta non può essere accolta, perché essa muove dal presupposto che, nei casi in cui una controversia relativa al compenso per prestazioni giudiziali rese da un avvocato in materia civile involga l’accertamento della esistenza del credito professionale an debeatur , il provvedimento che definisce il procedimento in primo grado, quand’anche adottato in forma d’ordinanza ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, abbia valore sostanziale di sentenza e, pertanto, possa essere impugnato soltanto con il mezzo dell’appello e che, nei casi in cui venga eccepita la prescrizione presuntiva del credito professionale dell’avvocato, la controversia involga l’accertamento dell’an debeatur. Presupposto che il Collegio ritiene non possa essere condiviso. 5.1. - Nella giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011- che, com’è noto, ha modificato il testo dell’articolo 28 della legge n. 794 del 1942, ha abrogato gli articoli 29 e 30 della stessa legge che dettavano disposizioni procedurali relative al ricorso al capo dell’ufficio per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili e, rispettivamente, al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di tali diritti ed onorari ed ha, con il proprio articolo 14, fissato le nuove regole procedurali del procedimento per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili e del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto tale liquidazione - la giurisprudenza di questa Corte era uniforme nell’affermare che lo speciale procedimento camerale previsto dagli articoli 28 e seguenti della legge n. 794 del 1942 per la liquidazione di onorari e diritti di avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile fosse applicabile soltanto alle controversie aventi ad oggetto la determinazione del quantum dovuto al professionista, senza estendersi anche all’an della pretesa per contro, nelle controversie che coinvolgevano anche l’accertamento dell’an della pretesa del professionista, doveva farsi applicazione del rito ordinario tra le tante, Cass. n. 6225 del 2010 Cass. n. 6578 del 2005 Cass. n. 7652 del 2004 Cass. n. 10426 del 2000 . Da tale impostazione discendeva il corollario - tendente a preservare la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito per le controversie sull’an debeatur, sul presupposto che le stesse, involgendo l’accertamento dei fatti costitutivi del credito professionale, presentino normalmente caratteristiche di maggiore complessità rispetto alle controversie limitate all’accertamento del quantum - che il regime di impugnabilità del provvedimento che definiva il procedimento in primo grado variava a seconda che il medesimo si pronunciasse solo sul quantum o anche sull’an debeatur. Nel primo caso, il provvedimento decisorio, quand’anche adottato in forma di sentenza, veniva qualificato come ordinanza in senso sostanziale e, pertanto, veniva ritenuto non appellabile, ma impugnabile soltanto con il ricorso straordinario per cassazione Cass. n. 10426 del 2000 . Nel secondo caso, il provvedimento decisorio, quand’anche adottato in forma di ordinanza, veniva qualificato come sentenza in senso sostanziale e, pertanto, veniva ritenuto impugnabile soltanto con l’appello Cass. n. 960 del 2009 Cass. n. 13640 del 2010 . Il criterio della prevalenza della sostanza sulla forma del provvedimento decisorio, ai fini dell’individuazione del relativo mezzo di impugnazione, era stato peraltro temperato dalle Sezioni Unite di questa corte con la sentenza n. 390 del 2011, che restituì rilevanza alla forma adottata dal giudice nei casi in cui la stessa risultasse frutto di una scelta consapevole, ancorché implicita e desumibile direttamente dalle modalità con le quali si era in concreto svolto il relativo procedimento. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 si è posto il problema se, nella nuova disciplina, possano ritenersi ancora attuali i principi giurisprudenziali fissati sotto la disciplina previgente, quale risultante dagli articoli 28 e seguenti della legge n. 794 del 1942, sia in tema di rito applicabile ai procedimenti per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili sia in tema di impugnazione del provvedimento decisorio che tali procedimenti definisca. 5.2. - Il secondo profilo della questione, relativo alla disciplina dell’ impugnazione, è stato affrontato da questa sezione con la sentenza n. 19873 del 2015, che - ritenendo ancora attuali i principi elaborati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 - ha affermato che in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, l’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, dichiarando inappellabile l’ordinanza che definisce la procedura ex art. 28 della legge n. 794 del 1942, richiama i presupposti operativi di questa procedura speciale, sicché l’ordinanza che statuisca sull’an del compenso e non solo sul quantum è impugnabile con l’appello e non col ricorso per cassazione. La sentenza n. 19873 del 2015 è poi stata confermata dalla ordinanza della sesta sezione n. 12248 del 2016, che a propria volta ha affermato che, in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, ove il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo si sia svolto nelle forme ordinarie e sia stata contestata l’esistenza del diritto al compenso, la decisione è impugnabile con appello e non mediante ricorso per cassazione, non trovando in detta ipotesi applicazione l’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011. L’orientamento emergente da tali due precedenti, peraltro, definisce la questione dei mezzi di impugnazione dei provvedimenti che si pronunciano in materia di liquidazione degli onorari di avvocato senza affrontare specificamente il tema - a quello logicamente connesso e propedeutico - del procedimento con cui devono essere trattate le controversie in tali materie e, più precisamente, senza affrontare espressamente la questione se, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, le controversie che involgano l’accertamento dell’an debeatur ab origine, o per effetto delle difese ed eccezioni svolte del committente nei cui confronti il professionista abbia agito in giudizio vadano trattate con il rito ordinario o debbano essere trattate con il rito speciale di cui agli articoli 28 della legge n. 794 del 1942 nuovo testo e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. Quest’ultima questione è stata invece esaminata ex professo nella sentenza della sesta sezione n. 4002 del 2016, che - all’esito di un’approfondita disamina dei termini del problema e dei diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinari formatisi al riguardo - ha affermato il principio che le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della legge n. 794 del 1942 - come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima legge n. 794 del 1942 - devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’an della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda. 5.3. - Il Collegio condivide le ragioni enunciate nella sentenza n. 4002 del 2016 a sostegno dell’assunto della necessaria unicità del rito quello speciale, disciplinato dall’articolo 14 d.lgs. n. 150 del 2011 con cui devono essere trattate le controversie aventi ad oggetto il credito per il compenso di prestazioni giudiziali rese da un avvocato in materia civile, involgano esse, o meno, l’accertamento dell’an debeatur. D’altra parte, ad avviso del Collegio, il coerente sviluppo di tale assunto impone di superare l’orientamento tradizionale secondo cui il provvedimento che definisca una controversia in materia di compensi di un avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile è appellabile se contenga un accertamento anche sull’an debeatur e non lo è se contenga un accertamento solo del quantum debeatur orientamento ribadito, come si è visto, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, con i citati precedenti nn. 19873 del 2015 e 12248 del 2016. In quest’ultima pronuncia, va peraltro sottolineato, la statuizione di inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, per l’appellabilità del provvedimento impugnato, si fondava su due rationes decidendi distinte, una relativa al contenuto di tale provvedimento in quanto relativo anche all’an debeatur e l’altra relativa alla forma del medesimo trattandosi di sentenza emessa all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi secondo il rito ordinario . Ritiene infatti il Collegio che - una volta che si affermi, come si è condivisibilmente affermato con la sentenza n. 4002 del 2016, che le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato devono essere trattate con le regole procedurali indicate dall’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’an della pretesa - come sembrerebbe chiaramente implicato dal fatto che il rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 va applicato anche per la proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo senza previsione di alcuna limitazione -, sarebbe contraddittorio che, solo per questa ipotesi, dalle regole dettate dal medesimo art. 14 si espunga quella, contenuta nell’ultimo comma, della inappellabilità dell’ordinanza che definisce il giudizio. D’altra parte, non può non sottolinearsi che l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2011, prevede che nelle controversie disciplinate dal Capo III tra le quali rientrano quelle di cui all’art. 14 del medesimo decreto legislativo non si applicano i commi secondo e terzo dell’art. 702-ter del codice di procedura civile , i quali rispettivamente, stabiliscono che se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702-bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale secondo comma e che se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II . Ciò comporta che ove si dovesse ritenere limitata la esperibilità del procedimento di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 alle sole controversie nelle quali si discute di quantificazione dei compensi dell’avvocato, non ci si potrebbe sottrarre all’alternativa per la quale o si rimette al convenuto, attraverso la proposizione di eccezioni o domande riconvenzionali che amplino il thema decidendum, la facoltà di paralizzare la domanda proposta dal professionista ovvero si preclude al convenuto stesso la possibilità di svolgere le proprie difese nel modo suindicato. 5.4. - A suffragio dell’opzione ermeneutica qui preferita, peraltro, con le indicate ragioni di coerenza letterale concorrono anche ragioni di carattere sistematico. Ed invero, da un lato, la perdita del grado di appello nelle controversie che involgano accertamenti sull’an debeatur - oltre a non destare dubbi di costituzionalità, giacché il principio del doppio grado di giurisdizione non gode di copertura costituzionale - risulta bilanciata dalla collegialità del giudice prevista dal secondo comma dell’articolo 14 cfr., sulla portata di tale bilanciamento, la sentenza della Corte costituzionale n. 65 del 2014 . D’altro lato, il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-ter cod. proc. civ., a cui rimanda l’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, garantisce alle parti la possibilità del pieno dispiegamento della loro iniziativa probatoria, tanto più quando, come nel procedimento in esame, sia normativamente preclusa la conversione del rito sommario in rito ordinario sulle modalità dell’istruttoria e sul regime delle preclusioni istruttorie nel procedimento ex art. 702-ter cod. proc. civ., vedi Cass. n. 25547 del 2015, resa con riguardo alla fase giurisdizionale dei procedimenti disciplinari nei confronti dei notai, ma contenente l’enunciazione di principi validi in tutti i casi in cui il procedimento ex art. 702-ter cod. proc. civ. sia fissato dalla legge senza possibilità di alternativa con quello ordinario . Sotto altro profilo, va evidenziato che l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 ha marcato una forte discontinuità nel sistema sottolineata dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 21675 del 2013, nella cui motivazione subito dopo l’enunciazione del principio che l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’avvocato per il pagamento dei propri onorari relativi a prestazioni giudiziali in materia civile va proposta con citazione, si legge Non può dubitarsi che il principio in parola è destinato ad essere radicalmente rivisitato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 , così da giustificare una revisione profonda dei paradigmi ermeneutici consolidatisi sotto la disciplina previgente. Infine il Collegio osserva che - nell’ambito di un sistema di applicazione generalizzata e necessaria del procedimento di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 a tutte le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile, secondo i principi fissati da Cass. n. 4002 del 2016 differenziare il regime di impugnazione dell’ordinanza conclusiva del procedimento stesso a seconda che il suo oggetto sia limitato al quantum o riguardi anche l’an debeatur - creerebbe una frammentazione del quadro procedurale certamente contrastante con l’obbiettivo al quale l’interpretazione giurisprudenziale deve sempre, per quanto possibile, tendere, come sottolineato, proprio in questa materia, dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 12609 del 2012 dell’armonizzazione del sistema mediante il superamento delle sue distonie o criticità. 5.5. - Deve quindi, conclusivamente, affermarsi - in coerenza con il principio, stabilito da Cass. n. 4002 del 2016, che le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche nell’ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum, ma riguardi l’an della pretesa - che l’ordinanza che definisce il procedimento di cui all’articolo 14 citato non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione, anche nell’ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza, e non solo la quantificazione, del credito dell’avvocato. 6. - Dall’affermazione di tale principio discende la ammissibilità del ricorso, il cui primo motivo risulta anche fondato. L’art. 14 citato, al comma 2, espressamente dispone che è competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale . Come esattamente ricordato dal ricorrente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio per cui le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l’opera prestata nei giudizi davanti al tribunale, ai sensi degli artt. 28, 29 e 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794, rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall’art. 50-bis, secondo comma, cod. proc. civ., come peraltro confermato dall’art. 14, secondo comma, del d. lgs. 1 settembre 2011, n. 150, per i procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso . Né, per le ragioni dianzi esplicitate, all’applicazione dell’art. 14 e dell’art. 702-ter cod. proc. civ. costituisce ostacolo il fatto che il convenuto, formulando una eccezione di prescrizione presuntiva, abbia ampliato il thema decidendum. Ne consegue che il primo motivo di ricorso va accolto, atteso che il provvedimento impugnato è stato adottato dal Tribunale in composizione monocratica, con conseguente assorbimento degli altri motivi. L’ordinanza impugnata va quindi cassata, con rinvio, per nuovo esame della domanda, al Tribunale di Lucca, in composizione collegiale. Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Lucca in composizione collegiale.