Patrocinio a spese dello Stato: l’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi va proposta nei confronti del Ministero della Giustizia

Nei procedimenti di opposizione a liquidazione di compensi e onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato ex art. 170 d.P.R. n. 115/2002, il Ministero della Giustizia rappresenta il soggetto destinato ad assumere, per l’erario, il ruolo di legittimato passivo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 4719/16, depositata il 10 marzo. Il caso. Il giudizio nasce dall’opposizione proposta da un avvocato avverso il decreto di liquidazione dei compensi dovuti per l’attività svolta nell’ambito di un procedimento penale. Nella specie, il difensore aveva assistito una parte costituitasi responsabile civile e ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Con l’opposizione l’avvocato lamentava l’illegittimità della quantificazione operata per la mancata applicazione, ai fini della stessa, del tariffario civile. Il Presidente del Tribunale adito respingeva l’opposizione osservando come la posizione del responsabile civile, quantomeno ai fini della liquidazione dei compensi spettanti al difensore, andasse equiparata a quella dell’imputato, con la conseguenza che nella fattispecie dovesse essere applicata la tariffa penale. L’avvocato proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, citando in giudizio l’Agenzia delle Entrate. Il giudizio di opposizione al decreto di liquidazione dei compensi. In sostanza, il ricorrente censura la pronuncia nella parte in cui ha escluso l’estensione al responsabile civile dell’art. 5 della tariffa penale di cui al d.m. n. 127/2004, che riconosce alla parte civile, per gli atti di sua esclusiva competenza, gli onorari e i diritti della tariffa civile. L’Agenzia delle Entrate convenuta eccepisce la carenza della propria legittimazione passiva, sottolineando come, benché il d.P.R. n. 115/2002 disponga che le spese di giustizia siano anticipate dall’erario, l’erogazione dei fondi relativi alle dette spese gravi in concreto sul Ministero della Giustizia. La questione sollevata da siffatta eccezione è stata affrontata dalle Sezioni Unite nella pronuncia 29 maggio 2012, n. 8516, ove si è affermato che il procedimento di opposizione al decreto di liquidazione dei compensi ad ausiliari del giudice e custodi ed al decreto di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato ex art. 170 d.P.R. n. 115/2002 presenta, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale. Individuazione del titolare passivo del rapporto oggetto del procedimento. Secondo quanto ritenuto dalle Sezioni Unite, l’affermato criterio rende ineludibile considerare parte necessaria dei procedimenti di opposizione a liquidazione regolati dall’art. 170 cit. ogni soggetto esposto all’obbligo di sopportare l’onere economico del compenso. In tale prospettiva finalistica, dunque, nei procedimenti di opposizione a liquidazioni di compensi e onorari inerenti a giudizi civili e penali, suscettibili di restare a carico dell’erario, anche quest’ultimo è parte necessaria, ancorché estraneo al giudizio presupposto. Nello specifico, il soggetto destinato ad assumere, per l’erario, il ruolo di legittimato passivo, va individuato nel Ministero della Giustizia, dal momento che è sul bilancio di quest’ultimo che viene a gravare l’onere degli esborsi correlativi. Carenza di legittimazione dell’Agenzia delle Entrate. Deve invece escludersi la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, sostenuta da chi ritiene applicabile, in via analogica, al procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari spettanti ai difensori dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, le disposizioni in tema di legittimazione passiva previste, in relazione al procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, dall’art. 99 d.R.R. n. 115/2002. In verità, l’ambito applicativo di tale norma è troppo ancorato al tema dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed al procedimento di opposizione al correlativo diniego, per essere suscettibile di applicazione analogica alle opposizioni alle liquidazioni regolate dall’art. 170. Come sottolineato dalle Sezioni Unite, infatti, appare decisivo il rilievo per cui, nel caso dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’art. 98 d.P.R. cit. rende l’ufficio finanziario parte attiva del procedimento di ammissione al beneficio, demandandogli il riscontro del requisito di reddito per la concessione del beneficio medesimo ed attribuendogli anche il potere di richiederne la revoca ai sensi dell’art. 112, sicché è solo in ragione di tali peculiari attribuzioni non replicate in tema di liquidazione dei compensi e, del resto, non conferenti rispetto ad esso , che il successivo art. 99 conferisce espressamente all’ufficio tributario il ruolo di parte del procedimento di opposizione al diniego del beneficio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 gennaio – 10 marzo 2016, n. 4719 Presidente Matera – Relatore Falabella Svolgimento del processo È stato proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento pronunciato in data 6 aprile 2011 dal Presidente del Tribunale di Taranto con cui è stata definita l’opposizione proposta contro il decreto del 16 novembre 2010 del giudice per l’udienza preliminare di quello stesso ufficio giudiziario tale provvedimento concerne la liquidazione dei compensi spettanti all’avv. M.P. per l’attività prestata in favore del Fallimento Day Service s.r.l. nel procedimento penale R.G.N.R. n. 4210/2006 e R.G.I.P. n. 3391/2006. Ha premesso il ricorrente che con provvedimento del 9 febbraio 2010 il giudice per l’udienza preliminare, accogliendo le difese svolte dal nominato Fallimento, aveva dichiarato inammissibile la relativa chiamata in giudizio, estromettendolo, pertanto, dal processo penale pendente. In data 17 maggio 2010 il ricorrente, in qualità di difensore di fiducia e di procuratore speciale del Fallimento Day Service, costituitosi quale responsabile civile, già ammesso al patrocinio a spese dello Stato con decreto dell’11 marzo 2010 del giudice delegato, aveva richiesto la liquidazione dei compensi maturati per l’attività difensiva svolta nell’interesse del proprio assistito nel giudizio penale sopra indicato. Il decreto del 16 novembre 2010 del giudice per l’udienza preliminare aveva liquidato le spese in questione nella misura complessiva di Euro 344,25, di cui Euro 306,00 per onorario. Avverso detto decreto di liquidazione aveva proposto opposizione a norma dell’art. 84 e 170 d.p.r. n. 115/2002 l’avv. M. , il quale, per quanto rileva nella presente sede, aveva lamentato l’illegittimità della operata quantificazione del compenso per la mancata applicazione, ai fini della stessa, del tariffario civile. Il Presidente del Tribunale di Taranto aveva poi disatteso le deduzioni dell’odierno ricorrente osservando come la posizione del responsabile civile, quantomeno ai fini della liquidazione dei compensi spettanti al difensore, andasse equiparata a quella dell’imputato, con la conseguenza che nella fattispecie dovesse essere applicata la tariffa penale. In tal modo, aveva ritenuto che il compenso dovesse essere determinato in ragione del massimo tariffario previsto dall’art. 82 d.p.r. n. 115/2002 e aveva perciò liquidato al professionista l’importo di Euro 562,00. Il ricorso per cassazione si fonda su un unico articolato motivo. Si è costituita per l’Agenzia delle entrate l’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione Con l’unico motivo di impugnazione è stata denunciata violazione dell’art. 3 della Costituzione , nonché violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 c.p.c. dell’art. 5 della tariffa penale approvata con d.m. n. 127/2004 ciò, avendo particolare riguardo alla mancata estensione al responsabile civile della parte della norma da ultimo menzionata che stabilisce che la parte civile, per gli atti di sua esclusiva competenza - per i quali non vi sia espressa previsione della tariffa penale -, ha diritto anche agli onorari e ai diritti della tariffa civile. Secondo il ricorrente la non prevista regolamentazione, nella tariffa penale, delle attività svolte dal difensore del responsabile civile che siano diverse da quelle prese espressamente in considerazione al punto 2 , della tabella C della detta tariffa troverebbe ragione nella assoluta diversità della posizione dello stesso responsabile civile rispetto all’imputato, onde tale posizione dovrebbe essere assimilata, quanto alla liquidazione del compenso, all’attività del difensore della parte civile. Ha aggiunto il ricorrente che nella motivazione del provvedimento impugnato doveva ravvisarsi anche la violazione dell’art. 3 Cost., e ciò proprio per la mancata applicazione al responsabile civile del menzionato criterio previsto dall’art. 5 della tariffa penale per la liquidazione dei compensi alla parte civile. L’Agenzia delle entrate ha eccepito, in via preliminare, la carenza della propria legittimazione passiva, sottolineando come, benché il d.p.r. n. 115/2002 disponga che le spese di giustizia siano anticipate dall’erario, l’erogazione dei fondi relativi alle dette spese gravi in concreto sul Ministero della giustizia. Il tema che è investito dall’eccezione proposta è stato affrontato dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. S.U. 29 maggio 2012, n. 8516 , secondo cui il procedimento di opposizione al decreto di liquidazione dei compensi ad ausiliari del giudice e custodi ed al decreto di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori di patrocinati a spese dello Stato ex art. 170 d.p.r. cit. presenta, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale. Secondo quanto osservato dalle Sezioni Unite, in base ai principi generali, l’affermato criterio rende, infatti, ineludibile considerare parte necessaria dei procedimenti di opposizione a liquidazione regolati dall’art. 170 ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento medesimo ogni soggetto, cioè, esposto all’obbligo di sopportare l’onere economico del compenso con la conseguenza che in tale prospettiva finalistica va letta la previsione di cui all’art. 170 cit. e che, dunque, nei procedimenti, di opposizione a liquidazioni di compensi e onorari inerenti a giudizi civili e penali, suscettibili di restare a carico dell’erario, anche quest’ultimo è parte necessaria, ancorché estraneo al giudizio presupposto. Quanto al soggetto destinato ad assumere, per l’erario, il ruolo di legittimato passivo nei procedimenti in questione, è escluso che esso si identifichi nell’Agenzia delle entrate. Una tale tesi è fondata sull’applicazione analogica, al procedimento di opposizione alla liquidazione degli onorari spettanti ai difensori dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, delle disposizioni in tema di legittimazione passiva previste, in relazione al procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, dall’art. 99 d.p.r. n. 115/2002. Tuttavia, l’ambito applicativo di tale norma è troppo specificamente ancorato al tema dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed al procedimento di opposizione al correlativo diniego, per essere suscettibile di applicazione analogica alle opposizioni alle liquidazioni regolate dall’art. 170. Come sottolineato dalle Sezioni Unite, infatti, appare decisivo il rilievo per cui, nel caso dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’art. 98 d.p.r. cit. rende l’ufficio finanziario parte attiva del procedimento di ammissione al beneficio, demandandogli il riscontro del requisito di reddito per la concessione del beneficio medesimo ed attribuendogli anche il potere di richiederne la revoca ai sensi dell’art. 112, sicché è solo in ragione di tali peculiari attribuzioni non replicate in tema di liquidazione dei compensi e, del resto, non conferenti rispetto ad esso , che il successivo art. 99, conferisce espressamente all’ufficio tributario il ruolo di parte nel procedimento di opposizione al diniego del beneficio. Allo stesso modo, non può individuarsi nel pubblico ministero il soggetto destinato ad assumere ruolo di legittimato passivo nei procedimenti di liquidazione di compensi ed onorari destinati a restare a carico dell’ erario , posto che detto soggetto processuale non è titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento di opposizione alla liquidazione. Vanno quindi ribadite le conclusioni cui è pervenuta Cass. S.U. 29 maggio 2012, n. 8516. L’inadeguatezza delle altre soluzioni e la riscontrata esigenza di osservare il principio, secondo cui parte necessaria dei procedimenti di opposizione a liquidazione regolati dal d.p.r. n. 115 del 2002, art. 170 deve inevitabilmente reputarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento medesimo impongono di propendere per la tesi che individua il Ministero della giustizia quale parte necessaria nei procedimenti suddetti, se concernenti compensi e onorari, relativi a giudizi civili o penali, suscettibili di restare a carico dell’erario. In base all’art. 185, 1 co. d.p.r. n. 115/2002, è sul bilancio del Ministero della giustizia che viene a gravare l’onere degli esborsi correlativi, in concreto gestito attraverso aperture di credito a favore dei funzionari delegati. In conclusione, l’Agenzia delle entrate risulta essere carente di legittimazione passiva, nel presente giudizio, il quale dovrà invece svolgersi nel contraddittorio col Ministero della giustizia. Il provvedimento impugnato va dunque cassato e rinviato al Tribunale di Taranto, il quale dovrà disporre la notificazione del ricorso al Ministero della giustizia, a mente dell’art. 4 l. n. 260/1958, norma applicabile anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Lo stesso giudice di rinvio provvederà, altresì, in merito alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara carente di legittimazione passiva l’Agenzia delle entrate e cassa con rinvio al Tribunale di Taranto, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.