A quale Tribunale spetta la competenza a conoscere delle azioni preesistenti alla dichiarazione di insolvenza dell’imprenditore?

La Suprema Corte fornisce chiarimenti in merito all’espressione utilizzata nell’art. 24 Legge fallimentare azioni che derivano dal fallimento”, con particolare riguardo a quelle che sono collegate a quest’ultimo da mera occasionalità, come quelle inerenti a crediti già esistenti nel patrimonio del fallito.

Questo il contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 21009/20, depositata il 2 ottobre. Il caso trae origine dall’avvio di un giudizio di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Lodi contro una società fallita che aveva intimato all’opponente il pagamento di una certa somma. Il Giudice declinava la propria competenza a favore del Tribunale di Milano, accogliendo l’eccezione dell’opposto in base alla quale l’art. 24 Legge fallimentare prevede la competenza del Tribunale che dispone il fallimento a conoscere tutte le azioni che da esso derivano nel caso di specie, il Tribunale milanese . A seguito della riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Milano, esso proponeva regolamento di competenza d’ufficio di fronte alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’espressione azioni che derivano dal fallimento”, oggetto del suddetto art. 24, non comprende quelle che sono ad esso connesse da mera occasionalità , trattandosi nel caso concreto di crediti già esistenti nel patrimonio del fallito, conseguendone dunque l’applicazione degli artt. 27 e 480 c.p.c La Corte di Cassazione risolve il conflitto applicando gli artt. 27 e 480 c.p.c., affermando che in base all’orientamento costante della giurisprudenza, per azioni che derivano dal fallimento ” si intendono quelle che trovano fondamento e sono strettamente connesse ad esso e tale connessione non si prospetta qualora il curatore agisca per recuperare crediti già presenti nel patrimonio del fallito prima dell’inizio della procedura concorsuale, non trovando l’azione causa nel fallimento. La Corte aggiunge che non sono, dunque, attratte nella sfera di competenza del tribunale fallimentare tutte le azioni preesistenti che siano in relazione di mera occasionalità con il fallimento e che, mediante la sostituzione del curatore al precedente legittimato, rimangano soggette alle regole processuali applicabili qualora fossero state promosse dal fallito. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara la competenza del Tribunale di Lodi, ribadendo il principio secondo cui la competenza a conoscere dell’opposizione alla esecuzione forzata promossa dall’imprenditore in bonis che in corso di giudizio sia stato ammesso a procedura concorsuale non spetta funzionalmente al Tribunale che abbia dichiarato lo stato di insolvenza, posto che non ricorre l’applicabilità né dell’art. 51 della legge fallimentare, né dell’art. 24 della stessa legge, trattandosi di un’ azione preesistente alla dichiarazione di insolvenza e sulla cui prosecuzione non influiscono le regole della concorsualità .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 settembre – 2 ottobre 2020, n. 21009 Presidente De Stefano – Relatore Pellecchia Rilevato che 1. S.I. avviò, dinanzi il Tribunale di Lodi, un giudizio di opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c., avverso Fallimento omissis s.r.l., che la intimava a pagare l'importo di Euro 8054,77. Il Tribunale adito, con provvedimento del 17/12/2018, declinò la propria competenza in favore del Tribunale di Milano, accogliendo l'eccezione proposta dall'opposto, secondo cui la L. Fall., art. 24, prevede che il Tribunale che dispone il fallimento è competente a conoscere tutte le azioni che derivano dal fallimento stesso. Nel caso di specie, il Tribunale di Milano aveva dichiarato il fallimento della società. 2. La causa è stata così riassunta dalla S. dinanzi il Tribunale di Milano, che, con provvedimento del 5/09/2019, ha proposto di ufficio il regolamento di competenza innanzi la Corte di Cassazione. Secondo il giudice di Milano, non rileverebbe nel caso di specie la disposizione della L. Fall. per azioni che derivano dal fallimento non si intenderebbero quelle azioni che con il fallimento sono collegate solamente da mera occasionalità, come nella fattispecie in esame, trattandosi di crediti già esistenti nel patrimonio del fallito. Piuttosto, si applicherebbero i principi generali di cui agli artt. 27 e 480 c.p.c., secondo cui, nel caso in cui nel precetto manchi l'elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice della esecuzione, la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto, cioè il Tribunale di Lodi nella fattispecie. 3. Il Procuratore Generale ha concluso per iscritto nel senso della sussistenza della competenza del Tribunale di Lodi. Considerato che 4. Premessa la tempestività del regolamento di competenza proposto a seguito della riserva assunta alla prima udienza di trattazione, il conflitto va risolto in base all'applicazione dei principi generali previsti dagli artt. 27 e 480 c.p.c., e non in base alla L. Fall., art. 24. Vero è che la formulazione prevista da quest'ultimo articolo è generica e lascia adito a diverse interpretazioni circa la formula azioni che derivano dal fallimento . Ma è orientamento costante della giurisprudenza che per esse si intendano quelle azioni che sono strettamente connesse al fallimento e che trovano in esso il loro fondamento, come, a titolo esemplificativo, l'azione revocatoria, la responsabilità nei confronti del curatore o le impugnazioni di competenza del Tribunale fallimentare. Tuttavia, tale connessione non è presente nel caso in cui il curatore agisca per recuperare crediti già presenti nel patrimonio del fallito anteriormente l'inizio della procedura concorsuale, poichè l'azione non trova causa nel fallimento, ma è ad esso collegato da mera occasionalità. Non sono, pertanto, attratte nella sfera di competenza del tribunale fallimentare tutte le preesistenti azioni che, con il fallimento, siano in relazione di mera occasionalità e che, con la sola sostituzione del curatore al precedente legittimato, restano soggette a tutte le regole processuali ad essi applicabili ove fossero state promosse dal fallito e tali sono le azioni che tendono a tutelare i diritti di credito vantati dal fallito nei riguardi dei terzi, aventi ad oggetto tanto l'accertamento quanto la condanna alla prestazione. Si tratta di situazioni giuridiche preesistenti al fallimento, che dalla procedura concorsuale non derivano, nè da essa assumono particolari connotazioni, tanto che esse possano essere oggetto di azioni esercitate, o proseguite, dalla curatela davanti al giudice ordinariamente competente. Del resto, questa Corte ha ripetutamente affermato che vi è deroga alla vis actractiva della L. Fall., art. 24, per tutte le azioni già presenti in nuce nel patrimonio del fallito anteriormente all'apertura della procedura concorsuale, senza che in contrario rilevi il virtuale recupero di mezzi alla massa e salvo che le controversie vengono a subire una deviazione dal proprio schema legale tipico per effetto della disciplina del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti. Tale è anche il giudizio di opposizione all'esecuzione individuale promossa dal curatore nei confronti di un debitore del fallito, opposizione in cui si discuta della sussistenza del diritto e dell'attuale titolarità da parte del fallito stesso e, per esso della massa. La competenza a conoscere dell'opposizione alla esecuzione forzata promossa dall'imprenditore in bonis che in corso di giudizio sia stato ammesso a procedura concorsuale non spetta funzionalmente al Tribunale che abbia dichiarato lo stato di insolvenza, posto che non ricorre l'applicabilità nè della L. Fall., art. 51, nè della cit. L., art. 24, trattandosi di una azione preesistente alla dichiarazione di insolvenza e sulla cui prosecuzione non influiscono le regole della concorsualità Cfr. Cass. 2487/2001, Cass. 15303/2004, nel caso dell'amministrazione straordinaria . In conclusione, nel novero delle azioni non attratte perchè trattasi di controversia inerente al diritto già esistente nel patrimonio del fallito e perchè nessuna deviazione dalla disciplina tipica deriva dal mero accidente del fallimento del titolare del diritto di credito sopravvenuto al conseguimento del relativo titolo, va, dunque, ricondotta l'opposizione all'esecuzione proposta da S.I 5. Per tali motivi va dichiarata la competenza del Tribunale di Lodi non vi è luogo a provvedere sulle spese, trattandosi di procedimento intrapreso ad impulso ufficioso. P.Q.M. la Corte dichiara la competenza del Tribunale di Lodi.