Spese sospette, accertamento del Fisco. Inutile il riferimento al denaro fornito dall’ex compagno

Legittima l’azione compiuta dall’Agenzia delle Entrate basata sulle spese sostenute dalla contribuente. Privo di concretezza e di prove il richiamo fatto da quest’ultima alle elargizioni di denaro compiute in suo favore dall’ex compagno.

Inutile il richiamo a – presunte – elargizioni di denaro da parte dell’ex compagno. Manca, difatti, la chiara provenienza degli accrediti. Ciò rende poco plausibile la tesi difensiva della donna, che ha così provato, inutilmente, a sottrarsi all’azione di accertamento del Fisco, azione messa in moto dalle spese da lei sostenute. Cassazione, sez. VI Civile Tributaria, ordinanza n. 20663, depositata il 29 settembre . A dare ragione all’Agenzia delle Entrate provvedono, innanzitutto, i Giudici tributari provinciali e regionali. Legittimo, in sostanza, l’ avviso di accertamento relativo all’anno 2008 con cui è stato recuperato a tassazione il reddito di una contribuente ricostruito partendo dalle spese da lei sostenute . In secondo grado viene ritenuto inefficace il richiamo fatto dalla contribuente a presunti apporti di denaro catalogabili, a suo dire, come erogazioni liberali del suo ex compagno e prive di natura reddituale . Su questo fronte, in particolare, non risulta esplicitata la provenienza degli accrediti , osservano i Giudici. Inutile si rivela anche il ricorso proposto in Cassazione dalla contribuente e centrato sull’ omesso esame di sentenze penali prodotte in atti. In premessa, i giudici del Palazzaccio ricordano che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 cosiddetto redditometro” , la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega . Da escludere , quindi, i conviventi ex o meno . In sostanza, la normativa richiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, occorrendo che il contribuente dimostri che debba escludersi che i suddetti redditi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertati, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati . In aggiunta, poi, va tenuto presente, chiariscono dalla Cassazione, che la mera prassi familiare” di erogazione di liberalità da parte dei genitori a favore dei figli costituisce un fatto solo probabile e, quindi, non integra un fatto notorio , e quindi in tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600/1973, ove il contribuente deduca che la spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova deve essere fornita con la produzione di documenti dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’ entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, pur non essendo lo stesso tenuto, altresì, a dimostrare l’impiego di detti redditi per l’effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica . Applicando questo principio alla vicenda in esame, è corretta, spiegano dalla Cassazione, la valutazione compiuta in secondo grado, poiché quand’anche una volta rilevato che i redditi della contribuente provenivano dal di lei ex convivente, sarebbe comunque spettato ugualmente a lei la dimostrazione che tali redditi non fossero suscettibili di imposizione fiscale, non essendo stato da lei provato che su tali redditi erano state già pagate le imposte o che per qualsiasi altro motivo tali imposte non avrebbero dovute essere pagate .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 9 – 29 settembre 2020, n. 20663 Presidente Mocci – Relatore Delli Priscoli Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente avverso l'avviso di accertamento relativo all'anno 2008 con il quale l'amministrazione recuperava a tassazione un reddito ai sensi dell'art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, cioè attraverso una ricostruzione sintetica del reddito medesimo, effettuata partendo dalle spese sostenute dalla stessa la Commissione Tributaria Regionale respingeva l'appello della parte contribuente rilevando in particolare che non risulta provato che gli apporti di denaro costituiscano erogazioni liberali del suo ex compagno prive di natura reddituale non risulta infatti esplicitata la provenienza degli accrediti la società ricorrente proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione e con memoria depositata in prossimità dell'udienza insisteva per l'accoglimento del ricorso mentre l'Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso. Ragioni della decisione Con l'unico motivo d'impugnazione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la contribuente denuncia omesso esame delle sentenze penali prodotte in atti integranti fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ritenuto che il motivo è inammissibile, sia per difetto di autosufficienza del ricorso sia per difetto della prova che tali sentenze siano state oggetto di discussione tra le parti sia per difetto della prova della decisività del fatto asseritamente omesso considerato, quanto al difetto di autosufficienza e alla circostanza che tali sentenze siano state oggetto di discussione tra le parti che, secondo questa Corte, qualora il ricorrente, come nel caso di specie, denunci in sede di legittimità l'omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l'onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l'irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione Cass. n. 13625 del 2019 considerato, quanto al difetto della prova della decisività del fatto decisivo, che, secondo questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall'art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 cd. redditometro , la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell'accertamento suddetto, nel vincolo che li lega Cass. n. 30355 del 2019 e quindi non anche i conviventi ex o meno ritenuto infatti che l'art. 38 cit. richiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, occorrendo che il contribuente dimostri che debba escludersi che i suddetti redditi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertati, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati Cass. n. 7389 del 2018 Cass. n. 14063 del 2020 considerato che la mera prassi familiare di erogazione di liberalità da parte dei genitori a favore dei figli costituisce un fatto solo probabile e, quindi, non integra un fatto notorio nella specie, relativa ad accertamento IRPEF, la Cassazione ha cassato la decisione impugnata che aveva ritenuto la gratuità della cessione di una quota di società da parte del padre alla figlia argomentando solo dal rapporto di parentela tra i titolari del rapporto Cass. n. 14063 del 2014 Cass. n. 14063 del 2020 in tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell'art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova deve essere fornita con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all'interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l'entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall'accertamento, pur non essendo lo stesso tenuto, altresì, a dimostrare l'impiego di detti redditi per l'effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica Cass. n. 14063 del 2020 Cass. n. 7757 del 2018 Cass. n. 1510 del 2017 in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità, ai sensi dell'art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, applicabile ratione temporis , la relativa prova deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all'interno del nucleo familiare di tali redditi nella specie, da parte della madre, titolare di maggiore capacità economica , ma anche l'entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall'accertamento Cass. n. 14063 del 2020 Cass. n. 1332 del 2016 considerato che la CTR si è attenuta ai suddetti principi laddove ha considerato che, quand'anche una volta rilevato che i redditi della contribuente provenivano dal di lei ex convivente, sarebbe comunque spettato ugualmente a lei la dimostrazione che tali redditi non fossero suscettibili di imposizione fiscale, non essendo stato da lei provato che su tali redditi erano state già pagate le imposte o che per qualsiasi altro motivo tali imposte non avrebbero dovute essere pagate considerato pertanto che, in questo quadro fattuale e giuridico appena descritto, l'eventuale mancata considerazione di sentenze di condanna della contribuente in sede penale, anche a voler prescindere dalla circostanza della mancata prova che tali sentenze siano state oggetto di discussione fra le parti come richiesto dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c., non si impone certo con il carattere della decisività che solo permetterebbe l'ammissibilità del motivo di impugnazione dal momento che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa Cass. n. 16812 del 2018 ritenuto pertanto che il ricorso va dichiarato inammissibile le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.000, oltre a spese prenotate a debito. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.