L’istanza di sgravio dà accesso alla domanda di accertamento sulla prescrizione del credito erariale

Attraverso la presentazione dell’istanza di sgravio all’ente impositore e l’impugnazione del suo diniego il contribuente può ottenere una pronuncia che accerti la prescrizione del credito erariale è quanto fatto da un condominio che ha impugnato un diniego di sgravio facendosi dichiarare prescritti debiti iscritti a ruolo a titolo di TARSU per prescrizione, in quanto l’inerzia dell’agente della riscossione, dopo la notifica della cartella, era durata oltre 5 anni.

Inoltre, in questi casi la legittimazione passiva spetta all’ente creditore il Comune in quanto con l’impugnazione del diniego di sgravio si intende far valere la prescrizione del credito, non vizi propri delle cartelle di pagamento. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 8719 dell’11 maggio 2020 Impugnabilità dell’estratto di ruolo e azione di accertamento nel processo tributario. La pronuncia si pone nel solco di quelle che hanno sostenuto l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, ritenendo nella sostanza ammissibile nel processo tributario una domanda di accertamento la Cassazione ha infatti sancito l’impugnabilità dell’estratto di ruolo in nome della tutela del diritto di difesa del contribuente evitandogli di dover attendere la notifica anche a distanza di molti mesi di un successivo atto impugnabile cfr. SS.UU. 19704/2015 e, da ultimo, 7228/2020 . In particolare, secondo tale ultima pronuncia, sussiste l'attuale e concreto interesse del contribuente, riconosciuto dalla ormai consolidata giurisprudenza, ad impugnare la cartella di pagamento non notificata, indipendentemente dalla notifica di un atto successivo, facendo valere l'invalidità della notifica dell'atto di riscossione, allo scopo di vedersi accertata l'insussistenza per prescrizione della pretesa erariale già iscritta a ruolo. La sentenza a Sezioni Unite n. 19704/2015 aveva definitivamente sancito l’impugnabilità dell’estratto di ruolo in nome della tutela del diritto di difesa del contribuente evitandogli di dover attendere la notifica anche a distanza di molti mesi di un successivo atto impugnabile. In questa storica sentenza la Cassazione ha affermato seguente principio di diritto E' ammissibile l'impugnazione della cartella e/o del ruolo che non sia stata validamente notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma Impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto, del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza, e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione Caso concreto. Accolto dunque il ricorso di un condominio e ribaltato l’esito della CTR Lombardia secondo cui, ammettere che il contribuente possa impugnare il diniego di autotutela significherebbe consentirgli di contestare anche cartelle di pagamento ormai inoppugnabili per decorrenza del termine decadenziale di 60 giorni. Inoltre, sempre secondo i giudici di appello, legittimato passivo del ricorso avrebbe dovuto essere l’agente della riscossione. Col ricorso per Cassazione il condominio denuncia violazione di legge in quanto con la sua azione aveva impugnato il diniego di sgravio non per far falere vizi delle cartelle di pagamento ma per far dichiarare con azione di accertamento la prescrizione dei crediti vantati da Comune cui, di conseguenza spettava anche la legittimazione passiva. Nell’accogliere il ricorso del contribuente la Cassazione ricorda innanzitutto l’impugnabilità del diniego di sgravio quale atto incidente negativamente sul contribuente nei suoi rapporti con l’amministrazione infatti, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nel d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, fino a comprendervi le notizie o note comunicate dall'Ufficio che, pur non rivestendo l'aspetto formale proprio di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, suscitandone l'interesse inteso con riferimento all'art. 100 cod. proc. civ. a chiederne il controllo di legittimità in sede giurisdizionale cfr. Cass. 285/2010 e 16100/2011 . Tra l’altro, avendo il processo tributario natura impugnatoria , l’istanza di sgravio e l’impugnazione del successivo diniego rappresentano il tipico modo per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuta prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione. E non c’è dubbio che il credito Tarsu si prescriva in cinque anni ai sensi dell'art. 2948, n. 4, cod. civ. cfr. Cass. 4283/2010 e 24679/2011 . Se la finalità dell’azione è quella dell’accertamento della prescrizione del credito erariale e non la caducazione della cartella per vizi propri, inammissibile per decorso del termine decadenziale di impugnazione , non c’è dubbio, poi, che il legittimato passivo sia l’ente creditore, ovvero il Comune la prescrizione costituisce un fatto estintivo del credito sostanziale. E va esclusa la minorata difesa l’ente locale può chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione e comunque può ottenere i documenti per difendersi in giudizio dal concessionario, che è una sorta di suo mandatario senza rappresentanza.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 22 gennaio – 11 maggio 2020, n. 8719 Presidente Chindemi – Relatore Napolitano Fatto Nel corso di un accesso presso gli sportelli dell'agente della riscossione Equitalia Nord s.p.a. , l'amministratore del condominio omissis di viale omissis d'ora in poi, anche solo il condominio venne a conoscenza dell'esistenza di ingenti somme iscritte a ruolo dal Comune di Milano d'ora in poi anche solo Comune a suo carico a titolo di Tarsu ruoli nn. 2001/016043, 2002/014541, 2003/013690 e 2005/000540, per complessivi Euro 20.758,63, oltre accessori . Con istanza di annullamento in autotutela, notificato in data 14/2/2013, il condominio chiese al Comune l'annullamento dei predetti ruoli, in quanto i crediti in ciascuno di essi portati erano caduti in prescrizione quinquennale successivamente alla notifica delle singole cartelle di pagamento. Il Comune di Milano, con atto pervenuto al condominio in data 3/4/2013, rigettò l'istanza, motivando il diniego di autotutela sull'assunto che ogni contestazione circa i crediti portati dalle cartelle di pagamento notificate dovesse essere mossa nei confronti dell'agente della riscossione. Il condominio impugnò il diniego di autotutela dinanzi alla CTP di Milano. Quest'ultima, nel contraddittorio con il Comune, accolse il ricorso. Il Comune propose appello dinanzi alla CTR che, nel contraddittorio con il contribuente, riformò la sentenza di primo grado dichiarando inammissibile il ricorso introduttivo del condominio. In particolare, la CTR statuì che ammettere che il condominio potesse impugnare il diniego di autotutela significherebbe consentire ad esso di contestare le cartelle di pagamento notificate dall'agente della riscossione, nonostante che per esse fosse decorso il termine di decadenza di sessanta giorni, ai fini dell'impugnazione. Inoltre, erroneamente il condominio avrebbe instaurato il contraddittorio nei confronti del Comune, visto che il legittimato passivo era l'agente della riscossione. Il condominio ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR, sulla base di quattro motivi. Resiste il Comune di Milano con controricorso. Alla pubblica udienza dei 22 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Con il primo motivo, rubricato Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l'impugnazione del diniego di autotutela opposto dal Comune alla richiesta di sgravio dei ruoli per prescrizione dei crediti avesse, in realtà, ad oggetto le cartelle di pagamento per vizi delle stesse, con conseguente divisata inammissibilità dell'originario ricorso per tardività. 2. Con il secondo motivo, rubricato Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che l'originaria impugnazione del condominio fosse tardiva per aver avuto esso conoscenza degli estratti di ruolo oltre sessanta giorni prima della proposizione del ricorso introduttivo l'oggetto dell'originario ricorso, ribadisce il condominio, è stato il diniego di autotutela opposto dall'ente locale alla richiesta di sgravio. 3. Con il terzo motivo, rubricato Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , il condominio si duole che la CTR abbia individuato come legittimato passivo rispetto all'azione da esso esercitata non l'ente impositore che ha emesso il diniego di sgravio in autotutela, ma l'agente della riscossione. Il condominio ribadisce la legittimazione del Comune, sia per avere esso emesso l'atto impugnato, sia perchè con l'azione, formalmente impugnatoria del diniego, l'odierno ricorrente ha in sostanza chiesto l'accertamento giudiziale del compimento della prescrizione dei crediti portati dalle cartelle di pagamento a suo tempo notificate, con la conseguenza che, atteggiandosi la prescrizione come un fatto estintivo del credito sostanziale, la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata si radicava in capo al Comune. 4. Con il quarto motivo, rubricato Violazione dell'art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , il condominio chiede che la Corte, decidendo nel merito, sulla base della sua giurisprudenza che fissa in cinque anni il termine di prescrizione dei crediti per TARSU, accerti l'avvenuto compimento del termine prescrizionale dei crediti portati nelle cartelle di pagamento a suo tempo notificate dall'agente della riscossione. Alternativamente, nel caso in cui la Corte dovesse riconoscere che, invece, il termine di prescrizione dei crediti per TARSU è quello ordinario di dieci anni, il condominio chiede alla Corte di accertare la prescrizione dei crediti portati dalle cartelle notificate rispettivamente in data 10 dicembre 2001 e 7 agosto 2002. In subordine, chiede di cassare con rinvio la sentenza impugnata. 5. I motivi, strettamente connessi, possono essere decisi congiuntamente. Essi sono fondati. La CTR è incorsa in un palese equivoco nell'affermare che il condominio, impugnando il diniego di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti, tenta di eludere il termine di decadenza per l'impugnazione delle cartelle di pagamento a suo tempo notificate e non contestate. L'odierno ricorrente, infatti, con l'impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo al tempo in cui le cartelle furono notificate, infatti, la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata. Il condominio deduce che per l'inerzia dell'agente della riscossione nel recupero di tali crediti, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione e tale deduzione è fondata. La giurisprudenza di queste Corte, da tempo, interpreta estensivamente il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e tende a ricomprendere tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario anche il diniego di sgravio, quale atto comunque incidente su rapporti tributari tra amministrazione e contribuente, in grado di incidere negativamente su la posizione giuridica di quest'ultimo cfr. Cass., n. 285/2010 Cass., n. 16100/2011 . Peraltro, essendo strutturato il processo tributario come processo impugnatorio, l'impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell'avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all'agente della riscossione. Quanto al termine di prescrizione dei crediti per TARSU, questa Corte lo ha fissato in cinque anni, applicando l'art. 2948 c.c., comma 1, n. 4 Cass., n. 4283/20 10 Cass., n. 24679/2011 . E' stato anche affermato che l'art. 2953 c.c., in tema di prescrizione decennale dell'actio iudicati, si applica solo ai crediti portati da sentenze di condanna passate in giudicato, con evidente impossibilità di sua applicazione ai crediti portati da cartelle inoppugnabili, non potendo equipararsi la loro irretrattabilità agli effetti del giudicato, discendenti solo da un provvedimento giurisdizionale contenzioso irrevocabile. Infine, coglie nel segno il condominio quando deduce che, essendo l'atto da esso impugnato un diniego di sgravio dei ruoli, chiesto per l'avvenuta prescrizione dei crediti da essi portati prima ancora che dalle cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli , legittimato passivo dell'azione di annullamento e di accertamento della prescrizione è solo l'ente impositore nella specie, il Comune di Milano . Nè potrebbe sostenersi che quest'ultimo si troverebbe in condizioni di minorata difesa, non disponendo della possibilità di produrre eventuali atti interruttivi della prescrizione, che sarebbero nella esclusiva disponibilità dell'agente della riscossione. In disparte, infatti, la considerazione che il rapporto di affidamento esistente tra il Comune e il suo agente della riscossione configura quest'ultimo come una sorta di mandatario senza rappresentanza, al quale l'ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti da esso formati o detenuti necessari per difendersi in giudizio, il Comune avrebbe comunque potuto chiedere di chiamare in giudizio l'agente della riscossione, sulla base del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 3, arinchè fosse accertata, anche nei suoi confronti, ed anche al fine di stigmatizzare una sua responsabilità in merito, l'inesistenza di atti interruttivi della prescrizione dei crediti affidati al suo recupero. Dall'accoglimento del ricorso discende l'accertamento del compimento della prescrizione con riferimento ai crediti TARSU portati dai quattro ruoli e dalle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione, senza necessità di rinvio alla CTR in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata. 6. Atteso l'andamento del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di appello. Le spese del presente giudizio, invece, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla il diniego di sgravio impugnato in prime cure e dichiara la prescrizione dei crediti TARSU portati nei quattro ruoli e nelle pedisseque cartelle di pagamento ìndicati nel ricorso per cassazione. Compensa le spese del Giudizio di appello. Condanna il Comune di Milano al pagamento, in favore del condominio ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro duemilasettecento per onorari, oltre al contributo unificato, al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.