Bonus prima casa negato se i due appartamenti dell’immobile superano complessivamente i 240 mq

Ai fini dell’esclusione dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa per gli immobili che superano la dimensione complessiva di 240 mq, occorre far riferimento al concetto di unità immobiliare e non a quello di unità abitativa.

La vicenda. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7850/20, depositata il 16 aprile, rigettando il ricorso di una coppia che si era aveva impugnato – infruttuosamente – l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato il diritto alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa qualificando l’immobile come di lusso. La CTR, con la sentenza impugnata, aveva infatti confermato la pretesa fiscale sul base del fatto che l’immobile si sviluppa su due piani, ciascuno dei quali di 240 mq, con una superficie totale che supera quindi il parametro indicato dal d.l. 2 agosto 1969 per il godimento dell’agevolazione. Con il ricorso in sede di cassazione, i contribuenti sostengono che i due piani dell’immobile avrebbero dovuto essere considerati distinti in quanto costituiscono due diversi appartamenti autonomi. Dimensione dell’immobile. La Cassazione rigetta il ricorso ritenendo che la sentenza impugnata abbia fatto corretta applicazione dei criteri previsti per la qualificazione di un immobile come di lusso. Secondo il combinato disposto degli artt. 6 d.m. 2 agosto 1969 e 40 d.P.R. n. 1142/1949, si evince infatti che ai fini fiscali, devono essere considerati abitazioni di lusso gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 mq, a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o singole unità abitative. La giurisprudenza Cass.Civ. n. 7457/16 ha poi aggiunto che per stabilire se l’abitazione sia di lusso non assume rilevanza la destinazione che l’acquirente attribuisce al bene, con la conseguenza che in caso di acquisto pro indiviso di un unico cespite immobiliare da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi ostandovi la contitolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell’art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune . Sulla base di tali principi, risulta evidente come i ricorrenti abbiano confuso il concetto di unità immobiliare, rilevanti ai fini dell’applicazione dell’agevolazione richiesta, e quello di unità abitativa .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, ordinanza 22 gennaio – 16 aprile 2020, n. 7850 Presidente Stalla – Relatore Pepe Ritenuto che 1. La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione di Roma, rigettava l’appello proposto da M.G.A. e M.A. e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia dell’Entrate non aveva riconosciuto ai contribuenti, in relazione al contratto da essi stipulato il 29 maggio 2006, il diritto alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, stante la natura di lusso dell’immobile. 2. La CTR fondava la propria decisione sulla circostanza che l’immobile in esame si sviluppava su due piani, ciascuno dei quali di mq 240 e, dunque, la somma di essi era superiore al parametro indicato dal D.M. 2 agosto 1969 al fine di godere dell’agevolazione richiesta. 3. Avverso tale sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi. 4. L’agenzia dell’Entrate non si è costituita. Considerato che 1. Con il primo motivo i contribuenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, dell’art. 2697 c.c. e del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, nonché l’omessa o insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio. I ricorrenti rilevano che i giudici del merito hanno errato nel ritenere come unico l’immobile oggetto di compravendita, dovendosi esso considerare composto da due distinti appartamenti posti su due piani diversi e, quindi, autonomi, con la conseguenza che non poteva sommarsi la loro superficie e, dunque, agli stessi doveva riconoscersi l’agevolazione richiesta. A sostegno di tale assunto i contribuenti rilevavano che dal certificato catastale e dall’attivazione di due diverse utenze domestiche di luce e gas risultava evidente la suindicata autonomia. Ancora, i ricorrenti lamentano che la CTR avrebbe omesso ogni motivazione circa l’onere probatorio posto in capo all’Amministrazione essendosi i giudici di merito limitati ad affermare la legittimità dell’operato di quest’ultima basato su di un parere espresso nel merito dall’Agenzia del Territorio competente , laddove il richiamato parere non può assurgere ad elemento probatorio sul quale fondare la pretesa tributaria. L’assenza di qualsivoglia elemento probatorio sul quale risulta fondato l’avviso impugnato si riverbera, poi, sempre secondo l’assunto difensivo, in una sostanziale omessa motivazione dell’atto impositivo con conseguente violazione del diritto di difesa dei contribuenti. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42, 55 e 76, in quanto l’avviso di liquidazione sarebbe stato notificato oltre il termine di decadenza di due anni dalla registrazione dell’atto notarile, non potendosi allo stesso applicare il diverso termine di tre anni indicato dalla CTR. 3. Il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in via pregiudiziale, non è fondato. Si ritiene infatti che non vi siano ragioni per discostarsi dall’orientamento di legittimità, secondo cui in base al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 42, comma 1, l’imposta di registro liquidata dall’ufficio a seguito dell’accertata insussistenza dei presupposti del trattamento agevolato in relazione all’acquisto della prima casa , applicato al momento della registrazione dell’atto di trasferimento della proprietà di un bene immobile nella specie, la natura di abitazione non di lusso dell’immobile trasferito , va qualificata come imposta complementare non rientrando nelle altre specie, positivamente definite, dell’imposta principale in quanto applicata in un momento successivo alla registrazione e dell’imposta suppletiva in quanto, rivedendo a posteriori il criterio di liquidazione in precedenza seguito, non è rivolta ad emendare errori od omissioni commessi dall’ufficio in sede di registrazione . In conseguenza di ciò, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, la pretesa in questione deve essere fatta valere, come avvenuto nel caso di specie, con apposito atto di imposizione tributaria entro il termine di decadenza di tre anni, da ritenere decorrente - in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 2964 c.c. - dalla data della registrazione, a partire dalla quale l’ufficio del registro ha la facoltà di contestare al contribuente la perdita del trattamento agevolato Cass. n. 3360 del 2017 Cass. n. 2400/17 . 4. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Deve dichiararsi l’inammissibilità della censura proposta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativamente all’errore di motivazione della sentenza impugnata la quale ha del tutto obliterato il mancato assolvimento dell’onere della prova posto a carico dell’Ufficio finanziario . Ed invero, se da un lato risulta che la CTR ha espressamente assolto al presunto denunciato vizio di motivazione, avendo affermato la legittimità dell’avviso legittimo in quanto basato su di un parere espresso nel merito dall’Agenzia del Territorio competente , dall’altro, la censura in tal modo proposta dai ricorrenti mira, sostanzialmente, a richiedere al Collegio una nuova valutazione del compendio probatorio posto a fondamento della decisione impugnata. Tale censura è inammissibile in quanto per effetto del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione è ora limitata alla sola ipotesi di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. Pertanto laddove, come nel caso di specie, non è oggetto di contestazione la inesistenza del requisito motivazionale della sentenza impugnata, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia decisivo ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali - acquisiti al rilevante probatorio - ritenuti dal Giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi SSUU 8053/14 . Quanto alla seconda censura del primo motivo, in via preliminare, deve osservarsi che, diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, la CTR ha correttamente fatto applicazione dei criteri di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, al fine di stabilire se l’abitazione oggetto di compravendita era di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa 1, art. 1, nota 2 bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, assumendo all’uopo rilievo il fatto che la compravendita oggetto di accertamento era avvenuta il 29 maggio 2006. In particolare, il D.M. 2 agosto 1969, art. 6, indica quale abitazione di lusso le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine . Il D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40, rubricato Unità immobiliare urbana prevede, poi, che si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente . Dal combinato disposto delle norme sopra richiamate si evince che ai fini tributari rileva l’unità immobiliare, avendo questa Corte, secondo un principio pienamente condiviso dal Collegio, affermato che Ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati, a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o di singole unità abitative Cass. n. 23591 del 2012 . In caso analogo si è affermato che In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa , per stabilire se l’abitazione sia di lusso non assume specifica rilevanza la destinazione che l’acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, sicché, in caso di acquisto pro indiviso di un unico cespite immobiliare nella specie, villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi nella specie, imputando a ciascuno di essi un piano dello stabile come se il rogito notarile riguardasse due autonome alienazioni, ostandovi la contitolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell’art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune. Cass. n. 7457/16 ord. Alla luce di quanto sopra è evidente l’errore interpretativo da cui muove la censura proposta dai contribuenti, proprietari dell’unico immobile oggetto dell’avviso di accertamento, laddove essi confondono il concetto di unità immobiliare, rilevante ai fini dell’applicazione dell’agevolazione richiesta, e quello di unità abitativa. Nel caso di specie, infatti, non vi è dubbio che si è in presenza di un’unica unità immobiliare che per come indicato dallo stesso atto di compravendita oggetto di accertamento, riportato nel ricorso, che risulta contraddistinta da una porzione immobiliare costituita da un fabbricato per due unità abitative sviluppatesi ai piani terra e primo per complessivi vani 14 virgola 5 catastali rispetto alla quale è irrilevante, ai fini del giudizio, la circostanza che essa sia costituita da due unità abitative. Sul punto la CTR ha, poi, posto in luce come dalla lettura del contratto di compravendita e della perizia di parte risulta che l’immobile consiste in un fabbricato della tipologia Edilizia abitazione in ville L’immobile è costituito da un piano terra con due ingressi, vano studio, vano salotto, vano pranzo, vano letto e numero tre bagni nonché da un primo piano composto da tre vani letto, due bagni e un vano studio , descrizione che evidenzia, senza spazio per alcuna logica diversa interpretazione, l’unicità del bene. Va, infine, osservato che del tutto infondata è la censura relativa ad un presunto vizio motivazionale dell’avviso impugnato, indicato nel ricorso nella mancata indicazione delle norme violate con conseguente violazione del diritto di difesa del contribuente. Nello stesso ricorso, infatti, si dà conto che l’avviso indicava che la pretesa era dovuta al fatto che l’immobile è da considerarsi di lusso, ai sensi della normativa prevista dal D.M. 2 agosto 1969 per effetto di quanto disposto dall’art. 6, che comprende le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq 240 esclusi balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale ed il posto auto , per come indicato dalla nota dell’Agenzia del Territorio del 28/11/2008 allegata. Tale indicazione soddisfa pienamente l’obbligo motivazionale invocato dai contribuenti. 5. Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.