I compensi ricevuti dal socio dello studio legale per altra attività sono soggetti a IRAP?

L’esercizio della professione in forma societaria costituisce presupposto dell’IRAP senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione. Il contribuente ha comunque la possibilità di fornire la prova contraria relativa all’insussistenza dell’esercizio dell’attività in forma societaria.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24549/19, depositata il 2 ottobre. Il caso. La CTR Veneto accoglieva l’appello del Fisco e, in riforma della pronuncia di prime cure, rigettava l’impugnativa del silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso IRAP presentata da uno studio legale associato relativamente ai compensi percepiti da uno dei soci per l’attività svolta come amministratore delegato di una s.p.a La CTR sottolineava infatti che le prestazioni erano state fatturate dallo studio associato, ritenendo che il contribuente non avesse fornito idonea prova della sussistenza dei requisiti per l’esenzione IRAP in favore del socio interessato ai compensi. Lo Studio legale ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione. Assoggettabilità all’IRAP. Il Collegio richiama i consolidati principi giurisprudenziali secondo cui l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce ex lege presupposto dell’IRAP senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione, ritenuta implicita nella forma societaria stessa Cass. SS.UU. n. 7371/16 . Resta comunque salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto l’insussistenza dell’esercizio dell’attività in forma societaria Cass. Civ. n. 18920/16 . Nel caso di specie, era risultato che le prestazioni del professionista erano state fatturate dallo Studio associato ed erano dunque pacificamente riconducibili all’attività in forma associata. Nel caso specifico dell’attività forense, la giurisprudenza ha infatti precisato che qualora l’avvocato, inserito in un’associazione professionale, eserciti anche una distinta e separata attività di altra natura come appunto quella di amministratore di una società è tenuto, al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo, a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione alla medesima associazione Cass. Civ. n. 24088/16 e n. 766/19 . In conclusione, la pronuncia impugnata fa corretta applicazione dei principi summenzionati sottraendosi dunque ad ogni censura. Il ricorso viene rigettato e le spese del giudizio di legittimità compensate tra le parti.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 30 aprile – 2 ottobre 2019, n. 24549 Presidente Crucitti – Relatore Giudicepietro Rilevato che 1. lo Studio Legale Tributario Associato C. & amp Z., in persona del l.r.p.t. C. M., ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 53/30/13 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, depositata in data 8/5/2013 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio, riformando la sentenza di primo grado favorevole al contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del silenzio - rifiuto sull’istanza di rimborso IRAP presentata dallo Studio Associato in data 14/10/2008 per gli anni di imposta 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007 relativamente ai compensi percepiti dal socio, Dott. C. M., per l’attività svolta in proprio di amministratore delegato della società Aletti Fiduciaria S.p.A. 2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Veneto di seguito C.T.R. , considerato che le prestazioni del professionista erano state fatturate dallo Studio Associato, riteneva che il contribuente non avesse fornito idonea prova della sussistenza dei requisiti per l’esenzione dall’Irap in favore del socio interessato ai compensi, che avrebbe dovuto dimostrare di non aver fruito dei benefici recati dalla sua adesione allo studio associato il giudice di appello, quindi, dichiarava non dovuto il rimborso richiesto 3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento del ricorso principale, affidato ad un unico motivo, cui il ricorrente principale, a sua volta, resiste con controricorso 4. il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 30 aprile 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197 5. il ricorrente principale ha depositato memorie. Considerato che 1.1. Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 secondo il ricorrente, la sentenza della C.T.R. viola il principio secondo cui il libero professionista non è soggetto ad Irap per la parte di ricavo netto derivante dall’attività professionale svolta senza avvalersi di un’autonoma organizzazione come, nel caso di specie, l’attività svolta personalmente dal socio presso la società Fiduciaria di cui era amministratore con il secondo motivo, il ricorrente denunzia il vizio motivazionale della sentenza impugnata, sia ai sensi della vecchia che della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 secondo il ricorrente, il giudice di appello avrebbe omesso di considerare il fatto decisivo, relativo alla natura strettamente fiduciaria e personale del mandato, conferito quale amministratore delegato della Fiduciaria al socio, Dott. C., circostanza, per altro, non contestata dall’Amministrazione e conforme ad una massima di esperienza con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la motivazione solo apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c 1.2. i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono in parte inammissibili ed in parte infondati e vanno rigettati 1.3. come rilevato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce ex lege presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività Sez. U, Sentenza n. 7371 del 14/04/2016 inoltre, la Corte ha ulteriormente precisato che in tema d’IRAP, l’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 18920 del 26/09/2016 nel caso di specie, le prestazioni del professionista erano state fatturate dallo Studio Associato, per cui erano riconducibili all’attività in forma associata il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse dimostrato che le somme assoggettate ad Irap erano relative all’attività personale di amministratore di una società Fiduciaria da parte del socio come affermato da questa Corte, in tema d’IRAP, il professionista nella specie, avvocato , qualora sia inserito in un’associazione professionale, sebbene eserciti anche una distinta e separata attività, diversa da quella svolta in forma associata nella specie, amministratore di società , al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione alla detta associazione Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 24088 del 24/11/2016 vedi anche Sez. 5, Ordinanza n. 766 del 15/01/2019 alla luce del riportato orientamento della Corte vedi anche Cass. nn. 25311/2014 16784/2010 13570/2007 , deve rilevarsi che la sentenza impugnata non è incorsa nelle denunciate violazioni di legge, avendo ritenuto che fosse onere del contribuente, che chiedeva il rimborso di quanto versato a titolo di Irap, dimostrare che l’attività oggetto di contestazione non rientrasse tra quelle svolte in forma associata la pronuncia non viola la normativa in oggetto, anzi, facendo corretta applicazione dei principi sopra enunciati, non esclude a priori la possibilità del rimborso, ma ritiene che, nel caso di specie, il ricorrente non abbia dimostrato la sussistenza degli elementi di fatto cui conseguirebbe il diritto al rimborso passando al denunciato vizio motivazionale, deve rilevarsi che nella fattispecie trova applicazione ratione temporis ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva all’11 settembre 2012, sicché il vizio della motivazione è deducibile soltanto in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte Cass. S.U. 22.9.2014 n. 19881 Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053 la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 83 del 2012, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione deve, quindi, ritenersi inammissibile ogni doglianza rivolta a censurare l’insufficienza della motivazione nè si rinviene l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, secondo la nuova formulazione. dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis secondo il ricorrente il fatto decisivo , la cui valutazione sarebbe stata omessa, consisterebbe nella natura esclusivamente personale dell’incarico di amministratore, per altro non contestata dall’Amministrazione deve, però, rilevarsi che la natura dell’attività amministratore delegato di una società e la circostanza che essa, in via prevalente, venga svolta personalmente dall’incaricato non porta ad escludere che il socio amministratore si sia avvalso della struttura dello studio associato per il compimento delle proprie attività personali la motivazione della C.T.R. sul punto, sebbene sintetica, si rivela effettiva e non solo apparente il rigetto complessivo del ricorso principale non rende necessario l’esame del ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento del primo il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale citato solo dopo la proposizione del ricorso comporta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità sussistono i requisiti per porre a carico del ricorrente principale il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità sussistono i requisiti per porre a carico del ricorrente principale il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.