I “contratti della crisi coniugale” sono esenti da imposte e tasse

Gli atti dispositivi del patrimonio in genere, scaturenti dalla negoziazione globale che i coniugi compiono in sede di separazione e divorzio, non sono altro che contratti tipici, la cui causa è quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi di coppia. Per questo motivo, tali contratti della crisi coniugale” devono ritenersi esenti da imposte e tasse.

Lo ha affermato la Commissione Tributaria Regionale per il Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 249/18 depositata il 12 dicembre. Il caso. Il contribuente impugnava l'avviso di liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate richiedeva le imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione ad un verbale di conciliazione giudiziale davanti al Tribunale di Udine con il quale, successivamente all’intervenuta sentenza di separazione, veniva sciolta la comunione legale tra il ricorrente e l’ex moglie. Il ricorrente chiedeva, in particolare, l'esenzione prevista dall'art. 19 l. n. 74/1987 per gli atti relativi al procedimento di divorzio, estesa dalla Corte Costituzionale a quelli di separazione. La Commissione Tributaria Provinciale di Udine accoglieva il ricorso e l’Ufficio, ribadendo la legittimità delle pretese tributarie, decideva di appellare la pronuncia. Contratti della crisi coniugali esenti. La Commissione Tributaria Regionale, dando seguito al più nuovo e permissivo orientamento di legittimità, afferma che sono esenti da imposte e tasse tutti gli atti, anche dispositivi del patrimonio in genere, che scaturiscono da accordi fra coniugi in sede di procedimenti di separazione e di divorzio . In virtù del mutato contesto normativo, proseguono i Giudici, gli accordi intervenuti in tale fase, compresi quelli che prevedono trasferimenti mobiliari o immobiliari, hanno carattere di negoziazione globale e assumono la qualifica di contratti tipici, la cui causa è quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi coniugale. Per tale motivo, i contratti della crisi coniugale” devono ritenersi esenti da imposte e tasse. Nel caso di specie la Commissione rigetta il ricorso e annulla l’avviso di liquidazione con cui l’Ufficio aveva richiesto le imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Commissione Tributaria Regionale Friuli Venezia Giulia , sez. I, sentenza 11 novembre – 12 dicembre 2018, n. 249 Fatto Il contribuente impugnava l'avviso di liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate di Udine richiedeva le imposte di registro, ipotecaria e catastale per l'importo complessivo di Euro 26.817,50 in relazione ad un verbale di conciliazione giudiziale davanti al Tribunale di Udine con il quale veniva sciolta la comunione legale ed operata la divisione tra il ricorrente e la ex moglie e ciò dopo che con sentenza n. 968/2011 dello stesso Tribunale, passata in giudicato, era stata pronunciata la separazione dei coniugi. Il ricorrente invocava l'esenzione ai sensi dell'art. 19 L. n. 74 del 1987 per gli atti relativi al procedimento di divorzio, estesa dalla Corte Costituzionale a quelli di separazione personale ed in subordine, contestava i valori attribuiti dall'Ufficio ai beni oggetto di divisione. L'ufficio si costituiva osservando che la normativa invocata dal ricorrente opera solo per gli atti e provvedimenti del giudizio di divorzio e separazione e non anche per quelli di un successivo giudizio, quale quello dello scioglimento della comunione tra i coniugi. Concludeva quindi per il rigetto del ricorso e la conferma dell'operato dell'Ufficio con vittoria delle spese di giudizio. La Commissione Tributaria Provinciale di Udine con sentenza n. 373/1/16 del 25/10-8/11/2016 accoglieva il ricorso condannando l'Ufficio alla rifusione delle spese. L'interpretazione restrittiva della normativa sull'agevolazione voluta dall'Ufficio risulta smentita dalla Corte di Cassazione che con sentenza n. 14157/2013 ha stabilito che l'esenzione opera con riferimento. a tutti i provvedimenti relativi al procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, compresi quelli pronunciati fuori dallo stesso, purché rivolti a regolare rapporti economici insorti tra i coniugi a cagione della loro lite matrimoniale. È fuori discussione che il verbale di conciliazione è un atto del giudizio di divisione, finalizzato a regolare i rapporti economici tra gli ex coniugi a cagione della separazione, conformemente alla ratio dell'agevolazione che è quella di favorire con l'incentivo fiscale la definizione delle controversie coniugali e che quindi gode dell'esenzione di cui all'art. 19 L. n. 74 del 1987. Appella l'Ufficio che ribadisce la legittimità delle pretese tributarie affermando che l'esenzione è riconosciuta solo nel caso in cui gli accordi risultino formalizzati nel provvedimento dell'autorità giudiziaria ed ad esso connessi. Richiama sul punto varie sentenze della Corte di Cassazione, in particolare la n. 860/2014 che ha confermato l'assunto per cui l'agevolazione va riconosciuta ad atti e convenzioni posti in essere per regolare i rapporti patrimoniali sotto il controllo del giudice, mentre la dottrina nel commentare la citata sentenza, ha evidenziato che requisito fondamentale per l'applicazione dell'esenzione è l'afferenza delle vicende patrimoniali oggetto dell'atto, documento e provvedimento al procedimento di separazione, nonché quelli relativi agli alimenti. È necessario quindi distinguere tra le vicende patrimoniali traslative dipendenti dai procedimenti di separazione e divorzio da quelle autonome, prescindendo dalla tipologia del diritto trasferito o costituito gli accordi rivolti all'attribuzione di beni da un coniuge all'altro, sono infatti distinti in negozi che individuano la separazione o il divorzio come presupposti, per cui il discrimine è costituito dalla riferibilità e diretta interferenza o meno della statuizione del bene rispetto all'obiettivo di composizione della crisi coniugale. Ciò premesso, nel caso di specie, l'esenzione non può trovare applicazione in quanto la divisione dei beni non è stata stabilità in sede di accordo di separazione o divorzio e non si rinviene pertanto in maniera evidente e certa un nesso funzionale rispetto alle disposizioni matrimoniali contenute nella sentenza di separazione o divorzio. Conclude per la integrale riforma dell'impugnata sentenza confermando per l'effetto la legittimità dell'operato dell'Ufficio con vittoria delle spese di giudizio. Diritto Si rigetta l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate di Udine, ritenendo corretta l'esenzione dalle imposte in discussione del verbale di conciliazione giudiziale davanti al Tribunale di Udine con il quale veniva sciolta la comunione legale ed operata la divisione tra il ricorrente e la sua ex moglie. Infatti, seguendo ormai un consolidato orientamento di legittimità, più nuovo e permissivo che dà atto dell'evoluzione del contesto normativo, preme citare le più recenti sentenze della Corte di Cassazione, la n. 3110 del 17/2/2016 e la n. 2111 del 3/2/2016 che hanno affermato che sono esenti da imposte e tasse tutti gli atti, anche atti dispositivi del patrimonio in genere, che scaturiscono da accordi fra coniugi in sede di procedimenti di separazione e di divorzio. Come ben noto, l'esenzione dalle imposte è prevista dall'art. 19 della L. n. 74 del 1987 la cui applicazione sta divenendo ancora più rilevante avendo riguardo alle possibilità offerte dal nuovo procedimento della negoziazione assistita per addivenire alla separazione o divorzio o alla istanza diretta al Sindaco, quale Ufficiale dello stato civile agli stessi fini. In particolare, la sentenza opera un'eliminazione di quella distinzione formatasi in giurisprudenza tra accordi di separazione propriamente detti ed accordi stipulati in occasione della separazione, affermando che anche gli accordi che prevedono, nel contesto di una separazione tra coniugi, atti comportanti trasferimenti patrimoniali dall'uno all'altro coniuge o in favore dei figli, debbano essere ricondotti nell'ambito delle condizioni della separazione di cui all'art. 711 c.p.c., comma 4. Infatti, l'elemento innovativo è costituito dal carattere di negoziazione globale che la coppia in crisi attribuisce al momento della liquidazione del rapporto coniugale, attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati contratti della crisi coniugale , la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi . In sostanza, nel mutato contesto normativo di riferimento, si deve riconoscere il carattere di negoziazione globale a tutti gli accordi di separazione che, anche attraverso la previsione di trasferimenti mobiliari o immobiliari, sono volti a definire la crisi coniugale, destinata a sfociare nella cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o nello scioglimento del matrimonio civile. Pertanto, nel caso in esame, è evidente la stretta connessione ed il legame causale del provvedimento che si pronuncia sullo scioglimento della comunione e rende esecutivo il progetto di divisione con il procedimento di separazione personale, dal quale, appunto, trae origine nessuna altra ipotesi può essere individuata quale causa diversa ed autonoma da giustificare un diverso trattamento fiscale. Non vi è ragione di negare, dunque, che gli accordi intervenuti tra le parti, conclusi peraltro mediante approvazione di un piano divisionale formalizzato in sede giudiziaria, siano stati sottoscritti nell'intento di regolare i loro rapporti patrimoniali conseguenti al procedimento di separazione e come tali, godono dell'esenzione fiscale di cui all'art. 19 L. n. 74 del 1987. Alla soccombenza, segue la condanna dell'Ufficio alla rifusione delle spese di lite come meglio determinato nel dispositivo. P.Q.M. La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia rigetta l'appello dell'Ufficio e per l'effetto, conferma la sentenza impugnata. Condanna l'Ufficio alla rifusione delle spese di lite del presente grado che liquida in complessivi Euro 1.500,00 millecinquecento oltre accessori di legge.