Occorre rispettare tutte le previste formalità prima di contestare l'abuso del diritto al contribuente

In tema di formalità concernenti l’abuso del diritto, l'avviso di accertamento è nullo se l'ufficio ha invitato il contribuente a giustificarsi a voce ovvero a presentarsi per il contraddittorio presso l’ufficio entro 15 giorni invece di chiedere chiarimenti per iscritto entro 60. Nel caso di specie, le modalità, i termini e i contenuti del contraddittorio sono stati del tutto divergenti da quanto prescritto dalla disciplina normativa. La scansione rigorosa dei tempi e dei contenuti è stata violata e le addotte ragioni del fisco, in tema di garanzie del contraddittorio, sono del tutto inadeguate.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 30770/18 depositata il 28 novembre, ha accolto il ricorso di una società ribaltando completamento il verdetto di merito e annullando l'atto impositivo. La vicenda. Il fisco ha notificato ad una società un accertamento contestando la cessione di un contratto di leasing, che generava costi fittizi e quindi un indebito risparmio d'imposta. Con il ricorso introduttivo la società ha censurato l’operato del fisco, che non aveva rispettato le formalità relative all' abuso del diritto. Infatti, l'ufficio aveva chiesto giustificazioni orali entro 15 giorni invece di chiedere chiarimenti per iscritto entro 60. I giudici tributari di merito hanno confermato la regolarità del procedimento. Contraddittorio. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno statuito che assume rilievo invalidante dell'accertamento la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dai commi 4 e 5 dell'art. 37- bis d.P.R. n. 600/1973 e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2 dell'art. 37- bis cit La disciplina espressamente prevista dalla norma prevede una rigorosa scansione dell'attività preparatoria all'eventuale emissione dell'avviso di accertamento, con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere, rigore fondato sulla necessità prioritaria, valutata dal legislatore con particolare attenzione, della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate. A tal fine anzi la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell'operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l'attività svolta da verbalizzanti o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica. In buona sostanza, per gli Ermellini, l'importanza annessa dal rispetto delle regole dettate dall'art. 3- bis , comma 4 e 5 cit., comporta che la loro violazione è penalizzata con la nullità dell'atto impositivo. In ordine al rigoroso rispetto delle regole, sebbene sotto il più specifico profilo della mancata osservanza del termine per l'emissione dell'avviso di accertamento, è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 132/15, ribadendo la coerenza della disciplina ai parametri costituzionali. Conclusioni. Il fisco non può accorciare i tempi previsti dalla norma, a favore del contribuente,per fornire i necessari chiarimenti relativi alle operazioni contestate. E’ nullo l'avviso di accertamento se non si concede al contribuente il termine di 60 giorni per giustificare. Tale invito va formulato con richiesta scritta e non solamente verbale. Abuso del diritto, d.lgs. n. 128/15. Adempimenti. L’art. 37- bis d.P.R. n. 600/1973 è stato abrogato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. 5 agosto 2015 n. 128. Ai sensi del medesimo art. 1, comma 2, d.lgs. n. 128/2015 le disposizioni che richiamano il presente articolo si intendono riferite all'art. 10- bis l. 27 luglio 2000 n. 212, in quanto compatibili. L’art. 1 del d.lgs. n. 128/2015, pubblicato sulla G.U. n. 190 del 18 agosto 2015, con l’inserimento dell’art. 10- bis nello Statuto dei diritti dei contribuenti, ha riscritto la disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, facendoli confluire in un unico concetto, e ha conferito a questo regime valenza generale con riguardo a tutti i tributi, alle imposte dirette - come finora previsto dall’art. 37- bis , d.P.R. n. 600/1973 - e a quelle indirette, fatta salva la speciale disciplina vigente in materia doganale. La contestazione del predetto istituto è assistita da specifiche garanzie procedurali che tengono conto della peculiarità dell’accertamento delle fattispecie elusive e del ruolo decisivo che in esso possono svolgere gli elementi forniti dal contribuente. La sanzione prevista dalla norma in caso di violazione del contraddittorio obbligatorio pre-accertamento non è posta a presidio di un mero requisito di forma del procedimento, estraneo alla sostanza del contraddittorio, ma costituisce invece strumento efficace e adeguato di garanzia dell’effettività del contraddittorio stesso, eliminando in radice l’avviso di accertamento emanato prematuramente. È prevista un’implementazione della disciplina procedurale sotto i seguenti profili 1. il regime della prova a carico dell’amministrazione è posto l’onere di dimostrare il disegno abusivo e le modalità di manipolazione e di alterazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati nonché la loro non conformità ad una normale logica di mercato a carico del contribuente grava l’onere di allegare l’esistenza di valide ragioni extrafiscali che giustificano il ricorso degli strumenti giuridici utilizzati 2. la motivazione dell’accertamento nell’atto di accertamento, a pena di nullità, deve essere formalmente e puntualmente individuata la condotta abusiva 3. il contradditorio e il diritto di difesa devono essere garantiti in ogni fase del procedimento di accertamento ed in ogni stato e grado del giudizio tributario 4. l’esecutività della sentenza in caso di ricorso, le sanzioni e gli interessi sono riscuotibili dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale. E’ sempre onere dell'amministrazione finanziaria quello di dimostrare che il comportamento del contribuente ricade nel nuovo concetto di abuso del diritto. L'onere della prova della pratica abusiva grava sull'Amministrazione finanziaria la quale, nell'assolvere all'obbligo di motivazione degli atti di rettifica e accertamento, non può limitarsi alla formulazione di generici rilievi, dovendo bensì indicare gli elementi specifici a sostegno dell'assunto circa lo scopo elusivo e la carenza di effettività economica dell'operazione contestata. L'amministrazione finanziaria non può contestare alle aziende un abuso di diritto se, pur avendo provato la deviazione dagli schemi contrattuali tradizionali”, non abbia però documentato” il vantaggio fiscale e la carenza di effettività economica dell'operazione contestata. L’Ufficio deve quindi allegare, nell’atto di accertamento, le operazioni che ritiene abusive” e il conseguente vantaggio fiscale indebito, mentre il contribuente deve allegare le sue ragioni con le quali rappresenta che il vantaggio fiscale non risulta indebito. Configurano abuso del diritto una o più operazioni che sono prive di sostanza economica e che, nel rispetto degli adempimenti formali, hanno una finalità essenziale che è quella di un risparmio fiscale altrimenti indebito. L’abuso del diritto si configura quando lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali risulta come causa prevalente dell’operazione abusiva ed è escluso se l’operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente. Sussiste la presunzione assoluta di non abusività per tutte le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali” di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale impresa ovvero dell'attività professionale” e che siano, comunque, non marginali”. E’ comportamento non abusivo quello tenuto nell'ipotesi in cui l'operazione è giustificata da valide ragioni extra fiscali non marginali anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale del contribuente. Non sono considerate abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, del contribuente . Si considerano operazioni potenzialmente elusive, dopo l’abrogazione dell’art. 37- bis d.P.R. n. 600/1973, le operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Si considerano vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario. Costituisce legittimo risparmio d’imposta il fatto che il contribuente possa scegliere – tra più operazioni o regimi – il trattamento fiscalmente meno oneroso. L'abuso del diritto non può che realizzarsi quando si ottiene un vantaggio fiscale, che oltre a non essere ascrivibile all'evasione, non è un vantaggio legittimo. In sostanza, l'abuso inizia dove finisce il legittimo risparmio d'imposta e non si è in presenza di fattispecie riconducibili all'evasione. Il contribuente può legittimamente ricercare la soluzione fiscale più vantaggiosa tra quelle offerte dalla legge e l'abuso non può essere contestato quando vi sia evasione. Tra due operazioni o regimi diversi il contribuente può scegliere il trattamento fiscalmente meno oneroso. Tra più regimi o più operazioni il contribuente può scegliere l'opzione fiscalmente più vantaggiosa. Il riconoscimento espresso della facoltà per il contribuente di scegliere tra regimi opzionali diversi e tra operazioni comportanti un differente carico fiscale, disposto dal comma 4 dell’art. 1 d.lgs. n. 128/2015, non può avere altro significato che quello di escludere in ipotesi siffatte la configurabilità stessa di un abuso. Occorre contestare l'abuso del diritto solo se i vantaggi fiscali ritenuti indebiti non possono essere disconosciuti mediante l'applicazione di norme tributarie la cui natura è precettiva. Il discrimine tra un’operazione legittima, in quanto supportata da valide ragioni economiche, ed una invece illegittima, incentrata sul mero risparmio d’imposta, sarà rappresentato dalla presenza o meno di una sostanza economica saranno illegittime e quindi contestabili le operazioni che, sebbene rispettose delle norme tributarie, siano esclusivamente dirette a realizzare vantaggi fiscali indebiti. L'abuso si differenzia dai fenomeni di simulazione, di dissimulazione o di interposizione fittizia, né con le questioni valutative o di esterovestizione, in quanto queste attengono a forme di evasione. Il nuovo art. 10- bis dello Statuto dei diritti dei contribuenti, non potrà essere invocato per contestare ipotesi di simulazione, di interposizione fittizia, come di frode. L’accertamento del meccanismo dell’abuso prescinde, quindi, dall’accertamento della simulazione o del carattere fraudolento dell’operazione . Per affermare che un’operazione è elusiva non è necessario rilevare la fraudolenza della stessa, essendo sufficiente un uso improprio o ingiustificato non sorretto da valide ragioni economiche di uno strumento giuridico legittimo, che consenta però di eludere l’applicazione del regime fiscale proprio dell’operazione. L’abuso del diritto deve essere utilizzato in via residuale, ossia in tutti quei casi dove non solo non vi sia violazione diretta di norme, ma dove si possa ritenere che finisca il legittimo risparmio di imposta. Prima vanno contestate le norme precettive e poi quelle antielusive. Gli atti notificati al contribuente, devono essere preceduti da una richiesta di chiarimenti, devono essere adeguatamente motivati confrontando quello che è avvenuto con quanto ritenuto corretto. Le operazioni abusive contestate al contribuente non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, con la conseguenza che ove accertate, diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non garantiscono l’accesso ai relativi vantaggi fiscali. Si richiede una motivazione rafforzata dell'atto di accertamento che metta in evidenza la condotta abusiva”, i principi elusi”, oltre che gli indebiti vantaggi fiscali realizzati”. L’abuso del diritto può essere contestato solamente se l’atto viene preceduto da una specifica richiesta di chiarimenti, a pena di nullità dell’atto impositivo stesso. La sanzione è ragionevole, soprattutto alla luce del fatto che dal contraddittorio possono emergere elementi atti a dimostrare l'esistenza di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate. L’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di 60 giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto . Inoltre, la norma prevede che l’atto impositivo deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva e agli indebiti vantaggi realizzati, e deve tenere conto dei chiarimenti precedentemente forniti da parte del contribuente. La richiesta di chiarimenti, in cui devono essere indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto, deve essere notificata entro il termine di decadenza previsto per la notifica dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrono non meno di 60 giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei 60 giorni.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 ottobre – 28 novembre 2018, n. 30770 Presidente Cappabianca – Relatore Federici Fatti di causa Le società Ellisse s.r.l. e Conad del Tirreno s.c hanno proposto ricorso avverso la sentenza n. 205/22/11, depositata il 13.06.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Hanno rappresentato che nei loro confronti, nella rispettiva qualità di società consolidata la Ellisse e consolidante la Conad , era notificato dalla Agenzia delle Entrate avviso di accertamento relativo all'anno d'imposta 2004 ai fini IRES, contestando la presunta natura elusiva dell'operazione di acquisto da parte della prima del contratto di leasing riguardante l'azienda condotta dalla società Minerva s.r.l Con l'atto impositivo in sintesi l'Ufficio riteneva che la cessione del contratto di leasing relativo ad una azienda operante in omissis , ed esercente il commercio al dettaglio con il marchio Conad, per la pluralità dei cessionari avvicendatisi nel contratto e per il totale controllo della Conad sulla Minerva s.r.l., ultima cedente, e sulla Ellisse, ultima cessionaria, avesse natura elusiva, perchè esclusivamente finalizzata al conseguimento di vantaggi fiscali mediante la creazione di costi fittizi e di crediti IVA. A tal fine con l'atto impositivo erano recuperati a tassazione costi pari ad Euro 648.655,00. Le società, che contestavano l'avviso di accertamento, ricorrevano alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che con sentenza n. 43/57/2010 rigettava il ricorso. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la pronuncia ora impugnata, rigettava l'appello. Le contribuenti censurano la sentenza con nove motivi con il primo motivo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver riconosciuto la violazione del procedimento d'instaurazione del contraddittorio e per non aver motivato l'atto impositivo, come prescritto dalla norma a pena di nullità con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 1 e 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice regionale ha fondato il proprio convincimento senza analizzare le ragioni, diverse da quelle del solo vantaggio fiscale accreditato dalla Agenzia, prospettate dalle contribuenti con il terzo per omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver trascurato la circostanza che non era stata mai data prova che la società Minerva, dichiarata fallita in Italia, risultasse trasferita in Gran Bretagna sotto il profilo fiscale con il quarto per contraddittorietà della motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver affermato che l'accertamento era stato emesso ai sensi del cit. art. 37 bis, ad un tempo richiamando la disciplina del cit. D.P.R. n. 600, artt. 39 e 40 con il quinto per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l'erroneità del richiamo tanto alla ipotesi dell'art. 37 bis, quanto di quella regolata dal cit. art. 39, senza peraltro identificare quale delle ipotesi previste da quest'ultima norma fosse stata applicata con il sesto per violazione e falsa applicazione dell'art. 109 TUIR, art. 115 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente riconosciuto la correttezza del recupero a tassazione dell'intero corrispettivo di acquisizione del ramo d'azienda in leasing, anzichè, come corretto, la sola quota di competenza dell'anno 2004 - secondo i principi di imputazione contabile - e corrispondente al solo costo imputato dalla società alla suddetta annualità Euro 10.359,12 con il settimo per violazione e falsa applicazione dell'art. 109 del TUIR, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l'erroneo riconoscimento del recupero a tassazione del canone di leasing relativo alla mensilità del dicembre 2004, corrisposto alla società Sardaleasing, del tutto estranea alla vicenda addebitata alle contribuenti, e dunque corrispondente in ogni caso ad un costo effettivamente sostenuto con l'ottavo per omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento alla decisione assunta sulla mensilità del canone di leasing versata alla Sardaleasing con il nono per omessa motivazione circa fatti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su una pluralità di eccezioni rilevanti per la ricostruzione dei fatti e il giudizio sulla natura della operazione messa in atto. Chiedeva pertanto la cassazione della sentenza, con o senza rinvio. Si è costituita l'Agenzia, contestando le ragioni del ricorso, del quale ha chiesto il rigetto. Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti hanno concluso e la causa è stata trattenuta in decisione. Ragioni della decisione Esaminando il primo motivo del ricorso, con esso, denunciando vizi del procedimento conclusosi con l'emissione dell'avviso di accertamento, le contribuenti si dolgono della erroneità della sentenza per aver escluso la nullità dell'avviso di accertamento, emesso senza il rispetto del procedimento regolato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5. In particolare le società evidenziano che l'Agenzia instaurò un contraddittorio irrituale, invitando la Ellisse a presentarsi presso l'Ufficio, assegnando a tal fine 15 giorni a partire dalla data di ricevimento della comunicazione ed invitando ad esibire documentazione idonea a giustificare le ragioni economiche ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis , senza peraltro indicare i motivi per cui potevano rendersi applicabili i commi 1 e 2 della medesima norma infine ammonendo che l'omessa comunicazione di notizie o esibizione e consegna di atti, documenti, libri e registri avrebbe pregiudicato il loro utilizzo a favore del contribuente in sede d'accertamento o di contenzioso. Le società sostengono che questa forma di instaurazione del contraddittorio, quanto a contenuti, termini assegnati e modalità di invito, erano del tutto irregolari e non rispettose delle rigorose prescrizioni contenute nel cit. art. 37 bis, comma 4, la cui violazione era sanzionata a pena di nullità. Sul punto la sentenza, rigettando l'eccepita nullità, afferma che Circa l'applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, esso prevede, per la sua applicazione, la sussistenza di un profilo antielusivo, emergente da Assenza di Valide Ragioni Economiche, chieste non giuridicamente ma come criterio di Apprezzabilità Economico-Gestionale riferito ad operazioni prospettate in base a criteri oggettivi. Nella fattispecie vi è stato sul punto il contraddittorio con la parte contribuente in Sede Stragiudiziale e, quindi, dal contenuto di esso e dall'avviso di convocazione è di tutta evidenza la motivazione della richiesta chiarimenti e Avviso Relativo, nè il termine di g. 15 ha impedito al soggetto convocato di apprestare proprie deduzioni che, all'occorrenza, potevano, con richiesta non proposta, essere fatte oggetto di Differimento del Termine. Peraltro ciò che è previsto a pena di Nullità della convocazione non è il termine di g. 60 ma la carenza di motivata convocazione . . Ebbene, l'art. 37 bis, comma 4, così recita L'avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2 . Il comma 5 inoltre prescrive che .l'avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente . Questa Corte ha reiteratamente affermato che assume rilievo invalidante dell'accertamento medesimo la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dall'art 37-bis, commi 4 e 5 e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili il cit. art. 37 bis, commi 1 e 2. La disciplina espressamente prevista dalla norma prevede una rigorosa scansione dell'attività preparatoria all'eventuale emissione dell'avviso di accertamento - con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere -, rigore fondato sulla necessità prioritaria, valutata dal Legislatore con particolare attenzione, della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate. A tal fine anzi si è avvertito come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell'operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l'attività svolta da verbalizzanti o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica cfr. Cass., sent. n. 693/2015 . Peraltro la motivazione dell'avviso deve contenere un esplicito riferimento alle giustificazioni fornite dal contribuente. L'importanza annessa dal rispetto delle regole dettate dal cit. art. 37 bis, commi 4 e 5, comporta che la loro violazione sia penalizzata con la nullità dell'atto impositivo cfr. in motivazione Cass., sent. n. 2439/2017 cfr. inoltre 2239/2018 693/2015 cit. . D'altronde, in ordine al rigoroso rispetto delle regole - sebbene sotto il più specifico profilo della mancata osservanza del termine per l'emissione dell'avviso di accertamento - è intervenuta la Corte Costituzionale, ribadendo la coerenza della disciplina ai parametri costituzionali C. Cost., sent. n. 132 del 2015 . Ciò chiarito, nel caso di specie l'Amministrazione ha inteso instaurare il contraddittorio invitando la contribuente a presentarsi presso l'ufficio, anzichè chiedere chiarimenti da inviare per iscritto ha concesso termine di 15 giorni per la presentazione, anzichè accordare i prescritti 60 gg. con l'invito ha fatto mero rinvio all'art. 37 bis, invece di indicare i motivi per cui si ritenevano applicabili l'art. 37 bis, commi 1 e 2. Emerge con evidenza che le modalità, i termini e i contenuti dell'instaurando contraddittorio sono stati del tutto divergenti da quanto prescritto dalla disciplina. La scansione rigorosa dei tempi e dei contenuti è stata dunque del tutto violata e a fronte di ciò le ragioni offerte dalla Agenzia per spiegare le modalità applicate e il rispetto comunque sostanziale delle garanzie del contraddittorio previste dalla norma sono del tutto inadeguate, infrangendosi nella obiettiva constatazione del mancato rispetto delle regole prescritte. Anche l'obbligo di motivare l'atto impositivo tenendo conto delle ragioni illustrate dal contribuente risulta violato, atteso che dagli atti e dalla stessa sentenza del giudice regionale emerge come l'avviso di accertamento abbia evidenziato tutti gli elementi da cui l'Amministrazione ha inteso trarre la natura elusiva delle operazioni contestate, ma in esso non si fa alcun cenno alle ragioni addotte dalle società per giustificare le operazioni medesime in sintesi l'intenzione di mantenere in attività il punto vendita commerciale di prodotti con marchio OMISSIS . Sul punto questa Corte ha ribadito più volte che l'atto deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite a seguito della richiesta di chiarimenti 693/2015 cit. 2239/2018 cit. . In conclusione il motivo è fondato e trova accoglimento. L'accoglimento del primo motivo, con il quale, emergendo l'irritualità della costituzione del contraddittorio e la violazione delle regole imposte dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5 a pena di nullità dell'avviso di accertamento, assorbe tutti gli altri motivi. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza va cassata. Tenuto conto delle ragioni per le quali il ricorso delle contribuenti è stato accolto, non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2. Ebbene, riconoscendosi la nullità dell'avviso di accertamento, deve trovare accoglimento il ricorso introduttivo del contribuente. All'esito del giudizio segue la regolamentazione delle spese processuali per tutti i gradi di giudizio, ritenendosi corretta la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna della Agenzia alle spese del giudizio di legittimità, nella misura specificata in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese processuali dei gradi di merito e condanna l'Agenzia alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.000,00 oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge se dovuti.