Accertamento da studi di settore: l’ufficio deve sempre motivare sulle giustificazioni del contribuente

Prima di emettere un accertamento basato sugli studi di settore l’Agenzia delle Entrate deve sempre motivare perché non ha accolto le giustificazioni presentate dal contribuente. Non è possibile subordinare la motivazione ad un’arbitraria valutazione, da parte dell’ufficio, di plausibilità ed attendibilità delle giustificazioni addotte dallo stesso contribuente.

Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza n. 29323/18 del 14 novembre con cui ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate. Studi di settore e valore probatorio la posizione della giurisprudenza. In tema di studi di settore è ormai granitico l’orientamento di legittimità formatosi a partire dalle ormai famose sentenze a Sezioni Unite nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 2009 che ha ben delineato i paletti per un corretto utilizzo dello strumento degli studi di settore secondo tale giurisprudenza cfr. anche Cass. sent. n. 10778 del 2011, nonché n. 19710 del 2013 gli studi di settore rappresentano un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce solo in seguito al contraddittorio col contribuente da attivare obbligatoriamente. In questa sede il contribuente ha l’onere di dimostrare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l’esclusione dell’impresa dalle condizioni di normalità cui soltanto si applicano tali strumenti l’ufficio, dal canto suo, nelle motivazioni dell’avviso di accertamento, non solo deve dare dimostrazione della concreta applicabilità al caso concreto dello standard” prescelto, ma deve anche esplicitare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le contestazioni sollevate dal contribuente. In altri termini è necessaria una personalizzazione dei risultati dello studio di settore da attuarsi attraverso il contraddittorio obbligatorio con il contribuente che, forse, nel caso di specie, avrebbe dovuto condurre ad annullare in autotutela la pretesa impositiva. Due sono quindi gli elementi fondamentali per un utilizzo legittimo di tale strumento 1. la personalizzazione dei risultati attraverso il preventivo contraddittorio con il contribuente i cui esiti vanno poi trasfusi nella motivazione dell’atto impositivo 2. la necessità di appurare una grave incongruenza, ovvero un risultato fuori dalla logica imprenditoriale, non essendo sufficiente una rielaborazione dello studio che determini uno scostamento irrisorio soprattutto in termini percentuali rispetto ai ricavi dichiarati. Da ultimo si sottolinea un’interessante pronuncia 21750/2017 con cui la Cassazione ha stabilito che gli studi di settore rappresentano un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce solo in seguito al contraddittorio col contribuente da attivare obbligatoriamente. In questa sede il contribuente ha l’onere di dimostrare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l’esclusione dell’impresa dalle condizioni di normalità cui soltanto si applicano tali strumenti l’ufficio, dal canto suo, nelle motivazioni dell’avviso di accertamento, non solo deve dare dimostrazione della concreta applicabilità al caso concreto dello standard” prescelto, ma deve anche esplicitare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le contestazioni sollevate dal contribuente. Nel caso di specie, secondo la Cassazione, l’amministrazione finanziaria avrebbe sostanzialmente eluso il contraddittorio non pronunciandosi sulle allegazioni di parte secondo i Giudici non sarebbe stata necessaria un puntuale e analitico contrasto di tutte le eccezioni del contribuente, ma l’amministrazione avrebbe dovuto quanto meno fornire una motivazione che desse conto che le circostanze allegate dal contribuente erano state a prese in considerazione, b adeguatamente valutate e c ragionevolmente superate. Caso concreto. I gradi di merito si concludevano a favore della società contribuente in particolare, secondo la Ctr Lombardia, a prescindere dalla bontà della giustificazione addotta dalla contribuente, l’avviso di accertamento deve comunque motivare in ordine alla stessa, pena la nullità dello stesso per violazione del principio del contraddittorio. Col ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate denunciava violazione dell’art. 62- sexies d.l. n. 331/1993 e dell’art. 10 l. n. 146/1998 in quanto l’ufficio non sarebbe tenuto ad esporre le ragioni del mancato accoglimento delle giustificazioni del contribuente qualora quest’ultimo non abbia concretamente dimostrato i fatti sintomatici dello scostamento rispetto ai ricavi puntuali. Tale assunto, secondo la Cassazione, contrasta con l’orientamento consolidato per cui l’ufficio, nelle motivazioni dell’avviso di accertamento, non solo deve dare dimostrazione della concreta applicabilità al caso concreto dello standard” prescelto, ma deve anche esplicitare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le contestazioni sollevate dal contribuente. E tale onere motivazionale sussiste sempre, non potendo essere ristretto alle sole ipotesi in cui il contribuente abbia fornito la prova dei fatti giustificativi dello scostamento ovvero dell’idoneità degli stessi secondo una valutazione meramente discrezionale, per non dire arbitraria dell’Ufficio, a fronte di un obbligo di motivazione sempre obbligatorio. Nel caso in cui il contribuente in sede di contraddittorio fornisca elementi idonei, tra l’altro, l’Ufficio nemmeno sarebbe tenuto ad emanare l’atto impositivo.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 19 settembre – 14 novembre 2018, n. 29323 Presidente Campanile – Relatore Locatelli Fatti di causa L'Agenzia delle Entrate notificava alla Impresa Allegri s.r.l., esercente attività di ristrutturazione e manutenzione immobiliare, un avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2004, basato sull' applicazione degli studi di settore, con cui accertava maggiori ricavi per Euro 223.060 e determinava le maggiori imposte dovute Ires, Irap ed Iva. La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva con sentenza n. 44 del 2011. L'Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 5.4.2012, osservando che giusta o errata che possa apparire la giustificazione addotta dalla società ricorrente, non è possibile discuterne nel merito poichè essa non è stata considerata nella motivazione dell'accertamento che per ciò stesso è illegittimo, restando così assorbita ogni questione di merito . L'Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso per cassazione. La società intimata non si è costituita. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione Il ricorso è infondato. 1. Primo motivo Motivazione omessa o insufficiente su fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5 , nella parte in cui ha ritenuto la nullità dell'avviso di accertamento per mancata indicazione delle ragioni per cui l'Ufficio ha ritenuto di disattendere le giustificazioni addotte dalla società verificata in merito allo scostamento dai ricavi puntuali risultanti dalla applicazione degli studi di settore. 2. Secondo motivo Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies L. n. 146 del 1998, art. 10,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento alla medesima questione oggetto del primo motivo. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. La denuncia del vizio di omessa o insufficiente motivazione è manifestamente infondata la sentenza impugnata contiene l'espressa indicazione della ragione per cui è stata ritenuta l'illegittimità dell'avviso di accertamento basato sugli studi di settore, ravvisata nella omessa indicazione nell'atto impositivo delle ragioni per le quali l'Ufficio ha disatteso le giustificazioni addotte dal contribuente nel corso del contraddittorio preventivo. Nella concreta articolazione dei motivi di ricorso, la ricorrente, pur allegando anche il vizio di motivazione, in realtà svolge una unitaria censura di erronea interpretazione dell'obbligo di motivazione dell'atto impositivo che sia fondato sulla applicazione degli studi di settore. Ad avviso della Agenzia delle Entrate, l'Ufficio non sarebbe tenuto ad esporre le ragioni del mancato accoglimento delle giustificazioni del contribuente qualora il contribuente in sede di contraddittorio non abbia assolutamente dimostrato i fatti addotti a giustificazione dello scostamento dagli studi di settore e neppure abbia addotto elementi tali da far sorgere seria questione della loro idoneità a dimostrare quei fatti . L'interpretazione sostenuta dalla ricorrente contrasta con la giurisprudenza di questa Corte Sez. U. n. 26635 del 2009 , secondo cui l'obbligo di motivazione dell'atto di accertamento basato sulla applicazione degli studi di settore richiede che, ogniqualvolta vi sia stato il contraddittorio preventivo con il contribuente e questi abbia fornito delle giustificazioni, l'Ufficio ha comunque l'obbligo di esporre le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente . Tale obbligo motivazionale ha carattere generale e formale, e non può essere ristretto alle sole ipotesi in cui il contribuente abbia fornito la prova della sussistenza dei fatti che giustificano lo scostamento dei ricavi rispetto alle risultanze degli studi di settore, ovvero che le obiezioni mosse dal ricorrente siano serie secondo la soggettiva valutazione dell'Ufficio. Si può convenire che la misura dell'obbligo dell'Ufficio di replicare alle contestazioni del contribuente, non possa che essere proporzionale alla consistenza delle contestazioni mosse. Tuttavia, l'interpretazione limitativa sostenuta dalla Agenzia delle Entrate risulta intrinsecamente illogica, risolvendosi nella affermazione che l'obbligo di motivazione rafforzata dell'atto impositivo basato sugli studi di settore sussisterebbe nelle sole ipotesi in cui il contribuente abbia dimostrato di avere, fondatamente, dichiarato ricavi inferiori a quelli risultanti dallo studio di settore ma in tal caso l'emissione dell'atto impositivo a norma del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, neppure potrebbe avere luogo, essendo stata positivamente acquisita, in sede di contraddittorio preventivo, la prova della inapplicabilità al caso concreto dei ricavi standard desumibili dallo studio di settore. Ugualmente, limitare l'obbligo di motivazione dell'Ufficio alle sole ipotesi in cui le giustificazioni addotte dal contribuente siano serie , secondo le personali valutazioni dell'ufficio, introdurrebbe un tasso di arbitrarietà incompatibile con la natura cogente dell'obbligo, posto a carico dell'ente impositore, di esporre le ragioni per cui le giustificazioni addotte dal contribuente sono state disattese. Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva della parte intimata. P.Q.M. rigetta il ricorso.