La presunzione di distribuzione degli utili può essere vinta dal socio e libero professionista

Il contribuente/socio che dimostri di non partecipare alla gestione e conduzione societaria può superare la presunzione di distribuzione degli utili.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 18042/18, depositata il 9 luglio. Il fatto. Nella sentenza in commento l’Agenzia dell’Entrate ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione della CTR Toscana, la quale aveva ritenuto che l’interessato dell’accertamento fiscale avesse dimostrato di svolgere da anni l’attività di neuropsichiatra e che non vi era prova della distribuzione di utili nei suoi confronti da parte di una società che si occupava di ristorazione. Infatti secondo la CTR risultava che l’interessato avesse erogato dei finanziamenti alla società in questione al solo scopo di aiutare il figlio, altro socio. La ricorrente, invece, sostiene davanti al Giudice di legittimità che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che l’amministrazione dovesse provare il coinvolgimento attivo nella gestione della società dopo aver riscontrato i maggiori redditi. Distribuzione degli utili e prove. La Cassazione ha richiamato i consolidati principi giurisprudenziali secondo cui è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti . Continuano i Giudici di legittimità precisando che la presunzione di distribuzione degli utili può essere vinta se un socio dimostra la sua estraneità nella gestione e nella conduzione della società. Nella caso di specie il contribuente svolge da anni attività di libero professionista e ha dimostrato di non aver mai contribuito alla gestione della società occupandosi solo di finanziamenti in favore del figlio. Di conseguenza la censura dell’Agenzia delle Entrate non tiene conto della possibilità del contribuente di dimostrare l’omessa influenza nell’attività da parte del socio di società a ristretta base. In conclusione gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso inammissibile e condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 23 maggio – 9 luglio 2018, numero 18042 Presidente Iacobellis – Relatore Conti Fatti e ragioni della decisione L’Agenzia della entrate, impugnando la sentenza della CTR Toscana indicata in epigrafe, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della società Lucrezia srl nonché di M.E. e M.M. . La CTR, nel confermare la decisione impugnata, ha ritenuto che M.E. aveva dimostrato di svolgere da anni l’attività di neuropsichiatra, aggiungendo che non vi era prova della distribuzione in suo favore di utili sotto qualsiasi forma, invece risultando che i finanziamenti erogati nel corso degli anni alla società costituivano elemento capace di confermare l’aiuto offerto dal suddetto al figlio senza ottenere alcuna contropartita. Si è costituito con controricorso il M.E. . Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata. L’Agenzia deduce la violazione degli artt. 41 bis dPR numero 600/73, 5 dPR numero 917/1986, 2423, 2476, 2697 e 2729 c.c La CTR avrebbe errato nel ritenere che l’amministrazione dovesse provare il coinvolgimento attivo del socio nella gestione della società, una volta che la CTR aveva confermato tanto i maggiori redditi della società Lucrezia che quelli dell’altro socio M.M. . Il ricorso è inammissibile. Questa Corte è infatti ferma nel ritenere che è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti Cass. numero 5076 del 2011, numero 9519 del 2009 e numero 7564 del 2003 Cass. numero 6780/03 Cass. numero 7564/03 Cass. numero 16885/03 Cass. numero 18640/2008 Cass. numero 8954/13 . Tale principio è stato completato precisandosi che la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio a suddetta presunzione può essere vinta dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria cfr. Cass. numero 1932/2016, Cass. numero 17461/2017, Cass. numero 26873/2016 attraverso un ragionamento deduttivo del giudice di merito incensurabile in cassazione sotto il profilo della violazione di legge. Orbene, nel caso di specie l’Agenzia ha sostanzialmente prospettato l’errore di diritto del giudice di merito per avere escluso la responsabilità del socio per la ripresa a tassazione conseguente ai redditi di partecipazione accertati nei confronti di società di capitali a ristretta base, tentando di confutare il ragionamento posto a base della decisione, snodatosi sulle circostanze che il contribuente svolgesse da tanti anni l’attività libero professionale di neuropsichiatra e che lo stesso non risultava essersi mai ingerito nella gestione della società impegnata nella ristorazione, invece finanziata unicamente in favore dell’altro socio e figlio. La censura, pertanto, oltre a non risultare corretta quanto alla contestazione in diritto che, si è visto, tralascia di considerare la possibilità, riconosciuta da questa Corte, di andare esente da responsabilità in caso di dimostrazione dell’omessa gestione dell’attività da parte del socio di società a ristretta base, è inammissibile perché non profila alcun vizio ulteriore rispetto a quello della violazione di legge e, segnatamente, sotto il profilo del vizio di motivazione, nemmeno ponendosi in discussione i profili correlati al ragionamento induttivo utilizzato dalla CTR per ritenere esclusa la gestione della società da parte del contribuente. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del M.E. in Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 % dei compensi.