Registro, l’atto nullo comunque va tassato

L’atto gravato da usi civici è soggetto all’imposta di registro anche se trattasi di atto nullo o annullabile.

La nullità o annullabilità dell’atto costituiscono soltanto titolo per la restituzione dell’imposta assolta, subordinatamente alla non imputabilità del vizio alle parti e che l’atto non sia soggetto a ratifica o conferma Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 6834/18, depositata il 19 marzo . Contesto normativo. L'uso civico è un istituto di derivazione civilistica ed equivale ad un diritto di godimento collettivo che si concreta, su beni immobili, in varie forme caccia, pascolo, semina , spettanti ai soggetti di una comunità, su terreni di proprietà pubblica o di privati. La disciplina degli usi civici è contenuta nell’art. 1 l. n. 1766/1927, ancora in parte valida ed efficace ex art. 1 d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179 al pari di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune, o di una frazione di Comune, individuando, in tal modo, il soggetto pubblico il Comune cui imputare i diritti ed i poteri connessi all'amministrazione ed alla gestione dei beni gravati dai detti usi. Sul tema sovviene l’art. 32 d.P.R. n. 131/1986 il quale stabilisce che la nullità o l'annullabilità dell'atto non dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta. Il successivo secondo comma prevede che l'imposta assolta deve essere restituita solo parte eccedente la misura fissa , quando l'atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma. La vicenda. Nel caso in esame il contribuente ha impugnato l’avviso di liquidazione dell’imposta registro e sia in primo che secondo grado il ricorso è stato accolto. L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza della CTR eccependo che la nullità o annullabilità di un atto nella specie gravato da usi civici non fa venire meno l’obbligatorietà della registrazione e il pagamento della relativa imposta. La Corte, accogliendo il ricorso dell’ufficio finanziario, ha ritenuto che ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 131/1986 testo unico sull’imposta di registro , l’invalidità dell’atto imponibile non incide sull’obbligo di chiederne la registrazione, né sul pagamento della relativa imposta principale e complementare , ma rappresentano solo titolo per ottenere la restituzione dell’imposta versata quanto precede è legato al verificarsi di due condizioni ossia l’esistenza di una causa non imputabile alle parti che ha determinato l’invalidità dell’atto e dalla convalida o conferma dello stesso. I Giudici hanno affermato che la nullità sancita in campo civile non ha effetti sull’obbligazione tributaria dovuta dal comproprietario che ha sottoscritto l’atto, ma al più sulla ripetizione delle relative somme versate. Alla luce di quanto precede la Corte ha cassato la sentenza rinviando il giudizio ad altra sezione della medesima Commissione tributari regionale. La giurisprudenza ha ritenuto che l’art. 38 d.P.R. n. 131/1986 si riferisce al diritto al rimborso dell'imposta di registro ai soli casi nei quali sia intervenuto un giudicato di nullità o annullamento dell'atto per causa non imputabile alle parti inoltre, occorre che l'atto dichiarato invalido non sia suscettibile di produrre effetti giuridici di sorta nemmeno in esito ad un evento successivo di ratifica, convalida o conferma Cass n. 16491/16 n. 21848/16 . L’imposta di registro va restituita solo nei casi in cui la patologia dell’atto e la sua conseguente inidoneità alla produzione di effetti giuridici siano ascrivibili a vizi esistenti ab origine ” e non invece sopravvenuti ordinanza n. 791/15 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 6 febbraio – 19 marzo 2018, n. 6834 Presidente Iacobellis – Relatore Mocci Rilevato Che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.comma delibera di procedere con motivazione semplificata che l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest'ultima aveva accolto l'impugnazione di R. I. contro un avviso di liquidazione imposta di registro, per l'anno 2005 Considerato Che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale l'Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 38 D.P.R. n. 131/1986, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. la nullità o l'annullabilità di un atto nella specie gravato da usi civici non avrebbe dispensato dall'obbligo di chiedere la registrazione e pagare la relativa imposta che l'intimata non ha resistito che il motivo è fondato che, infatti, in materia di imposta di registro ed INVIM, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la nullità o l'annullabilità dell'atto imponibile non incidono sull'obbligo di chiederne la registrazione, né su quello, conseguente, di pagare la relativa imposta, tanto principale quanto complementare, ma costituiscono soltanto titolo per ottenere la restituzione dell'imposta assolta, subordinatamente, però, non alla mera declaratoria di invalidità dell'atto con sentenza passata in giudicato, bensì all'accertata contemporanea sussistenza di due ulteriori condizioni, rappresentate dalla non imputabilità alle parti del vizio che ha determinato la Ricomma 2016 n. 28784 sez. MT - ud. 06-02-2018 -2- caducazione dell'atto e dall'insuscettibilità di ratifica, convalida o conferma dello stesso Sez. 5, n. 7340 del 31/03/2011 che, infatti, la nullità civilistica dell'atto non incide sull'obbligazione tributaria dovuta dal comproprietario che ha sottoscritto l'atto, ma al più sulla ripetizione delle somme relative Sez. 5, n. 22606 del 11/12/2012 che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Lazio, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.