Il professionista che collabora con diversi studi paga l’IRAP

Il professionista che collabora con due studi associati deve assolvere il tributo dell’IRAP salvo che non dimostri di non avvalersi dell’organizzazione delle strutture.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24590 del 18 ottobre 2017, ha affermato che è dovuta l’IRAP per il professionista che collabora con due studi professionali, salvo non riesca a dimostrare che non si avvale delle strutture organizzative dove svolge l’attività professionale. Il caso. Il contenzioso vede contrapposti l’Agenzia delle Entrate e una contribuente. Con sentenza dell’aprile 2015, la Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una professionista, avverso la sentenza di primo grado, della Commissione Tributaria Provinciale, rilevando la decadenza della contribuente sull’istanza di rimborso del versamento IRAP per la sola annualità 1998, confermando nel resto l’accoglimento del ricorso della contribuente avverso il diniego sulle istanze relative al rimborso per le annualità successive sino al 2004. Avverso la pronuncia dei Giudici tributari di secondo grado, Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, lett. c d.lgs. n. 446/1997, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dalla professionista, esercitante l’attività professionale di dottore commercialista, sebbene fosse stata accertata la presenza di due studi professionali, con partecipazione della contribuente a due associazioni tra professionisti. La compartecipazione collaborativa in altri studi professionali integra il presupposto del tributo? Per i Giudici di legittimità il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è fondato. La decisione impugnata ha escluso di per sé che la compartecipazione collaborativa in altri studi professionali integrasse il presupposto del tributo. In ciò, peraltro, la pronuncia impugnata si pone in contrasto con il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. n. 7371/2016 secondo cui l’esercizio in forma societaria, compresa dunque la partecipazione ad associazione di professionisti, costituisce ex lege presupposto dell’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività. La Cassazione evidenzia che, non risulta chiaro, dall’accertamento di fatto compiuto dal Giudice di merito, se l’avere la professionista ripartito la propria attività in due diversi studi professionali sia riconducibile a ciascuna delle associazioni tra professionisti indicate nel ricorso in appello dall’Amministrazione, delle quali la contribuente è partecipe. Tale accertamento dovrà essere compiuto dal Giudice di merito, spettando alla contribuente l’onere di provare non solo la distinzione della propria attività di studio da quella di ciascuna associazione professionale, ma al contempo l’assenza, con riferimento a detti studi, di benefici organizzativi recati dalla propria adesione alle succitate associazioni tra professionisti. Per i Giudici di legittimità la difesa della professionista non sembra rappresentare argomenti idonei a indebolire la motivazione argomentativa delle considerazioni sopra esposte. La sentenza impugnata va, dunque, cassata nei limiti di quanto richiesto in ricorso e la causa rimessa per nuovo esame alla CTR, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 27 giugno – 18 ottobre 2017, n. 24590 Presidente Schirò – Relatore Napolitano Fatto e diritto La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e , dell’art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016 dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue Con sentenza n. 727/25/2015, depositata il 21 aprile 2015, non notificata, la CTR della Toscana ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della dott.ssa P.R. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Siena, rilevando la decadenza della contribuente sull’istanza di rimborso del versamento IRAP per la sola annualità 1998, confermando nel resto l’accoglimento del ricorso della contribuente avverso il diniego sulle istanze relative al rimborso per le annualità successive sino al 2004. Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. L’intimata, che ha originariamente depositato procura speciale al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, all’esito del deposito della proposta del relatore di definizione del giudizio in adunanza non partecipata camera di consiglio per manifesta fondatezza del ricorso, ha depositato memoria. Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, lett. c del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dalla professionista, esercitante l’attività professionale di dottore commercialista, sebbene fosse stata accertata la presenza di due studi professionali, con partecipazione della contribuente a due associazioni tra professionisti. Il motivo è manifestamente fondato. La decisione impugnata ha escluso di per sé che la compartecipazione collaborativa in altri studi professionali integrasse il presupposto del tributo. In ciò, peraltro, la pronuncia impugnata si pone in contrasto con il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. 14 aprile 2016, n. 7371 secondo cui l’esercizio in forma societaria, ivi compresa dunque la partecipazione ad associazione di professionisti, cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 5 ottobre 2016, n. 19975 , costituisce ex lege presupposto dell’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività. Non risulta chiaro, peraltro, dall’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, se l’avere la professionista ripartito la propria attività in due diversi studi professionali sia partitamente riconducibile a ciascuna delle associazioni tra professionisti indicate nel ricorso in appello dall’Amministrazione, delle quali la contribuente è partecipe. Tale accertamento dovrà essere compiuto dal giudice di merito, spettando alla contribuente l’onere di provare non solo la distinzione della propria attività di studio da quella di ciascuna associazione professionale, ma al contempo l’assenza, con riferimento a detti studi, di benefici organizzativi recati dalla propria adesione alle succitate associazioni tra professionisti cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 24 novembre 2016, n. 24088 . Le considerazioni esposte in memoria dalla contribuente non appaiono rappresentare argomenti idonei a minare la valenza argomentativa delle considerazioni sopra esposte in continuità con la proposta del relatore depositata in atti. La sentenza impugnata va dunque cassata nei limiti di quanto richiesto in ricorso e la causa rimessa per nuovo esame alla CTR della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.