La determinazione dei prezzi di vendita degli immobili ceduti dall’impresa richiede l’applicazione dei valori minimi dell'OMI

La determinazione dei prezzi di vendita degli immobili ceduti dall’impresa richiede l’applicazione dei valori minimi dell'OMI e non l’importo medio come invece operato dal Fisco. Occorre parametrare il prezzo di vendita, rispetto a quello dichiarato nei rogiti, al valore normale OMI, sia pure nel minimo.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1539 depositata il 20 gennaio 2017. La vicenda. A seguito di verifica fiscale effettuata nei confronti di una società , esercente attività di costruzione di edifici residenziali e non, il fisco ha rideterminato ai fini IRES, IRAP ed IVA i prezzi di vendita al metro quadro degli immobili ceduti nel corso del 2005. Il giudice del gravame ha riconosciuto la fondatezza e la legittimità dell'accertamento, ma, in relazione all'ubicazione delle unità immobiliari, ha ritenuto di dover applicare i valori minimi dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare OMI e non l'importo medio come invece operato dall'Amministrazione finanziaria. Valutazione del giudice. Gli Ermellini, respingendo il ricorso della società hanno precisato quanto segue. L’art. 24, comma 5, l. n. 88/2009 Legge Comunitaria 2008 , ha soppresso la presunzione legale ovviamente relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato ad essere rimesso alla valutazione del giudice, il quale può, in generale, desumere l'esistenza di attività non dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti e ciò - deve intendersi - con effetto retroattivo, stante la ragione di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire. Il giudice del gravame si è attenuto esattamente a questo principio atteso che, in primo luogo, non si è fermato all'atto, ma ha preso in considerazione correttamente il rapporto fiscale, operando una complessa valutazione, in linea, del resto con il consolidato principio che il processo tributario è a cognizione piena e tende all'accertamento sostanziale del rapporto controverso. Solo quando l'atto di accertamento sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da impedire l'identificazione dei presupposti impositivi e precludere l'esame del merito del rapporto tributario, il giudizio deve concludersi con una pronuncia di semplice invalidazione, dovendo il giudice, altrimenti, quantificare la pretesa tributaria avvalendosi dei propri poteri valutativi, estimativi ed istruttori. In secondo luogo, la CTR ha ritenuto la sottofatturazione della società sulla base di una varietà di indici presuntivi, ossia 1 il ridotto margine di utile conseguito dalla società pari a euro 3.789,0 per unità immobiliare in un periodo coincidente con quello di massima espansione edilizia, e ciò pure senza considerare i costi generali amministrativi obbligatoriamente da sostenere 2 l'avvenuta stipula di mutui ipotecari per importi superiori al prezzo dichiarato nel rogito 3 l'ammontare delle provvigioni sostenute, superiori all'utile lordo conseguito. Solo accanto a questi indici, già in sé idonei a fornire un quadro di presunzioni dal carattere grave, preciso e concordante, la CTR ha considerato lo scostamento tra i prezzi applicati dall'impresa di costruzioni rispetto a quelli risultanti dalle quotazioni ufficiali di mercato desunti dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare, che costituivano un ulteriore tassello, a sua volta concordante con quelli sopra esposti, e tale, dunque, da consentire, in una valutazione unitaria degli elementi considerati una ricostruzione del valore venale del bene. La valutazione della S.C Gli Ermellini, respingendo il ricorso in Cassazione del Fisco hanno precisato che - la CTR ha motivato riferendosi a tutti gli elementi relativi alle caratteristiche degli appartamenti realizzati ubicazione, materiali utilizzati, servizi offerti nella zona, vicinanza ma non prospicienza al mare apprezzando, ai fini della determinazione del prezzo, in termini significativi la circostanza che le entrambe le palazzine erano a ridosso della ferrovia adriatica, con disagio anche acustico per i proprietari, ritenendo più corretto e necessario applicare i valori minimi OMI. - la censura dell'Agenzia delle Entrate, dunque, nel contestare l'apprezzamento e la valutazione della CTR, sottolineando che una delle palazzine la palazzina A era più vicina alla ferrovia rispetto all'altra e che, quindi, era ingiustificata la diminuzione del prezzo al metro quadro per entrambi gli immobili e che, comunque, l'importo doveva essere più elevato, non pone in rilevo una insufficienza o contraddittorietà della motivazione ma, semplicemente, mira anch'essa a fornire una interpretazione alternativa a quella del giudice di merito per ottenere una nuova autonoma valutazione dei fatti da parte della Corte. Riflessioni. Il valore normale desumibile dalla banca dati OMI Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio assume unicamente il valore di un mero elemento indiziario di evasione che necessita di ulteriori elementi presuntivi. Il valore probatorio di tali valori è stato infatti annullato dall’art. 24, commi 4 e 5 l. n. 88/2009. Non è legittimo l’accertamento effettuato nei confronti di un’impresa edile basandosi sul mutuo e sui valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare OMI , in quanto gli stessi non determinano condizioni di precisione, gravità e concordanza. Tali valori costituiscono solo meri elementi indiziari dell'evasione immobiliare trattasi di un riferimento utilizzabile dall'ufficio per ricostruire il valore venale dell'atto, capace di sostenere l'accertamento tributario solo se accompagnato e rafforzato da altri, e più convincenti, elementi probatori CTP 15 novembre 2011 n. 488 Reggio nell'Emilia . I criteri fissati dall’OMI sono una mera fonte di presunzioni assimilabili alle comuni presunzioni hominis , vale a dire di supporti razionali offerti dall'Amministrazione al giudice e come tali ammettono prova contraria da parte del contribuente. Le stime del valore di un immobile fornite dall’OMI sono semplici elementi di prova dedotti da una parte che non vincolano il giudice e che lo stesso deve attentamente e criticamente valutare alla stregua di ogni altro elemento di prova dedotto dalle parti. Le stime OMI, essendo frutto di elaborazioni statistiche forniscono valori di larga massima che debbono sempre essere opportunamente adattati alla fattispecie concreta in esame se si vuole che abbiano valenza e forza processuale. Documenti di prassi. La circolare n. 18/E del 14 aprile 2010 dell'Agenzia delle Entrate ha precisato tempi ed effetti delle novità introdotte dalla Legge Comunitaria 2008 l. n. 88/2009 nel modo che segue 1 la Legge comunitaria 2008 ha fatto venir meno la possibilità per il Fisco di rettificare le dichiarazioni solo sulla base dello scostamento tra il corrispettivo dichiarato per le cessioni immobiliari e il loro valore normale. Tale circostanza non costituisce più una presunzione legale relativa come stabiliva il d.l. n. 223/2006 ma una presunzione semplice anche per il passato 2 l'abrogazione delle norme d.l. n. 223/2006 attribuenti agli uffici il potere di rettificare la dichiarazione IVA e il reddito d'impresa del contribuente che avesse dichiarato, nella cessione di beni immobili, un corrispettivo inferiore al valore normale degli stessi, produce effetti, con riguardo alle situazioni non ancora definite, anche per il periodo precedente alla loro introduzione 3 con la conseguenza che gli Uffici porteranno avanti il contenzioso in materia soltanto nel caso in cui gli accertamenti siano fondati - oltre che su questa presunzione semplice - anche su altri elementi quali un importo del mutuo superiore al valore della compravendita o un prezzo di vendita ricostruito attraverso le indagini finanziarie diverso rispetto a quello dichiarato. L’amministrazione, con la circolare n. 18/E del 2010, ha espresso l’ orientamento secondo il quale reggono le sole rettifiche fondate sul valore normale, che siano fondate anche altrimenti. Altrimenti”, per l’Agenzia, vuol dire, ad esempio, verificando lo scostamento del prezzo dichiarato rispetto alle somme prese a mutuo. È evidente che se il compratore dichiara di aver pagato un prezzo, e soprattutto il venditore dichiara di aver percepito un determinato prezzo, ma il compratore ha preso a mutuo una somma maggiore, questo è un indizio di occultamento di parte del corrispettivo ancorché la somma maggiore potrebbe essere finalizzata a finanziare anche i lavori di ristrutturazione dell’immobile, per ipotesi . Oppure, regge l’accertamento se, oltre al valore normale c’è un riferimento a indagini finanziarie, oppure rispetto alla congruità con valori di precedenti vendite del medesimo immobile. Possono ipotizzarsi anche riscontri ulteriori, per esempio il costo di realizzazione dell’immobile che è stato costruito se risulta che l’immobile è stato costruito per 100 e viene venduto per 90, quel 90 è inverosimile. Oppure si pensi al caso in cui è già stata provata la fittizietà di analoghi scostamenti prezzo/valore, su immobili dello stesso tipo, magari dello stesso venditore anche questa appare costituire una prova. In materia di accertamento sulle compravendite immobiliari, nel caso in cui l'unico elemento di prova sia costituito dallo scostamento del corrispettivo dichiarato rispetto al valore normale, gli Uffici dovranno abbandonare il contenzioso. L'abrogazione delle disposizioni relative agli accertamenti immobiliari basati sui valori OMI, ad opera della Legge Comunitaria 2008, ha effetto retroattivo, ripercuotendosi sul contenzioso in corso, che dovrà essere abbandonato dagli Uffici se gli atti impugnati non siano idonei a sorreggere la pretesa erariale fondata soltanto sullo scostamento tra valore OMI e corrispettivo dichiarato.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 10 – 20 gennaio 2017, n. 1539 Presidente Tirelli – Relatore Fuochi Tinarelli Ritenuto in fatto 1. A seguito di verifica fiscale effettuata nei confronti della T. Srl, esercente attività di costruzione di edifici residenziali e non, l'Agenzia delle Entrate di San Benedetto del Tronto, rideterminati i prezzi di vendita al metro quadro degli immobili ceduti nel corso del 2005 ed afferenti a due autonomi edifici, la palazzina A e la palazzina B , accertava un maggior reddito d'impresa per euro 767.758,00 ed emetteva avviso di accertamento, per l'anno d'imposta del 2005, ai fini IRES, IRAP ed IVA. Il ricorso proposto dalla contribuente veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, la cui decisione era in parte riformata dalla Commissione tributaria regionale delle Marche che rideterminava l'ammontare dei maggiori ricavi in euro 325.717,00. La CTR, in particolare, riconosceva la fondatezza e la legittimità dell'accertamento, ma, in relazione all'ubicazione delle unità immobiliari, riteneva di dover applicare i valori minimi dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare OMI e non l'importo medio come invece operato dall'Amministrazione finanziaria. 2. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con un motivo. La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate. Ragioni della decisione 3. Il collegio ha autorizzato la redazione di motivazione in forma semplificata. 4. Con un unico motivo l'Agenzia delle Entrate deduce l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c. per aver rideterminato il maggior valore della vendita in base ai valori minimi OMI sul rilievo assegnato alla posizione degli immobili a ridosso della ferrovia e nella parte più lontana dal centro, atteso che il primo parametro riguardava solo gli immobili della palazzina A, mentre era privo di rilievo il secondo parametro trattandosi di edifici costruiti in località balneare Tortoreto , tanto più che entrambe le costruzioni erano a poche centinaia di metri dal mare e gli appartamenti erano stati realizzati con finiture di pregio. 5. Quanto al ricorso della T. Srl, con il primo motivo la società deduce un duplice profilo da un lato la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione agli artt. 2729 e 2697 c.c. e 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dall'altro l'omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Rileva, in primo luogo, che la decisione impugnata ha parametrato il prezzo di vendita, rispetto a quello dichiarato nei rogiti, al valore normale OMI, sia pure nel minimo, senza compiere alcun accertamento peritale del reale valore di mercato del bene, ponendosi in tal modo in violazione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, e recepiti in Italia con l'art. 24 della I. 7 luglio 2009, n. 88 Legge Comunitaria del 2008 . Contesta, inoltre, che siano stati considerati elementi indiziari del maggior reddito non dichiarato la stipula di mutui ipotecari per importi superiori al prezzo indicato nell'atto notarile, trattandosi di ipotesi riferibile a solo quattro compravendite su trentasei, nonché il ridotto margine lordo di utile, inferiore al costo delle mediazioni sostenute, poiché tale evenienza concerneva solo cinque vendite e si giustificava con l'esigenza - perseguita mediante l'apprestamento di clausole di accollo alla venditrice di un costo usualmente posto a carico dell'acquirente - della società, di nuova costituzione, di entrare nel mercato. 6. Anche con il secondo motivo la T. Srl deduce un duplice profilo da un lato, l'omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. dall'altro la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Con riguardo a quest'ultima doglianza, la contribuente censura la CTR per aver statuito sul rapporto, mentre doveva limitarsi ad annullare l'avviso di accertamento che aveva quantificato i ricavi applicando i valori OMI. Quanto al primo profilo, invece, censura l'omessa verifica sul reale valore di mercato dei beni mediante accertamento peritale o valutazione UTE, equivalendo una simile statuizione a mancanza assoluta di motivazione. 7. Va preliminarmente esaminato il ricorso della contribuente, le cui doglianze hanno carattere pregiudiziale. 7.1. Il primo profilo del primo motivo e il secondo profilo del secondo motivo, il cui esame va operato congiuntamente in quanto in diretta connessione, sono infondati. Al riguardo questa Corte ha osservato che la I. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24, comma 5, Legge Comunitaria 2008 , ha modificato il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 così come l'omologo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in tema di IVA , eliminando le disposizioni introdotte dal d.l. n. 223 del 2006, art. 35 ciò a seguito di un parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea, la quale, nell'ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l'incompatibilità - in relazione, specificamente, all'IVA, ma ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette - di tali disposizioni con il diritto comunitario. È stato così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale ovviamente relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato ad essere rimesso alla valutazione del giudice, il quale può, in generale, desumere l'esistenza di attività non dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti e ciò - deve intendersi - con effetto retroattivo, stante la ragione di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire cfr., anche, circolare dell'Agenzia delle entrate n. 18 del 14 aprile 2010 in termini. Cass. n. 20429 del 2014 v. anche Cass. n. 23485 del 2016 . La CTR si è attenuta esattamente a questo principio atteso che, in primo luogo, non si è fermata all'atto, ma ha preso in considerazione correttamente il rapporto fiscale, operando una complessa valutazione, in linea, del resto con il consolidato principio che il processo tributario è a cognizione piena e tende all'accertamento sostanziale del rapporto controverso. Solo quando l'atto di accertamento sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da impedire l'identificazione dei presupposti impositivi e precludere l'esame del merito del rapporto tributario il giudizio deve concludersi con una pronuncia di semplice invalidazione, dovendo il giudice, altrimenti, quantificare la pretesa tributaria avvalendosi dei propri poteri valutativi, estimativi ed istruttori. In secondo luogo, la CTR ha ritenuto la sottofatturazione sulla base di una varietà di indici presuntivi, ossia 1 il ridotto margine di utile conseguito dalla società pari a euro 3.789,0 per unità immobiliare in un periodo coincidente con quello di massima espansione edilizia, e ciò pure senza considerare i costi generali amministrativi obbligatoriamente da sostenere 2 l'avvenuta stipula di mutui ipotecari per importi superiori al prezzo dichiarato nel rogito 3 l'ammontare delle provvigioni sostenute, superiori all'utile lordo conseguito. Solo accanto a questi indici, già in sé idonei a fornire un quadro di presunzioni dal carattere grave, preciso e concordante, la CTR ha considerato lo scostamento tra i prezzi applicati dall'impresa di costruzioni rispetto a quelli risultanti dalle quotazioni ufficiali di mercato desunti dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare, che costituivano un ulteriore tassello, a sua volta concordante con quelli sopra esposti, e tale, dunque, da consentire, in una valutazione unitaria degli elementi considerati una ricostruzione del valore venale del bene. 7.2. Il secondo profilo del primo motivo e il primo del secondo motivo, anch'essi suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili prima ancora che infondati, difettando le censure sotto il versante dell'autosufficienza. È noto, infatti, come questa Corte ha precisato a più riprese e ribadito anche recentemente Cass. n. 14784 del 2015, Rv. 636120 n. 2928 del 2015, Rv. 634343 26489 del 2014 , che a seguito della novellazione dell'art. 366 c.p.c., ad opera dell'art. 5 della I. n. 40 del 2006, che ha aggiunto ai precedenti il n. 6, in forza del quale il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda , codificando in tal modo il principio di autosufficienza, il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Tale norma impone di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l'indiretta riproduzione . Ed invero, proprio perché il contribuente adduce a suo favore i contenuti delle singole compravendite, le clausole contrattuali per la determinazione della mediazione e quelle contenute nei mutui, era necessaria la trascrizione della documentazione suddetta, sì da consentire la diretta conoscenza e fruibilità da parte della Corte. Le doglianze, peraltro, più che censurare il percorso logico od evidenziare insufficienze motivazionali della decisione impugnata, risultano dirette a fornire una interpretazione contrapposta o alternativa a quella del giudice di merito sull'apprezzamento delle risultanze istruttorie in vista di una nuova autonoma valutazione dei fatti da parte della Corte, e ciò costituisce ragione di ulteriore inammissibilità non essendo consentito alla Suprema Corte procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa. 8. Le considerazioni appena esposte rilevano anche con riguardo all'unico motivo del ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate. La CTR, difatti, ha motivato riferendosi a tutti gli elementi relativi alle caratteristiche degli appartamenti realizzati ubicazione, materiali utilizzati, servizi offerti nella zona, vicinanza ma non prospicienza al mare apprezzando, ai fini della determinazione del prezzo, in termini significativi la circostanza che le entrambe le palazzine erano a ridosso della ferrovia adriatica, con disagio anche acustico per i proprietari, ritenendo più corretto e necessario applicare i valori minimi OMI. La censura dell'Agenzia delle entrate, dunque, nel contestare l'apprezzamento e la valutazione della CTR, sottolineando che una delle palazzine la palazzina A era più vicina alla ferrovia rispetto all'altra e che, quindi, era ingiustificata la diminuzione del prezzo al metro quadro per entrambi gli immobili e che, comunque, l'importo doveva essere più elevato, non pone in rilevo una insufficienza o contraddittorietà della motivazione ma, semplicemente, mira anch'essa a fornire una interpretazione alternativa a quella del giudice di merito per ottenere una nuova autonoma valutazione dei fatti da parte della Corte, sicché, per le ragioni già sopra esposte, il motivo è inammissibile. 9. Entrambi i ricorsi, pertanto, vanno rigettati. Le spese processuali del giudizio di legittimità, attesa la reciproca soccombenza, vanno compensate. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente T. Srl, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1 - bis, dello stesso articolo 13. Rilevato, quanto al ricorso dell'Agenzia delle entrate, che il ricorrente soccombente è ammesso alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate. Rigetta il ricorso proposto dalla T. Srl. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.