Nelle spese processuali la compensazione va motivata

Il giudice non può compensare le spese tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente basandosi solo sul fatto che la giurisprudenza di merito non è uniforme sull’argomento. Per la compensazione delle spese nel processo tributario occorre che il giudice indichi con precisione le ragioni per le quali la soluzione del dubbio interpretativo possa definirsi di eccezionale gravità.

A chiarirlo è l’ordinanza numero 10917, del 26 maggio 2016, della Corte di Cassazione. Il caso. La CTR con sentenza del 2014 dichiarava estinto il giudizio promosso da un contribuente relativo alla revoca del beneficio prima casa per alienazione dell’immobile senza riacquisto nei termini di legge e compensava le spese, ritenendo che sulla questione nodale del giudizio, relativa all'operatività della proroga di cui all’art 11, commi 1 e 1- bis , della l. numero 289/2002, esistevano discordanti precedenti. Il contribuente proponeva ricorso per cassazione deducendo che l’esistenza di precedenti discordanti non integra la grave ed eccezionale ragione d’urgenza richiesta dall’articolo 92 del Codice del Processo Amministrativo c.p.c. , e non potendo operare nel caso in cui la causa era stata definita quando l’esito della lite era dipeso dal riconoscimento del proprio torto da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’analisi della Cassazione. I Giudici di legittimità osservano preliminarmente che l'articolo 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dall’articolo 2, della l. 28 dicembre 2005, n 263 e successivamente modificato dalla l. numero 69/2009, dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni , esplicitamente indicate nella motivazione. La compensazione delle spese è dunque subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni e tale esigenza non è soddisfatta quando il giudice abbia compensato le spese per motivi di equità , non altrimenti specificati. La Corte di Cassazione evidenzia che l'articolo 92 cit., costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico, sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori , ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche, pure aggiungendosi che le gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa. La Cassazione evidenzia di aver precisato, di recente, che in tema di compensazione delle spese giudiziali, la sussistenza di un imprecisato contrasto nella giurisprudenza di merito, rispetto a soluzioni interpretative non ancora passate al vaglio di legittimità, non può essere ricondotta alla nozione di gravi ed eccezionali ragioni di cui all'articolo 92, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dalla l. n 69/2009 applicabile ratione temporis , trattandosi di circostanza non idonea ad accreditare un ragionevole affidamento della parte sulla fondatezza delle proprie ragioni. L’orientamento della giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione con la sentenza numero 24489/2015, ha affermato che se sulla materia del contendere c’è un contrasto di giurisprudenza, il giudice può decidere di compensare le spese di lite nel decidere la causa l’assenza di risposte univoche sulla questione controversa rappresenta infatti una seria ed eccezionale ragione che consente di derogare al principio della soccombenza, che resta il criterio-guida per il giudice nella liquidazione. Nel caso in esame è stata esclusa la violazione dell’articolo 92 c.p.c. perché il giudice del merito aveva deciso di compensare le spese sul rilievo che la questione sull’impugnabilità degli estratti di ruolo ha trovato soluzioni contrastanti anche nella stessa giurisprudenza di legittimità, che nel volgere di breve tempo ha concluso sia per l’ammissibilità sia per l’inammissibilità. Nella specie è stato applicato l’articolo 92 c.p.c. così come modificato dalla riforma del processo civile contenuta nella l. numero 69/2009. Il secondo comma della disposizione, nel testo applicabile ratione temporis , risulta violato quando il giudice non ha fornito affatto la specificazione della ragioni di compensazione o la motivazione risulta apparente lo stesso discorso vale quando è censurabile il giudizio espresso dal giudice di merito sulla gravità ed eccezionalità delle ragioni poste a fondamento della decisione di compensazione. Ma nessuna delle condizioni indicate ricorre nel caso specifico. Va anche ricordato che la disposizione ex articolo 92, secondo comma, c.p.c. è una norma elastica si tratta dunque di una clausola generale predisposta dal legislatore per adeguarsi a ipotesi che non potevano essere determinate a priori. Con la precedente sentenza numero 29720/2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice può compensare le spese legali quando sulla materia sussistono delle oscillazioni giurisprudenziali o quando il caso presenta particolari difficoltà. In particolare ad avviso della Cassazione per motivare sufficientemente la statuizione di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito . Da ciò deriva che deve ritenersi assolto l'obbligo del giudice anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito o di rito contengano in sé considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come a titolo meramente esemplificativo nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti. Le conclusioni. La Corte di Cassazione osserva che, nel caso di specie, la CTR ha giustificato la compensazione delle spese processuali in ragione dei discordanti precedenti sulla questione nodale senza tuttavia fare alcun cenno ad eventuali precedenti giurisprudenziali che in concreto avessero offerto letture discordanti della norma di legge ritenuta decisiva ai fini del giudizio e, specificamente, del tema della proroga dei termini per l'azione di accertamento dell’amministrazione finanziaria per l’ipotesi in cui alla data in cui si è avverato l’evento che ha determinato la perdita dell'agevolazione prima casa sia già spirato il termine per proporre istanza di condono. La Cassazione non ha mancato di sottolineare che l’eventuale complessità di un testo normativo e della sua esegesi non giustifica il ricorso al criterio della compensazione, fino al momento in cui non siano specificamente identificate le ragioni per le quali la concreta soluzione assegnata al dubbio interpretativo vuoi per la sua contrarietà alla consolidata prassi applicativa vuoi per la del tutto insolita connotazione lessicale o sintattica del tessuto letterale della norma assurga a livello di eccezionale gravità. Sulla base di tale considerazioni il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 6 aprile – 26 maggio 2016, numero 10917 Presidente Iacobellis – Relatore Conti In fatto e in diritto La CTR del Lazio, con sentenza numero 4296/01/14, depositata il 26.6.2014, dichiarava estinto il giudizio promosso da O.F. relativo alla revoca del beneficio prima casa per alienazione dell’immobile senza riacquisto nei termini di legge e compensava le spese, ritenendo che sulla questione nodale del giudizio, relativa all’operatività della proroga di cui all’art. 11 commi 1 e 1 bis l.numero 289/2002, esistevano discordanti precedenti. L’O. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo al quale l’Agenzia delle entrate ha fatto seguire il deposito di controricorso. Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c Rileva che l’esistenza di precedenti discordanti non integra la grave ed eccezionale ragione d’urgenza richiesta dall’art. 92 c.p.c., non potendo operare nel caso in cui la causa era stata definita quando l’esito della lite era dipeso dal riconoscimento del proprio torto da parte dell’Agenzia. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’inammissibilità e infondatezza del ricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria. Il ricorso è manifestamente fondato a giudizio del Collegio. Giova ricordare che l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, numero 263, art. 2 e successivamente modificato dalla l. numero 69/2009 - applicabile ratione temporis -, dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni , esplicitamente indicate nella motivazione. La compensazione delle spese è dunque subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni e tale esigenza non è soddisfatta quando il giudice abbia compensato le spese per motivi di equità , non altrimenti specificati - Cass. numero 21521 del 20/10/2010-. Peraltro, si è chiarito che l’art. 92 cit. costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico - sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori , ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche - Cass. numero 2883/2014-, pure aggiungendosi che le gravi ed eccezionali ragioni , da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa - cfr. Cass. numero 16037/2014-. Si è pure precisato, di recente, che in tema di compensazione delle spese giudiziali, la sussistenza di un imprecisato contrasto nella giurisprudenza di merito, rispetto a soluzioni interpretative non ancora passate al vaglio di legittimità, non può essere ricondotta alla nozione di gravi ed eccezionali ragioni di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dalla l. numero 69 del 2009 applicabile ratione temporis , trattandosi di circostanza non idonea ad accreditare un ragionevole affidamento della parte sulla fondatezza delle proprie ragioni - cfr.Cass.numero 1521/2016-. Ora, nel caso di specie la CTR ha giustificato la compensazione delle spese processuali in ragione dei discordanti precedenti sulla questione nodale senza tuttavia fare alcun cenno ad eventuali precedenti giurisprudenziali che in concreto avessero offerto letture discordanti della norma di legge ritenuta decisiva ai fini del giudizio e, specificamente, del tema della proroga dei termini per l’azione di accertamento dell’amministrazione finanziaria per l’ipotesi in cui alla data in cui si è avverato l’evento che ha determinato la perdita dell’agevolazione prima casa sia già spirato il termine per proporre istanza di condono. La generica indicazione di discordanti precedenti non può tuttavia integrare il requisito delle gravi ed eccezionali ragioni proprio perché caratterizzata da un’estrema genericità ed aspecificità che non consente di potere richiamare il requisito idoneo a giustificare la compensazione delle spese invece disposta. Del resto, questa Corte non ha mancato di sottolineare che l’eventuale complessità di un testo normativo e della sua esegesi non giustifica il ricorso al criterio della compensazione, . fino al momento in cui non siano specificamente identificate le ragioni per le quali la concreta soluzione assegnata al dubbio interpretativo vuoi per la sua contrarietà alla consolidata prassi applicativa vuoi per la del tutto insolita connotazione lessicale o sintattica del tessuto letterale della norma assurga a livello di eccezionale gravità” - cfr.Cass. numero 319/2014-. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.