L'antieconomicità non basta a disconoscere la detraibilità IVA

L'amministrazione non può disconoscere la detraibilità dell'IVA relativa a un costo risultante da una fattura regolarmente registrata limitandosi a rilevare una possibile antieconomicità. Essa deve, infatti, fornire elementi che dimostrino la non veridicità o la non inerenza dell'operazione. Grava sull'amministrazione l'onere della prova sulla veridicità o sull'inerenza delle fatture.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 25999 del 10 dicembre 2014. La fattispecie. Nel caso di specie, con avviso di accertamento, il Fisco ha negato ad una società la detraibilità dell'IVA su fatture di servizi quali elaborazione e registrazione di fatture, controllo di gestione, certificazione di qualità e sugli acquisti effettuati tra società appartenenti a un gruppo. Secondo il Fisco, i costi fatturati erano privi dei requisiti di certezza e oggettività, poiché sproporzionati rispetto al presumibile carico di lavoro deducibile dal volume di affari. Inoltre, l'impresa, non avrebbe provato l'esistenza delle prestazioni ricevute. I giudici tributari di merito hanno confermato la legittimità della pretesa. Il contribuente deve tenere le scritture contabili. La sentenza di gravame è stata impugnata in Cassazione, che ha accolto le ragioni della società. Gli Ermellini hanno precisato che l'onere della prova sull'esistenza di un'operazione grava sull'amministrazione. L'intera disciplina tributaria obbliga il contribuente alla tenuta delle scritture contabili che rappresentano l'unico adempimento a carico del contribuente per dimostrare la propria realtà economica. Grava, pertanto, sull'ufficio che disconosca la deducibilità di un costo o la detraibilità di un'imposta, l'onere della prova sulla veridicità o sull'inerenza della registrazione. La fattura è documento idoneo a rappresentare il costo dell'impresa e pertanto ove l'amministrazione lo ritenga inesistente o non inerente, lo deve provare. Spetta poi al giudice tributario valutare singolarmente e complessivamente gli elementi indiziari forniti dall'ufficio, motivando nella sentenza l'eventuale esistenza della gravità, precisione e concordanza, consentendo così l'ingresso alla prova contraria del contribuente. L’amministrazione deve provare che le operazioni poste in essere sono assolutamente contrarie ai canoni di economia. In relazione alla congruità del corrispettivo fatturato, gli Ermellini, dopo hanno statuito che la manifesta illogicità o anomalia della condotta può costituire un elemento indiziario, ma grava in ogni caso sull'amministrazione la prova, anche presuntiva, che le operazioni poste in essere sono assolutamente contrarie ai canoni di economia. In definitiva, il diritto alla detrazione dell'imposta può essere escluso solo se l'ufficio dimostri che l'antieconomicità sia sintomo di non veridicità della fattura ovvero di non inerenza della destinazione del servizio o del bene. Consentire un'immotivata contestazione da parte dell'ufficio, significherebbe privare di rilevanza il documento fattura”, anche dinanzi a un regolare comportamento del contribuente in ordine ai propri obblighi contabili. In caso di contestazioni di operazioni antieconomiche il Fisco non può rettificare l’IVA detratta sugli acquisti, salvo non si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni o di un più ampio contesto di abuso del diritto. Ciò perché la regola sull’antieconomicità è propria dell’imposizione diretta e per estenderla anche all’IVA è necessario osservare tutti i principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia, i quali, in via generale, non consentono, a questo proposito, alcuna limitazione al diritto di detrazione. Cass., sez. T, numero 22130/213 . Sussiste un preciso orientamento secondo cui la regola sull'antieconomicità interessa solo l'imposizione diretta. Con la sentenza numero 22130/2013, la Corte ha ritenuto che non sia ammessa l'estensione automatica anche all'imposizione indiretta delle presunzioni. A questo proposito i giudici hanno evidenziato che anche in considerazione dei principi enunciati dalla Corte di giustizia, per l'IVA, non sia consentito limitare o negare il diritto di detrazione. In caso contrario, verrebbe meno il principio di neutralità dell'imposta al versamento dell'IVA dovuta dal cedente non corrisponderebbe la detrazione da parte del cessionario. Non è consentito all'Amministrazione di rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall'imprenditore escludendo il diritto a detrazione per le ipotesi in cui il valore dei beni e servizi sia ritenuto antieconomico e dunque diverso da quello da considerare normale o comunque sia tale da produrre un risultato antieconomico. Tuttavia, in applicazione del principio dell'abuso del diritto, l'Amministrazione finanziaria può dedurre l'antieconomicità quale indizio di non verità della fattura, nel senso di non verità dell'operazione, oppure di non verità del prezzo o, ancora, di non esistenza dell'inerenza e cioè della destinazione del bene o del servizio acquistati ad essere utilizzati per operazioni assoggettate ad IVA. Più di recente, con l'ordinanza numero 10041/2014 la Cassazione ha ulteriormente ribadito che, salvo non si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni o di un più ampio contesto di abuso del diritto, le presunzioni volte a contrastare un comportamento non economico non possono estendersi all'IVA.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 25 marzo – 10 dicembre 2014, n. 25999 Presidente Bielli – Relatore Olivieri Svolgimento del processo Con sentenza 9.3.2007 n. 6 la Commissione tributaria della regione Val d'Aosta ha rigettato l'appello proposto da TECNOMEC s.r.l. e confermato la decisione di prime cure che aveva dichiarato legittimo l'avviso di accertamento con il quale era stata negata la detraibilità dell'IVA liquidata su fatture emesse dalla controllata CAST s.r.l. per servizi elaborazione e registrazione di fatture controllo di gestione, certificazione di qualità, controllo sugli acquisti resi da personale dipendente specializzato assegnato alla controllante TECNOMEC s.r.l., nonché era stata negata la detraibilità dell'IVA liquidata su fatture emesse in riaddebito dalla controllante TH s.r.l. alla controllata TECNOMEC s.r.l. per servizi resi alla prima da due dipendenti specializzati della CAST s.r.l. già assegnati a TECNOMEC s.r.l. e da questa incaricati di svolgere alcune prestazioni a favore di TH s.r.l I Giudici di appello ritenevano inidoneo il criterio di ripartizione dei costi tra le società del gruppo, fondato sulla quantità di ore lavoro dedicato dai dipendenti a favore di ciascuna società in quanto privo dei caratteri di certezza ed oggettività diversamente da quello indicato dall'Ufficio fondato sul volume di affari ” o sul numero delle fatture emesse - recte lavorate - , non essendo stata fornita prova di preventivi accordi tra le società sul criterio di ripartizione, non avendo TECNOMEC s.r.l. dimostrato la inerenza e congruità dei costi e difettando, inoltre, documentazione comprovante la riconducibilità dei costi riaddebitati a prestazioni effettivamente ricevute quali in particolare le prestazioni di controllo sugli acquisti, attività di amministrazione e collaudo. La sentenza di appello è stata impugnata dalla società con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Entrate. La società ha depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. la società ricorrente contesta alla CTR di aver applicato criteri attinenti al regime fiscale del reddito d'impresa certezza ed oggettiva determinabilità del costo congruità della spesa inerenza del costo non coerenti con la diversa disciplina della detrazione IVA dettata dall'art. 19 Dpr n. 633/72 e dell'art. 17 n. 2, lett. a VI direttiva, applicabile ratione temporis in particolare, come emerge dal quesito di diritto formulato in calce al motivo la ricorrente si duole dell'errore di diritto in cui sono incorsi i Giudici di appello correlando la statuizione di indetraibilità IVA alla mancata prova della congruità dei costi. 1.1 Con il secondo motivo la sentenza viene impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 21 Dpr n. 633/72, in relazione all'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c Assume la ricorrente che la regola applicata dalla CTR per la risoluzione della controversia è fondata sulla illegittima inversione dell'onere probatorio, atteso che nel regime IVA, il documento richiesto per l'esercizio del diritto di detrazione è la fattura, spettando quindi alla Amministrazione finanziaria che contesti la veridicità del documento ed agisca per il recupero della indebita detrazione fornire gli elementi costitutivi della pretesa. 1.2 Con il terzo, quarto e quinto motivo la società censura la sentenza per vizio di contraddittoria ed insufficiente motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c La ricorrente deduce che - dopo aver riconosciuto la effettività dei rapporti economici intercorsi tra le società del gruppo, la CTR ritenendo incongrui i costi non avrebbe dovuto disconoscere integralmente la detrazione IVA, ma avrebbe invece dovuto rideterminare il valore della prestazione e conseguentemente dell'imposta da portare in detrazione infatti l'Ufficio verificatore non aveva mai contestato la esistenza e la inerenza delle prestazioni servizio rese dal personale CAST s.r.l. per l'espletamento di attività proprie di TECNOMEC s.r.l. - la CTR non aveva fornito logica motivazione della asserita inaffidabilità del criterio di ripartizione dei costi basato sulle schede-lavoro, tenuto conto che sia la circolare ministeriale n. 32/1980 concernente gli accordi di ripartizione costi infragruppo che la Guida OCSE relativa ai costs sharing agreements , contemplavano come criterio utilizzabile anche quello fondato sul numero dei dipendenti impiegati nei servizi - la CTR affermando che criteri da adottare avrebbero dovuto essere quelli basati sul fatturato di ciascuna società o del numero delle fatture, ha omesso del tutto di rappresentare le ragioni per le quali tali criteri erano da ritenersi maggiormente attendibili tenuto conto che il primo criterio non è rappresentativo del maggior valore delle prestazioni ricevute, mentre il secondo trascurava di considerare che alcune prestazioni non erano misurabili in termini di quantità di prodotto ed in particolare le ragioni per le quali la ripartizione dei costi infragruppo, con tali criteri, avrebbe determinato un risultato più favorevole al Fisco. 2. Osserva il Collegio che la sentenza impugnata, nel frammentato sviluppo argomentativo, pone come dato incontestato il fatto che non sussistono dubbi sulla reale esistenza del rapporto economico tra la ricorrente e la società CAST-controllata e la TH controllante , e sembra fondarsi su tre distinte rationes decidendi - la prima concerne la inadeguatezza, ai fini della verifica della esattezza dell'importo fatturato e dell’IVA portata in detrazione, del criterio di ripartizione dei costi basato sulle schede dei tempi di lavoro, in quanto ritenuto non rispondente ai requisiti di certezza ed oggettività del costo e caratterizzato da elevata discrezionalità la CTR aderisce alla tesi dell'Ufficio secondo cui il criterio che avrebbe dovuto essere applicato era quello della ripartizione delle spese in percentuale al volume di affari di ciascuna società oppure del numero delle fatture emesse tale sibillina espressione sembrerebbe doversi riferire alla quantità di fatture lavorate da i dipendenti della CAST assegnati alla TECNOMEC - la seconda - che vorrebbe essere esplicativa della prima ma invece la rende del tutto superflua in quanto logicamente la precede - si fonda sulla inidoneità probatoria delle schede - lavoro, in mancanza di pregressi accordi tra le società volti a stabilire i costi in base alla misurazione del tempo di lavoro la terza - che se pure svolta nel contesto motivazionale in termini esplicativi della prima ratio introduce invece un argomento del tutto diverso - è fondata sulla regola dell'art. 2697 c.c. per cui la detrazione IVA non spetta, non avendo la società assolto all'onere della prova della inerenza e della congruità dei costi e della effettività delle prestazioni di servizi rese da CAST a TECNOMEC. 3. Rileva il Collegio che la prima censura svolta dalla parte ricorrente converge univocamente nella critica della statuizione della sentenza che correla la indetraibilità dell'IVA alla mancata prova della congruità dei costi, sull'asserito presupposto della incontroversa oggettiva esistenza delle prestazioni di servizio rese infragruppo in quanto rivolta ad un'unica ratio decidendi , riveste carattere recessivo rispetto all'esame degli altri motivi secondo, terzo, quarto e quinto concernenti, rispettivamente, la erronea applicazione della regola del riparto probatorio, e vizi motivazionali, che investono invece l'intero impianto argomentativo della decisione ed ove accolti potrebbero definire la controversia, dovendo in conseguenza essere esaminati prioritariamente e congiuntamente in quanto tra loro interconnessi. 4. Tanto premesso, osserva il Collegio che la sentenza di appello presenta una serie di palesi incongruenze ed errori in diritto che ne impongono la cassazione. 4.1 Occorre svolgere alcune considerazioni preliminari, necessarie ad individuare il campo di indagine e di accertamento riservato al Giudice tributario in relazione alla specifica controversia. 4.2 Diversamente da quanto sembra trasparire dalla sentenza di appello terza ratio decidendi effettività delle prestazioni di servizio ricevute l'onere della prova non va a gravare sul contribuente per il solo fatto che la Amministrazione finanziaria si limiti a contestare la esistenza della operazione. Occorre considerare, in proposito, che l'intera disciplina tributaria è informata alla esigenza della rappresentazione documentale dei fatti economici e fiscalmente rilevanti, che debbono essere portati all'evidenza del Fisco anche in funzione dell'attività di verifica ed accertamento demandata agli Uffici finanziari. Per soddisfare tale esigenza le normative tributarie relative ai diversi tributi prevedono una serie di penetrati obblighi di dichiarazione, registrazione e documentazione posti a carico dei contribuenti, volti a realizzare la massima corrispondenza tra la realtà economica effettuale e quella evidenziata nelle dichiarazioni, nei registri e nei documenti contabili. La tenuta delle scritture e dei documenti contabili i cui dati vengono utilizzati ed esposti nelle dichiarazioni fiscali, non onera, tuttavia, il contribuente anche della ulteriore indicazione degli elementi probatori attestanti la effettiva corrispondenza alla realtà dei dati - per quanto interessa la presenta controversia - indicati in fattura, trascritti nei registri obbligatoli e riportati nella dichiarazione annuale, gravando invece sulla Amministrazione finanziaria - che pretenda una maggiore imposta o che ritenga indebita la eccedenza detraibile o rimborsabile - la relativa prova, come emerge in modo inequivoco dal testo delle disposizioni normative per cui l'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici . art. 39 co. 1 lett. d Dpr n. 600/73 e le false ed inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte .anche sulla base di presunzioni semplici . art. 54 co. 2 Dpr n. 633/72 la attività di tipo logico-deduttivo indicata da tali norme implica evidentemente che la contestazione della PA venga preceduta da una fase di verifica e ricerca cui segue un'attività valutativa degli elementi ritenuti rilevanti, con la conseguenza che anche la pretesa tributaria non si sottrae, al pari di qualsiasi affermazione di un diritto, all'onere della prova dei fatti costitutivi accertamento dei maggiori componenti positivi - ricavi occultati - o dei minori componenti negativi di reddito - indeducibilità di costi -, ovvero della debenza di una maggiore imposta - in relazione all'aliquota applicabile - o della indetraibilità dell'imposta, o ancora delle condotte integranti illecito amministrativo o penale ed incombe pertanto sull'Amministrazione finanziaria. Deve escludersi, pertanto, che la mera contestazione da parte della PA della fattura quale documento idoneo a rappresentare la operazione in essa indicata, fa sorgere in capo al contribuente l'onere della prova relativa alla corrispondenza del documento alla realtà effettuale, dovendo confermarsi i principi enunciati dalla Corte, con specifico riguardo alla fattura che in tema di IVA è documento idoneo a rappresentare un costo dell'impresa come si evince chiaramente dall'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ne disciplina il contenuto, prescrivendo tra l'altro l'indicazione dell'oggetto e del corrispettivo di ogni operazione commerciale , secondo cui, qualora l’Amministrazione finanziaria ritenga la fattura relativa ad operazioni inesistenti ”, non spetta al contribuente provare che l'operazione è effettiva, ma spetta all'Amministrazione, che adduce la falsità del documento, provare che l'operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere cfr. Corte Cass. V sez. 12.12.2005 n. 27341 . La giurisprudenza di questa Sezione, infatti, sia in materia di imposte dirette artt. 39 e 40 Dpr n. 600/73 che in tema di imposte indirette art. 54 Dpr n. 633/72 , è ferma nel ritenere che grava sull'Amministrazione l'onere di provare, anche mediante presunzioni semplici artt. 2727 e 2729 c.c. , la inesistenza di passività dichiarate o la falsa od omessa indicazione di attività imponibili cfr. Corte Cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953, con riferimento ad indebita detrazione IVA per operazioni inesistenti , secondo cui l’Amministrazione non può limitarsi ad una generale ed apodittica non accettazione della documentazione del contribuente, dovendo invece fondare su elementi anche indiziali tale contestazione. Sulla stessa linea si pone Corte Cass. V sez. 12.12.2005 n. 27341, in relazione ad emissione di fatture per operazioni inesistenti ”, affermando che l'onere della prova della difformità tra realtà e rappresentazione contabile grava sulla Amministrazione finanziaria Corte Cass. V sez. n. 12802 del 10/06/2011 , mentre, una volta accertata in giudizio la esistenza dei requisiti legali di detta prova presuntiva, sorge l'onere per il contribuente di fornire la prova contraria cfr. Corte Cass. V sez. 11.6.2008 n. 15395, da ultimo Corte Cass. V sez. 23.4.2010 n. 9784 . Spetterà dunque al Giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell'atto impositivo, valutare, singolarmente e complessivamente, i mezzi di prova e gli altri elementi indiziari forniti dall'Amministrazione finanziaria che potrà assolvere al proprio onere probatorio tanto con la prova logica - o indiretta - quanto con la prova storica - o diretta -, nel primo caso dovendo essere individuato il minimum della sufficienza probatoria del fatto indiziante allegato a supporto della contestazione della documentazione contabile e della pretesa tributaria nei caratteri richiesti dalla praesumptio hominis ex artt. 2727 e 2729 co. 1 c.c. , dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, dovrà dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697 comma 2 c.c. cfr. Corte Cass. V sez. 23.4.2010 n. 9784 id. V sez. n. 4306 del 23/02/2010 . 4.3 Tali principi operano, evidentemente, in relazione non soltanto alla prova della esistenza/inesistenza della operazione, ma anche degli altri elementi indicati dalla sentenza di appello, in quanto integranti, rispettivamente, un fatto principale l'uno inerenza del bene o servizio all'attività economica svolta dall'acquirente ed un fatto secondario l'altro congruità del valore del bene o servizio indicato in fattura , della fattispecie costitutiva del diritto alla detrazione d'imposta ex art. 19 Dpr n. 633/72. 4.4 Relativamente all'elemento della congruità si osserva quanto segue. Premesso che la valutazione della congruità del corrispettivo , inteso come valore normale della prestazione, ha ricevuto espresso riconoscimento normativo, in materia IVA, dalla direttiva 77/388/CEE del Consiglio in data 17.5.1977 VI direttiva , ai limitati fini della determinazione della base imponibile e della detraibilità della imposta nel caso di prestazioni di servizi rese dal soggetto passivo per i bisogni della sua impresa qualora la esecuzione del servizio da parte di altro soggetto non consenta la intera detrazione IVA , mentre soltanto con la direttiva 2006/112/CE del Consiglio 28.11.2006 relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto non applicabile ratione temporis alla fattispecie , la congruità del corrispettivo della cessione di beni e della prestazione di servizi valore normale della operazione, definito, dall'art. 72 paragr. 1, dir. 112/2006, come l'intero importo che l'acquirente od il destinatario, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o prestatore indipendente nel territorio dello Stato membro in cui l'operazione è imponibile per ottenere i beni o servizi in questione al momento di tale cessione o prestazione ” è stato assunta a criterio sussidiario di quantificazione del corrispettivo, ai fini della determinazione della base imponibile, in funzione antielusiva cfr. art. 80 paragr. 1 dir. 112/2006 Allo scopo di prevenire l'elusione o l'evasione fiscale gli Stati membri possono, nei seguenti casi, prendere misure affinché, per La cessione di beni e la prestazioni di servizi a destinatari con cui sussistono legami familiari, o altri stretti vincoli personali, gestionali, di associazione, di proprietà, finanziari o giuridici quali definiti dallo Stato membro, la base imponibile sia pari al valore normale , non può tuttavia dubitarsi che, anche nella vigenza della VI direttiva, la manifesta illogicità od anomalia della condotta tenuta dal soggetto economico nella realizzazione della operazione rappresentata in fattura - in quanto risulti in evidente contrasto con i normali criteri economici della gestione d'impresa - bene poteva e può essere eccepita dalla Amministrazione finanziaria come elemento indiziario, grave e preciso, a contestazione della mancanza di corrispondenza, in tutto od in parte, della rappresentazione cartolare fornita dalla fattura con l'effettiva realtà della operazione sottostante, e ciò tanto in riferimento alla ipotesi di condotta in frode al Fisco, attuata attraverso la simulazione assoluta del negozio giuridico e la inesistenza oggettiva della operazione, quanto in riferimento al diverso fenomeno della elusione fiscale abuso del diritto . 4.5 Anche in questo caso, tuttavia, grava sull’Amministrazione finanziaria che contesta la effettività della operazione fornire la prova, anche presuntiva, del comportamento assolutamente contrario ai canoni della economia, non ravvisandosi alcuna ragione di deroga all'indicato criterio di riparto della prova, secondo che si verta in tema di imposte dirette od imposte indirette cfr. in materia di II.DD. Corte Cass. V sez. 9.2.2001 n. 1821 id. V sez. 3.5.2002 n. 6337 id. V sez. 16.1.2009 n. 951. In materia IVA Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12044 del 25/05/2009 secondo cui ai fini dell'IVA, l'Amministrazione finanziaria non può ritenere l'operazione inesistente e puramente apparente in base alla mera appartenenza allo stesso gruppo delle società partecipanti all'accordo trilaterale e dalla contemporaneità delle relative operazioni, ma soltanto ove sia palese l'antieconomicità delle singole operazioni stesse . Ne segue che il diritto alla detrazione dell'imposta può essere escluso soltanto se l'Amministrazione finanziaria dimostri l'antieconomicità manifesta e macroscopica dell'operazione - come tale esulante dal normale margine di errore di valutazione economica - che assume rilievo quale indizio di non verità della fattura, e, dunque, di non verità dell'operazione stessa ovvero di non inerenza della destinazione del bene o servizio all'utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA solo in tal caso spetterà allora all'imprenditore dimostrare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all'attività svolta cfr., in termini Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22130 del 27/09/2013 . 4.6 Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche in relazione al requisito della inerenza del bene o servizio alla attività economica, con alcune precisazioni. Occorre premettere che l'art. 17 della Direttiva Comunità Europea del 17/05/1977 n. 388 - nel testo vigente ratione temporis - dispone che 1. Il diritto a deduzione nasce quando l'imposta deducibile diventa esigibile. 2. Nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore a l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all'interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo . 4.7 In relazione al diritto alla detrazione d'imposta la giurisprudenza comunitaria ha tracciato le seguenti linee guida riassunte in modo esemplare nella motivazione della sentenza della Corte di Giustizia in data 6.9.2012 in causa C-496/11, Portugal Telecom SGPS s.a., che di seguito si trascrive, per le parti rilevanti ai fini della presente controversia 36 Affinché l'IVA sia detraibile, le operazioni effettuate a monte devono presentare un nesso diretto e immediato con le operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione. Così il diritto a detrarre l'IVA gravante sull'acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione v. sentenze Cibo Participations, cit., punto 31 del 26 maggio 2005, Kretztechnik, C-465/03, Racc. pag. I-4357, punto 35 dell'8 febbraio 2007, Investrand, C-435/05, Racc. pag. 1-1315, punto 23 Securenta, cit., punto 27, e SKF, cit., punto 57 . 37 Un diritto a detrazione è tuttavia ammesso a beneficio del soggetto passivo anche qualora non possa essere ricostruito un nesso immediato e diretto tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, quando i costi dei servizi in questione fanno parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, sono elementi costitutivi del prezzo dei prodotti o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso immediato e diretto con il complesso dell'attività economica del soggetto passivo v., in particolare, citate sentenze Kretztechnik, punto 36 Investrand, punto 24, e SKF, punto 58 . 4.8 Tali principi sono stati recepiti da questa Corte che, in punto di prova della inerenza del bene o servizio all'attività d'impresa, ai fini della detrazione IVA, ha enunciato il consolidato principio secondo cui l'art. 19, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, consentendo, per le operazioni passive, cioè per i beni o servizi importati o acquistati, al contribuente di portare in detrazione l'imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore o prestatore quando si tratti di acquisto effettuato nell'esercizio di impresa, richiede, oltre alla qualità di imprenditore dell'acquirente, l'inerenza del bene o servizio acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o servizio stesso, ed inoltre non introduce deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lasciando la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell'interessato, senza che la sussistenza dei predetti requisiti possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell'acquirente cfr. da ultimo Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16853 del 05/07/2013. Giurispr. Consolidata Corte cass. V sez. 27.7.2007 n. 16730 id. V sez. 17.2.2010 n. 3706 id. V sez. 31.1.2013 n. 2362 . Pur essendo chiara la regola del riparto, configurandosi la inerenza quale fatto costitutivo del diritto alla detrazione/rimborso IVA, tuttavia l'onere probatorio a carico del contribuente scatta laddove la contestazione della Amministrazione finanziaria sia logicamente argomentata, quanto meno su elementi obiettivi che inducano a sospettare che il bene od il servizio acquistato non sia destinato all'impiego nel ciclo produttivo od operativo della impresa, oppure quando il bene/servizio per le sue peculiari caratteristiche possa prestarsi a plurime utilizzazioni ad es. anche ad usi esclusivamente personali , od ancora quando dai dati riportati nei documenti commerciali e nelle scritture contabili della impresa, esibiti dallo stesso contribuente, non sia dato evincere, per l'assoluta genericità od imprecisione della descrizione del bene o servizio acquistato in relazione alla natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto della operazione art. 21 co. 2, n. 2, Dpr n. 633/72 nel testo vigente ratione temporis , il rapporto di strumentalità - in termini di inerenza od afferenza - del bene o servizio all'attività economica svolta dal soggetto passivo. Diversamente opinando, fondando la regola del riparto probatorio sulla mera contestazione immotivata del requisito della inerenza da parte Amministrazione finanziaria, verrebbe a legittimare condotte degli Uffici finanziari -ove non meramente emulative od arbitrarie - volte ingiustificatamente a destituire di qualsiasi rilevanza il documento-fattura , pur se il contribuente abbia correttamente e diligentemente adempiuto a tutti gli obblighi formali prescritti dalla normativa IVA ed anche nel caso in cui, né dal documento commerciale o dalla contabilità, né dalle concrete circostanze in cui è stata condotta la operazione, emergano obiettivi elementi di sospetto o di incertezza, risultando tale soluzione in palese contrasto con il principio di efficienza ed imparzialità cui deve conformarsi l'attività delle PP.AA 5. Tanto premesso in diritto rileva il Collegio che se, da un lato, la CTR non si è attenuta agli indicati principi, avendo del tutto omesso di indicare e vagliare la consistenza ex art. 2729 c.c. degli eventuali elementi indiziari offerti dall'Ufficio finanziario dimostrativi della oggettiva inesistenza delle prestazioni di servizi fatturate a TECNOMEC S.r.l. appare significativo in proposito che la resistente, nel controricorso, afferma di aver contestato la inesistenza dei servizi, omettendo però di individuare gli elementi circostanziali specifici convergenti nella prova presuntiva della fittizietà delle operazioni, che sembrerebbero esaurirsi nel mero atteggiamento psicologico del naturale sospetto che colpisce le operazioni infragruppo controric. pag. 3 nonché della antieconomicità del valore attribuito alle prestazioni erogate od ancora della non riferibilità dei servizi di fatturazione, controllo di gestione, certificazione di qualità alle esigenze organizzative e d'impresa di TECNOMEC s.r.l. difetto di inerenza , dall'altro lato la motivazione svolta dalla CTR per disconoscere il diritto alla detrazione IVA risulta manifestamente contraddittoria laddove a inizialmente i Giudici di appello affermano che costituiscono fatto incontestato e dunque escluso dal thema probandum i rapporti economici intercorsi tra le tre società del gruppo, e poi al contrario – contraddittoriamente - imputano alla società ricorrente di non aver assolto alla prova della effettività delle prestazioni di servizi ricevute da TECNOMEC s.r.l. ed eseguite dal personale dipendente delle altre società b da un lato i Giudici di seconde cure escludono la detrazione IVA per mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte della società contribuente - peraltro in violazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte - della inerenza e congruità dei servizi e per la inattendibilità del criterio di ripartizione fondato sulle schede orarie di lavoro, presupponendo quindi la oggettiva esistenza ed esecuzione delle prestazioni di servizi dall'altro, invece, riconducono – contraddicendosi - la indebita detrazione IVA alla mancata prova proprio della stessa oggettiva esistenza delle operazioni economiche. 6. La sentenza impugnata va, quindi, cassata ricorrendo il vizio di contraddittorietà della motivazione, in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 25984 del 22/12/2010 . 7. La sentenza di appello incorre altresì nel vizio di insufficienza motivazionale, nella parte in cui ritiene inadeguato , in quanto privo di certezza ed oggettività, il criterio di determinazione dei costi stabilito dalle società del gruppo, in luogo della applicazione di altri criteri di ripartizione della spesa indicati dall'Ufficio. 7.1 Osserva il Collegio che in generale deve ravvisarsi il vizio di carenza di motivazione tutte le volte in cui la sentenza non dia conto dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione cfr. Corte Cass. V sez. 16.7.2009 n. 16581 id. I sez. 4.8.2010 n. 18108 e dunque non consenta la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, non evidenziando gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione cfr. Corte Cass. V sez. 10.11.2010 n. 2845 ed impedendo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice cfr. Corte Cass. III sez. 3.11.2008 n. 26426, con riferimento al ricorso ex art. 111 Cost. id. sez. lav. 8.1.2009 n. 161 . 7.2 La CTR reputa meno alterabili idest meno permeabili a manovre elusive il criterio di ripartizione infragruppo delle spese basato sul volume di affari di ciascuna società ovvero sul numero delle fatture emesse , ma tale considerazione, se può costituire un suggerimento per il soggetto economico in ordine alla preferenza da accordare ad uno o più tra i criteri di ripartizione dei costi che possono essere adottati dal gruppo societario, non è ex se certamente in grado di chiarire le ragioni per cui il criterio di ripartizione prescelto nel caso di specie deve ritenersi in concreto inidoneo a determinare la corretta allocazione dei costi su ciascuna società che usufruisce dei servizi infragruppo. 7.3 La indicata carenza motivazionale, in realtà, deriva dall'errato modo logico di procedere dei Giudici di merito in quanto, a ben vedere, la questione della adeguatezza del metodo di ripartizione costi applicato nel gruppo calcolo del costo dei servizi prestati dal personale dipendente mediante conteggio delle ore lavorate dai singoli dipendenti, criterio che, per inciso, avuto riguardo alla tipologia di servizi erogati, non potrebbe essere sostituito - come ipotizza la CTR - con altri criteri fondati sulla misurazione del numero o delle quantità dei prodotti lavorati , viene ad essere sovrapposta alla diversa questione, esaminata in precedenza, del mancato assolvimento da parte della contribuente dell'onere della prova della esistenza, congruità ed inerenza delle operazioni in sostanza la tesi sostenuta dai Giudici di appello si risolve interamente nell'affermazione non dimostrata logicamente che le schede-lavoro non costituiscono prova della effettività delle prestazioni di servizi erogate dal personale dipendente di CAST s.r.l. e di TH s.r.l., ma in tal modo la motivazione entra in cortocircuito, in quanto, come si è visto, l'onere probatorio della esistenza della operazione grava sulla società soltanto ove l'Amministrazione finanziaria abbia fornito la prova anche presuntiva della mancanza di corrispondenza tra rappresentazione cartolare e realtà effettuale della operazione sottostante, prova della quale la motivazione della sentenza non fornisce alcuna indicazione, né alcuna traccia di esame da parte dei Giudici di merito. 8. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto ai motivi secondo, terzo, quarto e quinti, assorbito il primo, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Commissione tributaria della regione Val d'Aosta affinché, attenendosi ai principi di diritto enunciati in motiva ai paragrafi 4.2, 4.5 e 4.8, provveda al nuovo esame delle risultanze istruttorie emendando i vizi logici riscontrati e liquidando all'esito anche le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria della regione Valle D’Aosta, Valle D’Aosta, affinché, attenendosi ai principi di diritto enunciati in motiva ai paragrafi 4.2,4.5 e 4.8, provveda al nuovo esame delle risultanze istruttorie emendando i vizi logici riscontrati e liquidando all'esito anche le spese del presente giudizio.