Ristrutturazione del debito: l’accordo con l’Erario non implica la “fine dei giochi”

Un accordo di ristrutturazione del debito, ai sensi dell’art. 182- bis l.fall., avvenuto quattro anni dopo il periodo di imposta rispetto al quale sarebbe stato commesso il reato tributario non è atto a dimostrare, di per sé, che in tale periodo fosse già necessaria una ristrutturazione concordata e, di conseguenza, che il sequestro preventivo sia incompatibile con l’accordo stesso.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27451, depositata il 24 giugno 2014. Il caso. Nel dicembre 2013, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere confermava il decreto di sequestro preventivo nei confronti di un imputato per il reato di omesso versamento di ritenute per il periodo 2009. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che il reato sarebbe stato scriminato da forza maggiore per illiquidità della sua società. Inoltre, nel febbraio 2013, era stato raggiunto un accordo di ristrutturazione con l’Erario, ai sensi dell’art. 182- bis l.fall. accordi di ristrutturazione dei debiti , includente anche il periodo di imposta 2009. Ciò sarebbe incompatibile con il sequestro ex art. 322- ter c.p. perché questo inciderebbe sulla pianificazione economica posta a base dell’accordo. La crisi non era totale. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione confermava il percorso logico seguito dai giudici di merito, i quali avevano ritenuto che la situazione di difficoltà economica della società emergente dalla documentazione allegata all’accordo di ristrutturazione del debito non attestava una carenza assoluta di liquidità, dovuta a fattori gravi e imprevedibili, tale da incidere in termini negativi sulla configurabilità del fumus del reato. Infatti, l’accordo di ristrutturazione era intervenuto solo nel 2013 e non conteneva specifici elementi idonei a ricostruire lo stato finanziario della società nel periodo contestato, cioè il 2009. Inoltre, non erano emersi sufficienti elementi indiziari da cui desumere l’effettiva sussistenza, in tale anno, di crediti non pagati, l’ammontare di tali crediti e l’incidenza di essi sulle complessive disponibilità liquide della società nel 2009. Distanza temporale evidente. I giudici di legittimità sottolineavano, poi, che un accordo avvenuto quattro anni dopo il periodo di imposta rispetto al quale sarebbe stato commesso il reato non era atto a dimostrare, di per sé, che in tale periodo fosse già necessaria una ristrutturazione concordata e, di conseguenza, che il sequestro fosse incompatibile con l’accordo previsto dall’art. 182- bis l.fall Non poteva, quindi, stabilirsi alcuna connessione tra l’accordo del 2013 e la condotta dell’imputato del 2009, nonostante il primo avesse incluso anche tale periodo di imposta. Infatti, la condotta dell’imputato doveva valutarsi in relazione alla situazione in cui la sua impresa si trovava nel 2009, non incidendo ai fini della criminosità della condotta stessa eventi posteriori. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 24 giugno 2014, n. 27451 Presidente Squassoni – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16 dicembre 2013 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato richiesta di riesame presentata da O.M. - imputato, quale amministratore di SA. COM. Sri, del reato di cui all'articolo 10 bis d.lgs. 74/2000 per aver omesso il versamento di ritenute del periodo 2009 entro il 30 settembre 2010, termine per la dichiarazione annuale del sostituto d'imposta - avverso decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente fino alla somma di € 359.633 disposto dal gip dello stesso Tribunale in data 7 ottobre 2013. 2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di due motivi. Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 321 c.p.p., 322 ter c.p., 182 bis e 182 ter r.d. 267/1942. Il reato contestato sarebbe stato scriminato da forza maggiore per illiquidità della società. È stato inoltre raggiunto in data 21 febbraio 2013 un accordo di ristrutturazione con l'erario ex articolo 182 bis r.d. 267/1942 includente anche il periodo di imposta 2009, e questo sarebbe inconciliabile con il sequestro ex articolo 322 ter c.p. perché il suddetto sequestro incide sulla pianificazione economica posta a base dell'accordo. Il secondo motivo denuncia vizio motivazionale ex articolo 606, primo comma, lettera e c.p.p. e violazione delle stesse norme invocate nel primo motivo. Non sarebbero stati adeguatamente valorizzati i documenti difensivi dimostranti l'assenza del dolo, non vi sarebbe adeguata motivazione sul fumus commissi delicti mancherebbe motivazione anche sull'eccezione di costituzionalità fondata sul contrasto fra l'articolo 322 bis c.p.p. e gli articoli 182 bis e 182 ter r.d. 267/1942. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1 il primo motivo, formulato come violazione di legge, adduce che, affinché la condotta dell'agente abbia rilevanza penale, è necessario che l'omissione dell'adempimento dell'obbligo imposto sia congiunta alla volontà punibile, cioè alla coscienza e alla volontà di omettere il versamento dovuto. Nel caso di specie, questa non sussisterebbe, poiché la condotta sarebbe stata scriminata dalla forza maggiore rappresentata dalla situazione di acuta illiquidità, non riconducibile a mala gestio, in cui si sarebbe trovata l'impresa. Dunque, come emergerebbe dalla documentazione acquisita, il mancato pagamento della somma di € 359.633 deriva da una impossibilità oggettiva la quale avrebbe indotto l'imprenditore, che aveva correttamente adempiuto tutti gli obblighi di dichiarazione e comunicazione, a ricorrere al meccanismo di cui all'art. 182 bis r.d. 267/42 . Che sussistesse una situazione oggettivamente scriminante nel caso di specie è peraltro questione di fatto, in ordine alla quale, d'altronde, essendo stata la questione già addotta nella richiesta di riesame, il Tribunale ha espletato una valutazione specifica e logica, ritenendo che la situazione di difficoltà economica della società emergente dalla documentazione allegata all'accordo di ristrutturazione del debito - salvo l'approfondimento che in seguito da effettuarsi anche ai fini di prova dell'elemento soggettivo nelle sedi di merito - non attesta una carenza assoluta di liquidità, dovuta a fattori gravi e imprevedibili, tale da incidere in termini negativi sulla configurabilità del fumus del reato in quanto da un lato l'accordo di ristrutturazione è intervenuto solo nel 2013 e non contiene specifici elementi idonei a ricostruire lo stato finanziario della società nel periodo contestato anno 2009 , e dall'altro non emergono sufficienti elementi indiziari dai quali desumere l'effettiva sussistenza, in quell'anno, di crediti non pagati, l'ammontare di tali crediti e l'incidenza di essi sulle complessive disponibilità liquide della società nel periodo considerato motivazione, pagina 2 . 3.2 Questi rilievi del giudice di merito valgono a privare di consistenza anche l'ulteriore doglianza inclusa nel primo motivo in esame, e cioè che la disposizione del sequestro sarebbe distonica rispetto all'accordo di ristrutturazione stipulato con l'Amministrazione Finanziaria è chiaro che un accordo avvenuto quattro anni dopo il periodo di imposta rispetto al quale sarebbe stato commesso il reato non è atto a dimostrare di per sè che in tale periodo fosse già necessaria una ristrutturazione concordata, e quindi che il sequestro sia incompatibile con l'applicazione dell'articolo 182 bis r.d. 367/1942. La questione, peraltro, viene ripresa dal ricorrente nel secondo motivo, nel quale, dopo avere censurato l'ordinanza ex articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p per pretesa mancanza di adeguata considerazione di vari elementi probatori a favore della difesa - e questa censura non può che disattendersi, trattandosi di fattispecie cui è applicabile l'articolo 325 c.p.p. e nella quale quindi non è denunciabile un vizio motivazionale attinente al contenuto della motivazione, bensì solo il radicale difetto della mancanza assoluta ovvero apparenza, cioè contenuto meramente assertivo o rappresentato da formule di stile di un apparato motivazionale, che vale come violazione di legge ex articolo 125, comma 3, c.p.p. cfr. tra i più recenti arresti Cass. sez. VI, 10 gennaio 2013 n. 6589 Cass. sez. V, 1 ottobre 2010 n. 35532 e Cass. sez. VI, 20 febbraio 2009 n. 7472 - , viene riproposta come assenza di motivazione la questione della pretesa illogicità sistemica nel rapporto tra gli articoli 322 ter c.p.p. e 182 bis-182 ter r.d. 267/1942 in relazione agli articoli 35 ss. Cost. Al riguardo, non può non ravvisarsi nell'ordinanza impugnata una motivazione implicita, poiché, come si è visto, il Tribunale ha evidenziato come non sia configurabile nel caso di specie alcuna connessione tra accordo di ristrutturazione del 2013 e condotta dell'imputato in relazione al periodo di imposta 2009, non potendosi questa connessione desumere semplicemente nel fatto che l'accordo di ristrutturazione include anche tale periodo di imposta. Ciò logicamente perché la condotta dell'imputato deve valutarsi in relazione alla situazione in cui la sua impresa si trovava nell'anno 2009, non incidendo ai fini della criminosità della condotta stessa eventi posteriori, che possono essere stati eventualmente gli unici a giustificare poi l'inclusione nel suddetto periodo di imposta nell'accordo ristrutturante di quattro anni dopo. Il che significa, al di là della considerazione sul contenuto della eccezione di illegittimità costituzionale, ovvero della verifica della sua non manifesta infondatezza eccezione peraltro formulata in modo assai generico, sulla base di un complessivo richiamo agli articoli 35 ss. Cost. , che il Tribunale ha escluso la rilevanza della eccezione nel caso in esame. Esclusione che, a tacer d'altro, vista la sua concreta conformazione non può che essere fondata su una valutazione di fatto - come già più sopra si è rimarcato - espletata appunto dal giudice di merito sulla inesistenza di elementi indiziari atti a correlare la condotta tenuta dall'imputato in rapporto al periodo di imposta 2009, contestata come criminosa, con la stipulazione dell'accordo con l'erario, e dunque sull'addotta conflittualità intrinseca tra la cautela reale penale e il suddetto accordo di ristrutturazione tributaria. Anche il secondo motivo deve pertanto disattendersi. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.