Sull’Amministrazione finanziaria incombe l’onere di motivare l’atto impositivo dando atto delle ragioni che giustificherebbero il carattere anomalo della sequenza contrattuale contestata, mentre al contribuente spetterebbe dimostrare l’esistenza di un contenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale.
Il caso. L’Amministrazione finanziaria emetteva un avviso di accertamento a fini IRPEG e IRAP per il periodo di imposta 2001-2002 a carico della società holding di un gruppo specializzato nella produzione di macchinari industriali fondando la rettifica sull’articolo 37 bis, d.p.r. numero 600/1973. La sequenza contrattuale asseritamente elusiva era la seguente acquisto delle azioni di una società lussemburghese svalutazione della partecipazione utilizzo della minusvalenza per abbattere l’utile d’esercizio. Il ricorso della società contribuente era accolto dal giudice di prime cure, con sentenza ribaltata in appello. Secondo la Commissione Tributaria Regionale, l’acquisizione di una società «ben lungi dal poter realizzare un miglioramento economico» era stata posta in essere per garantire alla holding la riduzione del proprio risultato economico, apparendo l’obiettivo di ristrutturazione del gruppo «meramente marginale se non del tutto assente». Nella sentenza numero 4604 del 2014, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione cassa con rinvio la pronuncia impugnata perché viziata nella motivazione. L’esimente delle “valide ragioni economiche”. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la sequenza contrattuale non ha natura elusiva «quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell’operazione medesima ma possono rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda» Cass., sez. Trib., numero 1372/2011, citata in motivazione . In base a tale orientamento, al contribuente sarebbe precluso il conseguimento di vantaggi fiscali in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che siano, rispetto al primo, «alternative o concorrenti» e «di carattere non meramente marginale o teorico» Cass., sez. Trib., numero 1465/2009 . La Corte di Cassazione si è talora spinta oltre fino a tacciare di elusione qualsivoglia risparmio di imposta, confondendo la condotta abusiva con il compimento di operazioni finalizzate essenzialmente al perseguimento di un vantaggio tributario Cass., sez. Trib., numero 9476/2010 e così cancellando il confine tra il lecito risparmio d’imposta e l’avversata elusione tributaria, con conseguente lesione del principio della libertà di iniziativa economica ex articolo 41, comma 1, Cost Al contrario di quanto sostenuto dal Giudice di legittimità, la dimostrazione dell’esistenza di valide ragioni economiche opera soltanto come causa di giustificazione, escludendo che siano inopponibili all’Amministrazione finanziaria quelle operazioni che siano poste in essere strumentalizzando le norme in senso contrario alla loro ratio, ma che, nonostante il carattere indebito del vantaggio tributario, siano sorrette anche da un interesse economico diverso dall’abbattimento del carico fiscale. Più sensibile si è dimostrato il Conseil Constitutionnel Conseil Constitutionnel, decisione numero 2013-685 DC del 29dicembre 2013 quando è stato chiamato a valutare la clausola antielusiva generale esistente nell’ordinamento francese. Il Collegio ha infatti ritenuto contrarie alla Costituzione francese le modifiche introdotte alla definizione di abuso di diritto ex articolo L64 del Livre des procédures fiscales cfr. § § 112 – 119 della decisione . In base alla disciplina censurata articolo 100 Loi de Finances 2014 , l’abuso del diritto consisterebbe non più negli atti che non possono essere giustificati da nessun altro motivo se non quello «n’ont pu être inspirés par aucun autre motif que celui» di annullare o attenuare il carico fiscale, ma negli atti che hanno per ragione principale «ont pour motif principal» il risparmio fiscale secondo il Conseil Constitutionnel dalle modifiche legislative oggetto di vaglio preventivo sarebbe derivato un ingiustificato incremento del margine di discrezionalità riconosciuto all’Amministrazione finanziaria. La ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Strettamente connesso è il problema della corretta ripartizione dell’onus probandi tra ufficio procedente e contribuente. La Suprema Corte si è espressa anche su questo profilo, statuendo che sull’Amministrazione finanziaria incombe l’onere di motivare l’atto impositivo dando atto delle ragioni che giustificherebbero il carattere anomalo della sequenza contrattuale contestata, mentre al contribuente spetterebbe dimostrare l’esistenza di un contenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale Cass., sez. Trib., numero 1372/2011 . Nel caso di specie, il contribuente aveva indicato nel proprio ricorso le cosiddette «valide ragioni economiche», dimostrando che l’acquisizione delle partecipazioni rientrasse in un più ampio progetto di riorganizzazione del gruppo. La sentenza impugnata viene cassata con rinvio per vizio di motivazione. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice del gravame, limitandosi ad affermare che «l’invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente, non ha dato debitamente conto della ritenuta mancanza di valide ragioni economiche a fronte di dettagliate e circostanziate rilievi formulati dal contribuente nel ricorso introduttivo e ribadite in sede di appello».
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 9 maggio 2013 – 26 febbraio 2014, numero 4604 Presidente Cappabianca – Relatore Greco Svolgimento del processo La spa F. prepone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche che, accogliendo l'appello dell'Agenzia delle entrate, ha ritenuto legittimo l'avviso di accertamento, ai fini dell' IRPEG e dell'IRAP per il periodo d'imposta 2001-2002 con il quale veniva contestata la natura elusiva, ai sensi dell'articolo 37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, dell'operazione costituita dall'acquisto per euro 139.203,94 del 51% delle azioni della società greca M. dalla P.I. s.a. con sede in Lussemburgo, e dalla successiva svalutazione di tale partecipazione, all'esito di una perizia diretta a determinarne il valore, quale minusvalenza addebitata nell'esercizio in corso al 31 dicembre 2001 ciò, secondo la contestazione dell'ufficio, in mancanza di valide ragioni economiche, essendo gli atti e i fatti svoltisi in prossimità di quella data effettuati solo per realizzare un risparmio di imposta. Secondo il giudice d'appello l'iter seguito nell'operazione fatta dalla F. in Italia, preceduta da un trasferimento oneroso, e con la partecipazione - in una società che appare, da quanto si desume in atti, ben lungi dal poter realizzare un miglioramento economico - subito dopo svalutata, era diretto al vantaggio fiscale, delineandosi nell'operazione stessa l'assenza di valide ragioni economiche, in violazione delle disposizioni antielusive di cui all'articolo 37 bis sopra citato. Le deduzioni dell'ufficio con le quali analizza il sistema fiscale lussemburghese attraverso il supporto documentale prodotto. La cessione della partecipazione, la svalutazione ed il successivo utilizzo della minusvalenza verificatasi portata in diminuzione del reddito conseguito dalla F. conduce a ritenere abusiva la pratica contrattuale in contestazione nella convinzione che la realizzata minusvalenza ha cane scapo principale quello di realizzare un risparmio di imposta attraverso una riduzione dell'utile di esercizio da assoggettare a tassazione. L'invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente . L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Motivi della decisione Il primo motivo, con il quale la società contribuente denuncia la violazione dell'articolo 37 bis del d.P.R. numero 600, si chiude con il seguente quesito di diritto considerato che nella fattispecie la società ricorrente ha acquistato dalla consociata lussemburghese una partecipazione in relazione alla quale ha successivamente proceduto ad una svalutazione fiscalmente rilevante, dica se la disposizione in rubrica sia applicabile nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario italiano, come ritiene la ricorrente, o anche nei casi di aggiramento di obblighi e divieti previsti da ordinamenti tributari esteri, come ritenuto dai giudici di secondo grado nel caso di specie il divieto di deduzione della minusvalenza da svalutazione sarebbe previsto dall'ordinamento tributario lussemburghese . L'illustrazione del secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia vizio di motivazione, si conclude con il seguente momento di sintesi nell'ambito del presente giudizio, vertente sulla presunta elusività di un' operazione d'acquisto e di successiva svalutazione di una partecipazione, costituisce un fatto decisivo e controverso il conseguimento o meno di un risparmio di imposta da parte del contribuente ed integra pertanto il vizio di emessa motivazione la mancata spiegazione delle ragioni per le quali la normativa italiana applicabile all'acquirente sarebbe stata più favorevole di quella lussemburghese applicabile al venditore . Le due censure, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente legate, devono essere disattese, perché non investano la ratio decidendi della sentenza impugnata. In quest'ultima non si rinviene infatti l'affermazione, ritenuta erronea dalla società contribuente, secondo cui la norma dell'articolo 37 bis del d.P.R. numero 600 del 1973 troverebbe applicazione anche nei casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti da ordinamenti tributari esteri nel caso di specie il divieto di deduzione della minusvalenza da svalutazione sarebbe previsto dall'ordinamento tributario lussemburghese , e non, invece, nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario italiano come ritiene la ricorrente . Né una siffatta lettura della motivazione della sentenza impugnata trascritta sopra in forma pressoché integrale , posta in relazione con lo svolgimento del processo, sembra essere autorizzata dal cenno, tra le deduzioni dell'ufficio, a quelle con la quale esso analizza il sistema fiscale lussemburghese attraverso il supporto documentale prodotto . Correlativamente, con riguardo alla seconda censura, la ora riscontrata mancanza nella sentenza dell'affermazione secondo cui la normativa italiana applicabile all'acquirente sarebbe stata più favorevole di quella lussemburghese applicabile al venditore , non consente di ravvisare il vizio di motivazione individuato dalla ricorrente nella mancata spiegazione delle ragioni di un siffatto maggiore favore. Con il terzo motivo la società contribuente, con riguardo alla presunta elusività dell'operazione di acquisto della partecipazione, sostiene che costituirebbe un fatto decisivo e controverso la sussistenza o meno di valide ragioni economiche ed integrerebbe pertanto il vizio di insufficiente motivazione la vacua ed apodittica locuzione in cui si esaurirebbe l'esame dei giudici di d'appello , secondo cui l'invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente . Il motivo è fondato. Questa Corte ha chiarito come il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta, in difetto di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse alla mera aspettativa di quei benefici. Ne consegue che il carattere abusivo di un'operazione va escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell'operazione medesima ma possano rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda in applicazione del riportato principio, la S.C. ha negato potesse essere riconosciuto il carattere abusivo di una complessa operazione di trasferimento di un pacchetto azionario di una società facente capo ad un gruppo multinazionale ad altra società del gruppo, con l'assunzione di notevoli impegni economici per il finanziamento dell'operazione e con conseguente riduzione del carico fiscale, solo perché lo stesso risultato economico avrebbe potuto raggiungersi attraverso un'operazione di fusione, essendo peraltro non contestate dall'amministrazione finanziaria le necessità organizzative volte ad una gestione unitaria di uno dei settori di attività del gruppo Cass. numero 1372 del 2011 . Nel caso in esame, a fronte di dettagliate e circostanziate controdeduzioni all'appello della contribuente, rilievi del resto già svolti con l'atto introduttivo - le une e gli altri ampiamente trascritte nel motivo di ricorso -, dirette a dimostrare come l'acquisizione della partecipazione nella società greca M. non fosse operazione isolata, ma rientrasse in un ben più ampio progetto di riorganizzazione strutturale e funzionale del gruppo P. - del quale la ricorrente era capogruppo - , progetto riconosciuto dallo stesso ufficio accertatore, che nell'avviso menzionava tra l'altro l'acquisizione di una ulteriore partecipazione in altra società greca, l'affermazione del giudice d'appello secondo cui l'invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente si appalesa come insufficiente, in quanto inadeguata a dar conto della esclusione della ricorrenza di valide ragioni economiche alla base dell'operazione. La censura va pertanto accolta, mentre vanno rigettati il primo ed il secondo motivo, la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche. P.Q.M. Accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, Ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.