Accertamento valido se notificato prima dei 60 giorni

E’ valido l’accertamento notificato prima dello scadere del termine di 60 giorni concesso al contribuente per comunicare osservazioni e richieste all’ente impositore.

La SC, con la sentenza n. 11944 del 13 luglio 2012, ha ritenuto che è lecito tale accertamento anche senza che il fisco indichi le particolari ragioni d’urgenza, atteso che il contribuente può agire in via amministrativa in sede giurisdizionale chiedendo l’annullamento dell’atto. Accertamento norme e garanzie del contribuente . L’art. 39, Dpr. n. 600/1973 disciplina il potere di accertamento dell’ufficio finanziario. Quest’ultimo, in presenza di irregolarità contabili meno gravi di cui al primo comma del citato art. 39, può procedere ad accertamento analitico, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, mentre allorché riscontri un’inattendibilità globale delle scritture è autorizzato ai sensi del successivo secondo comma a procedere al metodo induttivo. Lo Statuto del contribuente, approvato con legge 27 luglio 2000, n. 212, contiene alcune espresse garanzie a favore del contribuente sottoposto a verifica fiscale. In particolare, l’art. 12, comma 7, fissa alcuni precisi limiti all’attività di accertamento degli Uffici disponendo un’ulteriore garanzia a favore del contribuente, nei cui confronti siano stati eseguiti accessi, ispezioni e verifiche, il quale può comunicare all’ufficio, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate in ordine ai dati ed elementi su cui si fonderà l’atto impositivo. L’accertamento non può essere emesso prima della scadenza di detto termine, fatta eccezione per situazioni di particolare urgenza da motivare. Tale disposizione, che non contempla alcuna sanzione in caso di violazione, prevede una sorta di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’accertamento. Nel caso specifico viene a realizzarsi una forma di partecipazione precontenziosa finalizzata a tutelare sia il contribuente che l’ufficio, atteso che quest’ultimo potrebbe ritenere non fondato l’eventuale avviso di accertamento. Sulla questione in esame, comunque, la SC ha espresso un orientamento difforme che se, da un lato, individua una invalidità conseguente alla violazione in esame tutte le volte in cui l’accertamento non contenga la motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione prima del termine, dall’altro pone in evidenza, come causa giustificativa, il fatto che la norma di cui trattasi non contiene alcuna sanzione per il mancato rispetto del termine, restando impregiudicato il diritto di difesa del contribuente cfr. Cass. 3 novembre 2010, n. 22320 . Il caso . L’ufficio finanziario, a seguito di un verbale della Guardia di Finanza, ha emesso nei confronti di una società alcuni avvisi di accertamento per il recupero a tassazione dell’IVA assolta sugli acquisti, ritenendo trattarsi di operazioni inesistenti poste in essere per frodare l’imposta. I ricorsi sono stati parzialmente accolti dalla CTP, decisione poi confermata dai giudici della CTR. In particolare, questi ultimi hanno ritenuto che la violazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 non comportava la nullità dell’accertamento La SC, accogliendo le motivazioni dell’ufficio, ha ritenuto che l’inosservanza del termine di 60 giorni, di cui al citato art. 12 non rende invalido l’accertamento emesso la norma, infatti, nel prevedere che l’accertamento non possa essere emanato prima della scadenza di tale termine, salvi i casi di particolare e motivata urgenza , impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione dell’atto impositivo. Tale norma non regola una siffatta omissione, atteso che la stessa si riferisce al contenuto dell’atto impositivo e non ai tempi della sua emanazione e non si occupa delle regole procedimentali. L’esistenza di tale requisito può essere dimostrata dall’ufficio e, viceversa, essere contestata, unitamente alle ragioni di merito, sia in via amministrativa con il ricorso in autotutela, quanto in via giudiziaria. La notifica dell’accertamento eseguita prima dei 60 giorni non ne determina la nullità. Se l’ufficio finanziario emette l’accertamento e il conseguente avviso di irrogazione delle sanzioni prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dallo Statuto del contribuente all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, questo non è nullo attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione e considerata la mancanza di specifica previsione normativa in tal senso Cass. 13 ottobre 2011, n. 21103 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 21 febbraio 13 luglio 2012, n. 11944 Presidente Pivetti – Relatore Sambito Svolgimento del processo Con distinti avvisi di accertamento, l'Agenzia delle Entrate di Firenze, basandosi su un pvc della Guardia di Finanza, ha recuperato a tassazione l’IVA assolta sugli acquisti dalla S.p.A, B. T., relativamente agli anni 2001 e 2002, oltre a sanzioni ed interessi, ritenendo trattarsi di operazioni soggettivamente inesistenti, poste in essere da società costituite al solo scopo di frodare l'IVA, interponendosi tra i reali fornitori e gli acquirenti nazionali. I ricorsi della Società contribuente, dopo esser stati riuniti, sono stati, in parte, accolti dalla CTP di Firenze, decisione, che, su impugnazione di entrambe le parti, è stata confermata con sentenza n. 52/1/10, depositata il 21.5.2010, dalla CTR della Toscana. I giudici d'appello hanno considerato che 1 la violazione del termine di cui all'art. 12, co 7, della L. n. 212 del 2000, non comportava la nullità dell'avviso d'accertamento, relativo all'annualità 2001, non essendo tale sanzione comminata dalla legge 2 l'imposta era indetraibile, perché relativa ad operazioni soggettivamente insussistenti, e le sanzioni inapplicabili in assenza di prova del dolo o della colpa grave, statuizioni tra loro non contraddittorie, per essere la detraibilità consentita ex artt. 9 e 21 del dPR n. 633 del 1972, in relazione ad operazioni, soggettivamente ed oggettivamente, effettuate 3 nel resto le doglianze della contribuente si limitavano a ribadire quanto già asserito in primo grado, senza apportare elementi nuovi o diversi. Per la cassazione della sentenza, ricorrono, in relazione alle statuizioni che le hanno viste soccombenti, in via principale, la Società, ed, in via incidentale, l'Agenzia delle Entrate. Motivi della decisione Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 del dPR n. 633 del 1972, 11 e 117 Cosi. 17 e segg. della Direttiva del Consiglio n. 77/388/CE e degli artt. 168 e segg. della Direttiva del Consiglio n. 2006/112/CE, la ricorrente afferma che la sentenza ha fatto malgoverno del principio, espresso dalla Corte di Giustizia UE, secondo cui la detrazione dell'IVA è ammessa anche nel caso in cui, nei passaggi a monte, sia stato posto in essere un comportamento illegittimo, purché il soggetto passivo non ne abbia avuto cognizione e/o non vi abbia prestato la propria adesione . Ne consegue che l'Amministrazione finanziaria non poteva limitarsi a dimostrare che il cedente è un soggetto fittizio, ma doveva, anche, provare la partecipazione del cessionario alla frode o, quanto meno, la sua consapevolezza. Col secondo motivo, la ricorrente, deducendo vizio di motivazione ex art 360, 1° co, n. 5 c.p.c, afferma che la CTR non ha in alcun modo spiegato l’iter logico giuridico che la ha condotta a ritenere certa l'inesistenza soggettiva delle transazioni contestate, C/pertanto, automatica l’indetraibilità dell'imposta,a prescindere dall'elemento psicologico del dolo o della colpa, né ha esplicitato gli elementi per i quali ha ritenuto irregolari le transazioni medesime, essendosi limitata, sbrigativamente, a condividere la sentenza di primo grado, senza affrontare nessuno degli argomenti esposti nell'atto d'appello, peraltro riassunti nei punti 3-9 della stessa sentenza. Ove ciò fosse avvenuto, prosegue la ricorrente, e si fossero valutate le fatture ed i documenti prodotti, la conclusione sarebbe stata diversa da quella adottata, sia rispetto alla natura dì cartiere delle Società fornitrici che avevano, solo, omesso di versare all'Erario l'imposta relativa alle operazioni poste in essere sia rispetto alla regolarità ed all'effettività delle operazioni di acquisto riferite al normale ciclo commerciale praticato da essa ricorrente. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, co 7, della L. 212 del 2000 21 septies della L. n. 15 del 2005 24 e 91 Cost., per avere la CTR ritenuto valido l'avviso d'accertamento, relativo all'anno 2001, ancorché notificato prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dallo Statuto del contribuente, senza che fossero esplicitati i motivi dell'urgenza. La ricorrente sostiene che l'inosservanza del termine dilatorio previsto dall'art. 12, co 7, della L. 212 del 2000, in assenza di particolare e motivata urgenza, comporta la nullità dell'atto impositivo, secondo il tenore letterale della norma, ed a garanzia del diritto di difesa e dei principi di buona amministrazione, indicati con l'ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 della Corte Cost. Con l'unico motivo del ricorso incidentale, l'Agenzia delle Entrate deduce, ex art 360, 1° co, n. 5 c.p.c., l'omessa motivazione del rigetto del motivo d'appello, con cui aveva censurato l'esclusione delle sanzioni per la mancata prova della partecipazione alla frode fiscale o della consapevolezza di essa, affermando che le sanzioni andavano riconnesse, invece, al fatto oggettivo della violazione della norma, senza alcun rilievo dell'elemento psicologico. Procedendo all'esame congiunto dei primi due motivi del ricorso principale, tra loro connessi, osserva la Corte che la giurisprudenza comunitaria -cui occorre anzitutto riferirsi, trattandosi di tributo armonizzato a livello europeo-, dopo aver affermato che il diritto alla deduzione previsto agli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, quale parte integrante del meccanismo dell'IVA, non può esser soggetto, in linea di principio a limitazioni v. C-354/03, C-355/03 e -484/03, Optigen Ltd , C-62/93, BP Soupergaz, punto 18, e C-I 10/98 Gabalfrisa, punto 43 , ha ritenuto che in presenza di una frode sull'IVA realizzata con una catena di successive cessioni, il cessionario ha il diritto di detrarre PIVA ove non sappia o non possa sapere sent. Optigen Ltd, cit punto 53 e segg. di essere coinvolto in un meccanismo fraudolento, ed a contrario il giudice nazionale deve negare il beneficio del diritto alla deduzione all'operatore che sapesse o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il proprio acquisto ad una operazione che si iscriveva in una frode all'IVA sent. C-439/04 Axel Kittel . Orbene, nel caso di specie, la CTR, dopo aver esposto le censure svolte nell'appello della contribuente, si è limitata, testualmente, ad affermare che sugli altri motivi della controversia dal n° 3 al n° 9 la società ribadisce quanto già asserito in 1° grado senza apportare elementi nuovi e diversi da quelli esaminati dai Giudici di 1° cure , motivazione, che, come riconosciuto dalla stessa ricorrente incidentale, non consente alla Corte né di verificare l'iter logico seguito al riguardo nel pervenire al rigetto dell'appello, nò di delineare, in modo sufficientemente completo -al fine di una corretta applicazione del diritto comunitario il quadro fattuale, che dovrà, pertanto, essere adeguatamente ricostruito dal giudice di rinvio. In conclusione, l'accoglimento della censura in punto di motivazione e l'obbligo dì applicare il diritto comunitario comportano la cassazione della sentenza, con assorbimento dell'unico motivo del ricorso incidentale, che verte in tema di sanzioni. Il terzo motivo è infondato. Non rileva in questa sede il problema generale relativo agli effetti derivanti dall'inosservanza del termine dì sessanta giorni, di cui all'art. 12, co 7, della L. n. 212 del 2000, concesso al contribuente per comunicare osservazioni e richieste agii uffici impositori la norma, infatti, nel prevedere che l'avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvi i casi di particolare e motivata urgenza impone un termine per l'esercizio dell'azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell'urgenza nell'emissione, anticipata, dell'atto impositivo. Una siffatta omissione non rientra, infatti, nell'ambito applicativo dell'art 7 della L. n. 212 del 2000, secondo cui gli atti dell'Amministrazione finanziaria devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dato che tale norma cosi come quella, specifica, dell'art 56 del dPR n. 633 del 1972 si riferisce al contenuto stesso dell'atto impositivo e non ai tempi della sua emanazione e non si occupa, in alcun modo, delle regole procedimentali, o pregiurisdizionali, secondo la denominazione della ricorrente. Deve, perciò, ritenersi che l'esonero dall'osservanza del termine di cui all'art. 12, co 7 della L. n. 212 del 2000 opera in concorrenza del requisito dell'urgenza nell'emissione dell'avviso, pure se di tale ragione non si fa menzione nella motivazione dell'avviso stesso in altri termini l'effetto derogatorio dell'urgenza sussiste ex se senza che sia a tal fine necessario che il fatto che la determini sia enunciato nell'atto impositivo, il quale, a norma del menzionato art 7 dello Statuto del contribuente, deve indicare esclusivamente le ragioni della pretesa tributaria. Resta da aggiungere che la sussistenza del predetto requisito può esser dimostrata dall'Ufficio e, viceversa, esser contestata, unitamente alle ragioni di merito, tanto in via amministrativa, col ricorso in autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge nel corso del giudizio. Nel caso in esame, l'esigenza di provvedere senza ritardo risulta in re ipsa dal fatto che era in scadenza, come dedotto dalla controricorrente, il termine di decadenza di cui all'art. 57 del dPR n. 633 del 1972 per l'accertamento relativo al periodo d'imposta 2001. La sentenza va, in conclusione, cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della CTR della Toscana, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il terzo, assorbito il primo ed il ricorso incidentale cassa e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR della Toscana.