L'autotutela ritarda: il Fisco deve risarcire il contribuente

di Leda Rita Corrado

di Leda Rita Corrado La fattispecie. Un contribuente proponeva ricorso contro una cartella esattoriale. Nelle more del giudizio, l'Amministrazione finanziaria, riconosciuto un errore contabile, rimborsava le somme iscritte a ruolo. Il contribuente citava in giudizio l'Ufficio procedente, chiedendo il risarcimento dei danni determinati dal ritardo con il quale l'Amministrazione finanziaria aveva soddisfatto la sua istanza di autotutela. La domanda veniva accolta dal Giudice di Pace. Nella sentenza del 3 marzo 2011, n. 5120, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell'Amministrazione finanziaria contro la pronuncia di merito. Neminem laedere vale anche per il Fisco. Riprendendo quanto statuito in altre pronunce di legittimità, la Corte di Cassazione ricorda che l'attività della Pubblica Amministrazione deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c., anche qualora si muova nel campo della pura discrezionalità in tal caso, i limiti esterni alla sua attività discrezionale sono rappresentati dai principi di legalità, nonché da quelli di imparzialità e buona amministrazione ex art. 97 Cost Il giudice ordinario può quindi accertare se la Pubblica Amministrazione abbia posto in essere o meno un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato il vulnus di un diritto soggettivo. Amministrazione finanziaria responsabile per l'inattività degli uffici. Il Collegio ritiene che la pronuncia impugnata abbia fatto buon governo di tali criteri, ravvisando nel comportamento dell'Amministrazione finanziaria una lesione del principio del neminem laedere. L'Ufficio procedente, infatti, nonostante le ripetute diffide del contribuente, non ha mai controllato la correttezza della rettifica, provvedendo alla cancellazione delle somme iscritte a ruolo solo dopo le ulteriori sollecitazioni del commercialista. Contribuente risarcito del danno economico subito. Il Giudice di merito osserva inoltre che, nel caso di specie, con il proprio comportamento l'Amministrazione finanziaria ha violato le più comuni regole di prudenza e di diligenza, cagionando al contribuente un danno economico. Il risarcimento deve coprire l'onorario del professionista, comprese le spese sostenute per le ripetute trasferte verso gli uffici dell'Amministrazione finanziaria.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 febbraio - 3 marzo 2011, numero 5120 Presidente Trifone - Relatore Spagna Musso Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 27.9.2005, G.F. conveniva in giudizio l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate di Patti, in persona del direttore pro tempore, e lo invitava a comparire innanzi al Giudice di Pace di Patti per l'udienza del. 25.11.2005. Premetteva l'attore che il Ministero delle Finanze, Agenzia delle Entrate Ufficio di Patti, gli aveva notificato, allo stesso, numero 4 avvisi di accertamento, con richiesta di imposte, soprattasse ed interessi, relativi agli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, per un importo complessivo di Euro 5.971.50 che tale somma, successivamente, era stata iscritta a ruolo e, in data 19.07.2002, gli era stata notificata la cartella esattoriale numero OMISSIS , emessa della Montepaschi Serit s.p.a., concessionario per la provincia di Messina che esso attore aveva proposto ricorso e l'Ufficio, dopo aver riconosciuto un errore contabile, aveva comunicato l'emissione di un provvedimento di rimborso delle somme iscritte a ruolo. Chiedeva i conseguenti danni e l'adito Giudice di Pace, con la decisione in esame depositata in data 29.6.2006, condannava l'Agenzia delle Entrate al risarcimento dei danni in favore dell'istante, liquidati in Euro 894,90, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo affermava in particolare detto Giudice che anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere previsto dall'art. 2043 c.c Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio .è ovvio che, nel caso di specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico al G., che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione . Ricorre per cassazione l'Agenzia delle Entrate con un unico motivo non ha svolto attività difensiva l'intimato G Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 2043 c.c. si afferma in particolare che il Giudice di Pace nel ritenere applicabile alla P.A. il principio del neminem laedere e che manca nella specie il carattere dell'ingiustizia del danno, in relazione al fatto che l'annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì come mera facoltà dell'amministrazione, con le conseguenze che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell'atto in positivo . Il ricorso è infondato e non merita accoglimento. Deve, innanzitutto, rilevarsi come del resto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte - tra le altre, Cass. nnumero 1191/2003 7531/2009 S.U. 261082007 che l'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte della stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanai principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenza stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale. Sul punto, il giudice di merito ha, sulla base del discrezionale potere valutativo ad esso spettante, ritenuta sussistente la violazione dell'art. 2043 c.c., affermando, con sufficiente e logica motivazione, che buon diritto ha il sig. G.F. di vedersi risarcito il danno causato dalla Pubblica Amministrazione. Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate di Patti ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate di Patti ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somma richieste. E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico al sig. G., che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione . Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della presente fase. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.