Un anniversario che è figlio di un altro e che si festeggia insieme ad un terzo compleanno. Sono giorni di festa per le Carte dei diritti in Europa. Colonia, giugno 1999. A seguito del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, celebrato il 10 dicembre 1998, il Consiglio europeo decise di avviare i lavori per la redazione di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che veniva solennemente proclamata, a Nizza, il 7 dicembre del 2000. Poco più di un mese prima, il 4 novembre dello stesso anno, compiva 50 anni la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione compie dunque venti anni e conserva intatto l’anelito trasformativo, se non rivoluzionario, proprio di ogni ventenne. Di più, ardono intensamente le braci del fervore costituzionale che ha caratterizzato i lavori preparatori in seno alla “Convenzione” che ha elaborato il testo della Carta. D’altronde, come si sa, le parole contano, e il termine Convenzione rimanda a quel laboratorio costituente che trova le sue radici nella Convenzione di Filadelfia del 1787 e nella Convenzione Nazionale francese del 1792, la prima Assemblea Repubblicana dopo la destituzione di Luigi XVI. Si aggiunga che la Convenzione che ha lavorato alla stesura della Carta era un organo di concezione innovativa nel sistema comunitario e di alta caratura rappresentativa, ad alto tasso di pluralismo istituzionale. Si è subito capito che quel “progetto”, questo era quanto testualmente si dava mandato di adottare alla Convenzione, sarebbe andato ben oltre il valore, che in tanti hanno sottostimato come esclusivamente politico o simbolico, della proclamazione solenne della Carta, sprovvista di una efficacia giuridica vincolante fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in un altro dicembre, quello del 2009. A fare subito capire, a tre mesi di distanza da quella proclamazione di Nizza, che una volta iniettato all’interno del sistema dell’Unione un vero e proprio bill of rights, quest’ultimo avrebbe iniziato ad entrare in circolo e a spiegare i suoi virtuosi effetti con riferimento ad un nuovo humus, prima di tutto culturale, melius, valoriale che avrebbe rinnovato il linguaggio dei diritti fondamentali in Europa è stato l’allora Avvocato Generale Antonio Tizzano. L’8 febbraio del 2001 il Professore, firmando delle Conclusioni dell’8-2-2001, causa C-173/88, Bectu con cui, richiamando, tra i primissimi, la Carta ed, in particolare, il diritto a periodi di riposo da parte del lavoratore, mandava un messaggio chiaro non solo alla Corte di Lussemburgo, ma direi anche al sistema istituzionale dell’Unione nel suo complesso al di là dell’assenza dello status formale non vincolante, non poteva negarsi la portata sostanziale, assai più che simbolica, di bussola assiologica della Carta. Da li in poi i riferimenti alla Carta da parte di Avvocati generali, Commissione e Parlamento europeo si sono amplificati e quando, nel 2006 Corte di giustizia, Grande sezione, 27-6-2006, causa C-540/03 , la Corte di giustizia ne faceva finalmente espresso riferimento, è apparso chiaro a tutti che, stante la progressiva acquisizione della portata assiologico sostanziale prima evocata, fosse diventato quasi astratto il problema della sua formalizzazione. Formalizzazione che però finalmente arrivava, come si diceva, a dicembre del 2009, in concomitanza con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e qualcosa, certamente, cambiava. La Corte di giustizia aveva finalmente un parametro para-costituzionale vincolante. La Carta non era più solo una bussola, ma anche un “grimaldello” che consentiva ai giudici di Lussemburgo di poter fare una valutazione assai più sistematica della possibile contrarietà della legislazione europea al catalogo dei diritti fondamentali dell’Unione. Non è una coincidenza che le decisioni di annullamento di fonti di diritto derivato per contrasto con la Carta diventino assai più frequenti. La Corte di giustizia può finalmente operare come una Corte costituzionale dell’Unione che, alla luce del suo parametro di riferimento, decide sulla conformità o meno rispetto a quest’ultimo dell’oggetto del giudizio. Quindi, sicuramente, qualcosa muta nel dicembre del 2009. Ciò che invece non è cambiato con la formalizzazione dello status della Carta, nonostante premature dichiarazioni di “morte annunciata”, è il ruolo delle trazioni costituzionali comuni che nonostante e, in alcuni casi, proprio grazie a ciò che avrebbe dovuto decretare la loro scomparsa, vale a dire la codificazione di un bill of rights europeo, continuano ancor oggi ad avere un impatto cruciale nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Accanto a ciò che sicuramente è cambiato e ciò che invece non è stato intaccato dal momento della scrittura, vi è anche un processo graduale di evoluzione del costituzionalismo europeo che la Carta sta sicuramente alimentando. Si fa riferimento all’applicazione orizzontale dei diritti fondamentali. Applicazione che, in passato, ha riguardato, assai prima dell’adozione della Carta, alcune norme dei Trattati ed oggi la Corte di giustizia è sempre più orientata ad estendere a molti articoli della Carta stessa. Ciò non deve stupire, se si riflette sul codice genetico caratterizzante lo spirito del costituzionalismo europeo alla cui base risiede il meta-principio di dignità umana, che si rintraccia come elemento fondamentale nel Preambolo e nel Titolo I della Carta e che, più in generale, plasma sin dalle fondamenta detto spirito in reazione a quell’annichilimento della dignità che ha caratterizzato il periodo totalitarismi a autoritarismi in Europa, nel “Secolo Breve” E.J. Hobsbawm, Il secolo breve 1914-1991 . Perché il costituzionalismo, anche quello europeo, di cui la Carta dei diritti fondamentali è uno dei fiori all’occhiello, è sempre, allo stesso tempo, sia una reazione ad un preesistente abuso di potere o ad una ormai compiuta violazione di un diritto sia una promessa che tali abusi e violazioni possano non ripetersi più un domani.