Lecita la videosorveglianza dei dipendenti per la tutela di beni aziendali

La Grand Chambre ha ritenuto lecita la videosorveglianza dei dipendenti, sospettati di essere infedeli ai loro doveri nei confronti del datore per aver commesso gravi irregolarità sul lavoro, se finalizzata alla tutela dei beni aziendali e degli interessi del datore, purchè siano rispettati pochi e tassativi criteri tra cui consenso informato, garanzie contro gli abusi, minima interferenza nella privacy dei lavoratori ed i lavoratori siano stati preavvertiti di questo controllo a distanza.

È quanto affermato dalla GC di ieri nel caso Lopez Ribalda ed altri comma Spagna ricomma 1874/13 nel confermare la validità probatoria dei filmati di videosorveglianza, la Corte ha escluso che questa sia un’illecita intrusione nella privacy dei dipendenti, come avevano invece asserito le sezioni semplici della CEDU nella sentenza di primo grado del 9/1/18 di cui si veda il commento Limiti alla videosorveglianza dei dipendenti, ma le riprese rilevano ai fini del licenziamento relativa al licenziamento disciplinare di cinque cassieri di un supermercato. Il datore aveva installato videocamere a fronte di ingenti ammanchi di cassa e furti per tutelarsi e così li aveva colti in flagrante. Quando è lecita la videosorveglianza dei lavoratori? Il COE e l’UE hanno adottato proprie norme sulla tutela della privacy Convenzione del 1985 e Direttiva 95/46/CE e regole specifiche sulla videosorveglianza Dossier del Comitato Venezia del 2007, Raccomandazione 5/15 del Consiglio dei Ministri del COE, pareri 8/01 e 4/04 del Gruppo di lavoro dell’UE sulla tutela dei dati . Da esse emerge che la videosorveglianza dei dipendenti id est ogni forma di controllo a distanza del dipendente compresa la sua corrispondenza privata, l’uso dei beni aziendali, la sua attività sui social networks etc. è vietata, salvo in rari e tassativi casi in cui necessita tutelare i beni aziendali v. art. 6 GDPR , come nella fattispecie, purchè sia stata concordata con i sindacati aziendali, i lavoratori siano stati avvertiti installazione, modalità di raccolta, trattamento, conservazione ed uso dei dati personali etc. e sia rispettata la loro privacy non possono essere messe telecamere nelle aree di socializzazione dei dipendenti mensa, bagni, spogliatoio, aree di svago etc. , siano offerti loro appropriate garanzie contro abusi consenso informato etc. e abbiano la possibilità di esperire reclami od altri rimedi interni contro gli stessi ed il trattamento illecito dei loro dati. Deve, poi, essere una misura proporzionata a questo scopo tutela dei beni aziendali e degli interessi del datore e temporanea. Lo Stato in materia vede ridotto il suo margine discrezionale dovendo rispettare le direttive comunitarie ed internazionali e deve adottare un quadro normativo in materia che rispetti, oltre a tali norme, la prassi fornita dai tribunali indipendenti. La prassi della CEDU e della CGUE, in linea con queste disposizioni, la vieta, anche se in un caso, pur ravvisando una deroga alla sua privacy, ha consentito di usare il dossier di un detective dell’assicurazione contro l’assicurato Barbulescu comma Romania [GC], Antovic e Markovic comma Montenegro e Vukota-Bojic comma Svizzera nei quotidiani del 5/09 e 28/11/17 e 18/10/16 EU C 2017 970 e 2014 2428 . In breve, il datore è legittimato ad installare sistemi di videosorveglianza per tutelare i propri interessi personali ed aziendali laddove abbia il sospetto di un’azione concordata di una pluralità di dipendenti contro i suoi interessi in violazione dei loro doveri e tale da ingenerare un clima di sfiducia reciproca sul luogo di lavoro. Non è lecita se la sospetta infedeltà riguarda un solo lavoratore. Infine, si noti che trattandosi di una questione tra privati lo Stato non ha responsabilità sulla videosorveglianza dovendosi solo limitare ad offrire garanzie e mezzi a tutela della privacy punendo le eventuali trasgressioni nelle opportune sedi. Lecito licenziare i dipendenti infedeli. Nella fattispecie la sorveglianza a distanza era lecita perché aveva rispettato i suddetti criteri, era stata di breve durata e le telecamere erano posizionate in spazi pubblici in cui la tutela della privacy era ragionevolmente affievolita. Inoltre la GC ha ritenuto la legge spagnola sulla videosorveglianza molto rigorosa ogni misura in tal senso deve essere compatibile col rispetto della dignità umana del lavoratore. Infine, vi era una giurisprudenza dei tribunali ordinari e della Corte Costituzionale che imponeva che qualsiasi misura che interferisse con la privacy dei dipendenti dovesse perseguire un obiettivo legittimo test di adeguatezza e che fosse necessario per l'adempimento dell'obiettivo perseguito test di necessità e proporzionato alle circostanze di ciascun caso test di proporzionalità rigoroso . Pur non prevedendo alcun obbligo di preventivo avviso sull’installazione di questi sistemi nella fattispecie era stato però fornito ritiene fondamentali il rispetto dei requisiti della trasparenza e del diritto all’informazione questi sono solo due dei criteri da prendere in considerazione per vagliare la legittimità della videosorveglianza, tenendo conto che se dovessero venire meno, le garanzie offerte al dipendente contro gli abusi del datore dovranno essere più severe. Infine offre un’ampia gamma di garanzie che ricadono non solo nel diritto al lavoro, ma anche in quelli civile, amministrativo e penale. In conclusione non solo la condotta del datore era lecita, ma anche quella delle Corti che avevano dettagliatamente ed adeguatamente motivato le decisioni in merito all’assenza di violazione della privacy dei dipendenti, sul valore probatorio dei filmati della videosorveglianza e sul rispetto dei diritti alla difesa ed al contraddittorio in merito alla procedure di licenziamento. Ergo si trattava di misure proporzionate e razionali prese nel pieno rispetto dei principi tutelati dagli artt. 8 e 6 Cedu. Per completezza dell’informazione si segnala che la decisione sulla liceità della videosorveglianza non è stata unanime come si evince anche dalle opinioni dissenzienti di alcuni giudici in allegato alla sentenza in esame.

CEDU_Case_of_L_Pez_Ribalda_and_others_v._Spain