Riaprire una procedura penale già archiviata contro un guidatore ubriaco viola il ne bis in idem

Il rifiuto di sottoporsi a prelievi biologici per confermare la guida in stato di ebbrezza, già acclarata con l’etilometro, non è un valido motivo per desumere la pericolosità sociale del guidatore, esclusa in prime cure la procedura penale fu archiviata con l’applicazione di una sanzione amministrativa . La successiva ingiustificata riapertura e la condanna ad un anno di carcere con la condizionale per i medesimi fatti sono una chiara violazione del divieto del ne bis in idem, ex art. 4, protocollo 7, Cedu.

È quanto deciso dalla CEDU GC Mihalache comma Romania ricomma 54012/10 dell’8 luglio 2019 che presenta analogie e completa quanto già esplicato nel caso R.S. comma Ungheria nel quotidiano del 2/7/19. Il caso. Mentre rientrava da un ballo tenutosi in una città vicina a quella in cui risiedeva, il ricorrente fu fermato dalla polizia nell’ambito di controlli preventivi ed all’etilometro risultò positivo. La polizia l’accompagnò all’ospedale per fare i prelievi di sangue ed urine, che rifiutò fu rinviato a giudizio. Il Tribunale emise un’ordinanza con cui interruppe il procedimento penale, archiviandolo, ritenendo che la sua condotta non fosse così grave da essere perseguibile penalmente, infliggendogli, però, una sanzione amministrativa. Questa decisione divenne definitiva decorsi i termini dell’art. 249 c.p.p. rumeno, ciò nonostante il PG della Corte d’Appello ritenne che questo rifiuto di effettuare detti prelievi denotasse da un lato la sua pericolosità sociale e dall’altro che la sanzione amministrativa fosse troppo blanda e non compatibile con le finalità della legge interna in materia prevenire e punire severamente chi avesse commesso questo illecito guida in stato d’ebbrezza . Annullò perciò l’ordinanza ed il ricorrente fu condannato ad un anno di reclusione con la condizionale. Vani i ricorsi contro la condanna. Rifiutò la restituzione dell’importo della multa. Il caso è stato rimesso direttamente alla GC. Un’ordinanza è una decisione definitiva? È questo uno dei punti focali della sentenza in esame l’art. 4, protocollo 7, Cedu fa riferimento ad una sentenza definitiva condanna od assoluzione . Sorgono quindi problemi di esegesi di questo lemma. Il divieto del ne bis in idem è parimenti disciplinato anche dagli artt. 50 Convenzione di Nizza, 54 Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, 14 § 7 Patto internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU e 31-33 Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei Trattati concordano sul fatto che nessuno può essere perseguito per un reato da cui è già stato assolto o condannato con decisione definitiva A e B comma Norvegia [GC] nella rassegna del18/11/16 e Sergey Zolotukhin comma Russia [GC] del 2009 e che per far fronte a queste difficoltà esegetiche si può fare riferimento ai lavori preparatori al protocollo stesso. Orbene in essi si stabilisce con un’interpretazione autentica che una decisione è definitiva quando non sono più esperibili i rimedi ordinari perché le parti li hanno esauriti od è spirato il tempo per impugnarla Magyar Helsinki Bizottság comma Ungheria [GC] nel quotidiano del 10/11/16 come nella fattispecie. La prassi della CGUE, poi, considera definitiva una decisione del pubblico ministero che pone fine all’azione penale e conclude definitivamente, salvo riapertura o annullamento, il procedimento di istruzione condotto nei confronti di una persona purché siano irrogate sanzioni e sia stata fatta un’istruttoria approfondita EU C 2016 483 . Non vi è dubbio che quella in esame fosse una decisione definitiva, tanto più che l’annullamento da parte della Corte di appello è avvenuto dopo che erano decorsi i termini per impugnarla. Criteri per ravvisare il ne bis in idem. È acclarato che si deve tenere conto del fatto che il reato sia previsto dalla legge interna, della natura del reato e della severità della pena questi ultimi due criteri sono alternativi al primo e non necessariamente cumulativi . Nella fattispecie l’art. 249 c.p.p. disciplina solo un ricorso ordinario, non un annullamento di ufficio da parte del PG del tribunale gerarchicamente superiore ed in ogni caso le modalità di questa azione non sono abbastanza chiare, sì che risulta violato il principio di certezza del diritto e quindi la stessa non ha alcuna valida base legale interna. Vi è anche una chiara divergenza d’opinione sulla classificazione del rifiuto come penalmente rilevante o meno rectius se costituisce o meno un reato ed in appello la sentenza è stata incongruente con le stesse premesse di pericolosità sociale del ricorrente dato che gli è stata inflitta una pena inferiore ai limiti edittali previsti per il reato di rifiuto a sottoporsi a prelievi biologici reclusione da 2 a 7 anni il ricorrente ha dovuto scontare una pena di 1 anno con condizionale . Procedure di identica natura e basate sugli stessi fatti. La GC rileva come i due giudizi fossero basati su detto rifiuto in primo grado, dato che gli atti commessi non erano tali da giustificare un reato gli fu inflitta una multa sanzione amministrativa l’appello de facto ha avallato la tesi della tenuità della condotta criminale, infliggendo una pena al di sotto dei limiti edittali. Orbene per la GC entrambi i giudizi avevano natura penale e si basavano su identici fatti ed accuse. Quando è possibile riaprire una procedura senza violare il ne bis in idem? L’art. 4 § .2, protocollo 7, prevede che le norme sul divieto di ne bis in idem non impediscano la riapertura del processo, conformemente alla legge e alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta . Non essendo stati rispettati questi criteri la riapertura della procedura era ingiustificata. Ergo c’è stata una violazione del ne bis in idem. Si rinvia alle molte e lunghe sono 46 pagine sul totale di 81 opinioni concordanti dei giudici della GC in cui è ulteriormente approfondita questa deroga.

Case_of_Mihalache_v._Romania