Inutile il decreto di espulsione se la richiesta di asilo è stata presentata a un altro Paese

Se lo straniero ha presentato una richiesta di protezione internazionale in due Paesi, sarà competente lo Stato a cui la domanda di asilo è stata presentata per prima.

Decreto di espulsione e di allontanamento dello straniero irregolare dall'Italia? Assolutamente inutile. Se lo straniero ha già presentato una richiesta di protezione internazionale in un altro Paese. Difatti, sarà sempre quest'ultimo Stato quello competente ad esaminare la domanda di asilo. Dal Pakistan alla Repubblica Ceca all'Italia e ritorno. La storia, assai complessa, racconta le preoccupazioni di un cittadino pakistano arrivato nel 2007 nella Repubblica Ceca, presentando una richiesta di protezione internazionale. La ragione? Timori di persecuzione, unitamente alla propria famiglia di origine, perché inviso al regime al potere nel Paese d'origine. Subito dopo, il cittadino pakistano si trasferisce in Italia Nord Est, per la precisione , pensando di non vedere accolta la propria domanda nella Repubblica Ceca, ripresentando domanda di protezione internazionale. Obiettivo sempre identico. Ma, alla luce delle normative comunitarie, unico Stato competente è il primo, in ordine di tempo, a cui è stata presentata la domanda di asilo. In questo caso, la Repubblica Ceca. Verso questo Paese, difatti, veniva disposto il rientro del cittadino pakistano, entro sei mesi. Niente asilo? Allora espulsione. La svolta, almeno apparente, alla vicenda, arrivava in occasione di una dichiarazione, da parte del cittadino pakistano, di rinuncia alla protezione internazionale. Consequenziale, per il Questore di Trento - anche alla luce del rigetto, da parte del Tar, della sospensiva della disposizione di rientro nella Repubblica Ceca - il decreto di espulsione, confermato poi anche dal Giudice di Pace e motivato anche con la genericità delle ipotesi di persecuzione in Pakistan . Il provvedimento non poteva certo essere accolto a cuor leggero dall'immigrato. Che, difatti, ha scelto di chiedere la pronuncia della Corte di Cassazione. Il lume del diritto comunitario. Diversi i punti affrontati nel ricorso presentato dal legale del cittadino pakistano, ma fondamentali soltanto due. Il primo riguarda l'ambito nazionale secondo i giudici del Palazzaccio, la valutazione degli effetti della pretesa rinunzia peraltro contestata e revocata con il ricorso al Tar competeva alla sola Commissione Territoriale . Il secondo coinvolge il peso del diritto comunitario. Nello specifico, alla luce delle norme sulla presa in carico del richiedente asilo, egli avrebbe dovuto soltanto essere allontanato e accompagnato nella Repubblica Ceca - competente a valutare la permanenza dell'interesse alla protezione internazionale - e non certo espulso . L'è tutto sbagliato . Decreto di espulsione, quindi, assolutamente inutile. Con una citazione, si può dire che l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare. E difatti la pronuncia dei giudici di piazza Cavour non lascia adito a dubbi, spiegando che alle autorità italiane non spettava la possibilità di deliberare la fondatezza della domanda di protezione internazionale né di apprezzarne il residuo interesse a coltivarla . Assolutamente escluso, quindi, il potere di espulsione, che spettava, invece, all'autorità competente. La Repubblica Ceca, in questo caso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 giugno - 4 luglio 2011, n. 14556 Presidente Rovelli - Relatore Macioce Svolgimento del processo Il cittadino pakistano A. N. pervenne nella Repubblica Ceca in data 19.9.2007 ed ivi presentò richiesta di protezione internazionale sull'assunto di essere soggetto a timori di persecuzione, unitamente alla propria famiglia di origine perché inviso al regime attualmente al potere in quel paese. Nella presunzione di non vedersi accogliere la richiesta dalle autorìtà ceche, il N. passò quindi in ltalia ove presentò, in Trento, domanda di protezione internazionale. Sollecitata dalle autorità italiane alla ripresa in carico del N. da parte delle autorità della Repubblica Ceca ai sensi dell'articolo 16 comma 1 del Reg. CE 343/2003, venne disposto il rientro dello stesso in detta Repubblica entro sei mesi, ma la Questura di Trento, acquisita una dichiarazione dell'interessato di rinuncia alla protezione internazionale e, avendo il N. impugnato innanzi al TAR la disposizione di rientro senza ottenere la chiesta sospensiva, con decreto 16.8.2010 procedeva alla adozione di decreto di espulsione dello straniero. Lo straniero propose opposizione innanzi al Giudice di Pace che, con decreto 9.11.2010, la respinse sul rilievo della avvenuta rinunzia alla domanda di protezione internazionale e della genericità delle ipotesi di persecuzione in Pakistan dal N. affacciate. Per la cassazione di tale decreto A. N. ha proposto ricorso con quattro motivi in data 7. 1.2011 al quale ha resistito il Questore con controricorso 8.2.2011. Motivi della decisione Ritiene il Collegio che il ricorso, fondati essendo il primo e terzo motivo, assorbito il secondo e inammissibile il quarto, debba essere accolto con la cassazione dell'impugnato decreto. Primo motivo esso denunzia la violazione dell'art' 3 d.lgs. 25 del 2008 per avere il GdP condiviso la opinione del Questore per la quale sarebbe rilevante la rinunzia alla domanda di protezione internazionale, nel mentre la valutazione degli effetti della pretesa rinunzia peraltro contestata e revocata con il ricorso al TAR competeva alla sola Commissione Territoriale. Secondo motivo si lamenta violazione dell'articolo 19 del d.lgs. 286 del 1998, avendo il GdP mancato al suo dovere dì valutare comunque quale ragione ostativa alla espulsione il fumus persecutionis lamentato. Terzo motivo si lamenta la violazione delle norme del Reg. CE 343/2003 sulla presa in carico dell'asilante posto che il richiedente avrebbe dovuto essere soltanto allontanato ed accompagnato nella Repubblica ceca ex articolo 7 Reg. 156O/2003/CE - stante la competenza di quelle autorità a valutare la permanenza dell'interesse alla protezione internazionale - e non certo espulso. Quarto motivo lamenta la inadeguatezza della motivazione del decreto a sostenere le ragioni sol confusamente esplicitate. Va dunque premesso che resta assorbita nella pronunzia di accoglimento delle censure di cui al primo e terzo motivo quella esposta nel secondo mezzo essendo affatto irrilevante la questione del rapporto tra protezione richiesta -negata e inespellibilità ex articolo 19 sulla quale Cass. 26252 del 2009 e 824 del 2010 , perché nella specie non vi è stata alcuna corretta assicurazione della tutela principale essendo state violate come appresso proprio le norme procedimentali destinate ad assicurarla. E va anche premesso che è inconsistente la generica censura quarto motivo di inadeguatezza della motivazione in diritto posto che è invece assai chiaro il dictum del giudice del merito che ha ritenuto versasse in condizione di espellibilità lo straniero, già richiedente asilo, che avesse dichiarato il proprio disinteresse alla protezione internazionale la cui cognizione avrebbe altrimenti fatto ostacolo alla espulsione . Va quindi affermato che la così decisa e motivata convalida della espulsione è viziata da violazione di legge, posto che alla Autorità italiana che non avesse deciso di sostituirsi allo Stato competente nella decisione sulla domanda di protezione internazionale non spettava altra facoltà che quella di procedere ad attuare la ripresa in carico senza alcuna possibilità di delibare la fondatezza della domanda né di apprezzarne il residuo interesse a coltivarla, tampoco in termini di confessione dell'interessato, ed essendo pertanto escluso che alla conclusione di tal fase valutativa potesse insorgere alcun potere di espulsione ai sensi dell'articolo 13 comma 2 lett. B del d.lgs. 286 del 1998. Ed infatti - Lo Stato competente ad esaminare la domanda di asilo è individuato al capo III del Reg 343/2003/CE e nella specie era indiscutibilmente la Repubblica Ceca quale Stato di prima domanda dell'extracomunitario entrato irregolarmente artt. 5 comma 2 e 10 comma 1 . - Altro Stato membro -non competente - può nondimeno sostituirsi nell'esame della domanda pur pendente presso altro Stato membro, in tal caso divenendo competente ed essendo onerato della informazione a detto Stato articolo 3 c.2 . - Nella specie il Questore di Trento era informato della pendenza della procedura di asilo presso la competente Repubblica Ceca ma non ha trasferito accogliendo la richiesta dell'interessato la domanda alla competente Commissione Territoriale italiana, in tal guisa procedendo, su direttive dell'Amministrazione Centrale alla sopra detta sostituzione l'Amministrazione, invece, aveva già disposto la ripresa in carico delle Autorità della C. ai sensi dell'articolo 16 comma 1 lett. C e con le modalità di cui all'articolo 20. - La predetta scelta di avviare il procedimento di ripresa in carico si era anche tradotta in atti del Dipartimento del Ministero emessi in esecuzione del menzionato articolo 20 e nelle forme disciplinate dal Reg. 1560/2003/CE , avverso i quali il predetto A. N. aveva proposto impugnazione innanzi al TAR Lazio che non aveva concesso la chiesta sospensione di efficacia . - In questo quadro, I'acquisizione di una dichiarazione di rinunzia alla protezione internazionale non poteva avere alcuna efficacia escludente la cogenza della scelta ed adottata procedura di ripresa in carico, dovendo l'Autorità Italiana procedere alla sua sollecita esecuzione rimettendo all'Autorità competente anche la dichiarazione rilasciata, essendo infatti attribuzione dello Stato competente all'esame della domanda sia rigettarla per sopravvenuto disinteresse, sia procedere alla conseguente espulsione del richiedente dal proprio territorio nazionale. - La valutazione da parte del Questore della predetta rinunzia quale condizione ostativa al completamento della procedura è dunque atto non legittimo sul piano dei rapporti interstatuali ed altrettanto illegittimo è il conseguente atto di riattivazione del potere espulsivo che l'Autorità italiana non aveva ab origine e che non poteva unilateralmente ritenere insorto, valutando ìl rilievo assorbente di una irregolare presenza sul territorio . Le considerazioni sopra rassegnate inducono quindi, in accoglimento degli indicati motivi del ricorso, ad accogliere il gravame, a cassare il decreto del Giudice di Pace ed a decidere nel merito - nessuna valutazione né alcun accertamento essendo necessari - conseguentemente annullando la espulsione 16.8.2010 del Questore di Trento. Le spese del procedimento innanzi al GdP si compensano e quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo ex articolo 384 c.p.comma accoglie l'opposizione alla espulsione ed annulla il decreto 16.8.2010 del Questore di Trento compensa le spese del giudizio di merito e condanna la controricorrente Amministrazione a versare al ricorrente le spese del giudizio di legittimità, determinate in € 2.500 di cui € 200 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.