Il TAR Lazio dà ragione agli estetisti: centri aperti in zona rossa, come i parrucchieri

Il TAR Lazio ha dichiarato illegittima l’esclusione degli estetisti dai servizi alla persona erogabili in zona rossa, come previsto dall’art. 1, comma 10, lett. ii , del d.P.C.M. 14 gennaio 2021 efficace fino al 5 marzo prossimo .

Il TAR Lazio, con la sentenza n. 1862/21 depositata il 15 febbraio, ha accolto il ricorso proposto dagli enti rappresentativi della categoria degli estetisti , oltre che da alcuni centri estetici, avverso le disposizioni dettate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 che hanno escluso i centri estetici dai servizi alla persona che possono essere erogati anche in zona rossa . Il TAR ha evidenziato come il verbale n. 144 del 12 gennaio 2021 del Comitato Tecnico Scientifico nulla dica sulle ragioni tecnico-scientifiche per cui sarebbe giustificata nelle zone rosse l’apertura dei parrucchieri e non anche quella dei centri estetici, discriminazione invocata dai ricorrenti a sostegno delle loro ragioni. Viene poi sottolineato come nelle Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome dell’8 ottobre 2020, la disciplina relativa ai servizi alla persona faccia riferimento ad acconciatori, estetisti e tatuatori”. In altre parole, secondo il TAR, i provvedimenti amministrativi che hanno imposto la censurata misura e i documenti istruttori che ne costituiscono il supporto tecnico scientifico, fin qui esaminati, appaiono pertanto espressione di un non corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione presentando tutte le figure sintomatiche dell’eccesso di potere . Concludendo pur essendo innegabile che tutte le misure restrittive imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso siano ispirate al principio di precauzione , nel caso di specie la discriminazione fra le attività dei parrucchieri/barbieri e dei centri estetici non risulta supportata da una base istruttoria o da evidenze scientifiche, sussiste contraddizione tra l’allegato n. 24 che, tra i Servizi per la persona”, riporta soltanto, per quanto di interesse, Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere” e l’allegato n. 9 in cui la disciplina prevista per i servizi alla persona” ricomprende e accomuna acconciatori, estetisti e tatuatori”, infine l’impugnata misura appare non coerente con le misure analoghe già adottate .

TAR Lazio, sez. sentenza 10 – 15 febbraio 2021, 1862 Presidente Amodio – Estensore Marzano Fatto e diritto 1. Con ricorso notificato il 31 dicembre 2020 la parte ricorrente ha impugnato, unitamente agli atti presupposti, il DPCM 3 novembre 2020 e il DPCM 3 dicembre 2020 e i rispettivi allegato 24” nella parte in cui non annoverano, tra i Servizi per la persona” erogabili in cd. zona rossa, i servizi dei centri estetici. Dopo aver premesso alcuni cenni sulla propria legittimazione ad agire, l’associazione ricorrente ripercorre le tappe dei vari provvedimenti adottati dall’inizio dello stato di emergenza osservando che, a partire dal DPCM dell’11 marzo 2020, le attività di estetista e di parrucchiere hanno sempre ricevuto lo stesso trattamento. Infatti l’art. 1 di tale DPCM ha sospeso le attività inerenti a i servizi alla persona fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti diverse da quelle individuate nell'allegato 2. Con DPCM del 10 aprile 2020 la misura è stata prorogata senza modifiche. In data 13 marzo 2020 l’INAIL, insieme al Comitato Tecnico Scientifico CTS e all’Istituto Superiore di Sanità ISS , in vista della imminente riapertura delle attività di parrucchieri ed estetisti, ha pubblicato le linee guida/protocolli specifici per centri estetici e saloni di barbiere e parrucchiere Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici”. Nel suddetto documento si afferma che le attività di estetista presentano caratteristiche diverse da quella del barbiere e parrucchiere anche se in entrambi si lavora a distanza ravvicinata dai propri clienti, in quanto l’estetista lavora in ambienti generalmente singoli e separati cabine e le prestazioni tipiche comprendono già misure di prevenzione del rischio da agenti biologici alle quali ci si deve attenere rigorosamente nello svolgimento della normale attività professionale. Per quanto concerne le misure di sistema, le misure organizzative di prevenzione e protezione e sistema, le misure organizzative di prevenzione e protezione e le misure igienico--sanitarie si rimanda a quanto già riportato per i barbieri e parrucchieri, in linea generale”. Con DPCM del 17 maggio 2020 è stata disposta, a far data dal 18 maggio 2020, la riapertura delle attività sia dei centri estetici che dei parrucchieri, disponendo l’art. 1 lettera gg le attività inerenti ai servizi alla persona sono consentite a condizione che le regioni e le province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi”. Nei servizi alla persona venivano ricomprese le attività sia dei parrucchieri sia delle estetiste, con le medesime linee guida. Per la prima volta il DPCM del 3 novembre 2020 ha separato le attività delle estetiste e dei parrucchieri. Infatti l’art. 3 di tale provvedimento, al comma 4 dispone che A far data dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle ordinanze di cui al comma 1, nelle Regioni ivi individuate sono applicate le seguenti misure di contenimento h sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24” tale allegato alla voce Servizi per la persona” riporta soltanto, per quanto di interesse, Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere”. Tale misura è stata confermata con il DPCM del 3 dicembre 2020. La parte ricorrente, in sintesi, con i quattro motivi di ricorso lamenta l’illogicità della misura che, in modo del tutto nuovo e immotivato e senza alcun supporto istruttorio, attuerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra attività che effettuano identici servizi e appartengono allo stesso codice ATECO S.96.02 , così privilegiandone una a danno dell’altra quella delle estetiste , la quale ultima, oltre a vedersi privata della possibilità di fare fatturato, si vedrebbe sviare la clientela a favore dei parrucchieri sia per i servizi, sia per la vendita di prodotti. A tal fine la parte ricorrente allega e documenta che i parrucchieri sovente vendono gli stessi prodotti di bellezza che vendono i centri estetici ma, soprattutto, che gli stessi sono autorizzati ex lege a prestare il servizio di manicure e di pedicure che rappresenta una delle principali prestazioni delle estetiste. Aggiunge che la misura censurata produrrebbe anche l’effetto, ancor più grave, di discriminare il lavoro femminile, già fortemente penalizzato, a favore di quello maschile, dal momento che se è vero che alcuni parrucchieri sono gestiti anche da donne, è indubbio che nei centri estetici lavorino soltanto queste ultime. Con decreto n. 1 del 2 gennaio 2021 è stata respinta l’istanza di misure cautelari monocratiche. Con motivi aggiunti notificati il 16 gennaio 2021 la parte ricorrente ha impugnato anche il DPCM 14 gennaio 2021 e il relativo allegato 24 nella parte in cui reitera la misura discriminatoria non annoverando, tra i Servizi per la persona” erogabili in cd. zona rossa, i centri estetici i motivi aggiunti sono affidati, nella sostanza, alle stesse argomentazioni e alle stesse censure formulate con il ricorso introduttivo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita in giudizio per resistere al ricorso introduttivo. La difesa erariale, dopo un lungo excursus sulla situazione pandemica in atto, preliminarmente eccepisce l’improcedibilità del ricorso introduttivo, avendo i DPCM impugnati 3 novembre e 3 dicembre 2020 ormai perso efficacia nel merito sostiene, in estrema sintesi, che il ricorso sia infondato in quanto incentrato esclusivamente sulla censura di disparità di trattamento la quale, di regola, è configurabile soltanto in presenza di situazione identiche, cosa che non sarebbe nel caso di specie atteso che le due attività sono disciplinate da leggi diverse e si possono svolgere sulla base di requisiti diversi. Con decreto n. 455 del 26 gennaio 2021, previa audizione informale delle parti, è stata respinta l’ulteriore istanza cautelare ed è stata disposta l’acquisizione agli atti del verbale n. 144 della seduta del 14 gennaio 2021 del CTS e delle osservazioni tecniche inviate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano in data 14 gennaio 2021. In data 5 febbraio 2021 l’amministrazione ha depositato una memoria con cui ha inteso resistere anche all’ulteriore gravame, ribadendo le osservazioni già formulate nel precedente scritto difensivo e osservando che le misure finalizzate al contenimento del contagio determinate con DPCM dell’11 marzo 2020 e, più diffusamente, da quello del 22 dello stesso mese, hanno disposto la sospensione di molteplici attività economiche sull’intero territorio nazionale, considerate ‘non essenziali’ e identificate nei provvedimenti normativi sulla base dei codici ATECO. Tra le attività non essenziali” vi era, appunto, quella dei centri estetici, unitamente a quella di barbieri e parrucchieri aggiungendo Il fatto che, a decorrere dal DPCM 3 novembre 2020, detta qualificazione sia cessata limitatamente alle zone rosse” per questi ultimi mantenuti aperti e, quindi, reputati essenziali e non per i primi, attiene alla sfera delle valutazioni discrezionali del Governo che non sembrano affette da manifesta illogicità, arbitrarietà, né disparità di trattamento, considerati i tratti distintivi, sui quali ci si è soffermati nella precedente memoria, che rendono non sovrapponibile in toto, né pienamente coincidente l’attività dei centri estetici da un lato e quella degli acconciatori dall’altro, che sono regolate, d’altronde, da distinte leggi di settore” pagg. 7-8 memoria citata . Alla camera di consiglio del 10 febbraio 2021, sentiti i difensori delle parti in collegamento da remoto e verbalizzato l’avviso di possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo che è diretto a censurare provvedimenti la cui efficacia è ormai spirata e al cui eventuale accertamento di illegittimità il Collegio non può procedere d’ufficio non essendo stata né proposta né preannunciata una istanza di risarcimento del danno, quand’anche da far valere in separato giudizio. 3. Devono essere, dunque, esaminati i motivi aggiunti diretti a censurare la medesima misura replicata tal quale nel DPCM del 14 gennaio 2021. Come ricorda la difesa erariale, la legge 4 gennaio 1990 n. 1, sulla Disciplina dell’attività di estetista”, prevede all’art. 1 che 1. L'attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti. 2. Tale attività può essere svolta con l'attuazione di tecniche manuali, con l'utilizzazione degli apparecchi elettromeccanici per uso estetico, di cui all'elenco allegato alla presente legge, e con l'applicazione dei prodotti cosmetici definiti tali dalla legge 11 ottobre 1986, n. 713”. Per la Disciplina dell’attività di acconciatore”, invece, la legge 17 agosto 2005 n. 174, prevede all’art. 1 che 1. L'attività professionale di acconciatore, esercitata in forma di impresa ai sensi delle norme vigenti, comprende tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l'aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario, nonché il taglio e il trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare.”. Il comma 7 dell’art. 1, L. 174/2005, prevede, altresì, che 7. L'attività professionale di acconciatore può essere svolta unitamente a quella di estetista anche in forma di imprese esercitate nella medesima sede ovvero mediante la costituzione di una società. È in ogni caso necessario il possesso dei requisiti richiesti per lo svolgimento delle distinte attività. Le imprese di acconciatura, oltre ai trattamenti e ai servizi indicati al comma 1, possono svolgere esclusivamente prestazioni semplici di manicure e pedicure estetico”. 4. Dal confronto delle due norme emerge ictu oculi che, sebbene le due attività non siano identiche, tuttavia esiste un segmento di attività, quello che ricomprende il manicure e pedicure estetico” di cui al citato comma 7, che è riconducibile in modo specifico all’attività di estetista, al quale va aggiunto il segmento di ogni altro servizio inerente o complementare” che l’art. 1, comma 1, L. 17 agosto 2005 n. 174, con norma di chiusura riporta dopo il trattamento estetico della barba” che, per la sua genericità ed indeterminatezza, si presta ad essere dilatato fino a ricomprendere una serie di prestazioni, anch’esse tipiche dell’attività di estetista, che pure sovente vengono svolte presso i parrucchieri depilazione di parti del viso, cura delle sopracciglia, maschere di bellezza del viso ed altro . Il rilievo che precede smentisce, quanto meno in parte, l’obiezione dell’amministrazione secondo cui si tratterebbe di attività del tutto diverse. Né può essere seguita la difesa erariale laddove afferma che la cura ed il trattamento dei capelli e della barba da parte degli acconciatori corrisponde ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona ben più essenziale e irrinunciabile rispetto al miglioramento dell’aspetto estetico generale” pag. 16 della memoria del 23 gennaio 2021 . Si tratta, invero, di una opinione che - oltre a non poter assurgere a motivazione di un provvedimento amministrativo, sia perché appunto opinione sia perché comunque postuma rispetto all’atto impugnato - risulta smentita e contraddetta dai precedenti atti della stessa amministrazione. Invero, a partire dal DPCM 11 marzo 2020, adottato sempre al fine di contenere il diffondersi del contagio da covid, l’amministrazione, nel disporre la chiusura della quasi totalità delle attività commerciali, vi ha ricompreso parrucchieri ed estetisti ponendoli sull’identico piano di non essenzialità art. 1, comma 1, punto 3 Sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti diverse da quelle individuate nell'allegato 2” a differenza di quanto disposto per gli esercizi di vendita di generi alimentari e di prima necessità, nonché di edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie, ritenuti invece essenziali art. 1, comma 1, punto 1 . Deve rammentarsi che il suddetto DPCM veniva emanato nella vigenza del DPCM 8 marzo 2020, come modificato e integrato dal DPCM del 9 marzo 2020 e dai successivi dell’11 marzo e del 22 marzo 2020, i quali avevano di fatto imposto, per la prima volta, il confinamento della popolazione, durato fino a maggio 2020, determinando una situazione analoga a quella attualmente vigente per le cd. zone rosse”. 4.1. I superiori rilievi rendono evidente che, sebbene non si tratti di attività identiche, le attività di estetista e di parrucchiere, nell’ambito dei servizi alla persona”, siano e siano state ritenute del tutto equiparabili in termini di essenzialità ovvero in termini di idoneità a corrispondere ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona” a ciò deve aggiungersi che esiste quanto meno un segmento elastico” di prestazioni che è certamente comune ad entrambe le attività. Inoltre assume rilievo quanto affermato nel Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SAR S CoV2 nel settore della cura della persona servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” pubblicato dall’INAIL il 13 marzo 2020 in cui si dà atto che L’attività di un centro estetico presenta caratteristiche diverse da quella del barbiere e parrucchiere anche se in entrambi si lavora a distanza ravvicinata dai propri clienti. L’estetista lavora in ambienti generalmente singoli e separati cabine e le prestazioni tipiche comprendono già misure di prevenzione del rischio da agenti biologici [corsivo di evidenziazione] alle quali ci si deve attenere rigorosamente nello svolgimento della normale attività professionale”. Dunque, l’attività delle estetiste è stata ritenuta intrinsecamente più sicura di quella dei parrucchieri, tanto che si è ritenuto sufficiente mantenere per le prime, le stesse misure di sistema dettate per i secondi. Infine non si può trascurare, per quanto non sia indice di totale identità, che le due attività sono ricomprese nello stesso codice ATECO, seguono protocolli di sicurezza comuni e applicano lo stesso contratto collettivo al personale dipendente. Da quanto precede discende che la disparità di trattamento lamentata dalla parte ricorrente sussiste, o, quanto meno, sussiste limitatamente a quella parte di prestazioni che sono comuni ad entrambe. 4.2. Non è superfluo ricordare che, nella gestione della situazione pandemica in atto, l’autorità statale ha adottato provvedimenti con cui ha autorizzato, all’interno delle strutture di vendita di generi alimentari e di prima necessità, la vendita soltanto di alcuni prodotti escludendo altre categorie merceologiche ciò è avvenuto, segnatamente, con il CPCM dell’11 marzo 2020, il quale all’art. 1, comma 1, punto 1 ha stabilito che Sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell'allegato 1, sia nell'ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell'ambito della media e grande distribuzione, anche ricompresi nei centri commerciali, purchè sia consentito l'accesso alle sole predette attività”. In ossequio a detta previsione, nelle strutture di vendita mantenute aperte fra cui i supermercati era possibile vendere generi alimentari e di prima necessità ma non articoli di cancelleria e per la scuola. Qualora l’intento sotteso alla contestata misura fosse stato quello di inibire, come sostiene l’amministrazione nelle difese, le più ampie prestazioni degli estetisti che si rivolgono anche alla cura del corpo, in disparte l’onere di supportare scientificamente e di motivare tale diversificazione, il suddetto distinguo sarebbe stato possibile mediante il ricorso ad una tecnica già attuata in precedenza, mantenendo aperti i centri estetici e, al più, limitando le prestazioni ivi erogabili alle stesse prestazioni di estetica consentite presso i parrucchieri. 5. Si tratta, dunque, di verificare se, nell’esercizio della lata discrezionalità che compete all’amministrazione in subjecta materia, tale oggettiva discriminazione sia sorretta da sufficienti evidenze istruttorie e da idonea motivazione o se, come lamenta la parte ricorrente, sia irragionevole e ingiustificata poiché adottata in totale difetto di istruttoria. 5.1. Tale verifica non può che principiare dall’analisi del DPCM del 3 novembre 2020 che, per primo, ha introdotto tale differenziazione, segnatamente riferendola ai diversi scenari di rischio valutati su base regionale con ordinanza del Ministro della salute art. 2 , a tale fine dettando, al comma 4 della richiamata disposizione, le differenti misure. Il supporto istruttorio di tale DPCM è rappresentato dai verbali del CTS n. 122 del 31 ottobre 2020 e n. 123 del 3 novembre 2020. Nel verbale n. 122, quanto alla materia di interesse nel presente giudizio, il CTS si limita a richiamare a pag. 47 il Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” doc. n. 60 erroneamente indicato come 61” redatto da INAIL e ISS e condiviso dal CTS, pubblicato sul sito INAIL si tratta del documento invocato dalla parte ricorrente , ma non ha fornito alcuna specifica indicazione in ordine alla natura non essenziale o ad alto rischio delle varie attività commerciali e di servizi alla persona. Nel secondo verbale, il n. 123 del 3 novembre 2020, il CTS, chiamato ad esprimere un parere sulla bozza dell’adottando DPCM, ha valutato congruo l’impianto generale del DPCM relativo all’adozione di ulteriori misure volte al contenimento del contagio dal virus Sars – coV-2 commisurate all’attuale fase epidemiologica” ma non ha espresso alcuna valutazione sullo specifico punto oggetto di doglianza. 5.2. Nel successivo DPCM, adottato il 3 dicembre 2020 e avente efficacia per 50 giorni come previsto dall’art. 1, comma 1, del D.L. 2 dicembre 2020, n. 158, la misura impugnata è stata reiterata ai sensi dell’art. 1, comma 10, lett. ii in combinato disposto con l’allegato n. 24. Il supporto istruttorio è rappresentato dal verbale n. 133 del 3 dicembre 2020 in cui il CTS condivide il generale impianto del DPCM da adottare ma nulla dice in ordine alle ragioni tecnico-scientifiche per le quali sarebbe giustificata, in aree con scenario di tipo 4 cd. zona rossa , l’apertura dei parrucchieri e non anche quella dei centri estetici. Al DPCM in rassegna sono, poi, allegate le schede tecniche” il cui scopo è quello di dettare indirizzi operativi specifici validi per i singoli settori di attività, finalizzati a fornire uno strumento sintetico e immediato di applicazione delle misure di prevenzione e contenimento di carattere generale, per sostenere un modello di ripresa delle attività economiche e produttive compatibile con la tutela della salute di utenti e lavoratori”. Nell’elencare le schede tecniche allegate, il DPCM riporta, per quanto qui di interesse SERVIZI ALLA PERSONA acconciatori, estetisti e tatuatori ” a seguire, nel dettare le linee guida per ciascun settore, il DPCM detta indicazioni comuni per SERVIZI ALLA PERSONA acconciatori, estetisti e tatuatori ” infine, quanto ai servizi alla persona, richiama, sempre con numero errato 61, anziché 60 il Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” redatto da INAIL e ISS e condiviso dal CTS, pubblicato sul sito INAIL, citato nel verbale del CTS n. 122 del 31 ottobre 2020, che risulta essere, come già visto, proprio il documento invocato dalla parte ricorrente, pubblicato con il DPCM come allegato n. 25. La disposizione impugnata risulta, dunque, perplessa e intrinsecamente contraddittoria laddove, all’interno dello stesso provvedimento, i servizi alla persona” vengono costantemente identificati come quelli erogati da acconciatori, estetisti e tatuatori”, tranne che nell’allegato 24, in assenza di qualunque supporto istruttorio e motivazionale. 5.3. Infine, l’ultimo DPCM, attualmente in vigore, adottato il 14 gennaio 2021 ed efficace fino al 5 marzo 2021, ha reiterato la stessa misura all’art. 1, comma 10, lett. ii in combinato disposto con l’allegato n. 24. Il supporto istruttorio di tale provvedimento è il verbale n. 144 della seduta del 12 gennaio 2021 in cui il CTS, consiglia in generale di mantenere le misure restrittive già adottate, comunque ne suggerisce una modulazione associata all’utilizzo di congrui fattori di correzione” da applicare ai tassi regionali di incidenza settimanale, richiama ancora una volta il Documento di prevenzione e risposta a Covid-19 evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione nel periodo autunno-invernale”, redatto di ISS e Ministero della salute e condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome, in cui, come già visto, si fa riferimento al Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” redatto da INAIL e ISS e condiviso dal CTS, pubblicato sul sito INAIL, già citato nel verbale del CTS n. 122 del 31 ottobre 2020 si tratta sempre del documento invocato dalla parte ricorrente, in cui l’attività dei centri estetici è ritenuta, nella sostanza, autonomamente più sicura di quella dei parrucchieri, attese le misure di prevenzione igienica che a regime sono ivi poste in essere. Anche in questo caso con il verbale in rassegna il CTS nulla dice in ordine alle ragioni tecnico-scientifiche per le quali sarebbe giustificata, in aree con scenario di tipo 4 cd. zona rossa , l’apertura dei parrucchieri e non anche quella dei centri estetici. Né a sorreggere un simile immotivato distinguo” può soccorrere la mera condivisione, da parte del CTS, dell’impianto generale della bozza esaminata o l’auspicio di mantenere le misure restrittive in vigore, stante la estrema genericità di tali affermazioni che non possono ritenersi idonee ad assurgere a supporto motivazionale della misura in rassegna, che resta non spiegabile e perciò irragionevole. Ciò altresì tenuto conto che, anche con il suddetto DPCM, sono pubblicate, quale allegato 9, le Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome dell’8 ottobre 2020” in cui la disciplina prevista per i SERVIZI ALLA PERSONA” ancora una volta ricomprende e accomuna acconciatori, estetisti e tatuatori”. 6. I provvedimenti amministrativi che hanno imposto la censurata misura e i documenti istruttori che ne costituiscono il supporto tecnico scientifico, fin qui esaminati, appaiono pertanto espressione di un non corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione presentando tutte le figure sintomatiche dell’eccesso di potere. Emerge l’assenza di evidenze istruttorie e di una motivazione, sia pure per relationem, che dia conto delle ragioni per le quali l’amministrazione si sia discostata dalle indicazioni fornite dai richiamati documenti tecnico-scientifici, allegati ai provvedimenti, in cui nei servizi alla persona” sono costantemente ricomprese e accomunate le attività di acconciatori, estetisti e tatuatori”. Ai rilievi fin qui svolti nulla aggiunge il documento recante le osservazioni tecniche inviate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano in data 14 gennaio 2021, che nulla dice sullo specifico profilo. Nelle materie in cui l’amministrazione, come nel caso di specie, gode di amplissima discrezionalità, il sindacato per eccesso di potere sui vizi della motivazione del provvedimento amministrativo, anche quando questo rimandi per relationem agli atti istruttori, scongiura il rischio che la portata della discrezionalità amministrativa sconfini nel puro arbitrio Cons. Stato, Sez. III, 2 novembre 2020, n. 6740 . Dunque, nelle materie connotate da lata discrezionalità amministrativa, il sindacato del giudice amministrativo deve essere condotto attraverso le figure sintomatiche dell'eccesso di potere, nello specifico nella forma della motivazione insufficiente, dell'errore di fatto, dell'ingiustizia grave e manifesta, della contraddittorietà interna ed esterna, nonché, più radicalmente, dello sviamento di potere Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 976 . Il Collegio ritiene, alla luce della superiore disamina, che l’impugnata disposizione sia affetta dai suddetti vizi i quali, per la loro oggettiva consistenza, permangono pur in presenza della applicazione del principio di precauzione, dettato in primis dall'art. 191 del TFUE e a seguire recepito da ulteriori fonti comunitarie e dai singoli ordinamenti nazionali. In proposito la Commissione Europea in una Comunicazione del 2 febbraio 2000 ha affermato che Nel caso in cui si ritenga necessario agire, le misure basate sul principio di precauzione dovrebbero essere, tra l’altro • proporzionali rispetto al livello prescelto di protezione, • non discriminatorie nella loro applicazione, • coerenti con misure analoghe già adottate, • basate su un esame dei potenziali vantaggi e oneri dell’azione o dell’inazione compresa, ove ciò sia possibile e adeguato, un’analisi economica costi/benefici , • soggette a revisione, alla luce dei nuovi dati scientifici, e • in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove scientifiche necessarie per una più completa valutazione del rischio” par. 6 . Ha, inoltre, chiarito, a proposito della proporzionalità” che Non sempre un divieto totale può essere una risposta proporzionale al rischio potenziale aggiungendo che Non discriminazione significa che situazioni comparabili non devono essere trattate in modo diverso e che situazioni diverse non debbono essere trattate nello stesso modo, a meno che non vi siano motivi oggettivi” e che Coerenza significa che le misure debbono essere di portata e natura comparabili a quelle già adottate in aree equivalenti, nelle quali tutti i dati scientifici sono disponibili”. Condividendo questa linea di pensiero, anche la costante giurisprudenza ha ritenuto che il principio di precauzione, i cui tratti giuridici si individuano lungo il segnalato percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi - carattere necessario delle misure adottate, presuppone l'esistenza di un rischio specifico all'esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura ex multis, Cons. stato, Sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655 che richiama id., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 1240, Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. Giurisd., 3 settembre 2015, n. 581 . Pur essendo innegabile che tutte le misure restrittive imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso siano ispirate al principio di precauzione, nel caso di specie la discriminazione fra le attività dei parrucchieri/barbieri e dei centri estetici non risulta supportata da una base istruttoria o da evidenze scientifiche, sussiste contraddizione tra l’allegato n. 24 che, tra i Servizi per la persona”, riporta soltanto, per quanto di interesse, Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere” e l’allegato n. 9 in cui la disciplina prevista per i SERVIZI ALLA PERSONA” ricomprende e accomuna acconciatori, estetisti e tatuatori”, infine l’impugnata misura appare non coerente con le misure analoghe già adottate. Conclusivamente, per quanto precede, assorbiti gli ulteriori motivi, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto e, per l’effetto, la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 10, lett. ii , deve essere annullata nella parte in cui, in combinato disposto con l’allegato n. 24, esclude gli estetisti” dai servizi alla persona” erogabili in zona rossa. 7. Le spese del giudizio possono essere compensate tenuto conto della novità delle questioni trattate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo - accoglie il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato nei limiti dell’interesse di parte ricorrente, come da motivazione - compensa le spese del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.