Governo Draghi: del Presidente, tecnico o di scopo?

«La Seconda Sottocommissione, udite le relazioni degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l'adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo».

Sono le parole del famoso ordine del giorno Perassi, approvato in Assemblea Costituente il 4 settembre 1946, che mostra la piena consapevolezza di quanto anche i Costituenti fossero consapevoli della possibile fragilità della forma di governo parlamentare. Infatti, in quasi 75 anni di Repubblica, abbiamo avuto 67 Governi, spesso dall’andamento “affannoso”, come è stato anche per il Governo Conte II negli ultimi mesi. Dopo una settimana di consultazioni e trattative, possiamo finalmente dare una prima definizione di come sarà il governo Draghi del presidente, tecnico, e forse di scopo. Facciamo un po’ di chiarezza. Innanzitutto, la Costituzione non attribuisce “etichette” alle possibili tipologie di governo. L’articolo 94 si limita a indicare la fiducia iniziale, per indicare il necessario legame con il parlamento, ma anche la possibilità che un governo operi senza fiducia. Perché il governo, ai sensi dell’articolo 93 Cost., entra in carica con il giuramento, rispetto al quale la fiducia rappresenta un passaggio successivo. Così possiamo enucleare la categoria dei governi “di minoranza”, cioè dei governi che non ottengono la fiducia iniziale, come il De Gasperi VIII nel 1953 e il Fanfani VI nel 1987. Tutte le altre possibili “etichette” nascono dalla prassi. L’ultimo governo Fanfani fu definito anche “istituzionale” e “ponte” o “di transizione” . Perché fu un governo affidato al Presidente del Senato quindi istituzionale nominato per essere un “ponte” verso le nuove elezioni, a chiusura della IX legislatura, dopo le dimissioni del Governo Craxi II. Un governo di “transizione” c’era stato anche nel 1953, con l’incarico a Pella per gestire l’approvazione delle leggi di bilancio dopo la caduta di De Gasperi e in attesa della formazione di un nuovo governo politico. Non a caso il Governo Pella fu definito anche governo “amministrativo”, al punto che Pella fu il primo ad accettare l’incarico a Presidente del Consiglio senza riserva. Per certi versi anche il Governo Letta del 2013 è stato un governo “di transizione”, formato per superare lo stallo politico creatosi a inizio della XVII legislatura con elezioni senza un vincitore certo e l’incarico andato a vuoto di Bersani. Ma veniamo alle caratteristiche proprie del Governo Draghi. Abbiamo detto che è un governo “del Presidente”, cioè in cui la scelta del Presidente della Repubblica è stata decisiva nell’individuare il nuovo Presidente del Consiglio. Questo avviene nei momenti di crisi istituzionale ed è accaduto già con il governo Ciampi nel 1993 e Monti nel 2011. Governi nati per volontà del Capo dello Stato a fronte di una crisi, politica come quella di inizio anni ’90 o finanziaria come quella del 2011. E ora per la crisi sanitaria ed economica per il Covid. Ma il governo Draghi è anche un governo “tecnico”, cioè in cui l’incarico di Presidente del Consiglio viene affidato a un non parlamentare, che compone un esecutivo non soltanto di politici. Lo stesso è accaduto per Ciampi nel 1993, per Dini nel 1995 e per Monti nel 2011. Dini e Monti formarono governi tutti con personalità al di fuori della politica attiva, quindi interamente “tecnici”, mentre Draghi come Ciampi ha scelto una formula “mista”, cioè con politici e tecnici come ministri. In verità, anche Giuseppe Conte è stato presidente del Consiglio senza essere parlamentare, ma ha guidato governi del tutto “politici”. Quello che ancora non sappiamo è se il Governo Draghi sarà un governo “di scopo”. Il Governo di scopo si caratterizza infatti per un mandato politico limitato come fu per Ciampi nel 1993, con la finalità di scrivere una nuova legge elettorale ed eleggere un nuovo parlamento dopo gli scandali di mani pulite e il referendum elettorale di inizio anni ’90. Lo sapremo soltanto fra qualche mese quando capiremo se l’esecutivo Draghi si limiterà a fronteggiare la pandemia e impostare il recovery plan, oppure se svolgerà un mandato politico più ampio. In questo saranno elementi decisivi non solo l’andamento dell’epidemia sanitaria e delle misure di contrasto anche economiche, ma anche le elezioni del prossimo Presidente della Repubblica, previste per inizio 2022.