Risarcimento danno e giudizio di ottemperanza negli enti in dissesto

Risarcimento di un danno subito. Non sempre il dissesto di bilancio di un comune impedisce la liquidazione di quanto dovuto. Il TAR Calabria numero 696/20, del 9 dicembre non condivide la genericità del recente pronunciamento dell’Adunanza Plenaria, perché non si può fare di tutta l’erba un fascio.

A fronte di una sentenza di accertamento successiva alla dichiarazione di dissesto spetta al giudice dell’esecuzione verificare non solo l’epoca di insorgenza del debito ma anche la sua natura e, solo nel caso in cui esso sia effettivamente scaturente o da ricollegare alla pregressa attività gestoria fallimentare, esso andrà ricondotto alla massa passiva, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’azione esecutiva. Nel caso in cui, invece, il fatto genetico del debito, per quanto antecedente al dissesto, non sia però un fatto o atto di gestione, la sentenza successiva alla dichiarazione di dissesto sarà passibile di esecuzione in via ordinaria, non trattandosi di un costo economico della gestione dissestata. E’ certamente vero che il comma 2 dell’articolo 248 TUEL stabilisce che «Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 [comma 11] non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione» e che l’articolo 5, comma 2, D.L. numero 80/2004 dispone che «Ai fini dell'applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, del TUEL, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’articolo 256, comma 11, del medesimo Testo Unico». La norma, o meglio le norme, tuttavia, – che hanno variamente impegnato la giurisprudenza amministrativa con risultati non sempre convergenti – pongono l’accento sul momento genetico del debito, invitando l’interprete a prescindere dall’epoca del suo “accertamento” anche con provvedimento giurisdizionale. In particolare, con l’articolo 248 TUEL, si è inteso estendere la competenza dell’organo straordinario di liquidazione a tutti i fatti ed atti di gestione verificatisi ante dissesto, col chiaro fine di isolare i costi economici della gestione dissestata all’interno della speciale procedura concorsuale tesa al risanamento dell’ente ed alla reale eliminazione dell’indebitamento pregresso, garantendo così la par condicio creditorum ed evitando che le scelte gestionali pregresse, maturate al tempo della gestione diseconomica, continuino a riverberare i loro effetti negativi sui bilanci successivi. In sostanza, se pure la sentenza che accerta il debito è successiva alla dichiarazione di dissesto, ciò non basta a rendere tout court ammissibile la procedura esecutiva eventualmente intrapresa, ma occorrerà tener conto pure del fatto o atto di gestione cui il debito si ricollega e se questo è antecedente al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato l’eventuale azione esecutiva intrapresa sarà inammissibile ex articolo 248, comma 2, TUEL. A tale proposito, il TAR Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria ha affermato che il piano cronologico non può esaurire l’indagine, richiamando un proprio precedente espresso in fattispecie analoghe. L’articolo 5 può, infatti, trovare applicazione sempre che dietro il debito sia rinvenibile, sul piano fattuale oltre che contabile, un’operazione di gestione, ma non può includere i debiti sganciati dall’attività gestoria dell’ente e come tali privi di impegno contabile. In altri termini, a fronte di una sentenza di accertamento successiva alla dichiarazione di dissesto spetta al giudice dell’esecuzione verificare non solo l’epoca di insorgenza del debito ma anche la sua natura e, solo nel caso in cui esso sia effettivamente scaturente o da ricollegare alla pregressa attività gestoria fallimentare, esso andrà ricondotto alla massa passiva, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’azione esecutiva. Nel caso in cui, invece, il fatto genetico del debito, per quanto antecedente al dissesto, non sia però un fatto o atto di gestione, la sentenza successiva alla dichiarazione di dissesto sarà passibile di esecuzione in via ordinaria, non trattandosi di un costo economico della gestione dissestata cfr. sent. numero 231/2018, con richiami ai contrapposti indirizzi interpretativi e, più di recente, numero 375/2020 . Sulle problematiche ermeneutiche, su cui, come cennato, si sono registrate posizioni non sempre convergenti della giurisprudenza amministrativa, è da ultimo intervenuta l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza numero 15 del 5 agosto 2020, la quale si è soffermata sull’interpretazione da riconoscere all’espressione “atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”, contenuta nell’articolo 252 del TUEL, sia a proposito del significato da attribuire alla clausola normativa di tipo interpretativo del predetto disposto del TUEL, aggiunta dal citato decreto legge del 2004. Con detta decisione il Consiglio di Stato, nella sua più alta composizione, sembra avere patrocinato un’esegesi protesa alla massima dilatazione della competenza dell’organo straordinario di liquidazione, affermando, infatti, quanto al versante temporale, che “rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione non solo le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, ma anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito, costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di ‘atti e fatti di gestione’ pregressi alla dichiarazione di dissesto”. La Sezione, nel caso specifico, tuttavia, ha ritenuto che le problematiche affrontate dall’Adunanza plenaria, vista la loro specificità in quanto connesse ad una procedura espropriativa, non possono estendersi, in quanto alle conclusioni, al caso specifico relativo al risarcimento danno richiesto dal ricorrente. Se, in pratica, i principi affermati dall’Adunanza plenaria con riferimento all’atto di acquisizione sanante – ritenuto conclusivamente attratto nella competenza dell’OSL, e non in quella della gestione ordinaria, sia sotto il profilo contabile sia addirittura sotto il profilo della competenza amministrativa, se pronunciato entro il termine di approvazione del rendiconto della Gestione Liquidatoria e riferito a fatti di occupazione illegittima anteriori al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, sono da considerarsi un punto fermo, resta da verificare se le argomentazioni in diritto poste a fondamento della decisione siano effettivamente tali da imporre una identica soluzione con riferimento a qualsivoglia accadimento al quale sia ricollegabile la genesi dell’obbligazione di cui si controverta, ed in particolare, per quanto qui di specifico interesse, anche ai fatti generatori di responsabilità aquiliana verificatisi anteriormente al termine anzidetto ed accertati con sentenza passato in giudicato dopo la dichiarazione di dissesto. Tale verifica, da condursi muovendo proprio dalla considerazione della specificità della fattispecie concreta scrutinata dall’Adunanza plenaria, ha indotto il Collegio calabrese a ritenere che i principi ivi affermati non possano generalmente ed incondizionatamente applicarsi a tutte le obbligazioni che, pur se accertate in seguito alla data della dichiarazione di dissesto, siano ricollegabili a fatti pregressi. In altri termini, a giudizio del Collegio, la decisione dell’Adunanza plenaria, proprio in considerazione dell’intima correlazione tra l’oggetto specifico della fattispecie esaminata e la ricostruzione in diritto prospettata, non è in grado di sovvertire quell’indirizzo interpretativo, cui il Collegio ha già reiteratamente mostrato di aderire da ultimo, sent. 26 maggio 2020, numero 375 cit. , incline ad accordare rilevanza determinante non solo e non tanto al profilo temporale dell’insorgenza dell’obbligazione, quanto piuttosto a quello della natura del debito, risultando dirimente la considerazione del fatto genetico che ne sta alla base e la relativa ricollegabilità, o meno, alla pregressa attività gestoria fallimentare. Nel caso in esame, infatti, il credito portato in esecuzione, riconosciuto con una sentenza successiva allo stato di dissesto, ha natura risarcitoria e discende da un mero illecito civile verificatosi anteriormente , che nulla ha a che vedere con l’attività propriamente gestionale dell’ente e che, in quanto riconosciuto e liquidato dopo la dichiarazione di dissesto, non poteva essere contabilmente inserito nella massa passiva. Pertanto, esso può seguire le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell'ente locale.

TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, sentenza 7 ottobre – 9 dicembre 2020, numero 696 Presidente Criscenti – Estensore Romeo Fatto e diritto 1. Con ricorso notificato il 13 novembre 2019 e depositato il successivo giorno 27 Michele Fiorenza chiedeva l’esecuzione del giudicato nascente dalla sentenza del Giudice di Pace di Siderno in epigrafe indicata, con la quale il Comune di Siderno era stato condannato al pagamento della somma complessiva di € 837,72 a titolo di risarcimento dei danni subiti, oltre interessi legali dalla data del sinistro 13.11.2011 , nonché al rimborso delle spese di CTU. Precisava e documentava a tali fini che la sentenza, munita di formula esecutiva il 19/9/2014, era stata notificata in tale forma al Comune soccombente il 16/10/2014, divenendo quindi definitiva per mancata impugnazione, per come risultante dall’attestazione di passaggio in giudicato apposta dalla Cancelleria del Giudice di Pace di Locri il 29/3/2016. Dava inoltre atto che con deliberazione della Commissione straordinaria di liquidazione numero 234 del 20 dicembre 2013 era stato dichiarato il dissesto del Comune di Siderno, ai sensi dell'articolo 243 del D.lgs. numero 267/2000, non potendo tuttavia da siffatta circostanza trarsi ragioni ostative all’esecuzione, in sede di ottemperanza, del titolo in questione, argomentando che i crediti derivanti da sentenze passate in giudicato in epoca successiva alla dichiarazione di dissesto non entrano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria, anche se il fatto genetico dell’obbligazione è anteriore alla dichiarazione, seguendo invece le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell’Ente, giacchè l’ambito di competenza dell’organo straordinario di liquidazione esteso non può considerarsi esteso fino ad includere nella massa passiva debiti ancora in via di accertamento e pertanto privi dei requisiti della certezza, della liquidità ed esigibilità. Da tale rilievo traeva dunque la conseguenza della estraneità del debito alla competenza dell’anzidetto organo di liquidazione, essendo divenuto certo, liquido ed esigibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza de qua, avvenuta il 25/10/2014, quindi in epoca successiva alla data di dichiarazione di dissesto finanziario dell’Ente comunale, ancorché relativa ad un evento antecedente a tale data. Concludeva, dunque, richiamato l’indirizzo giurisprudenziale seguito anche da questo Tribunale, sostenendo l’ammissibilità del giudizio di ottemperanza, essendo sorto il credito solo a seguito della sentenza numero 60/2014, passata in giudicato successivamente alla dichiarazione dissesto, ed avendo natura risarcitoria, come tale non ricollegabile, neppure mediatamente, all’attività gestionale e contabile del Comune di Siderno, secondo il disposto di cui all’articolo 5 d.l. numero 80/2004. 1.1. Nessuno si costituiva per il Comune intimato ed alla camera di consiglio del 7 ottobre 2020 la causa è stata chiamata e posta in decisione. 2. Costituisce fatto notorio, di cui si d’altro canto si dà atto nel ricorso, la circostanza che il Comune di Siderno abbia dichiarato il dissesto con deliberazione numero 234 del 20/12/2013 e poi con deliberazione numero 128 del 10/07/2014 sia stata approvata l'ipotesi di bilancio di previsione anno 2013 - stabilmente riequilibrato. 2.1. Ciò detto, occorre preliminarmente affrontare la specifica questione dei crediti derivanti da sentenze pubblicate in epoca successiva alla dichiarazione di dissesto dell'ente locale, o più esattamente al 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato quindi, nel caso in esame, successive al 31/12/2013 , tenendo a mente, per un verso, le coordinate interpretative tracciate dall’elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi sino alla decisione dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato numero 15/2020 e, per altro verso, della peculiare natura del credito che qui rileva. 2.2. Giova certamente muovere da una sintetica ricognizione della normativa dettata dal TUEL sull’argomento, incisa dall’articolo 5, comma 2, D.L. 29/03/2004, numero 80, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 L. 28 maggio 2004, numero 140, dettato in funzione di interpretazione autentica degli articolo 252, comma 4, e 254, comma 3, dell’anzidetto testo unico. 2.3. Stabilisce, intanto, il comma 2 dell’articolo 248 TUEL che “Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 [comma 11] non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione”. Quanto poi alle attribuzioni dell’organo straordinario di liquidazione, il comma 4 dell’articolo 252 dispone che esso “ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla a rilevazione della massa passiva b acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali c liquidazione e pagamento della massa passiva.” Correlativamente, a mente del comma 3 dell’articolo 254, “Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi a i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 194 verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato b i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 248, comma 2 c i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7.” 2.4. Ora, con il prima citato articolo 5, comma 2, D.L. numero 80/2004, il legislatore ha disposto che “Ai fini dell'applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, numero 267, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’articolo 256, comma 11, del medesimo Testo Unico”. La norma – che ha variamente impegnato la giurisprudenza amministrativa con risultati non sempre convergenti – pone l’accento sul momento genetico del debito, invitando l’interprete a prescindere dall’epoca del suo “accertamento” anche con provvedimento giurisdizionale. Essa ha inteso estendere la competenza dell’organo straordinario di liquidazione a tutti i fatti ed atti di gestione verificatisi ante dissesto, col chiaro fine di isolare i costi economici della gestione dissestata all’interno della speciale procedura concorsuale tesa al risanamento dell’ente ed alla reale eliminazione dell’indebitamento pregresso, garantendo così la par condicio creditorum ed evitando che le scelte gestionali pregresse, maturate al tempo della gestione diseconomica, continuino a riverberare i loro effetti negativi sui bilanci successivi. Dal testo della disposizione si evince allora che il momento rilevante, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 248 cit., è quello del fatto o atto di gestione cui il debito accertato è correlato. Ne deriva che se pure la sentenza che accerta il debito è successiva alla dichiarazione di dissesto, ciò non basta a rendere tout court ammissibile la procedura esecutiva eventualmente intrapresa, ma occorrerà tener conto pure del fatto o atto di gestione cui il debito si ricollega e se questo è antecedente al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato l’eventuale azione esecutiva intrapresa sarà inammissibile ex articolo 248, comma 2, TUEL. 2.5. Il piano cronologico non esaurisce, tuttavia, l’indagine. Il Collegio, a tal riguardo, ha già avuto modo di rilevare, in fattispecie analoghe, che l’articolo 5 può, infatti, trovare applicazione sempre che dietro il debito sia rinvenibile, sul piano fattuale oltre che contabile, un’operazione di gestione, ma non può includere i debiti sganciati dall’attività gestoria dell’ente e come tali privi di impegno contabile. In altri termini, a fronte di una sentenza di accertamento successiva alla dichiarazione di dissesto spetta al giudice dell’esecuzione verificare non solo l’epoca di insorgenza del debito ma anche la sua natura e, solo nel caso in cui esso sia effettivamente scaturente o da ricollegare alla pregressa attività gestoria fallimentare, esso andrà ricondotto alla massa passiva, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’azione esecutiva. Nel caso in cui, invece, il fatto genetico del debito, per quanto antecedente al dissesto, non sia però un fatto o atto di gestione, la sentenza successiva alla dichiarazione di dissesto sarà passibile di esecuzione in via ordinaria, non trattandosi di un costo economico della gestione dissestata cfr. sent. numero 231/2018, con richiami ai contrapposti indirizzi interpretativi e, più di recente, numero 375/2020 . 2.6. Ciò chiarito, deve rilevarsi che sulle anzidette problematiche ermeneutiche, su cui, come cennato, si sono registrate posizioni non sempre convergenti della giurisprudenza amministrativa, è da ultimo intervenuta l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza numero 15 del 5 agosto 2020, soffermandosi sia sull’interpretazione da riconoscere all’espressione “atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”, contenuta nell’articolo 252 del TUEL, sia intorno al significato da attribuire alla clausola normativa di tipo interpretativo del predetto disposto del TUEL, aggiunta dal citato decreto legge del 2004. Con detta decisione il Consiglio di Stato, nella sua più alta composizione, sembra avere patrocinato un’esegesi protesa alla massima dilatazione della competenza dell’organo straordinario di liquidazione, affermando, infatti, quanto al versante temporale, che “rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione non solo le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, ma anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito, costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di ‘atti e fatti di gestione’ pregressi alla dichiarazione di dissesto”. Su quest’ultimo profilo, poi, è da rilevare che l’iter argomentativo della sentenza risulta strettamente correlato alle peculiarità del caso concreto giunto allo scrutinio della Plenaria, venendo all’esame la problematica, dotata di aspetti di indubbia specificità, relativa all’imputazione alla gestione dell’Organo Straordinario di Liquidazione ovvero alla gestione ordinaria del bilancio del Comune del debito conseguente all’emanando provvedimento di acquisizione sanante ex articolo 42-bis d.P.R. numero 327/2001. Tenuto conto della natura del provvedimento in questione, per come enucleata con la sentenza dello stesso supremo Consesso numero 2/2020, si è quindi rilevato che, pure a fronte del relativo carattere costitutivo, e non già ricognitivo, determinando, sul piano amministrativo e civilistico, un effetto traslativo ex nunc, esso ha per presupposto ai sensi del primo comma della predetta norma l’utilizzazione “di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, dovendo inoltre, ai sensi del successivo comma 4, recare “l'indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio”. Da tale rilievo i Giudici della plenaria hanno quindi plausibilmente desunto la conseguenza che il provvedimento risulta certamente correlato, sul piano della stessa attribuzione causale, “ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data”, come specifica l’articolo 5, comma 2, D.L. numero 80-2004 convertito con L. numero 140/2004 . Rilevando ancora che sul piano dell’interpretazione letterale le “circostanze” ovvero i fatti che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area costituiscono il presupposto per l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante che l’amministrazione, prima della sua adozione, deve accertare e, parimenti, anche l’utilizzazione “di un bene immobile per scopi di interesse pubblico” costituisce un fatto che deve esser oggetto di un accertamento da parte dell’amministrazione, prodromico all’adozione del provvedimento in esame. Con la conseguenza che, sotto il profilo finanziario, “se tali fatti sono cronologicamente ricollegabili all’arco temporale anteriore al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, il provvedimento successivo non necessariamente giurisdizionale, come è evidente dalla mera lettura del citato articolo 5 che determina l’insorgere del titolo di spesa deve essere imputato alla Gestione Liquidatoria, purché detto provvedimento sia emanato prima dell’approvazione del rendiconto della gestione di cui all’articolo 256, comma 11. In questo caso, non solo il debito viene imputato al Bilancio della Gestione Liquidatoria sotto il profilo amministrativo-contabile, e non a quello della gestione ordinaria, ma anche la competenza amministrativa ad emanare il provvedimento che costituisce il titolo di spesa nella specie, l’acquisizione sanante deve essere attribuita al Commissario Liquidatore, in quanto è quest’ultimo soggetto che deve costituire la relativa partita debitoria del bilancio da lui gestito”. 2.7. Tale ricostruzione, si legge ancora nella sentenza, troverebbe poi preciso conforto nelle norme sul dissesto finanziario degli Enti Locali, contenute nel Titolo VIII, Capi II-IV del TUEL, risultando esse preordinate al ripristino degli equilibri di bilancio degli enti locali in crisi, mediante un’apposita procedura di risanamento procedura imperniata su una netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente, a tutela della gestione corrente che sarebbe pregiudicata se in essa confluissero debiti sostanzialmente imputabili alle precedenti gestioni amministrative che sono state a tal punto fallimentari da determinare il dissesto dell’ente , in modo da garantire, per il futuro, la sostenibilità finanziaria del bilancio ordinario. La dettagliata disciplina positiva sul dissesto recata dal T.U.E.L., basata appunto sulla creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale, potrebbe quindi produrre effetti positivi, nella prospettazione predicata, soltanto “se tutte le poste passive riferibili a fatti antecedenti al riequilibrio del bilancio dell’ente possono essere attratte alla predetta gestione, benché il relativo accertamento giurisdizionale o, come nel caso di specie, amministrativo sia successivo. Con l’unico limite rappresentato, come detto, dall’approvazione del rendiconto della gestione che segna la chiusura della Gestione Liquidatoria dopo tale data, infatti, è evidente che non sarà più possibile imputare alcunché a tale organo, in quanto, dal punto di vista giuridico, esso ha cessato la sua esistenza”. 3. Orbene, ciò chiarito quanto ai principi affermati dall’Adunanza plenaria con riferimento all’atto di acquisizione sanante – ritenuto conclusivamente attratto nella competenza dell’OSL, e non in quella della gestione ordinaria, sia sotto il profilo contabile sia addirittura sotto il profilo della competenza ammnistrativa, se pronunciato entro il termine di approvazione del rendiconto della Gestione Liquidatoria e riferito a fatti di occupazione illegittima anteriori al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato –, resta da verificare se le argomentazioni in diritto poste a fondamento della decisione siano effettivamente tali da imporre una identica soluzione con riferimento a qualsivoglia accadimento al quale sia ricollegabile la genesi dell’obbligazione di cui si controverta, ed in particolare, per quanto qui di specifico interesse, anche ai fatti generatori di responsabilità aquiliana verificatisi anteriormente al termine anzidetto ed accertati con sentenza passato in giudicato dopo la dichiarazione di dissesto. 3.1. Tale verifica, da condursi muovendo proprio dalla considerazione della specificità della fattispecie concreta scrutinata dall’Adunanza plenaria, induce, invero, ad avviso del Collegio, a ritenere che i principi ivi affermati non possano generalmente ed incondizionatamente applicarsi a tutte le obbligazioni che, pur se accertate in seguito alla data della dichiarazione di dissesto, siano ricollegabili a fatti pregressi. In altri termini, è da ritenere che la decisione dell’Adunanza plenaria, proprio in considerazione dell’intima correlazione tra l’oggetto specifico della fattispecie esaminata e la ricostruzione in iure prospettata, non sia affatto in grado di sovvertire quell’indirizzo interpretativo, cui il Collegio ha già reiteratamente mostrato di aderire da ultimo, sent. 26 maggio 2020, numero 375 cit. , incline ad accordare rilevanza determinante non solo e non tanto al profilo temporale dell’insorgenza dell’obbligazione, quanto piuttosto a quello della natura del debito, risultando dirimente la considerazione del fatto genetico che ne sta alla base e la relativa ricollegabilità, o meno, alla pregressa attività gestoria fallimentare. La sopra trascritta affermazione contenuta nella decisione della Plenaria, secondo cui “rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito [alla data della dichiarazione di dissesto], costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di ‘atti e fatti di gestione’ pregressi” e parimenti la successiva a mente di cui la disciplina normativa sul dissesto può produrre effetti positivi solo se “tutte le poste passive riferibili a fatti antecedenti al riequilibrio del bilancio dell’ente possono essere attratte alla predetta gestione, benché il relativo accertamento sia successivo” , in definitiva, ad avviso del Collegio, non si pone in contrasto con l’orientamento sopra riferito che accorda valenza dirimente alla considerazione della natura del fatto genetico dell’obbligazione, dovendo ritenersi che le ‘svariate obbligazioni’ di cui è parola nella decisione debbano pur sempre potersi ricollegare ad ‘atti e fatti di gestione’. 4. Nel caso in esame, al contrario, il credito portato in esecuzione, riconosciuto con una sentenza successiva allo stato di dissesto, ha natura risarcitoria e discende da un mero illecito civile verificatosi anteriormente , che nulla ha a che vedere con l’attività propriamente gestionale dell’ente e che, in quanto riconosciuto e liquidato dopo la dichiarazione di dissesto, non poteva essere contabilmente inserito nella massa passiva. Pertanto, esso può seguire le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell'ente locale ed il ricorso in esame è, quindi, da ritenere ammissibile. 4.1. Vale solo osservare, a conforto della ricostruzione prospettata, che il contrario indirizzo interpretativo – a mente del quale “alla locuzione ‘fatti ed atti di gestione’ di cui all’articolo 252 co. 4 del T.U.E.L. de[ve] darsi una interpretazione tale da includervi anche le fattispecie generatrici di risarcimento del danno” –, non ha evidentemente ritenuto di rintracciare nella citata decisione della Plenaria elementi utilmente valorizzabili, non essendovene infatti menzione nelle sentenze di primo grado che sostengono la tesi in parola pronunciate successivamente, che richiamano infatti i precedenti sulla scorta dei quali il riferito contrasto interpretativo si era già cristallizzato cfr. TAR Palermo, sez. I, sent. 16 ottobre 2020, numero 2126 . Sicché è da reputarsi che la decisione della Plenaria non possa essere invocata a sostegno dell’orientamento che assume la perentoria ininfluenza, ai fini dell’operatività della disciplina normativa di cui si discute, della natura del fatto genetico dell’obbligazione, valorizzando il solo dato temporale della verificazione dell’accadimento che ne sta a fondamento anteriormente alla data della dichiarazione di dissesto, ancorché il relativo accertamento sia avvenuto per effetto di provvedimento giurisdizionale pronunciato successivamente. 5. Rilevata, dunque, l’ammissibilità del presente ricorso, notificato nel rispetto del termine dilatorio di cui all’articolo 14 d.l. numero 669/1996, deve conseguentemente essere ordinato al Comune intimato, ove nelle more non abbia ancora provveduto, di dare esecuzione alla sentenza in questione, per la somma di cui al § 1. Per l’ottemperanza viene assegnato al Comune di Siderno il termine di giorni 90 novanta dalla comunicazione o notificazione, anche a cura di parte, della presente sentenza. Per il caso di ulteriore inadempienza, viene fin da ora nominato Commissario ad acta il Segretario del Comune di Gioiosa Jonica, con facoltà di delega ad altro funzionario del medesimo Ufficio, affinché – previa formale richiesta della parte ricorrente con dichiarazione attestante la scadenza del termine sopra concesso e la perdurante inottemperanza, direttamente indirizzata al nominato commissario o al funzionario eventualmente delegato e comunicata per conoscenza a questo Tribunale mediante deposito di copia in atti di causa – si insedi e provveda, entro l’ulteriore termine di giorni 90 a dare completa ed esatta esecuzione alla sentenza in discorso, con spese a carico del Comune intimato. La eventuale richiesta di proroga dello stabilito termine di giorni 90 novanta per l’adempimento delle funzioni commissariali – al ricorrere di documentate circostanze che precludano il compimento delle relative operazioni in tale arco temporale – verrà esaminata e decisa dal magistrato relatore, al quale il Collegio fin da ora delega l’adozione delle conseguenziali statuizioni. È, inoltre, utile soggiungere che il Commissario ad acta dovrà procedere alla allocazione della somma in bilancio ove manchi un apposito stanziamento , all’espletamento delle fasi di impegno, liquidazione, ordinazione e pagamento della spesa, nonché al reperimento materiale della somma con la precisazione che l’esaurimento dei fondi di bilancio o la mancanza di disponibilità di cassa non costituiscono legittima causa di impedimento all’esecuzione del giudicato, dovendo il predetto organo straordinario porre in essere tutte le iniziative necessarie per rendere possibile il pagamento. Una volta espletate le indicate operazioni, sarà cura dell’organismo commissariale far pervenire a questo Tribunale una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto. 6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto - ordina al Comune di Siderno, in persona del legale rappresentante pro tempore, di eseguire il giudicato formatosi sulla sentenza del Giudice di Pace di Siderno numero 60/2014, nei modi e nei termini di cui in motivazione - nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, Commissario ad acta il segretario del Comune di Gioiosa Jonica, con facoltà di delega ad altro funzionario dello stesso Ufficio cui è preposto, il quale provvederà ai sensi e nei termini di cui in motivazione al compimento degli atti necessari all’esecuzione del predetto giudicato - condanna il Comune di Siderno, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della parte ricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano nella somma complessiva di € 500,00 cinquecento/00 , oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, se versato, da distrarsi in favore dell’avvocato dichiaratosi antistatario - manda alla Segreteria per la comunicazione del presente provvedimento alla parte ricorrente, al Comune di Siderno, ancorché non costituito, ed al Segretario del Comune di Gioiosa Jonica - delega il magistrato relatore a provvedere su eventuali richieste di proroga dei termini come in motivazione concessi. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.