Palazzo Chigi su NADEF, decreto sicurezza e accesso alle professioni regolamentate

Nella riunione del 5 ottobre 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2020 che definisce il perimetro di finanza pubblica nel quale si iscriveranno le misure della prossima legge di bilancio. All’attenzione di Palazzo Chigi anche le misure per la sicurezza delle città, l’immigrazione e la protezione internazionale e la regolamentazione delle professioni.

Nella seduta numero 65 del 5 ottobre 2020, il Governo ha approvato la nota di aggiornamento del DEF 2020 che definisce il perimetro di finanza pubblica nel quale si iscriveranno le misure della prossima legge di bilancio. L’obiettivo è quello di sostenere la ripresa dell’economia italiana nel triennio 2021-2023, in coerenza con il piano nazionale di ripresa e resilienza. Tutti gli interventi, si legge nel comunicato, saranno principalmente volti a sostenere, nel breve termine e per tutta la durata della crisi da COVID-19, i lavoratori e i settori produttivi più colpiti, e ad attuare una riforma fiscale che migliori l’equità, l’efficienza e la trasparenza del sistema tributario riducendo anche il carico fiscale sui redditi medi e bassi, coordinandola con l’introduzione di un assegno universale per i figli. Per ciò che concerne la programmazione delle finanze pubbliche per il 2021, la nota di aggiornamento del DEF fissa un obiettivo di indebitamento netto deficit pari al 7 % del prodotto interno lordo PIL , creando così lo spazio di bilancio per una manovra espansiva pari a 1,3 punti percentuali di PIL oltre 22 miliardi di euro . Il Governo ha poi approvato il c.d. decreto sicurezza, ossia il decreto-legge che introduce «disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifica agli articoli 131-bis e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all’utilizzo distorto del web». In particolare, il provvedimento modifica la disciplina vigente in materia di requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per esigenze di protezione del cittadino straniero, di limiti all’ingresso e transito di unità navali in acque territoriali italiane. Posto che per la protezione internazionale degli stranieri, la normativa attualmente prescrive il divieto di espulsione e respingimento nel caso in cui il rimpatrio determini, per l’interessato, il rischio di tortura, il decreto approvato da Palazzo Chigi aggiunge a questa ipotesi il rischio che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, vietandone l’espulsione anche nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. In tali casi, è dunque previsto il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Per quanto riguarda invece il tema della convertibilità dei permessi di soggiorno rilasciati per altre ragioni in permessi di lavoro, il decreto aggiunge alle categorie già previste quelle di protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori. Con il medesimo provvedimento viene riformato anche il sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione, con la creazione del nuovo “Sistema di accoglienza e integrazione”. Tale sistema prevede che le attività di prima assistenza continuino ad essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari, articolandosi solo in una fase successiva in due livelli di prestazioni il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione. Il decreto sicurezza introduce disposizioni finalizzate a rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, implementando le misure del divieto di ingresso nei pubblici esercizi e nei locali di pubblico trattenimento o nelle loro adiacenze, nonché le misure di contrasto al fenomeno dello spaccio di stupefacenti attraverso siti web. In tal senso, nel primo caso, si rafforza il c.d. “Daspo urbano” rendendo possibile per il Questore l’applicazione del divieto di accesso nei locali pubblici anche nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione del divieto, il decreto prevede, in particolare, la pena della reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro. Nel secondo caso, invece, si estende il meccanismo di oscuramento, già utilizzato per il contrasto alla pedopornografia online, a quei siti che, sulla base di elementi oggettivi, devono ritenersi utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti. Vengono poi inasprite le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni. Infine, il decreto sicurezza introduce una nuova figura di reato che sanziona chi introduce o detiene all’interno di istituti penitenziari telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione. Su proposta del Ministro per gli affari europei, del Ministro della giustizia e del Ministro della salute, Palazzo Chigi ha approvato in esame definitivo il decreto legislativo di attuazione della direttiva UE 2018/958 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a un test della proporzionalità prima dell’adozione della nuova regolamentazione delle professioni. In particolare, si legge nel comunicato, la direttiva si pone come obiettivo quello di garantire il corretto funzionamento del mercato interno ed evitare restrizioni sproporzionate all’accesso alle professioni regolamentate o al loro esercizio, andando a disciplinare in modo più omogeneo e chiaro le valutazioni di proporzionalità̀ che gli Stati membri devono effettuare prima di introdurre nuove regolamentazioni delle professioni o di modificare quelle già esistenti e prevedendo che tali valutazioni siano svolte da un organo indipendente, al fine di salvaguardarne l’effettività e l’imparzialità.