Videosorveglianza a norma UE

Divulgate il 29 gennaio le attese linee guida europee. Forniscono indicazioni scrupolose sull’impiego dei sistemi privati ed aziendali di telecontrollo a norma del GDPR e possono trovare applicazione indiretta anche per la progettazione degli impianti di videosorveglianza finalizzati al controllo della sicurezza pubblica.

Telecamere sempre più performanti anche per i privati ma solo previa adeguata valutazione dei rischi e con un equilibrato bilanciamento degli interessi in gioco. Ma prima di attivare gli impianti è necessario effettuare una valutazione di impatto e costruire politiche robuste di tutela della privacy. Lo hanno evidenziato le linee guida 3/2029 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video divulgate dal Comitato europeo per la protezione dei dati il 29 gennaio 2020. Le linee guida. La riforma sovranazionale sulla tutela dei dati personali è specificamente dedicata a tutelare le persone a fronte di una tecnologia sempre più performante. La videosorveglianza è un ambito applicativo in costante sviluppo dove il trattamento dei dati rischia di essere particolarmente invasivo e per questo motivo l’Autorità europea ha deciso di fornire indicazioni di supporto di carattere generale. Fermo restando che prima di adottare un sistema di videosorveglianza è sempre necessario effettuare un bilanciamento degli interessi occorre stabilire il campo di applicazione delle indicazioni europee. La rivoluzione copernicana introdotta con il regolamento Ue 2016/679 è stata infatti accompagnata da una direttiva gemella Ue 2016/680 recepita in Italia con il d.lgs. n. 51/2018 , specificamente dedicata alle attività di prevenzione, indagine e accertamento dei reati. Gli impianti di videosorveglianza pubblici, finalizzati alla tutela della sicurezza, non sono quindi regolati solo dal GDPR ma ricadono soprattutto sotto alla disciplina della norma speciale ad uso polizia. Non ricadono però nell’applicazione della riforma europea in generale i trattamenti dei dati per finalità domestiche e familiari. La nota sdogana poi le telecamere finte, le registrazioni che non permettono di identificare chiaramente le persone e i sistemi di assistenza alla circolazione che non registrano le situazioni. Mettendo però in discussione le riprese costanti dei flussi di traffico e degli utenti. Le riprese domestiche non possono essere divulgate in rete senza il consenso degli interessati. Ma attenzione alle telecamere private puntate sullo spazio pubblico o del vicino di casa. La videosorveglianza in questo caso è sicuramente illecita e il rischio di incorrere nelle pesanti sanzioni diventa concreto. L’installazione di telecamere private sulle strade pubbliche è purtroppo molto diffusa ma anche se effettuata da un esercizio pubblico o da una tabaccheria risulterà comunque in contrasto con la normativa. Solo le pubbliche amministrazioni hanno infatti facoltà di installare telecamere sulle zone pubbliche. Negli esercizi commerciali e all’interno delle strutture private risulta invece possibile effettuare registrazioni, previa adeguata valutazione preventiva dei rischi e delle opportunità e sempre nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Il titolare del trattamento, specificano le linee guida, dovrà valutare bene i rischi di intrusione nei diritti dell’interessato prima di attivare un telecontrollo. Sia che si tratti di un impianto pubblico o privato. Attenzione ancora maggiore alla divulgazione dei filmati che evidenziano particolari attitudini delle persone riprese ma soprattutto alla cattura dei dati biometrici e al riconoscimento facciale. Su questa frontiera tecnologica la norma è particolarmente severa e neppure le pubbliche amministrazioni possono attivarsi senza un preventivo confronto con l’Autorità nazionale. Sugli obblighi di trasparenza e di accesso la normativa europea differenzia tra gli impianti pubblici che effettuano controlli di sicurezza, regolati dal d.lgs. n. 51/2018 e tutti gli altri sistemi finalizzati alla tutela del patrimonio o delle persone in senso generale. In questo ultimo caso infatti l’interessato ha diritto ad ottenere tempestivamente informazioni sul trattamento con possibile richiesta di cancellazione del filmato che lo riguarda e inibizione al proseguimento delle riprese. Cambia anche l’informativa ovvero l’icona del segnale di avvertimento di primo livello che ora per gli impianti diversi da quelli ad uso polizia dovrà essere conforme al nuovo modello grafico allegato alle linee guida. Le informazioni di secondo livello, molto più dettagliate, dovranno essere messe a disposizione dell’interessato in qualsiasi modalità. La nota si conclude evidenziando che nel rispetto dell’accountability e dei concetti di privacy by design e by default il titolare del trattamento prima di attivare un impianto di videosorveglianza dovrà valutare preventivamente anche tutte le misure tecniche e organizzativa funzionali a garantire la sicurezza dei sistemi. Con conservazione delle immagini ordinariamente non superiore a 72 ore, previa una opportuna valutazione di impatto privacy. Ovvero la certificazione che attesta un livello accettabile di rischio a tutela delle persone riprese dagli occhi digitali.

EDPB_Linne_Guida_3_2019