Sblocca Cantieri: possibile modificare le distanze tra costruzioni?

Il problema delle distanze tra costruzioni sembra essere tornato alla ribalta col recente decreto legge del 18 aprile 2019 numero 32 c.d. “decreto Sblocca Cantieri” convertito dalla legge 14 giugno 2019 numero 55. Per comprendere l'importanza del provvedimento e gli effetti pratici della nuova normativa, occorre aprire una breve parentesi sul “piano casa” e sul d.m. numero 1444/68.

Il “Piano Casa” incentiva le ristrutturazioni. Il c.d. “piano casa” nasce col d.lgs. del 25 giugno 2008 numero 112 come provvedimento a carattere straordinario studiato per dare ossigeno al comparto, ormai asfittico, dell’edilizia. Il vero via libera è dato in Conferenza Unificata dall'Intesa del 1° aprile 2009, che autorizza le Regioni a predisporre dei piani straordinari a cui viene affidato un compito assai arduo rilanciare l'attività edilizia evitando lo spreco di suolo. Ciò permette alle Regioni di emanare una serie di norme che incentivano le ristrutturazioni, gli interventi di recupero, di ampliamento e di ricostruzione. A dirla tutta il “piano casa”, a di là delle critiche, si è rivelato un successo inaspettato tanto e vero che alcune Regioni, di anno in anno, hanno provveduto ad una sorta di “proroga automatica” che, di fatto, ha portato ad una sorta di stabilizzazione di una disciplina che, nata come norma transitoria a carattere eccezionale, si è trasformata in una vera e propria deroga stabile alle norme edilizie. L'importanza del piano casa. Il Piano Casa assume importanza perché contiene una serie di incentivi e deroghe alla normativa edilizia prevedendo, tra l'altro, anche dei bonus volumetrici. Ad essere incentivati sono, per esempio, gli interventi di totale demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d'uso. In questo modo gli uffici abbandonati e ormai invendibili o i capannoni industriali dismessi, si trasformano in complessi residenziali dotati di tutti i comfort. L'operazione diventa ancor più allettante quando, agli incentivi volumetrici previsti dalle norme regionali, è possibile sommare i bonus previsti dalla normativa nazionale si pensi, per esempio, agli incentivi volumetrici previsti dal d.lgs. 3 marzo 2011, numero 28 c.d. Decreto Rinnovabili , ai bonus fiscali per le operazioni di ristrutturazione ed al sisma bonus. I problemi operativi. Negli U.S.A. non desta stupore la demolizione di interi isolati comunemente definiti “block” per fare posto a grattacieli iper-moderni. Nel nostro Paese soluzioni così radicali sarebbero impensabili non solo per motivi finanziari ma, anche e soprattutto, per una serie di legacci burocratici che, di fatto, ostacolano anche le operazioni di demolizione e ricostruzione del singolo corpo di fabbrica. Uno dei problemi più difficili da affrontare e risolvere è quello delle distanze e delle altezze. Il “piano casa” cerca di incentivare le operazioni di demolizione e ricostruzione prevedendo delle premialità volumetriche, anche cospicue, che possono arrivare al 30% del volume originario. Tale incremento volumetrico, peraltro, per forza di cose, può essere utilizzato solo aumentando l’altezza del corpo di fabbrica per esempio prevedendo un piano in più ovvero intervenendo sulla sagoma del fabbricato norme permettendo. Il premio volumetrico, per forza di cose, diventa inutilizzabile quando non è possibile aumentare l'altezza del fabbricato perché le norme di piano impongono altezze massime ben definite che non possono essere superate o quando l’area di sedime del lotto disponibile obbliga a mantenere delle distanze improponibili. Cerchiamo di capire se lo Sblocca Cantieri è riuscito a fornire una risposta al problema. L'articolo 5 del decreto. L'articolo 5 del decreto numero 32/2019, in linea con la normativa sul “piano casa”, al fine di evitare il consumo di suolo e favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, nonché per agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate, modifica l’articolo 2-bis del d.P.R. numero 380/2001 inserendo tre nuovi comma ovvero il comma 1-bis e 1-ter a cui segue il nuovo comma 2. L'articolo 2-bis del Testo Unico. L'articolo 2-bis del Testo Unico era stato inserito dall'articolo 30, comma 1, lett. a , d.l. 21/06/2013, numero 69 convertito con modificazioni dalla legge numero 98/2013 . Tale norma, introducendo una eccezione al principio generale previsto dal precedente articolo 2, riconosce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano il potere di introdurre delle deroghe al d.m. numero 1444/1968. A dirla tutta, l'articolo 2-bis non brilla per chiarezza. Occorre tener presente che la deroga alle distanze imposte dal d.m. numero 1444/68 non è una novità assoluta gli Enti Locali possono prevedere distanze maggiori rispetto a quelle imposte dallo Stato. Le “distanze minime” possono essere abbattute “nel caso di gruppi di edifici all’interno di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche” articolo 9, comma 3, d.m. numero 1444/68 . In altre parole, per utilizzare distanze minori rispetto alla norma nazionale, è necessario predisporre un pianto attuativo ed ottenere l'approvazione rectius passare dal controllo da parte dell'Ufficio Tecnico Comunale e dell'organo politico Giunta Comunale o Consiglio Comunale dotato dei poteri di Giunta . L'articolo 2-bis del Testo Unico il campo di applicazione. L'articolo 2-bis ha un lato oscuro non è facile stabilire quale sia il campo di applicazione della norma. Qual è il problema? L'articolo è intitolato “deroghe in materia di distanze tra fabbricati” il che lascerebbe presumere che la deroga sia limitata alle distanze tra fabbricati disciplinate dall’articolo 9 del d.m. . Il contenuto della norma, invece, è di più ampio respiro e sembra riferirsi a tutti i parametri quali la densità edilizia, l’altezza ecc. Insomma abbiamo il solito pasticcio. Come risolviamo? Ante “sblocca cantieri” avremmo dovuto consultarci con l'Ufficio Tecnico Comunale per chiedere quale fosse l'interpretazione dell'amministrazione che, per forza di cose, avrebbe potuto essere diversa da comune a comune, alla faccia della semplificazione, della standardizzazione delle procedure e dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini di fronte alla legge. Le modifiche all'articolo 2-bis il comma 1-bis. Il decreto Sblocca Cantieri interviene sul problema delle distanze chiarendo la portata della norma. Il comma 1-bis fornisce l'interpretazione autentica per cui “Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.” Quindi, in sostanza, il Legislatore chiarisce che gli Enti Locali potranno derogare al d.m. numero 1444/68 solo relativamente agli “ambiti urbani consolidati” ovvero a quelle parti del territorio già urbanizzare e totalmente o parzialmente edificate con continuità e che tale deroga potrà riguardare tre parametri, ovvero densità edilizia, altezza e distanze disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 7, 8 e 9 del d.m. numero 1444/1968. Il comma 1-bis, quindi, sembra fornire un'apertura permettendo agli Enti Locali non si sa bene se alla Regione, al Comune ovvero ad entrambi di modificare le disposizioni dettate dal d.m., almeno limitatamente agli ambiti urbani consolidati. Le modifiche, quindi, sarebbero escluse nelle aree di nuova espansione che verrebbero disciplinate dalla norma statale più restrittiva. I soliti pasticci. Non per essere pignoli ma, a ben vedere, il comma 1-bis, che avrebbe dovuto sciogliere possibili dubbi fornendo una interpretazione autentica del comma 1, non è ad esso perfettamente sovrapponibile. Il comma 1, infatti, si riferisce alle Regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, mentre il comma 1-bis ai Comuni. Insomma si chiude una porta e si apre un portone. Per comprendere la portata delle nuove disposizioni, cerchiammo di fare il punto della situazione e quali parametri possono essere modificati. La densità edilizia articolo 7. Diciamo subito che il termine “densità edilizia” può assumere un duplice significato. Abbiamo, infatti, la “densità edilizia territoriale”, che definisce il carico complessivo di edificazione che può gravare su ciascuna zona omogenea e la “densità edilizia fondiaria” che definisce il volume massimo realizzabile su ciascuna singola area. L'articolo 7 d.m. numero 1444/1968 indica i limiti un tempo ritenuti inderogabili di densità edilizia territoriale ovvero quelli fissati per le diverse zone territoriali omogenee. Le altezze massime articolo 8. L'articolo 8 del d.m. disciplina le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee. In linea di principio abbiamo quattro possibilità Zone A in cui non è possibile superare le altezze degli edifici preesistenti ovvero di quelli circostanti di carattere storico-artistico Zone B in questo caso, salva l'approvazione di piani particolareggiati o lottizzazioni, non è possibile superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti Zone C in questo caso abbiamo un limite solo nel caso in cui l'area sia contigua ad una Zona A per cui l'altezza dovrà essere compatibile con quella degli edifici delle zone A . Per tutte le altre zone le altezze massime sono stabilite dagli strumenti urbanistici per cui, in altre parole, ciascun comune fa quello che crede. Le distanze tra fabbricati articolo 9 del DM 1444/68. L'articolo 9, comma 1, disciplina le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee il comma 2 fissa le distanze minime tra fabbricati ove tra loro siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli. Il comma 3, norma di chiusura, stabilisce che, “Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.” Le modifiche all'articolo 2-bis il comma 1-ter. L'articolo 2-bis, comma 1-ter, prende in esame gli interventi di demolizione e ricostruzione stabilendo che quest'ultima “è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. Questo vuol dire che se la preesistenza non rispetta le distanze o i limiti di altezza previsti dalle norme attuali perché, per esempio, realizzata in epoca remota, quando le norme erano meno rigide o addirittura inesistenti il fabbricato risultante dalla ricostruzione potrà attestarsi sui parametri densità edilizia, altezza massima e distanze della preesistenza ma, a due concomitanti condizioni a la ricostruzione deve essere realizzata sull'area di sedime della preesistenza b la ricostruzione deve rispettare la stessa volumetria della preesistenza. Ciò vuol dire che la ricostruzione può derogare alle distanze solo ove rispetti pedissequamente la preesistenza quanto all'area di sedime, al volume e all'altezza massima detto in altri termini la deroga è possibile solo ove la ricostruzione abbia la volumetria e sagoma della preesistenza. Ove si intendano utilizzare i bonus volumetrici previsti dal piano casa, dovremo necessariamente attestarci sui parametri previsti dalla normativa attuale certamente più restrittiva . Il punto b-bis. L'articolo 5 d.l. numero 32/2019 contiene una ulteriore novità “ b-bis le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, numero 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3 , dello stesso articolo 9”. A prima vista la norma sembra a dir poco contorta. Per riuscire a scoprire l'arcano, occorre “leggerla” partendo dal basso scopriamo che i vincoli imposti dal comma 2 e dal comma 3 si applicano solo alle “Zone C” disciplinate dall'articolo 9, comma comma 1, numero 3 . In altre parole, le “distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli” si applicano solo alle “Zone C” mentre le altre zone, a questo punto, dovrebbero essere disciplinate dalle norme di piano che, ipoteticamente, potrebbero essere anche molto più permissive della norma nazionale. Nuovi vincoli in arrivo. Occorre tener presente che l'articolo 9 del d.m., nel disciplinare le distanze tra costruzioni, contiene una “deroga preziosissima” che viene utilizzata nei piani attuativi. Ci si riferisce, in particolare, all'ultimo capoverso del comma 3 che prescrive, letteralmente “Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.” Con l'entrata in vigore dell'articolo 5 d.l. numero 32/19, questa deroga potrà trovare applicazione solo nelle “Zone C”. I conti non tornano ancora. A ben guardare, non si comprende con precisione quali siano gli effetti della nuova normativa. Da un lato, essa dovrebbe essere indirizzata verso il recupero del patrimonio edilizio esistente evitando lo spreco di suolo. Di contro, penalizza gli interventi di demolizione e ricostruzione “agevolando” solo quelli “di fedele ricostruzione” che rispettino sagoma, altezza e distanze della preesistenza. E non finisce qui! Da un lato, l'articolo 2-bis, comma 1-bis, sembra permettere agli Enti Locali di derogare al d.m. numero 1444/68 negli ambiti urbani consolidati. D'altra parte il punto b-bis sembra stabilire che i limiti di distanza si applichino solo alle “Zone C” in cui, però, in caso di piani attuativi, sarebbe possibile applicare le deroghe alle distanze previste dall'articolo 9, comma 3, del d.m Insomma, se l'interpretazione fornita è condivisibile, ne deriva che le disposizioni appaiono in contrasto tra loro.