Pubbliche Amministrazioni e inserimento dell’indirizzo PEC nei pubblici registri

Il TAR Catania ha chiarito che se l’Amministrazione non comunica l’indirizzo PEC al Ministero della Giustizia non preclude la possibilità di notificare l’atto processuale ma vanifica il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia. Infatti, per la notifica telematica di un atto processuale ad una PA possono utilizzarsi solo gli indirizzi PEC presenti nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Intanto, il Tribunale di Monza ha specificato che l’indirizzo PEC dell’INPS non risulta, al momento, da alcun pubblico registro impiegabile ai fini della notifica di atti giudiziari.

TAR Catania, 11 giugno 2019, numero 1426 mancata comunicazione dell’indirizzo PEC. Alcune Associazioni di avvocati amministrativisti proponevano ricorso contro il Comune di Catania per l’accertamento dell’inottemperanza di quest’ultimo rispetto all’obbligo di comunicare al Ministero della Giustizia un valido indirizzo PEC sul quale ricevere le comunicazioni e notificazioni, al fine di farlo inserire nell’elenco di cui all’articolo 16, comma 12, d.l. numero 179/2012. I ricorrenti lamentano una lesione dovuta alla mancata comunicazione da parte del Comune della PEC al Ministero della Giustizia, dato che tale omissione li ha obbligati a procedere alla notifica cartacea, con conseguente dispendio di tempo e denaro. Il Tribunale Amministrativo Regionale dichiara cessata la materia del contendere articolo 34, comma 5, del c.p.a. poiché il Comune ha inserito l’indirizzo PEC nell’apposito elenco a seguito dell’instaurazione del ricorso. Inoltre, esso sottolinea che la comunicazione al Ministero della Giustizia dell’indirizzo PEC articolo 16, comma 12, d.l. numero 179/2012 è richiesta dal legislatore alle amministrazioni al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle Pubbliche Amministrazioni. È evidente «come il contegno omissivo serbato dall’Amministrazione rispetto all’obbligo di comunicazione dell’indirizzo PEC sancito dalla predetta norma, pur non precludendo radicalmente la notifica dell’atto processuale, vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore, rispetto ai quali la telematizzazione delle comunicazioni funge da fattore trainante». Inoltre, nel caso di specie, l’inerzia del Comune non ha trovato giustificazione in ragioni di carattere organizzativo e ha inciso negativamente sulla generalità degli operatori del processo telematico. I Giudici condividono le argomentazioni addotte dal CGARS nella sentenza numero 216 del 12 aprile 2018, ai sensi della quale «incombe su tutti gli operatori pubblici il dovere di comportarsi in maniera da renderne agevole l’esercizio e di rimuovere tutti gli ostacoli che, al contrario, lo rendono difficile. Ciò a maggior ragione deve avvenire quando il diritto di difesa viene esercitato nell'ambito di un rapporto, in cui una delle parti gode di un regime privilegiato, che si manifesta per il fatto che i suoi atti diventano inoppugnabili quando nei loro confronti non si reagisca in un tempo prestabilito, talvolta breve». Nella stessa pronuncia il CGARS ha osservato come «la condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT». Posto che, nel caso in esame, alla data di introduzione del ricorso il Comune versava in stato di inadempienza rispetto al sopradetto obbligo e che poi ha provveduto a trasmettere l’indirizzo PEC, il TAR Catania dichiara cessata la materia del contendere e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale di Monza, 26 giugno 2019, numero 3392. La Sezione Lavoro del Tribunale di Monza, con il verbale di prima udienza numero 3392 dello scorso 26 giugno 2019, ha dichiarato la nullità della notifica del ricorso effettuata a mezzo posta elettronica all’INPS. Infatti, il Tribunale ha rilevato che «l’indirizzo PEC dell’INPS non risulta, allo stato, da alcun pubblico registro impiegabile ai fini della notifica di atti giudiziari». Per questo motivo i Giudici hanno disposto il rinnovarsi della notifica, del decreto di fissazione dell’udienza con u mezzo differente dalla PEC.

TAR Sicilia, sez. I Catania, sentenza 23 maggio – 11 giugno 2019, numero 1426 Presidente Savasta – Estensore Sidoti Fatto e diritto 1- I ricorrenti hanno chiesto l’accertamento dell’inottemperanza del Comune di Catania rispetto all’obbligo di comunicare al Ministero della Giustizia un valido indirizzo di posta elettronica certificata, ove ricevere le comunicazioni e le notificazioni, al fine di farlo inserire nell’elenco di cui all'articolo 16, comma 12, del D.L. 179/2012 hanno chiesto altresì l’accertamento della fondatezza dell’istanza/diffida presentata dagli stessi nei confronti del suddetto Comune nonché la condanna dell’amministrazione inadempiente a provvedere. 2- All’esito della camera di consiglio del 6 dicembre 2018, questo Tribunale, sezione I, con sentenza non definitiva numero 33 del 2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso, dal momento che «l'istanza dei ricorrenti non aveva ad oggetto l'emissione di un provvedimento amministrativo che costituisse espressione di un pubblico potere, ma un comportamento dell'Amministrazione ossia la “comunicazione” della PEC al Ministero della Giustizia, sicché, a prescindere da qualsiasi ulteriore valutazione, nel caso, non può essere utilmente esperita l’azione sul silenzio della detta amministrazione ai sensi dell’articolo 31 c.p.a. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso ex articolo 31 e 117 c.p.a., non venendo in questione un’omissione provvedimentale, in quanto non può qualificarsi quale “provvedimento” la pur dovuta comunicazione dell’indirizzo PEC al Ministero della Giustizia». Ritenendone sussistenti i presupposti di ammissibilità, il Collegio ha tuttavia disposto la conversione dell’azione ai sensi del d.lgs. numero 198/2009 «azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, cd. class action» , atteso che sostanzialmente i ricorrenti hanno contestato la violazione dei termini da parte del Comune nella comunicazione dell’indirizzo pec al Ministero della Giustizia ai sensi della normativa vigente cfr. T.A.R. Roma, sez. II quater, 6 settembre 2013, numero 8154 ciò anche ritenendo la coerenza del fine perseguito dai ricorrenti rispetto al vincolo teleologico impresso dal legislatore alla class action, configurata quale strumento di reazione alle inefficiente della p.a. “al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione”. Questo Tribunale ha altresì disposto, ai fini della procedibilità con l’azione come convertita «a la pubblicazione del ricorso sul sito istituzionale a carico dell’Amministrazione intimata nel termine di giorni 30 decorrenti dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente sentenza e nello stesso termine b le comunicazioni previste dalla normativa in esame a carico delle parti tenute alle stesse per legge». 3- Nelle more della fissazione dell’udienza pubblica, il 3 aprile 2019, si è costituito il Comune di Catania, che ha esposto di aver ottemperato sia a quanto disposto dalla predetta sentenza - mediante la pubblicazione sul proprio sito istituzionale del ricorso in oggetto -, sia all'obbligo di inserimento dell'indirizzo PEC nel Registro delle Pubbliche Amministrazioni, ai sensi dell'articolo 16, comma 12, D.l. 179/2012 ha quindi chiesto la dichiarazione della cessata materia del contendere. 3.1- Gli odierni ricorrenti, nella memoria di replica, pur aderendo alla richiesta di dichiarazione della cessata materia del contendere, hanno insistito per la condanna del Comune alle spese, previo accertamento della fondatezza delle pretese dedotte in giudizio. 4- Alla pubblica udienza del 23 maggio 2019 il ricorso è stato posto in decisione. 5- I ricorrenti – associazioni di avvocati e singoli avvocati amministrativisti - lamentano una lesione ascrivibile alla mancata comunicazione da parte del Comune di Catania della PEC al Ministero della Giustizia per la tenuta presso l’apposito registro nel termine di legge. Ciò li obbligherebbe “a procedere alla notifica cartacea, ad asseverarne la copia per procedere poi al deposito telematico, con notevole dispendio di tempo e di denaro”. Pur rinviandosi, per il principio di sinteticità, a quanto già affermato da questo T.A.R. con la sentenza non definitiva cit., si ribadisce sia la legittimazione delle associazioni ricorrenti Associazione “Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti” e l’Associazione “Camera Amministrativa Siciliana” , in quanto rappresentative, per statuto, anche dello specifico interesse asseritamente leso dal Comune con la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC che la legittimazione dei singoli avvocati amministrativi ricorrenti per le ragioni dagli stessi spiegate in ricorso. Quanto alla condizione rappresentata dall’interesse ad agire, anch’essa è stata ritenuta sussistente in quanto, nella diffida del 26 ottobre 2017, i ricorrenti rappresentavano “che il mancato inserimento dell’indirizzo PEC nel suddetto registro non consente agli avvocati di procedere alla notifica telematica tramite PEC, ma li obbliga a procedere alla notifica cartacea, ad asseverarne la copia per procedere poi al deposito telematico, con notevole dispendio di tempo e di denaro” tale indicazione è stata ritenuta sufficiente per identificare l’interesse delle parti, concernente la possibilità di comunicare per via telematica con le pubbliche amministrazioni, beneficiando delle relative economie l’interesse è stato riconosciuto sussistente anche in capo alle associazioni in quanto implicito negli stessi requisiti di adeguata rappresentatività che ne fondano la legittimazione ad agire. 6- Nel merito la controversia investe l’accertamento della violazione dei termini fissati dalla legge per la comunicazione da parte del Comune dell’indirizzo pec al Ministero della Giustizia, con conseguente lesione degli interessi di cui sono portatori i ricorrenti. 7- Va accolta la richiesta di cessazione della materia del contendere avanzata dalle parti. Infatti, sulla cessazione della materia del contendere, prevista dall’articolo 34, comma 5, Cod. procomma amm., il Collegio ritiene di non discostarsi da consolidati principi giurisprudenziali, di seguito compendiati «a. può essere pronunciata nel caso in cui il ricorrente abbia ottenuto in via amministrativa il bene della vita atteso cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2018, numero 2687 , sì da rendere inutile la prosecuzione del processo stante l’oggettivo venir meno della lite cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2018, numero 1135 sez. IV, 22 gennaio 2018, numero 383 sez. IV, 7 maggio 2015, numero 2317 b. si differenzia dalla sopravvenuta carenza di interesse ex articolo 35, comma 1, lett. c Cod. procomma amm. che, invece, si verifica quando l’eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe più alcuna utilità al ricorrente, facendo venir meno la condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere Cons. Stato, sez. IV, 24 luglio 2017, numero 3638 comma è caratterizzata dal contenuto di accertamento nel merito della pretesa avanzata e dalla piena soddisfazione eventualmente offerta dalle successive determinazioni assunte dall’amministrazione Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2017, numero 5343 sez. IV 28 marzo 2017, numero 1426 ». 7.1- Nel caso, non è controverso l’inserimento da parte del Comune di Catania della PEC nell’apposito elenco a seguito dell’instaurazione del presente ricorso e pertanto le pretese dei ricorrenti hanno ottenuto piena soddisfazione, come dagli stessi affermato, concordando le parti sulla richiesta di declaratoria di cessata materia del contendere. 8- Venendo all’accertamento della fondatezza della pretesa di parte ricorrente, su cui insiste quest’ultima, anche ai fini della condanna alle spese cd. soccombenza virtuale , merita di essere in questa sede ricostruito, per via della novità e della rilevanza della questione sottoposta al Collegio, il quadro normativo regolatorio della materia. L’articolo 14, d.m. numero 40/2016, ai commi 1 e 2, dispone che, nel processo amministrativo, le notificazioni di atti processuali alle amministrazioni non costituite in giudizio possono essere eseguite dalle altre parti a mezzo PEC e, in tal caso, la notifica è eseguita agli indirizzi PEC di cui all’articolo 16 comma 12, d.l. 179/2012. Contestualmente, l’articolo 16-ter, d.l. numero 179/2012 novellato dall’articolo 45 bis, d.l. 90/2014 nell’indicare i pubblici elenchi di indirizzi PEC utilizzabili per le comunicazioni e notificazioni, non menziona più il registro IPA di cui all’articolo 16 comma 8, d.l. numero 185/2008. Ne discende che, ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica, potranno utilizzarsi esclusivamente gli indirizzi PEC inseriti nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia al quale, ai sensi del predetto articolo 16 co. 12, gli enti avrebbero dovuto darne comunicazione entro il 30 novembre 2014 in argomento v. CGARS, 12 aprile 2018, numero 216, Tar Catania, sez. II, 4 dicembre 2017 numero 2806 Tar Catania sez III, 13 ottobre 2017 numero 2401 Tar Basilicata 21 settembre 2017 numero 607 . Pertanto, stante l’inequivocabile tenore letterale dell’articolo 16- ter d.l. 179/2012, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione non si sia dotata di un indirizzo PEC ai sensi dell’articolo 16, comma 12, d. l. 179/2012, la notifica non potrà essere alternativamente effettuata presso l’indirizzo estratto dal registro IPA, reso non più valido dal legislatore, ma dovrà essere eseguita esclusivamente mediante le tradizionali modalità cartacee cfr. Tar Catania, sez. I, 30 ottobre 2018, numero 2059 Tar Catania, sez. II, 20 luglio 2018, numero 1557, CGARS, 12 aprile 2018, numero 216 . Occorre sottolineare che la comunicazione al Ministero della Giustizia dell’indirizzo PEC, di cui all’articolo 16 comma 12, d.lgs. 179/2012, è richiesta dal legislatore alle Amministrazioni al dichiarato fine di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni” v. articolo 16 comma 12, d.lgs. 179/2012 . E’ di tutta evidenza come il contegno omissivo serbato dall’Amministrazione rispetto all’obbligo di comunicazione dell’indirizzo PEC sancito dalla predetta norma, pur non precludendo radicalmente la notifica dell’atto processuale residualmente possibile, infatti, mediante le tradizionali modalità cartacee , vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore, rispetto ai quali la telematizzazione delle comunicazioni funge da fattore trainante. Una tale inerzia, come puntualmente rappresentato nella diffida del 26 ottobre 2017, non potendo trovare ammissibile giustificazione in ragioni di carattere organizzativo, si riverbera d’altra parte negativamente sulla generalità degli operatori del processo amministrativo. Costoro, che prima della novella del 2014 avrebbero potuto comunque giovarsi di una modalità di comunicazione telematica rappresentata dalla notifica presso l’indirizzo PEC estratto dal registro IPA, attualmente, in caso di inerzia della PA nella comunicazione dell’indirizzo ex articolo 16, co. 12, cit., potranno ricorrere esclusivamente alle tradizionali modalità di notifica cartacee, con un aggravio in termini materiali ed economici e in spregio alla normativa vigente e in particolare all’articolo 16, comma 12, del d.lgs. 179/2012. Al riguardo, in questa sede, si condividono le seguenti argomentazioni addotte dal CGARS nella sentenza del 12 aprile 2018, numero 216 «7. Ai fini della decisione da adottare il Collegio ritiene che si debbano prendere le mosse dalla lettura degli articoli 24, 113 e 97 della Costituzione, nonché dell’art 6 della CEDU ove sono previsti i diritti inviolabili della difesa in giudizio nonché il principio di buon andamento ovvero il diritto dei cittadini a una buona amministrazione. Posta la previsione costituzionale dei ricordati diritti inviolabili, può dirsi che incombe su tutti gli operatori pubblici il dovere di comportarsi in maniera da renderne agevole l’esercizio e di rimuovere tutti gli ostacoli che, al contrario, lo rendono difficile. Ciò a maggior ragione deve avvenire quando il diritto di difesa viene esercitato nell'ambito di un rapporto, in cui una delle parti nel caso considerato la pubblica amministrazione gode di un regime privilegiato, che si manifesta oltre che per l’esecutorietà e l’autotutela per il fatto che i suoi atti diventano inoppugnabili quando nei loro confronti non si reagisca in un tempo prestabilito, talvolta breve». In quella stessa occasione, il CGARS ha osservato come «la condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT». Per ragioni di completezza, come sottolineato dallo stesso C.G.A. nella citata sentenza, va aggiunto che una simile omissione sortisce inoltre «un effetto di fatto “escludente” di quell’amministrazione dal processo, perché potrà ricevere le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo solo mediante deposito nella segreteria del giudice sicché potrebbe non venirne mai a conoscenza e perché non è consentito comunicare con il sistema della giustizia amministrativa, per ragioni di sicurezza, se non tramite indirizzi PEC contenuti nei registri tenuti dal Ministero della giustizia». 9- Tanto premesso, il Collegio osserva come, alla data dell’introduzione del ricorso, il Comune versasse in oggettivo e persistente stato di inadempienza rispetto all’obbligo di comunicazione del predetto indirizzo PEC nelle tempistiche indicate dalla normativa sopra citata id est entro il 30 novembre 2014 . Trattandosi di mera «violazione di termini» ai sensi dell’articolo 1 del d.lgs. 198/2009 e non occorrendo ulteriori indagini da parte di questo Collegio, considerata l’assenza di margini di discrezionalità in capo alla P.A. intimata, è possibile dichiarare la fondatezza della pretesa di parte ricorrente, per come dedotta sia nella diffida del 26 ottobre 2017 che nel ricorso. Nel caso di specie, come sopra detto, tale pretesa può dirsi pienamente appagata, considerato che, in corso di causa, l’amministrazione ha documentato di aver trasmesso il suddetto indirizzo pec, depositando, tra l’altro, la pec del Ministero della Giustizia dell’11 marzo 2019 per la sostituzione del soggetto incaricato alla comunicazione e la schermata del sito aggiornato al 2 aprile 2019 da cui risulta la pec valida ai fini delle notifiche atti comunque posteriori all’introduzione del presente giudizio . 10. - Al Collegio non rimane quindi che dare atto della cessazione della materia del contendere, mentre le spese seguono la soccombenza virtuale, come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la cessazione della materia del contendere. Condanna il Comune di Catania al pagamento delle spese legali in favore di parte ricorrente, che liquida in complessivi € 1.500,00, oltre accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Trib._Monza_26_giugno_2019_n._3392