Avvocati della P.A.: liquidazione compensi e tetto retributivo

Non venendo in considerazione posizioni giuridiche consolidate, ancorate soltanto alla formazione del decreto del Ministro dell’Economia, non sussiste retroattività della disposizione sull’assoggettamento al tetto retributivo dei compensi spettanti agli avvocati della PA.

In sostanza, l’imposizione del tetto retributivo, così come dalla giurisprudenza già affermato, non opera in termini di riduzione di quanto già corrisposto, ovvero di decurtazione di somme già spettanti, ma definisce la somma massima percepibile a titolo di retribuzione e impedisce la percezione di retribuzioni superiori, con la conseguenza che il diritto a somme ulteriori non può nemmeno essere ritenuto venuto in essere. Lo ha ribadito il Tar Calabria, Sezione I, con la sentenza 557 depositata il 15 marzo scorso, nel decidere a proposito dell’azione di accertamento del diritto alla percezione della componente variabile della retribuzione. Nel senso che la questione centrale posta atteneva alla definizione dei limiti di operatività del tetto retributivo di cui all’art. 23 ter D.L.201/2011 in relazione ai compensi professionali di procuratori e avvocati dello Stato. La Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale a tale proposito, ha affermato il Collegio, con la sentenza n. 236/2017, ha escluso l’incostituzionalità della riforma dei compensi professionali ex art. 9 l. n. 114/2014 per violazione delle norme artt. 3, 23, 35 e 97 e 117 Cost. e, nella precedente l. n. 124/2017, con specifico riferimento all’applicazione del tetto retributivo”, uscito indenne dalle plurime censure di incostituzionalità ivi prospettate, ha speso argomenti in senso contrario alla paventata lesione dei principi, anche europei, in materia di eguaglianza e tutela del lavoro con particolare riferimento all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale . Con riferimento nello specifico, alla invocata contrarietà dell’applicazione del limite retributivo al principio dell’affidamento, la Corte costituzionale n. 236/2017 ha osservato che secondo la Corte EDU, le ragioni di contenimento della spesa pubblica integrano il requisito del legittimo interesse generale, il quale, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo, può giustificare l’ingerenza da parte di un’autorità pubblica nel pacifico godimento dei beni tutelati dalla citata disposizione convenzionale, tra questi comprese, soprattutto in materia retributiva e previdenziale, anche le aspettative legittime legate a prestazioni dal contenuto patrimoniale. La decisione. Peraltro, ha puntualizzato la Sezione, nel procedimento di liquidazione degli onorari professionali intercorre, seppure con il necessario coinvolgimento del Ministero dell’Economia, rapporto tra i soggetti patrocinati - le varie Amministrazioni - e l’Avvocatura dello Stato. I singoli Avvocati e procuratori dello Stato e il restante personale , infatti, non hanno titolo a parteciparvi nei loro confronti la aspettativa al pagamento delle somme acquisisce la giuridica consistenza di un diritto patrimoniale con il decreto di riassegnazione, divenendo peraltro concretamente esigibile soltanto con il decreto di impegno dell’Avvocatura dello Stato. Di tale estraneità al procedimento di liquidazione erano peraltro ben consapevoli gli stessi ricorrenti, che hanno tentato di sterilizzarne le evidenti implicazioni in punto di titolarità in capo all’Avvocatura dello Stato delle posizioni soggettive che al detto procedimento si collegano, sul rilievo che l’Avvocatura sarebbe invece un semplice destinatario del pagamento, autorizzato dalla legge art. 1188 cod. civ. a ricevere le somme” in tal senso l’art. 21, comma 3, R.D. n. 1611/1933 si limiterebbe a prevedere le modalità di adempimento di un credito di cui sarebbe esclusivo titolare il personale in servizio . Senonché, puntualizza la sentenza, il testo dell’art. 21 R.D. n. 1611/1933 autorizza, secondo una lettura che più persuade il Collegio, esiti interpretativi di segno opposto, dal momento che in esso si fa riferimento all’Avvocatura generale dello Stato quale unico soggetto che cura l’esazione delle competenze nei confronti delle controparti” comma 1 e, per i casi di cui al comma 3, si dispone che la metà delle competenze sarà corrisposta dall'Erario all'Avvocatura dello Stato”. In sostanza, la norma di cui all’art. 9, comma 1, l. n. 114/2014, chiara nella sua formulazione, fa esplicito riferimento ai compensi professionali corrisposti” con la conseguenza, ai fini dell’applicabilità del tetto”, che assume rilievo dirimente la data - appunto - di effettiva corresponsione, nel senso che detti compensi sono da computarsi nel tetto” se erogati successivamente al 19 agosto 2014 quand’anche derivino da sentenze favorevoli anteriori alla vigenza del decreto legge. In secondo luogo, il venire ad esistenza del diritto di credito alle c.d. propine” non è direttamente correlato all’attività effettivamente svolta da ciascun avvocato con riferimento alla singola causa quanto, piuttosto, al successivo incasso dei corrispettivi dovuti per la definizione della controversia in senso favorevole all’Amministrazione. Da sempre, infatti, la retribuzione correlata alla vittoria della controversia è riconosciuta all’avvocato dello Stato se e nella misura in cui egli sia in servizio presso l’Avvocatura stessa, aspetto che è il naturale riflesso del carattere unitario, coordinato e impersonale dell’attività difensiva ad essa demandata dalla legge. Ciò comporta, per un verso, che l’apporto dei singoli avvocati e procuratori dello Stato alla formazione degli specifici titoli cui si riferiscono i proventi non si prefiguri come elemento costitutivo del diritto di partecipare alla relativa distribuzione e, per l’altro, che quello al riparto non possa essere ricostruito come un diritto correlato allo svolgimento di una specifica attività difensiva. È, pertanto, da escludere che nel caso di applicazione del tetto ai compensi correlati a sentenze già depositate possa riscontrarsi una effettiva decurtazione, la quale, invece, presuppone l’incidenza della novità normativa su situazioni soggettive di matrice patrimoniale compiutamente formate. In tal senso già il Consiglio di Stato ha riconosciuto al decreto ministeriale di riassegnazione delle somme al capitolo di spesa relativo all’Avvocatura, successivo al versamento delle stesse presso la Tesoreria provinciale, natura costitutiva”, affermando che è soltanto con il suddetto decreto di riassegnazione che l’Amministrazione assume le vesti di debitrice e, correlativamente, matura il diritto soggettivo di credito alla percezione dei compensi professionali da parte degli avvocati e i procuratori dello Stato” Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3335 .

TAR Calabria, sez. I, sentenza 16 gennaio – 15 marzo 2019, n. 557 Presidente Salamone – Estensore Sorrentino Fatto 1. I ricorrenti, tutti avvocati dello Stato in servizio presso l’Avvocatura dello Stato di Catanzaro, hanno adìto questo Tribunale affinché a in via principale, accerti e dichiari il loro diritto alla ripartizione delle somme relative alle competenze di avvocato e procuratore, secondo le modalità e nelle ipotesi stabilite dall’art. 21, commi 2 e 3, R.D. n. 1611/1933, relativamente alle cause nelle quali le relative sentenze favorevoli per l’amministrazione siano state depositate prima dell’entrata in vigore 19 agosto 2014 dell’art. 9, comma 1, legge n. 114/2014, anche oltre il limite retributivo di cui all’art. 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni in alternativa, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, della legge n. 114/2014 per contrasto con gli artt. 3, 23, 35, 97 e 117 della Costituzione, rimetta gli atti alla Corte Costituzionale tramite ordinanza di rimessione b in via subordinata, accertato e dichiarato l’inadempimento dell’obbligo di pagamento delle competenze di avvocato e procuratore nei casi previsti dall’art. 21, comma 3, R.D. n. 1611/1933 e/o di conclusione del relativo procedimento amministrativo nel termine previsto dalla legge e comunque in un termine ragionevole, condanni le amministrazioni resistenti al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, di una somma pari a quella che sarebbe spettata ai ricorrenti, ai sensi del menzionato art. 21, comma 3, R.D. n. 1611/1933, se le medesime amministrazioni avessero provveduto tempestivamente al pagamento, o se avessero tempestivamente concluso il procedimento avviato con istanza dell’Avvocatura dello Stato di Catanzaro. Il tutto maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi moratori. 2. A seguito di istanza istruttoria dei ricorrenti, con ordinanza presidenziale è stato chiesto all’Avvocatura distrettuale di Catanzaro il deposito dei mandati di pagamento degli onorari pervenuti dalle amministrazioni resistenti in data successiva al 19 agosto 2014 e le previe richieste di pagamento degli onorari inviate alle amministrazioni resistenti. 3. Rilevata la pendenza di questioni di legittimità costituzionale vertenti sul citato art. 9 l. 114/2014, originate da plurime ordinanze di rimessione alla Corte da parte di diversi Tribunali amministrativi regionali, la causa è stata dapprima cancellata dal ruolo e, successivamente, ne è stata rinviata la trattazione all’udienza del 16 gennaio 2019, in vista della quale i ricorrenti, depositata documentazione concernente i redditi lordi da loro percepiti negli ultimi anni, con successiva memoria del 10 dicembre 2018, hanno affermato, tra l’altro, la sussistenza del loro interesse ad agire, avendo comprovato - tutti salvo l’avv. Luca Matarese - il superamento del limite retributivo di cui all’art. 23-ter del D.L. n. 201/2001. 4. La domanda formulata in via principale dai ricorrenti riposa sull’assunto della necessaria irretroattività della norma che dispone l’inclusione dei compensi professionali degli avvocati dello Stato nel tetto retributivo art. 9, comma 1, l. 114/2014 , la quale - secondo la lettura da loro fatta propria - va interpretata nel senso che detta inclusione non deve riguardare gli onorari per spese compensate” art. 21, comma 3, R.D. 1611/1933 relative alle sentenze favorevoli alle amministrazioni depositate prima dell’entrata in vigore della legge 19 agosto 2014 , e ciò indipendentemente dal momento di erogazione dei predetti compensi. 4.1. Diversamente opinando, infatti, verrebbe a realizzarsi, ad avviso dei ricorrenti, una intollerabile ablazione dei diritti patrimoniali che spettavano al beneficiario in ragione di previgenti disposizioni di legge”, in violazione dell’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU quindi dell’art. 117, comma 1, Cost. , nonché dell’art. 23 Cost. 4.2. L’opzione esegetica avversata - che annette rilievo, ai fini dell’assoggettamento al limite retributivo, esclusivamente al momento di effettiva corresponsione dei compensi - si porrebbe in antitesi, sotto altro profilo, con il principio di ragionevolezza e sarebbe foriera, altresì, di una inaccettabile disparità di trattamento tra avvocati dello Stato, avvantaggiando quelli che hanno avuto la buona ventura di ricevere materialmente i compensi prima che gli stessi dovessero computarsi ai fini del tetto”. 4.3. Verrebbe in considerazione, ancora, la lesione dell’affidamento riposto dai ricorrenti in ordine alla ripartizione delle somme indicate nel provvedimento di liquidazione dell’Avvocato Generale ex art. 21, comma 4, R.D. n. 1611/1033 e chieste in pagamento alle amministrazioni patrocinate. 4.4. Infine, sempre in senso contrario alla estensione del tetto ai compensi professionali maturati anteriormente al 14 agosto 2014, deporrebbe il comma 2 del citato art. 9 l. 114/2014, il quale circoscrive la portata abrogativa dell’art. 21, comma 3, R.D. n. 1611/1933 - che disciplina va proprio il regime delle competenze professionali per le spese compensate” - alle sole sentenze depositate successivamente all’entrata in vigore del decreto. Di qui l’irragionevolezza di una applicazione del tetto retributivo estesa, invece, anche agli onorari maturati con riferimento ad attività defensionali già svolte, correlate a sentenze depositate prima della vigenza del decreto. 4.5. In definitiva, secondo i ricorrenti, alla luce dei principi affermati dalla CEDU e di una doverosa interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all’art. 9, comma 1, d.l. n. 90/2014 per come modificato dalla l. n. 114/2014 , essi hanno titolo a vedersi riconosciuto il diritto alla ripartizione, senza applicazione del tetto retributivo, delle somme relative agli onorari relativi alle cause nelle quali l’amministrazione patrocinata non sia rimasta soccombente e definite prima del 19 agosto 2014 data di entrata in vigore della legge n. 114/2014 . 5. La domanda risarcitoria, azionata in via subordinata, è argomentata sul presupposto della conclamata violazione dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo di corresponsione delle predette somme da parte delle amministrazioni intimate. Senza il ritardo - osservano i ricorrenti - i compensi professionali non sarebbero stati computati, infatti, ai fini del raggiungimento del limite retributivo. Pure sotto il profilo dell’elemento soggettivo sarebbe indubbia la responsabilità delle amministrazioni resistenti, venendo in rilievo una totale inerzia che integra una gravissima negligenza, atteso che gli adempimenti richiesti per adempiere all’obbligo di pagamento previsto dalla legge erano estremamente semplici”. 6. Nella memoria ex art. 73 c.p.a. depositata l’11 dicembre 2018, le amministrazioni resistenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità, in quanto privo di qualsivoglia allegazione o specificazione che consenta di individuare e contestualizzare le doglianze formalizzate. Nel merito ne hanno argomentato l’infondatezza, tra l’altro, per difetto di posizione giuridica in capo ai ricorrenti atteso che, contrariamente a quanto ex adverso asserito, il mero deposito di una sentenza favorevole non determinerebbe alcun diritto” alla ripartizione giacché il credito del singolo avvocato sorgerebbe non prima del decreto ministeriale di riassegnazione di cui all’art. 1 della legge n. 559/1993, divenendo esigibile, poi, soltanto al termine del complesso procedimento delineato dal citato art. 1, che si conclude con il decreto di impegno da parte dell’Avvocatura dello Stato. 7. Nella memoria di replica i ricorrenti hanno controdedotto in ordine all’eccepita inammissibilità richiamando, al contempo, le argomentazioni già svolte a sostegno di un’interpretazione costituzionalmente orientata del comma 1 dell’art. 9 d.l. 90/2014, per come modificato dalla l. 114/2014, che ne affermi la portata non retroattiva, nel senso descritto nei precedenti scritti difensivi. 8. All’udienza del 16 gennaio 2019, il ricorso è stato trattenuto in decisione. Diritto 9. I ricorrenti hanno esercitato un’azione di accertamento del diritto e, in subordine, di condanna alla percezione della componente variabile della retribuzione ritenuta dovuta, previa, se necessaria, rimessione alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 9, comma 1, l. 114/2014, che su di essa ha pesantemente inciso - per quanto qui di interesse - con le seguenti disposizioni commi 1, 2 e 3 1. I compensi professionali corrisposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato, sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni. 2. Sono abrogati il comma 457 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e il terzo comma dell'articolo 21 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. L'abrogazione del citato terzo comma ha efficacia relativamente alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. 3. Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5 e comunque nel rispetto dei limiti di cui al comma 7. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell'amministrazione”. 10. L’art. 21 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, al quale fa riferimento l’appena riportato art. 9, comma 2, della l. 114/2014 dispone va 1. L'Avvocatura generale dello Stato e le avvocature distrettuali nei giudizi da esse rispettivamente trattati curano la esazione delle competenze di avvocato e di procuratore nei confronti delle controparti quando tali competenze siano poste a carico delle controparti stesse per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione. 2. Con l'osservanza delle disposizioni contenute nel titolo II della legge 25 novembre 1971, numero 1041, tutte le somme di cui al precedente comma e successivi vengono ripartite per sette decimi tra gli avvocati e procuratori di ciascun ufficio in base alle norme del regolamento e per tre decimi in misura uguale fra tutti gli avvocati e procuratori dello Stato. La ripartizione ha luogo dopo che i titoli, in base ai quali le somme sono state riscosse, siano divenuti irrevocabili le sentenze per passaggio in giudicato, le rinunce per accettazione e le transazioni per approvazione. 3. Negli altri casi di transazione dopo sentenza favorevole alle Amministrazioni dello Stato e nei casi di pronunciata compensazione di spese in cause nelle quali le Amministrazioni stesse non siano rimaste soccombenti, sarà corrisposta dall'Erario all'Avvocatura dello Stato, con le modalità stabilite dal regolamento, la metà delle competenze di avvocato e di procuratore che si sarebbero liquidate nei confronti del soccombente. Quando la compensazione delle spese sia parziale, oltre la quota degli onorari riscossa in confronto del soccombente sarà corrisposta dall'Erario la metà della quota di competenze di avvocato e di procuratore sulla quale cadde la compensazione. 4. Le competenze di cui al precedente comma sono corrisposte in base a liquidazione dell'avvocato generale, predisposta in conformità delle tariffe di legge. 11. Ciò premesso, deve preliminarmente respingersi l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa erariale atteso che le domande e i motivi di ricorso sono sufficientemente specifici e possono, pertanto, essere scrutinati. 11.1. La pretesa patrimoniale dei ricorrenti appare infatti chiaramente derivabile per relationem, risultando determinati ex ante i parametri attraverso i quali è possibile addivenire alla quantificazione della somma dovuta, della quale si chiede il riconoscimento i.e. gli onorari collegati a sentenze favorevoli depositate anteriormente all’entrata in vigore del limite retributivo . Ricorre, dunque, una specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile all'identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale”, come chiarito dal vigente art. 40, comma 1, lett. d del c.p.a, nel quale si richiede l’esposizione dei motivi specifici su cui si fonda il ricorso”. 12. Va poi rilevata la carenza di interesse attuale al ricorso dell’avv. Luca Matarese, non avendo comprovato, a differenza degli altri ricorrenti in via collettiva, il superamento del tetto retributivo di cui all’art. 23-ter del D.L. n. 201/2001, sicché egli non ha alcun titolo per dolersi degli effetti di una norma, ritenuta illegittima o incostituzionale la quale - allo stato - non ha trovato applicazione nei suoi confronti. 13. Nel merito delle doglianze, ritiene il Collegio che il ricorso sia insuscettibile di accoglimento. 14. La questione centrale attiene alla definizione dei limiti di operatività del tetto retributivo di cui all’art. 23 ter D.L.201/2011 in relazione ai compensi professionali di procuratori e avvocati dello Stato. 14.1. L’art. 23-ter del D.L.201/2011, ha stabilito che il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del medesimo decreto, sia stabilito con decreto del Presidente del Consiglio, assumendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, con la specificazione che, a tal fine, vanno computate in modo cumulativo le somme comunque erogate” all’interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell’anno. 14.2. Ebbene i ricorrenti contestano, in particolare, l’applicazione del tetto retributivo alle cd. propine per il compensato”, correlate a sentenze depositate - o addirittura passate in giudicato - prima dell’entrata in vigore della l. 114/2014, vantando, in tali casi, a loro dire, diritti patrimoniali che spettavano [] in ragione di previgenti disposizioni di legge”, o comunque un diritto soggettivo” ex art. 21, comma 2, R.D. n. 1611/1933 alla ripartizione delle predette competenze ovvero, ancora, nella prospettiva risarcitoria, posizioni soggettive differenziate degne di tutela, che sarebbero state lese per effetto del comportamento colposo imputabile all’Amministrazione per non aver tempestivamente concluso il procedimento di liquidazione degli onorari. 14.3. La tesi non può essere accolta. Ciò per due ordini di ragioni. In primis la norma di cui all’art. 9, comma 1, l. 114/2014, chiara nella sua formulazione, fa esplicito riferimento ai compensi professionali corrisposti” con la conseguenza, ai fini dell’applicabilità del tetto”, che assume rilievo dirimente la data - appunto - di effettiva corresponsione, nel senso che detti compensi sono da computarsi nel tetto” se erogati successivamente al 19 agosto 2014 quand’anche derivino da sentenze favorevoli anteriori alla vigenza del decreto legge. In secondo luogo, il venire ad esistenza del diritto di credito alle c.d. propine” non è direttamente correlato all’attività effettivamente svolta da ciascun avvocato con riferimento alla singola causa quanto, piuttosto, al successivo incasso dei corrispettivi dovuti per la definizione della controversia in senso favorevole all’Amministrazione. Da sempre, infatti, la retribuzione correlata alla vittoria della controversia è riconosciuta all’avvocato dello Stato se e nella misura in cui egli sia in servizio presso l’Avvocatura stessa, aspetto che è il naturale riflesso del carattere unitario, coordinato e impersonale dell’attività difensiva ad essa demandata dalla legge. Ciò comporta, per un verso, che l’apporto dei singoli avvocati e procuratori dello Stato alla formazione degli specifici titoli cui si riferiscono i proventi non si prefiguri come elemento costitutivo del diritto di partecipare alla relativa distribuzione e, per l’altro, che quello al riparto non possa essere ricostruito come un diritto correlato allo svolgimento di una specifica attività difensiva. È, pertanto, da escludere che nel caso di applicazione del tetto ai compensi correlati a sentenze già depositate possa riscontrarsi una effettiva decurtazione, la quale, invece, presuppone l’incidenza della novità normativa su situazioni soggettive di matrice patrimoniale compiutamente formate. In tal senso Consiglio di Stato ha riconosciuto al decreto ministeriale di riassegnazione delle somme al capitolo di spesa relativo all’Avvocatura, successivo al versamento delle stesse presso la Tesoreria provinciale, natura costitutiva”, affermando che è soltanto con il suddetto decreto di riassegnazione che l’Amministrazione assume le vesti di debitrice e, correlativamente, matura il diritto soggettivo di credito alla percezione dei compensi professionali da parte degli avvocati e i procuratori dello Stato” Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3335 . Diversamente, per le somme che non siano state riassegnate per qualsiasi ragione, anche per i peculati in precedenza commessi , non si costituiscono posizioni di debito-credito tra l’Amministrazione e gli avvocati e i procuratori dello Stato”. 14.4. Quanto ai passaggi, valorizzati dai ricorrenti, della sentenza della Corte Costituzionale n. 236/2017 espressasi a proposito della legittimità costituzionale della disciplina intertemporale della reformatio in peius del regime dei suddetti compensi professionali fortemente incisi dalla riforma , essi non appaiono dirimenti e non persuadono, invero, in senso contrario. Si consideri - in chiave ostativa alla tesi dei ricorrenti - il rilievo, nella medesima pronuncia, attribuito al momento della liquidazione”. La Corte, con specifico riferimento alla aspettativa immediatamente correlata al tema delle competenze professionali inerenti a prestazioni rese nel corso di un giudizio”, ha affermato che essa [i]n quanto tale, risente ontologicamente dei mutamenti di disciplina destinati ad influire sui criteri di determinazione del contenuto della relativa pretesa patrimoniale, dovendosi comunque guardare al dato normativo vigente al momento della relativa liquidazione ordinanza n. 261 del 2013 . E ciò non può che rilevare nella specie, essendo le situazioni soggettive in oggetto fisiologicamente esposte alla dinamica fluidità del relativo regime normativo”. 15. Ciò posto, neppure ricorrono valide ragioni per la rimessione della questione di legittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 9 della richiamata l. 114/2014 sollevata dai ricorrenti peraltro dichiarata inammissibile dalla Corte nella citata pronuncia n. 236/2017 per difetto di prova della rilevanza nell’unico giudizio a quo in cui è stata sollevata . 15.1. Non venendo in considerazione posizioni giuridiche consolidate, ancorate, come detto, soltanto alla formazione del decreto del Ministro dell’Economia, non sussiste la proclamata retroattività della disposizione sull’assoggettamento al tetto retributivo dei compensi de qua, presupposto dell’iter argomentativo sviluppato da parte ricorrente. 15.2. In sostanza, come condivisibilmente osservato, l’imposizione del tetto retributivo non opera in termini di riduzione di quanto già corrisposto, ovvero di decurtazione di somme già spettanti, ma definendo la somma massima percepibile a titolo di retribuzione e impedendo la percezione di retribuzioni superiori, con la conseguenza che il diritto a somme ulteriori non può nemmeno essere ritenuto venuto in essere” T.A.R. Brescia, sez. II, 14 gennaio 2019, n. 30 . 15.3. D’altro canto la Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 236/2017, ha escluso l’incostituzionalità della riforma dei compensi professionali ex art. 9 l. 114/2014 per violazione delle norme invocate dai ricorrenti artt. 3, 23, 35 e 97 e 117 Cost. e, nella precedente sentenza n. 124/2017, con specifico riferimento all’applicazione del tetto retributivo”, uscito indenne dalle plurime censure di incostituzionalità ivi prospettate, ha speso argomenti in senso contrario alla paventata lesione dei principi, anche europei, in materia di eguaglianza e tutela del lavoro con particolare riferimento all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale . 15.4. Riguardo, nello specifico, alla invocata contrarietà dell’applicazione del limite retributivo al principio dell’affidamento, la Corte costituzionale n. 236/2017 ha osservato che secondo la Corte EDU, le ragioni di contenimento della spesa pubblica integrano il requisito del legittimo interesse generale, il quale, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo, può giustificare l’ingerenza da parte di un’autorità pubblica nel pacifico godimento dei beni tutelati dalla citata disposizione convenzionale, tra questi comprese, soprattutto in materia retributiva e previdenziale, anche le aspettative legittime legate a prestazioni dal contenuto patrimoniale da ultimo, sentenza 15 aprile 2014, Stefanetti ed altri contro Italia, paragrafo 48 ”. 16. Da ultimo, l’infondatezza della domanda risarcitoria, avanzata in via subordinata, consegue a quanto detto in ordine alla inconfigurabilità di una posizione giuridica soggettiva in capo ai ricorrenti al momento del deposito della sentenza favorevole all’amministrazione patrocinata e, di riflesso, alla insussistenza di una lesione giuridicamente apprezzabile e suscettiva di ristoro. 16.1. A sostegno di quanto appena osservato vale rimarcare come il predetto procedimento di liquidazione degli onorari professionali intercorra, seppure con il necessario coinvolgimento del Ministero dell’Economia, esclusivamente tra i soggetti patrocinati - le varie Amministrazioni - e l’Avvocatura dello Stato. I singoli Avvocati e procuratori dello Stato e il restante personale , infatti, non hanno titolo a parteciparvi nei loro confronti la aspettativa al pagamento delle somme acquisisce la giuridica consistenza di un diritto patrimoniale con il decreto di riassegnazione, divenendo peraltro concretamente esigibile - come posto in rilievo dalla difesa erariale - soltanto con il decreto di impegno dell’Avvocatura dello Stato cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3168 . Di tale estraneità al procedimento di liquidazione è peraltro ben consapevole parte ricorrente, che tenta di sterilizzarne le evidenti implicazioni in punto di titolarità in capo all’Avvocatura dello Stato delle posizioni soggettive che al detto procedimento si collegano, sul rilievo che, nel caso di specie, l’Avvocatura sarebbe invece un semplice destinatario del pagamento, autorizzato dalla legge art. 1188 cod. civ. a ricevere le somme” in tal senso l’art. 21, comma 3, R.D. n. 1611/1933 si limiterebbe a prevedere le modalità di adempimento di un credito di cui sarebbe esclusivo titolare il personale in servizio . Senonché il testo dell’art. 21 R.D. n. 1611/1933 autorizza, secondo una lettura che più persuade, esiti interpretativi di segno opposto, dal momento che in esso si fa riferimento all’Avvocatura generale dello Stato quale unico soggetto che cura l’esazione delle competenze nei confronti delle controparti” comma 1 e, per i casi di cui al comma 3, si dispone che la metà delle competenze sarà corrisposta dall'Erario all'Avvocatura dello Stato”. 17. Quanto appena osservato solleva il Collegio dall’esaminare la sussistenza dei presupposti di configurabilità dell’elemento soggettivo dell’illecito ascritto dai ricorrenti alle amministrazioni resistenti ciò non di meno, va rilevato che le oggettive lungaggini nel perfezionamento dell’iter di pagamento da essi richiamate possono ritenersi imputabili, per parte certo non irrilevante, alla significativa complessità e peculiarità del procedimento di liquidazione di siffatti compensi e della relativa disciplina, incentrata sull’art. 1 della legge 23 dicembre 1993, n. 559, parte di un sistema normativo al quale concorrono gli artt. 26 e 29 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, l’art. 2 del D.P.R. 10 novembre 1999, n. 469 e in genere le regole e le disposizioni sulla formazione e sulla gestione del bilancio statale e nell’ambito del quale, come detto, un ruolo primario è assegnato anche al Ministero dell’Economia. 18. In conclusione, per quanto sopra, il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. 19. La complessità e la peculiarità delle questioni trattate sorregge la decisione di compensare le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.