L’equo indennizzo è un credito cedibile

Il Tar Trento, applicando un principio sancito dalla Cass. Civ. sez. III n. 22601/13, ha inserito tra i crediti cedibili anche l’equo indennizzo visto che è un danno non patrimoniale dovuto alla giustizia lumaca. L’art. 69 R.D. n. 2440/23 sancisce che la cessione dei crediti vantati nei confronti della pa può avvenire anche senza il consenso del debitore, purché risulti da atto pubblico o da scrittura autenticata dal notaio notificata all’amministrazione centrale, ovvero all’ente o all’ufficio o al funzionario cui spetta ordinare il pagamento.

È questa la nuova fattispecie sancita dal Tar Trento, con la pronuncia numero 178 depositata il 30 marzo 2016. Il caso. I ricorrenti sono familiari il padre e la figlia, coniuge del terzo ricorrente, il 5 maggio 2010 avviarono un’azione ex Legge Pinto. Il 27 maggio il padre dichiarò che avrebbe ceduto al genero anche il mio eventuale credito per danni verso il Ministero della Giustizia , ma il cessionario accettò solo cinque anni dopo che il cedente era morto nelle more dell’azione e che era stato riconosciuto il richiesto equo indennizzo. La dichiarazione era agli atti del procedimento, ma de facto è da considerarsi unilaterale e priva di valore non solo per la tardività con cui era stata accettata, ma anche perché era manoscritta e sottoscritta, su carta semplice . Infine, non fu mai notificata alla pa, come imposto dalla legge sono carenti tutti i richiesti requisiti sostanziali e di forma degli artt. 69 R.D. numero 2440/23 e 1260 cc. palese il difetto di legittimazione ad agire del genero. Il giudizio di ottemperanza e la richiesta di astreinte , così come da calcolarsi in base alle novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016, sono stati respinti per cessata materia del contendere nelle more di questo giudizio la pa aveva già saldato sia i ricorrenti che i loro legali. Ricorso collettivo. È questa l’altra peculiarità della pronuncia annotata chiarisce questa particolare forma di ricorso prevista dal c.p.a. Infatti non è una class action o un ricorso promosso da un gruppo di persone, ma è uno strumento che si traduce in una pluralità di azioni contestualmente proposte in un unico atto. Con il ricorso collettivo le posizioni soggettive di ciascuno dei ricorrenti rispetto all'atto impugnato, o al rapporto controverso, non si comunicano agli altri perché il gravame si risolve in una pluralità di azioni autonome, solo cartolarmente congiunte sì che l’eventuale pronuncia di inammissibilità nei confronti di una parte non preclude l’esame nel merito delle altre Tar Trento numero 14/16 e Lombardia numero 3056/12 . Cessione del credito. È un negozio causale per cui, se non disposta a titolo oneroso, deve ritenersi a causa presunta, fino a prova della relativa inesistenza o illiceità, potendo avere ad oggetto anche una ragione di credito o un diritto futuro, purché determinato o determinabile, nel qual caso l'effetto traslativo si produce al momento della relativa venuta a esistenza in capo al cedente Cass. Civ. numero 3004/73 . La cessione si perfezione con l’accordo tra cedente e cessionario che succederà al primo nei rapporti obbligatori e questa successione ha un effetto traslativo immediato non solo tra di essi ma anche nei confronti del debitore ceduto, nei cui confronti la cessione diviene efficace all'esito della relativa notificazione o accettazione art. 1264 c.c. - Cass. Civ. numero 20548/04 . L'accettazione della cessione ha natura non costitutiva bensì ricognitiva e, a tale stregua, al debitore ceduto non è precluso far valere l'eccezione di invalidità e di estinzione del rapporto obbligatorio, mentre esclude l'efficacia liberatoria del pagamento fatto al creditore originario . Se la cessione riguarda un credito nei confronti della pa si devono rispettare, come sinora esplicato, anche i criteri dell’art. 69 R.D. numero 2440/23 sulla contabilità di Stato. Come detto nessuno di questi requisiti è stato rispettato e, in ogni caso, la dichiarazione unilaterale di cessione del credito era già confluita nella massa ereditaria attiva e passiva, dato che l’accettazione è avvenuta tardivamente dopo l’apertura della successione mortis causa.

Tar Trento, sez. Unica, sentenza 24 – 30 marzo 2016, n. 178 Presidente Gabbricci – Relatore Chiettini Fatto e Diritto 1. Con il decreto in epigrafe depositato il 10 agosto 2010 la Corte di Appello di Trento ha accolto il ricorso proposto dai sig.ri Amelio e Laura Guazzo, rispettivamente padre e figlia, ai sensi dell’art. 3 della legge 24.3.2001, n. 89, per l’irragionevole durata di un processo civile. Con il citato decreto la Corte di Appello ha statuito nel modo seguente a ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento a favore di ciascuno dei ricorrenti Guazzo della somma di euro 4.830,00 b ha posto a carico del nominato Ministero anche le spese di lite, liquidate complessivamente in euro 818,00 oltre al rimborso degli accessori nelle misure di legge , somma, quest’ultima, distratta in favore degli avv.ti Giambattista e Francesca Rando. 2. Detto decreto è stato notificato con formula esecutiva al Ministero della Giustizia ed è passato in giudicato, come risulta dall’attestazione apposta il 25 settembre 2015 dalla Cancelleria della Corte di Appello di Trento. 3. L’Amministrazione, tuttavia, non aveva adempiuto. Per cui la sig.ra Laura Guazzo e il sig. Aldo De Antoni, quest’ultimo in dichiarata veste di cessionario del credito maturato dal sig. Guazzo con il Ministero della Giustizia”, hanno introdotto il presente ricorso di ottemperanza per chiedere a questo Tribunale a - di dichiarare l’obbligo dell’Amministrazione resistente di provvedere al pagamento di tutte le somme determinate nel decreto in esame, assegnando un termine per adempiere b - di nominare, in caso di permanente inadempimento, un commissario ad acta c - di condannare il Ministero della Giustizia al pagamento di un’ulteriore somma di denaro a titolo di penalità di mora o astreinte , ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e , c.p.a., per il ritardo nell’esecuzione del disposto del decreto d - di condannare il nominato Ministero anche al pagamento delle spese del presente giudizio, da distrarsi a favore dei difensori avv.ti Rando, dichiaratisi antistatari. 4. In 29 dicembre 2015 si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, depositando la nota del precedente 22 dicembre con cui la Corte di Appello di Trento ha comunicato che, in ottemperanza al decreto in oggetto, sono stati emessi - a favore della ricorrente Laura Guazzo un ordinativo di pagamento per complessivi euro 4.828,00 - a favore dello Studio legale associato G.B. & amp F. Rando un ordinativo di pagamento per complessivi euro 976,49. Da ciò, la richiesta dell’Avvocatura dello Stato che sia dichiarata cessata la materia del contendere nei confronti degli indicati ricorrenti. 5. Il ricorso era stato chiamato alla camera di consiglio del 10 marzo 2016, quando la difesa dei ricorrenti ha confermato che, nelle more del giudizio, è intervenuto il pagamento di quanto richiesto in sede di ottemperanza a favore della sig.ra Laura Guazzo e degli avv.ti Rando. Il Presidente del Collegio ha sottoposto alle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., la questione della legittimazione del ricorrente Aldo De Antoni, questione per la quale il difensore ha chiesto il rinvio della trattazione del ricorso all’odierna camera di consiglio, quando ha depositato la comunicazione scritta” con cui il sig. Amelio Guazzo ha ceduto l’eventuale credito verso il Ministero della Giustizia” al ricorrente De Antoni documento, invero, già agli atti di causa . Il ricorso è stato poi trattenuto per la decisione. 6. Il Collegio osserva, anzitutto, che quello in esame è un ricorso collettivo, strumento ammissibile nel processo amministrativo quando esso si traduce, come nel caso, in un pluralità di azioni contestualmente proposte in un unico atto. Con il ricorso collettivo le posizioni soggettive di ciascuno dei ricorrenti rispetto all'atto impugnato, o al rapporto controverso, non si comunicano agli altri perché il gravame si risolve in una pluralità di azioni autonome, solo cartolarmente congiunte. Pertanto le posizioni soggettive di ciascuno dei ricorrenti rispetto all'atto impugnato non si comunicano agli altri, tanto che un'eventuale pronuncia di inammissibilità dell'azione per uno dei ricorrenti non preclude una pronuncia di merito per l'altro cfr. T.R.G.A. Trento, 13.1.2016, n. 14 2.12.2015, n. 494 23.5.2012, n. 155 T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 17.12.2012, n. 3056 . Consegue a tali principi che il Collegio deve valutare e, se del caso, distinguere le posizioni soggettive di ciascuno dei ricorrenti. 7. Ebbene, con riferimento alla domanda di ottemperanza introdotta dalla ricorrente sig.ra Laura Guazzo e dagli avv.ti Rando, per quanto sopra specificato ai punti 4. e 5. il Collegio deve dichiarare la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, comma 5, c.p.a. 8.1. Con riferimento alle domande introdotte sempre dalla ricorrente sig.ra Laura Guazzo e dagli avv.ti Rando per ottenere la condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro a titolo di penalità di mora, o astreinte, vale rammentare che il Tribunale si era da ultimo uniformato cfr., per tutte, T.R.G.A. Trento, 22.10.2015, n. 394 e n. 398 12.10.2015, n. 385 all’interpretazione stabilita dal Giudice d’appello cfr., per tutte, sentenze brevi 13 ottobre 2015, nn. 4780, 4724 e 4722 , per la quale, dal tenore letterale dell’art. 114, comma 4, c.p.a., si rileva che il legislatore ha attribuito al giudice dell’ottemperanza uno strumento per indurre l’Amministrazione ad eseguire tempestivamente l’ordine di pagamento dallo stesso formulato, di talché tale strumento non è ovviamente utilizzabile per gli adempimenti pregressi, produttivi piuttosto di obbligazioni di natura risarcitoria”. Tale posizione è stata condivisa e dunque codificata dal Legislatore, che così superando le oscillazioni della giurisprudenza con il comma 781 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 l. 28.12.2015, n. 208 ha aggiunto alla lett. e del comma 4 dell’art. 114 c.p.a. il seguente periodo Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza”. 8.2. Conseguentemente, le domande di astreinte devono essere respinte, poiché il pagamento delle somme che l’Amministrazione era stata condannata a versare è avvenuto prima del deposito della presente decisione. 9.1. Con riferimento, invece, alla posizione del ricorrente sig. Aldo De Antoni, coniuge della sig.ra Laura Guazzo, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione. 9.2. A tale riguardo occorre rilevare, in punto di fatto che, a fondamento della sua posizione e della sua pretesa, il sig. De Antoni afferma di agire in qualità di cessionario del credito maturato da Amelio Guazzo con il Ministero della Giustizia” e che, a comprova di tale affermazione, allega una dichiarazione manoscritta e sottoscritta, su carta semplice, del sig. Amelio Grasso, con la quale il suocero dichiarò di cedere a lui anche il mio eventuale credito per danni verso il Ministero della Giustizia” doc. n. 1 . Il Collegio osserva ora che il procedimento civile promosso ai sensi dell’art. 3 della l. n. 89 del 2001 è stato iscritto a ruolo in data 5 maggio 2010 che la dichiarazione del sig. Guazzo è datata 27 maggio 2010 che il sig. Guazzo è deceduto un mese dopo, il 1 luglio 2010 che il decreto della Corte di Appello in oggetto è stato pubblicato dopo la sua morte, ossia il successivo 10 agosto 2010 che il sig. De Antoni ha accettato la cessione” cinque anni dopo, con una dichiarazione manoscritta e sottoscritta, su carta semplice, datata 19 settembre 2015 doc. n. 5 . 9.3. Sull’istituto cessione del credito” si ricorda, in linea generale, che, in ossequio al principio generale dell’ordinamento giuridico della libera cedibilità del credito, posto agli artt. 1260 e ss. del c.c., la cessione del credito è un negozio causale per cui, se non disposta a titolo oneroso, deve ritenersi a causa presunta, fino a prova della relativa inesistenza o illiceità, potendo avere ad oggetto anche una ragione di credito o un diritto futuro, purché determinato o determinabile, nel qual caso l'effetto traslativo si produce al momento della relativa venuta a esistenza in capo al cedente. A seguito della puntuale ricostruzione delle regole e dei principi che governano l’istituto della cessione del credito, la Corte di Cassazione ha affermato che ben può allora il diritto o la ragione di credito al risarcimento del danno non patrimoniale costituire oggetto di cessione, a titolo oneroso o gratuito, ai sensi e nei limiti dell'art. 1260 c.c.” Cass.Civ., sez. III, 2.10.2013, n. 22601 . Ai fini del perfezionamento della cessione del credito è necessario l'accordo tra il cedente e il cessionario Cass.Civ., 13.11.1973, n. 3004 , che determina la successione di quest'ultimo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio, con effetti traslativi immediati non solo tra di essi ma anche nei confronti del debitore ceduto, nei cui confronti la cessione diviene efficace all'esito della relativa notificazione o accettazione art. 1264 c.c. - Cass.Civ., 20.10.2004, n. 20548 . L'accettazione della cessione ha natura non costitutiva bensì ricognitiva e, a tale stregua, al debitore ceduto non è precluso far valere l'eccezione di invalidità e di estinzione del rapporto obbligatorio, mentre esclude l'efficacia liberatoria del pagamento fatto al creditore originario. Nondimeno, in deroga al principio civilistico della cedibilità del credito anche senza il consenso del debitore, per la cessione di crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione, l’art. 69, commi primo e terzo, della legge di contabilità dello Stato R.D. 18.11.1923, n. 2440 stabilisce che la cessione deve risultare da atto pubblico o da scrittura autenticata da notaio, e che deve essere notificata all’Amministrazione centrale, ovvero all’ente ovvero ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento. 9.4. Ebbene, dall’esame della disciplina riportata emerge che anche il diritto di credito al risarcimento del danno non patrimoniale da mancato rispetto del termine ragionevole di durata di un processo può essere ceduto, ai sensi e nei limiti dell'art. 1260 c.c. ma nel rispetto delle forme di cui all’art. 69, commi primo e terzo, del R.D. 18.11.1923, n. 2440. 9.5. Tuttavia, nella vicenda di causa si osserva che la dichiarazione del sig. Guazzo all’esame, datata 27 maggio 2010, contiene una mera manifestazione unilaterale di volontà di cedere un diritto di credito futuro, sorto a seguito della mera introduzione del ricorso ex art. 3 della legge Pinto ma, a quel tempo, non ancora identificato in tutti i suoi elementi costitutivi. Tuttavia, a quella data, o comunque prima del decesso del cedente Guazzo, il contratto di cessione non si perfezionò perché mancò prima ancora della forma e della notifica il consenso del cessionario De Antoni, consenso che, come si è visto, è tardivamente intervenuto dopo la morte del cedente, quindi in un momento posteriore all’apertura della successione di cristallizzazione della massa ereditaria, attiva e passiva , e nella quale, di conseguenza, quella manifestazione unilaterale di volontà del Guazzo è necessariamente confluita. 9.6. Deriva da ciò che il De Antoni non ha alcuna titolarità sul rapporto sostanziale controverso, ossia il credito del defunto Amelio Guazzo nei confronti del Ministero della Giustizia a seguito del riconoscimento del danno non patrimoniale per eccessiva durata di un processo, di cui al decreto in epigrafe, sicché non ha la giuridica possibilità di presentarsi in giudizio per far valere ragioni su quel credito. Nei suoi confronti, di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione. 10. Da ultimo, quanto alle spese del presente giudizio, il Collegio ritiene di compensarle, stante sì la soccombenza virtuale dell’Amministrazione nei confronti del coniuge Laura Guazzo, ma l’infondatezza delle domande di astreinte e la soccombenza sostanziale del coniuge Aldo De Antoni. P.Q.M. Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige / Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 384 del 2015 - quanto alla domanda principale introdotta dalla ricorrente Laura Guazzo e dagli avv.ti Rando, dichiara la cessazione della materia del contendere - quanto alle domande di penalità di mora introdotte dalla ricorrente Laura Guazzo e dagli avv.ti Rando, le respinge - quanto alle domande introdotte dal ricorrente Aldo De Antoni, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione. Compensa le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.