Fruizione dei permessi sindacali retribuiti: liti al giudice ordinario

di Marilisa Bombi

di Marilisa Bombi A decidere in merito alla sussistenza, o meno, dei requisiti di rappresentatività per la fruizione dei permessi sindacali retribuiti nel pubblico impiego, è competente il giudice ordinario e non quello amministrativo. Requisiti per il riconoscimento di organizzazione sindacale. Del resto, già la S.C. ha avuto modo di affermare che la controversia promossa da un'associazione sindacale del pubblico impiego, nei confronti dell'Amministrazione datrice di lavoro, per denunciare il mancato riconoscimento della qualità di sindacato munito di maggiore rappresentatività e, quindi, il diniego o l'impedimento di quelle attività sindacali che presuppongono tale qualità, spetta alla cognizione del giudice ordinario. Tale competenza è dovuta al fatto che la relativa domanda è rivolta a tutelare posizioni proprie ed esclusive del sindacato, non strettamente correlate in termini di identificazione o coincidenza oggettiva con diritti inerenti al rapporto di impiego dei singoli iscritti, e che, inoltre, dette posizioni hanno consistenza di diritti soggettivi, essendo l'indicata maggiore rappresentatività direttamente contemplata dalla legge, in presenza di determinati requisiti, senza alcuna discrezionalità in proposito dell'Amministrazione cfr. Cass. civ., sez. un., 14 ottobre 1988, nr. 5569 . Spetta al giudice ordinario dirimere le eventuali controversie. Tale insegnamento resta valido, a fortiori, anche dopo la privatizzazione del pubblico impiego e la devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario, essendosi affermato che, poiché la giurisdizione del giudice si determina in base alla domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata nel giudizio. Sindacati titolari di veri e propri diritti di libertà. Ne consegue che, ove una parte lamenti la lesione di proprie prerogative in tema di trattative e consultazioni preliminari volte all'adozione di provvedimenti aziendali di natura organizzativa, la relativa controversia rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. Ciò in quanto la situazione giuridica avente rilevanza individuatrice della domanda si iscrive nell'ambito di protezione assicurato dall'ordinamento alle organizzazioni sindacali, titolari di veri e propri diritti di libertà e di attività non degradabili ad interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali riservate alla p.a., senza che rilevi, in contrario, la circostanza che, nell'atto introduttivo del giudizio, la parte - come avvenuto nella specie - abbia esplicato un petitum formale consistente nell'annullamento del provvedimento impugnato cfr. Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2001, n. 192 in termini, anche Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2000, n. 436 .

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 25 gennaio - 2 marzo 2011, n. 1360 Presidente Numerico - Relatore Greco Fatto Il Ministero della Giustizia ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell'esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, accogliendo il ricorso proposto dall'organizzazione sindacale Si.A.L.Pe. - ASIA, ha annullato gli atti con i quali, ai fini della fruizione dei permessi sindacali per l'anno 2005, l'organizzazione ricorrente non era stata inclusa fra quelle in possesso dei necessari requisiti di rappresentatività. A sostegno dell'appello, l'Amministrazione ha dedotto 1 l'inammissibilità del ricorso originario per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo 2 l'inammissibilità del ricorso per omessa notifica dello stesso al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e alle organizzazioni sindacali controinteressate 3 l'erroneità della sentenza impugnata, con riguardo all'essere stata fornita dall'Amministrazione chiara prova del difetto dei requisiti di legge di rappresentatività in capo all'organizzazione ricorrente 4 l'erroneo riconoscimento del danno all'immagine asseritamente subito dalla ricorrente. Per resistere all'appello, si è costituita l'originaria ricorrente in primo grado, Si.A.L.Pe. - ASIA, che ha controdedotto alle censure dell'Amministrazione, concludendo per la conferma della sentenza impugnata. Si sono altresì costituite in giudizio altre organizzazioni sindacali, già intervenute nel primo grado per sostenere le ragioni dell'una o dell'altra parte e segnatamente - il S.I.A.P.Pe. - Sindacato Italiano Autonomo Polizia Penitenziaria si è associato alle ragioni di parte appellata, chiedendo la reiezione del gravame - il S.A.P.Pe. - Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria ha chiesto invece accogliersi l'appello dell'Amministrazione. Alla camera di consiglio del 30 gennaio 2007, questa Sezione ha accolto l'istanza di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata. All'udienza del 25 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Viene all'attenzione della Sezione il contenzioso relativo agli atti con i quali il Ministero della Giustizia, attraverso il Dipartimento di Polizia Penitenziaria, ha individuato le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria in possesso dei requisiti di rappresentatività per la fruizione dei permessi sindacali retribuiti per l'anno 2005. In particolare, l'organizzazione Si.A.L.Pe. - ASIA dolse della propria esclusione dal novero delle associazioni in possesso dei predetti requisiti, lamentando l'erroneità e l'approssimazione sotto vari profili dei calcoli all'uopo compiuti dall'Amministrazione a norma dell'art. 32 del d.P.R. 18 giugno 2002, nr. 164. Il T.A.R. del Lazio, con la sentenza qui impugnata, ha accolto il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati, condannando l'Amministrazione al risarcimento del danno di immagine cagionato all'originaria ricorrente. 2. Ciò premesso, l'appello dell'Amministrazione è fondato, nei sensi di seguito precisati. 3. Più specificamente, e come già evidenziato in sede cautelare, è fondato e assorbente il primo motivo di impugnazione, col quale è riproposta l'eccezione respinta dal giudice di prime cure di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, già in tempi risalenti la S.C. ha avuto modo di affermare che la controversia promossa da un'associazione sindacale del pubblico impiego, nei confronti dell'Amministrazione datrice di lavoro, per denunciare il mancato riconoscimento della qualità di sindacato munito di maggiore rappresentatività e, quindi, il diniego o l'impedimento di quelle attività sindacali che presuppongono tale qualità, spetta alla cognizione del giudice ordinario, atteso che la relativa domanda è rivolta a tutelare posizioni proprie ed esclusive del sindacato, non strettamente correlate in termini di identificazione o coincidenza oggettiva con diritti inerenti al rapporto di impiego dei singoli iscritti, e che, inoltre, dette posizioni hanno consistenza di diritti soggettivi, essendo l'indicata maggiore rappresentatività direttamente contemplata dalla legge, in presenza di determinati requisiti, senza alcuna discrezionalità in proposito dell'Amministrazione cfr. Cass. civ., sez. un., 14 ottobre 1988, nr. 5569 . Tale insegnamento resta valido, a fortiori, anche dopo la privatizzazione del pubblico impiego e la devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario, essendosi affermato che, poiché la giurisdizione del giudice si determina in base alla domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata nel giudizio, ne consegue che, ove parte attrice lamenti la lesione di proprie prerogative in tema di trattative e consultazioni preliminari volte all'adozione di provvedimenti aziendali di natura organizzativa, la relativa controversia rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, atteso che la situazione giuridica avente rilevanza individuatrice della domanda si iscrive nell'ambito di protezione assicurato dall'ordinamento alle organizzazioni sindacali, titolari di veri e propri diritti di libertà e di attività non degradabili ad interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali riservate alla p.a., senza che rilevi, in contrario, la circostanza che, nell'atto introduttivo del giudizio, la parte - come avvenuto nella specie - abbia esplicato unpetitum formale consistente nell'annullamento del provvedimento impugnato cfr. Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2001, nr. 192 in termini, anche Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2000, nr. 436 . 4. Alla luce di quanto sopra, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, individuandosi nel giudice ordinario l'autorità giudiziaria cui spetta la cognizione della presente controversia. 5. In considerazione della complessità delle questioni sottese al ricorso, nonché dell'assenza di precedenti giurisprudenziali recenti in materia, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il ricorso di primo grado inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, appartenendo la giurisdizione all'autorità giudiziaria ordinaria. Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.