Extracomunitario, una contravvenzione non basta a negare la cittadinanza

di Marilisa Bombi

di Marilisa Bombi Non può essere negata la cittadinanza italiana al cittadino extracomunitario a causa di una contravvenzione contestata nel 1995 senza peraltro tenere conto, ovvero obliando il parere ampiamente favorevole espresso dal Commissario del Governo di Trento a sostegno della richiesta dell'interessato, neppure citato o preso in considerazione dall'Amministrazione procedente nel provvedimento conclusivo del procedimento. La concessione della cittadinanza presuppone una valutazione discrezionale sull'avvenuta integrazione dello straniero in Italia. Ai sensi dell'art. 9 legge n. 91 del 1992 il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali circa l'esistenza di un'avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale. Va tuttavia sottolineato che il sindacato giurisdizionale sul corretto esercizio del potere, avendo natura estrinseca e formale, ben può e deve verificare la ricorrenza di un idoneo e sufficiente supporto istruttorio, oltre alla veridicità dei fatti posti a fondamento della determinazione amministrativa e alla sussistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole per tutte, Consiglio di Stato, sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4862 . Il diniego deve essere adeguatamente motivato. In sostanza, se il contestato diniego ha fatto riferimento unicamente ad elementi tali da non ritenere opportuna la concessione della cittadinanza , mentre in realtà - a fondamento dell'atto - è stato unicamente richiamato un decreto penale di condanna, emesso nel 1995 per la commissione di una contravvenzione, sussistono i vizi di eccesso di potere dedotti con l'appello, che deve conseguentemente essere accolto. Non basta una relazione della Digos a negare la cittadinanza. Per il Collegio, che ha condannato anche il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese processuali di ambedue i gradi di giudizio pari ad euro 4.000, oltre le spese, non poteva essere considerata sufficiente la relazione della Questura di Trento e della Digos, ed idonee le considerazioni svolte dal Commissario di Governo a condizionare le valutazioni definitive sulla personalità del richiedente. Da ciò - in riforma della sentenza impugnata - la Sezione ha affermato che va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il provvedimento che ne è oggetto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione, la quale dovrà determinarsi anche tenendo conto delle valutazioni favorevoli espresse nel corso del procedimento.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 18 gennaio - 18 febbraio 2011, n. 1037 Presidente Maruotti - Relatore Vigotti Fatto e diritto Considerato che il Commissariato del Governo presso la Provincia di Trento ha respinto l'istanza di naturalizzazione italiana presentata dall'appellante, cittadino marocchino risiedente in Italia da oltre dieci anni, ai sensi dell'art. 9 comma 1 lettera f legge 5 febbraio 1992, n. 91, visto il certificato del casellario giudiziale n. 21/0000 in data 18 gennaio 2001, da cui emergono elementi tali da non ritenere opportuna la concessione della cittadinanza con la sentenza impugnata il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige ha respinto il ricorso presentato avverso il diniego, sul presupposto della ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione nel valutare la domanda di concessione della cittadinanza italiana e della dimostrazione, desunta dal certificato del casellario giudiziale, di non completa integrazione nella comunità nazionale da parte del ricorrente, condannato nel 1995 per guida in stato d'ebbrezza il Giudice di primo grado ha reputato che le considerazioni positive espresse dal Commissario del Governo per la Provincia di Trento nel parere favorevole allegato alla domanda dell'interessato, corredato dalla relazione della Questura di Trento e della Digos, non fossero idonee a condizionare le valutazioni definitive sulla personalità del richiedente - la sentenza merita, sul punto, la riforma chiesta con l'appello in esame, dal momento che, fermo restando che ai sensi dell'art. 9 legge n. 91 del 1992 il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali circa l'esistenza di un'avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale, va tuttavia sottolineato che il sindacato giurisdizionale sul corretto esercizio del potere, avendo natura estrinseca e formale, ben può e deve verificare la ricorrenza di un idoneo e sufficiente supporto istruttorio, oltre alla veridicità dei fatti posti a fondamento della determinazione amministrativa e alla sussistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole per tutte, Consiglio di Stato, sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4862 - nel caso di specie, il supporto istruttorio valorizzato dall'Amministrazione non appare completo, essendo stato del tutto obliato il parere ampiamente favorevole espresso dal Commissario del Governo di Trento a sostegno della richiesta dell'interessato, neppure citato o preso in considerazione dall'Amministrazione procedente nel provvedimento conclusivo del procedimento - inoltre, il contestato diniego ha fatto riferimento ad 'elementi tali da non ritenere opportuna la concessione della cittadinanza', mentre in realtà - a fondamento dell'atto - è stato unicamente richiamato un decreto penale di condanna, emesso nel 1995 per la commissione di una contravvenzione - sussistono, quindi, i vizi di eccesso di potere dedotti con l'appello, che deve conseguentemente essere accolto, sicché - in riforma della sentenza impugnata - va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il provvedimento che ne è oggetto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione, la quale dovrà determinarsi anche tenendo conto delle valutazioni favorevoli espresse nel corso del procedimento. - le spese dei due gradi del giudizio vanno poste, come di regola, a carico della parte soccombente e si liquidano in dispositivo P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato n. 505 del 2006, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento che ne costituisce oggetto, salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione. Condanna il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, a rifondere all'appellante le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 4.000 quattromila euro, oltre IVA e CPA. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.