È famiglia anche quella per necessità. Cadono gli alibi per l’ex partner stalker o maltrattante

Due recentissime sentenze della Corte di Cassazione contribuiscono a delineare e stabilizzare, in funzione di rafforzamento della tutela, una nuova figura di famiglia agli effetti della legge penale.

Si tratta di quella che chiamerei famiglia per necessità ” e, cioè, quella che continua anche dopo la fine di una relazione dalla quale, però, siano nati figli in comune. Finita la relazione sentimentale, infatti, resta che i due partner rimangono sempre e comunque genitori dei propri figli con la conseguente necessità di relazionarsi per le quotidiane esigenze dei figli”. Una relazione, dunque, destinata a cambiare pelle, ma a durare nel tempo e dove è destinata ad emergere – se non affrontata adeguatamente – l’eventuale e molte volte anche accesa conflittualità genitoriale . Orbene, rispetto a questa situazione nel giro di pochi giorni la Corte di Cassazione ha pronunciato due importanti sentenze mi riferisco alle sentenze n. 15625 del 26 aprile 2021 reperibile sulla banca dati DeJure della V sezione penale e la n. 17885 del 7 maggio 2021 della VI sezione penale quest’ultima pubblicata nell’edizione del 10 maggio con una nota di A. Ievolella, Perseguita l’ex compagna dopo la fine della convivenza condannato per maltrattamenti . Come vedremo, i principi affermati nelle sue sentenze – a maggior ragione se letti insieme – contribuiscono a chiarire alcuni delicati aspetti nell’ambito della tutela che oggi rientra anche nel c.d. codice rosso . Il merito è aver chiarito come certi comportamenti non possono essere giustificati” o spiegati” dall’agente in modo tale da escludere la rilevanza penale di quelle condotte per mancanza di elementi oggettivi la famiglia” o soggettivi il dolo perché voleva esercitare il proprio ruolo di genitore . Famiglia anche dopo la fine della relazione. Vediamo il primo aspetto che è quello esaminato dalla sentenza della sentenza penale n. 17885/21 che definisce la nozione di famiglia rilevante ai fini della configurabilità del reato di maltrattamento in famiglia art. 572 c.p. . Ebbene, per la Cassazione, dando seguito alla propria giurisprudenza, pur mancando vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile nei confronti di persona non più convivente more uxorio con l’agente quando questi conserva con la vittima una stabilità di rapporti dipendente dai doveri connessi alla filiazione per la perdurante necessità di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, nell’educazione, nell’istruzione e nell’assistenza morale del figlio minore naturale derivanti dall’esercizio congiunto della potestà genitoriale Sez. 6, n. 37628 del 25/06/2019, Rv. 276697 Sez. 6, n. 25498 del 20/04/2017, I., Rv. 270673 Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014, C., Rv. 262078 . Da qui era derivata la conferma della condanna per l’ex partner che aveva maltrattato la sua ex convivente, anche in presenza dei loro figli minorenni, con ingiurie, percosse e lesioni sino a costringerla a allontanarsi da casa e poi perseguitandola e minacciandola a nulla è valso obiettare che parte del la condotta era avvenuta a convivenza terminata. Il secondo aspetto importante è quello messo in luce dalla sentenza n. 15625/21 della V sezione penale. Anche in questo caso il contesto di riferimento è quello che abbiamo chiamato la famiglia necessitata ” una relazione sentimentale dalla quale era nato un figlio e che si era chiusa. Il figlio come alibi per lo stalker? Dopo la fine della relazione, era accaduto che l’ex compagno aveva fatto appostamenti nei pressi dell'abitazione e del luogo di lavoro della sua ex compagna e madre di suo figlio minore, cui seguivano urla ed aggressioni verbali al suo indirizzo ed insistente suonare al citofono ed al campanello di casa di costei, nonchè mediante telefonate invadenti e moleste, minacce e tentativi di contatti fisici, tanto da cagionarle un grave stato d'ansia e paura, oltre che costringerla a modificare le proprie abitudini di vita questo il quadro che aveva portato all’accusa di atti persecutori. Secondo l’imputato, però, non c’erano i presupposti, né oggettivi né soggettivi, per ritenere configurabile il delitto di atti persecutori art. 612-bis c.p. . A suo avviso, infatti, egli aveva agito con insistenza per tentare di esercitare la sua potestà genitoriale che oggi andrebbe chiamata meglio responsabilità” per poter fare visita al figlio dal momento che la madre ostacolava il diritto di visita. Secondo la linea difensiva, egli non ha inteso mai perseguitare l'ex compagna, ma i suoi comportamenti erano tutti dettati dalla necessità di esercitare la propria potestà genitoriale sul loro figlio A., di talchè i dissidi tra imputato e vittima erano tutti riconducibili alla gestione del piccolo ed al versamento del contributo economico per il suo mantenimento, che, quando omesso, provocava ripicche da parte della donna che voleva impedirgli di vedere il bambino . Ebbene, secondo la Cassazione non rilevano le ragioni più o meno recondite che abbiano spinto l'autore della condotta ad agire, che, si ribadisce, rimangono confinate nell'ambito, irrilevante ai fini della struttura della fattispecie delittuosa, del movente dell'azione . Aveva, quindi, fatto corretto applicazione delle norme la Corte di appello che aveva ritenuto non rilevante il movente, o il pretesto, sulla base del quale l'agente fondi il proprio comportamento delittuoso, ivi compresa l'aspirazione ad occuparsi delle necessità di un figlio vieppiù in un caso dove i giudici di merito avevano accertato che non tutti gli episodi erano collegati alla gestione del figlio, ma derivavano spesso anche da situazioni e contesti del tutto avulsi da tale matrice . Ne deriva che la legittima e, anzi, doverosa aspirazione di un genitore ad occuparsi delle necessità di un figlio non può di per sé escludere la rilevanza penale di comportamenti inquadrabili nelle fattispecie di atti persecutori e di maltrattamento , ma dovrà essere tutelata semmai nelle opportune sedi processuali. Il che, infine, rende ancora una volta opportuno sottolineare come sia necessario investire su interventi che possano attenuare, prevenire e risolvere la conflittualità specialmente nell’ambito della famiglia dove le relazioni, come abbiamo visto, sono destinate a durare nel tempo nell’interesse superiore del minore”.