Estinzione del reato per buon esito della messa alla prova: il Procuratore generale della Corte d’Appello ha le mani legate

Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello non è legittimato ad impugnare l’ordinanza del Tribunale che ha accolto l’istanza di sospensione del procedimento per esito positivo della messa alla prova. Allo stesso modo, egli non può impugnare la sentenza con cui il giudice abbia dichiarato l’estinzione del reato per il medesimo motivo.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18317/21, depositata l’11 maggio. Il Tribunale di Salerno ha dichiarato non doversi procedere per estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova nei confronti di un’imputata finita sotto processo per aver utilizzato l’auto che aveva ricevuto in qualità di custode a seguito di sequestro. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso in Cassazione affermando l’insussistenza dei requisiti della messa alla prova in quanto il giudice di prime cure non aveva correttamente provveduto ad individuare le condotte riparatorie e il risarcimento dei danni, presupposti imprescindibili dell’istituto la cui mancanza inficia la validità della stessa istanza di messa in prova. Il ricorso si rivela inammissibile , poiché la S.C. ritiene che il Procuratore generale presso la Corte d’Appello non sia legittimato ad impugnare l’ordinanza di accoglimento dell’istanza di sospensione del procedimento, neppure insieme alla sentenza con la quale il giudice dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non essendo il procuratore generale individuato tra i soggetti – l’imputato, il pubblico ministero e la persona offesa – che possono proporre ricorso per cassazione contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova ai sensi dell’art. 464- quater , comma 7, c.p.p. . Tale affermazione discende dalla ricostruzione e dell’esegesi della norma appena citata, così come sviluppata dalla giurisprudenza a partire dell’entrata in vigore della l. n. 67/2014 che ha introdotto la disposizione. Fermo restando che il pubblico ministero può promuovere il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di sospensione e di messa alla prova per sollecitare il sindacato sulla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 168- bis c.p., la giurisprudenza ha invece precisato che la fase della positiva ammissione alla prova [costituisce, ndr] un vero e proprio procedimento incidentale dotato di autonomia rispetto all’ordinario processo di cognizione sia con riferimento ai requisiti di ammissibilità [] che alla fase di esperimento del trattamento . Ed è proprio tale carattere autonomo che esclude la possibilità di impugnazione per il Procuratore generale presso la corte d’appello, in quanto in quanto organo costituito presso il giudice di merito di livello superiore . In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 aprile – 11 maggio 2021, n. 18317 Presidente Bricchetti – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Salerno, con sentenza a motivazione contestuale del 28 giugno 2019, ha dichiarato non doversi procedere per estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova nei confronti di S.E. , in relazione al reato di cui all’art. 334 c.p. perché, avendo ricevuto in custodia l’auto con la quale circolava senza essere munita di assicurazione contro i sinistri stradali, non la conferiva per la esecuzione della confisca disposta dalla competente autorità amministrativa. 2. Ha proposto appello convertito in ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno denunciando l’erronea applicazione della legge penale art. 168-bis c.p., comma 2, articolo 464-bis e 464-quater c.p.p. . Premette il ricorrente che requisito indispensabile della messa prova è la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e, quando possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato e richiama la disciplina positiva l’art. 464-quinquies c.p.p. che impone al giudice di stabilire entro quale termine dette condotte debbono essere eseguite nonché la giurisprudenza che ha individuato nelle condotte riparatorie e nel risarcimento dei danni un presupposto imprescindibile dell’istituto con la conseguenza che l’eventuale carenza di tale presupposto inficia la stessa validità dell’istanza di messa alla prova, carenza rilevabile anche in sede di impugnazione della sentenza con la quale il giudice abbia dichiarato l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Nel caso in esame non vi è riferimento alcuno alle condotte riparatorie nè nell’istanza proposta a suo tempo dalla S. nè nell’ordinanza del giudice ed è irrilevante che si sia pervenuti a sentenza di estinzione del reato da considerarsi illegittima in mancanza di uno dei presupposti legittimanti, tanto a prescindere dalla impugnazione dell’ordinanza di ammissione secondo quanto consente l’art. 464-quater c.p.p., comma 7. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Ritiene il Collegio che in tema di messa alla prova il procuratore generale presso la corte di appello non è legittimato ad impugnare l’ordinanza di accoglimento dell’istanza di sospensione del procedimento neppure insieme alla sentenza con la quale il giudice dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della prova non essendo il procuratore generale individuato tra i soggetti l’imputato, il pubblico ministero e la persona offesa che possono proporre ricorso per cassazione contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater c.p.p., comma 7. 3.La ricostruzione e l‘esegesi dell’art. 464-quater c.p.p., comma 7, escludono che il procuratore generale possa essere individuato tra i soggetti che hanno diritto all’impugnazione dell’ordinanza con la quale il giudice sospende il processo e ammette la prova nella fase di ammissione del rito speciale, anche unitamente alla sentenza che dichiara l’esito positivo della prova e, quindi, la estinzione del reato. L’art. 464-quater c.p.p., comma 7 stabilisce l’impugnabilità con ricorso per cassazione dell’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova, assegnando la relativa facoltà all’imputato e al pubblico ministero, che può determinarsi all’impugnazione anche su istanza della persona offesa prevedendo, altresì, che l’impugnazione non sospende il procedimento di messa alla prova. Il dettato normativo Contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova ha dato luogo già all’indomani dell’entrata in vigore della L. 28 aprile 2014, n. 67 a dubbi interpretativi circa l’autonoma ricorribilità, da parte dell’imputato e del suo difensore nonché da parte del pubblico ministero, sia delle ordinanze che ammettono la misura, sia di quelle che rigettano la relativa domanda. Tali dubbi sono stati affrontati e risolti dalle Sezioni Unite di questa Corte affermando il principio secondo cui, al di là della oggettiva ambiguità nella disciplina processuale della messa alla prova, in cui i termini processo e procedimento sono spesso utilizzati in modo improprio, l’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 c.p.p., in quanto l’art. 464-quater c.p.p., comma 7, nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova Sez. U, Sentenza n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237 . Le Sezioni Unite hanno anche individuato, in una ricostruzione di sistema dell’istituto e delle sue peculiarità rispetto ai riti alternativi introdotti dal codice di procedura penale, la ratio e i limiti del ricorso per cassazione della sola ordinanza di ammissione evidenziando come, in relazione all’ordinanza di rigetto, la ricorribilità immediata avrebbe potuto determinare, in presenza della espressa esclusione della sospensione del processo, in attesa dell’esito della decisione della Corte di Cassazione, effetti dirompenti nel caso in cui la Cassazione avesse annullato con rinvio l’ordinanza negativa, provocando situazioni paradossali sul processo, che nel frattempo avrebbe potuto essersi concluso con la condanna dell’imputato, anche al risarcimento dei danni in favore della persona offesa costituita parte civile. Viceversa, hanno ritenuto che la norma consente l’impugnabilità diretta ed autonoma con il ricorso per cassazione e con contestazioni limitate ai motivi consentiti dall’art. 606 c.p.p., relativi a violazioni di legge e a vizi di motivazione del provvedimento con il quale, in accoglimento dell’istanza dell’imputato, il giudice abbia disposto la sospensione del procedimento, giacché in tal caso alle parti non sarebbe altrimenti consentito alcun rimedio. Si tratta osserva la decisione richiamata di una scelta del legislatore, che in questo modo privilegia la posizione dell’imputato ammesso alla prova e incentiva l’istituto a cui il legislatore attribuisce una valenza deflattiva. Le Sezioni Unite hanno affermato che tale opzione ricostruttiva può certo costituire una deminutio per la tutela delle posizioni dell’imputato e delle altre parti, ma con conseguenze non drammatiche. In questo caso, sebbene l’imputato può avere interesse a censurare alcune scelte relative ai contenuti del programma, alle condotte riparatorie, al lavoro di pubblica utilità, tuttavia si tratta di contenuti del programma di trattamento che ha proposto e per i quali, anche in caso di integrazione da parte del giudice, è necessario il suo consenso, sicché di regola, non dovrebbe avere motivi per contestare il merito, dal momento che egli stesso ha contribuito a tracciare il perimetro fattuale della messa alla prova. In sostanza, il ricorso per cassazione, limitato ai motivi di legittimità può, almeno in parte, soddisfare le esigenze di garanzie difensive dell’imputato cfr., Corte Cost.,n. 125 del 1995, con riferimento al procedimento di messa alla prova minorile . Gli altri soggetti ammessi a ricorrere per cassazione contro l’ordinanza ammissiva sono il pubblico ministero e la persona offesa. Per quest’ultima la facoltà di ricorrere autonomamente è prevista solo in caso di omesso avviso dell’udienza o di omessa audizione nel corso dell’udienza per il resto la sua possibilità di impugnazione passa attraverso la sollecitazione al pubblico ministero di attivarsi. Anche per questi soggetti la limitazione del controllo alle sole violazioni di legge e agli eventuali vizi della motivazione può rappresentare un condizionamento, in quanto non possono essere dedotte questioni rilevanti che attengono al merito, come ad esempio la quantità e la qualità degli obblighi e delle prescrizioni imposte, nonché i termini della loro esecuzione ovvero la congruità rispetto al fatto commesso e alle finalità rieducative che giustificano il provvedimento stesso. Tuttavia, in questo caso, il legislatore ha dato prevalenza alla tempestività della contestazione di legittimità, escludendo ogni controllo sul merito. Soluzione che, riferita al pubblico ministero e alla persona offesa, può risultare ancora razionale, se la si interpreta come il tentativo del legislatore di assicurare comunque una tutela a soggetti che possono trovarsi in posizione antagonista rispetto all’ordinanza che ammette l’imputato al procedimento di cui all’art. 168-bis c.p. tutela limitata ai soli motivi di legittimità per garantire il massimo favore all’istituto della sospensione con messa alla prova. Costituisce, dunque, dato pacifico quello che il pubblico ministero, avverso il provvedimento di sospensione e messa alla prova, possa promuovere il ricorso per cassazione, previsto dall’art. 464-quater c.p.p., comma 7, con il quale può, in primo luogo, sollecitare il sindacato sulla sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 168-bis c.p La giurisprudenza, proseguendo lungo la linea interpretativa tracciata dalle Sezioni Unite, ha affermato, altresì, che la sentenza con la quale ill giudice, ai sensi dell’art. 469-septies c.p.p., dichiara, nell’ambito dello stesso procedimento speciale, che la prova ha avuto esito positivo con conseguente estinzione del reato è, poi, ricorribile per cassazione, secondo i principi generali fissati dall’art. 111 Cost., comma 7 e dall’art. 568 c.p.p., commi 2 e 3. Si è precisato, tuttavia, che con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento non possono essere proposti motivi attinenti all’ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova perché preclusi dall’avvenuta decorrenza del termine entro il quale deve essere proposto il mezzo di impugnazione avverso l’ordinanza di cui all’art. 464-quater c.p.p., commi 3 e 7. Al contrario, ben potranno essere dedotte, secondo le regole ed i limiti del giudizio di legittimità, censure attinenti alla fase del procedimento successiva all’ordinanza di sospensione, sia di natura processuale si pensi, ad esempio, all’omesso avviso alle parti o alla persona offesa per l’udienza dedicata alla decisione finale ex art. 464-septies c.p.p., comma 1, secondo periodo sia eventuali errores in iudicando come l’errata valutazione dell’esito della prova , anche sotto il profilo dell’illogicità della motivazione Sez. 1, Sentenza n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138 . . Va, infine, rimarcato come anche le ipotesi di revoca dell’ordinanza di ammissione della messa alla prova, previste dall’art. 168-quater c.p., non attengono alla rivalutazione dei presupposti di applicazione dell’istituto, ma sono relative a circostanze successive, relative al comportamento dell’imputato trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, commissione durante il periodo di prova di nuovo delitto non colposo ovvero di reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede e che è solo dal momento della definitività dell’ordinanza di revoca, contro la quale è previsto il ricorso per cassazione per violazione di legge, il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l’esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti. Dal delineato sistema dei rimedi esperibili avverso le ordinanze che decidono sulla istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, sia in caso di rigetto che di accoglimento, si trae la conseguenza che esso è improntato, sul piano dell’economia processuale, alla finalità di ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento, se non addirittura di eliminarle del tutto e di garantire il massimo favore all’istituto della sospensione con messa alla prova cfr. Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv.267237 . Sempre le Sezioni Unite Sez. U, Sentenza n. 36272 del 31/03/2016, Sorcinelli, Rv. 267238 hanno chiarito come nell’ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio, la sospensione del procedimento dà luogo ad una fase incidentale in cui si svolge un vero e proprio esperimento trattamentale, sulla base di una prognosi di astensione dell’imputato dalla commissione di futuri reati che, in caso di esito positivo, determina l’estinzione del reato . 3. Ad avviso del Collegio, tale sistema consente di ricostruire la fase della positiva ammissione alla prova come un vero e proprio procedimento incidentale dotato di autonomia rispetto all’ordinario processo di cognizione sia con riferimento ai requisiti di ammissibilità che fanno riferimento ai presupposti indicati dall’art. 168-bis c.p. , che alla fase di esperimento del trattamento durante il quale si dà corso ad una fase procedimentale alternativa rispetto a quella principale e che, in caso positivo, approda ad un esito, la sentenza di cui all’art. 469-septies c.p.p. rispetto alla quale, secondo la giurisprudenza innanzi richiamata, non sono più rilevabili eventuali vizi dell’ordinanza di ammissione, ma solo vizi della fase procedimentale successiva all’ammissione della prova e errores in iudicando. Nè rileva, per escludere la natura autonoma di tale fase, la possibilità di revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dal momento che se è vero che l’effetto è costituito dalla ripresa dell’ordinario corso del procedimento volto, come tale, all’accertamento dei fatti e della punibilità dell’accusato nonché alla determinazione dell’eventuale trattamento sanzionatorio è anche vero che tale revoca, come si è anticipato, non può avere luogo che per fatti successivi all’ammissione all’esperimento trattamentale e non per vizi della fase di ammissione art. 168-quater cit . La sussistenza del potere di impugnazione del procuratore generale va verificata, ad avviso del Collegio, alla stregua del descritto sistema di impugnazione dell’ordinanza di sospensione del procedimento e della sentenza conclusiva nonché dei caratteri sostanziali dell’istituto della messa alla prova, al quale il Legislatore guarda con favore non solo per l’effetto deflattivo, ma anche per la sua finalità di sottrarre al sistema giurisdizionale quelle persone che non abbisognano del trattamento penale tradizionale. Come noto l’ordinamento processuale non concede al procuratore generale un ampio e indeterminato potere che gli consenta di proporre impugnazione in ogni e qualsiasi ipotesi poiché anche nei suoi riguardi deve trovare applicazione la norma cardine dell’intero sistema costituita dall’art. 568 c.p.p., che sancisce il principio fondamentale di tassatività delle impugnazioni, nel quadro di quello tradizionale della competenza del pubblico ministero derivata da quello del giudice presso il quale è costituito ovvero presso il giudice di merito a livello superiore e che assume un valore tendenziale in assenza di specifiche diverse disposizioni Sez. U, n. 22531, 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056 . È il legislatore che stabilisce non solo 4 casi nei quali provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e il mezzo con cui possono essere impugnati ma anche i soggetti cui è espressamente conferito dalla legge il diritto di impugnazione. Il fondamento della legittimazione del procuratore generale all’impugnazione viene, in particolare, ravvisato in un complesso normativo, esplicativo del disposto dell’art. 570 c.p.p., contenuto nell’art. 548 c.p.p., comma 3, art. 585 c.p.p., comma 2, lett. d, e art. 608 c.p.p., comma 4, per quanto attiene al ricorso per cassazione. Si tratta di norme in particolare l’art. 548 c.p.p., comma 3 e art. 585 c.p.p., comma 2, lett. d che precisano le modalità di esercizio del diritto d’impugnazione del procuratore generale, prescrivendo gli adempimenti necessari a far conoscere al suo titolare i provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della circoscrizione diverso dalla Corte d’Appello. Anche l’art. 570 c.p.p., nel prevedere l’impugnazione del pubblico ministero, prima ancora di regolare il rapporto tra procuratore della Repubblica presso il Tribunale e procuratore generale presso la corte di appello, in materia di impugnazione, richiama i casi stabiliti dalla legge. E proprio in applicazione di tale riferimento si è ritenuto che in alcuni casi, in deroga alla regola prevista dall’art. 570 c.p.p., sia esclusa la legittimazione del procuratore generale presso la corte di appello valorizzando anche il tenore letterale delle norme. Si pensi alle ordinanze del tribunale della libertà, in sede di riesame o di appello, in cui il testo normativo non fa riferimento generico al pubblico ministero , ma specifica espressamente che legittimati all’impugnazione sono il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura e il pubblico ministero presso il Tribunale indicato nell’art. 309, comma 7. Si pensi, ancora, ai provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione avverso i quali la legittimazione ad impugnare spetta, in via esclusiva, per espressa designazione del legislatore, al pubblico ministero che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento ex plurimis, Sez. 1, n. 6324, 11/01/2013, De Giglio, Rv. 254224 . Il descritto sistema di impugnazione diretta dell’ordinanza di sospensione e ammissione alla prova deroga al regime dell’impugnazione delle ordinanze emesse in dibattimento disciplinato in via ordinaria dall’art. 586 c.p.p. che prevede la ordinaria impugnazione soltanto con l’impugnazione contro la sentenza, non solo sul piano temporale ma, come anticipato, anche con riferimento ai motivi dell’impugnazione poiché con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento non possono essere proposti motivi attinenti all’ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova perché preclusi dall’avvenuta decorrenza del termine entro il quale deve essere proposto il mezzo di impugnazione avverso l’ordinanza di cui all’art. 464-quater c.p.p., commi 3 e 7, dando luogo ad un regime disgiunto di impugnazione che incide anche sulla configurabilità dei rapporti di connessione fra i due provvedimenti. Dal sistema discende la creazione di un regime disgiunto di impugnazione che deroga anche all’art. 586, comma 1, u.p., che estende i motivi di impugnazione della sentenza a quelli connessi con l’ordinanza, ed ispirato alla finalità di ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento, se non addirittura di eliminarle del tutto, secondo la linea interpretativa tracciata nella sentenza Rigacci. Esclusa la natura derivata da quella del giudice del potere di impugnazione del procuratore generale della corte di appello, sono la natura autonoma del procedimento incidentale e il descritto sistema di impugnazione che escludono, altresì, il fondamento del potere di impugnazione del procuratore generale della corte di appello quale organo costituito presso il giudice di merito di livello superiore. Non ignora il Collegio la esistenza di una decisione di questa Corte che ha affermato un principio opposto poiché ha ritenuto ammissibile il ricorso del procuratore generale contro l’ordinanza di accoglimento della sospensione del procedimento con messa alla prova unitamente alla sentenza con la quale il giudice dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della prova, qualora non sia stata effettuata nei suoi confronti la comunicazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza di sospensione Sez. 1, Sentenza n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138 . Tanto sul presupposto che il procuratore generale sia soggetto legittimato alla proposizione dell’impugnazione sulla base del dato letterale dell’art. 464-quater c.p.p., comma 7, individuando il titolare del diritto all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione con messa alla prova nel pubblico ministero con una formula che, in via generale, deve riferirsi anche al procuratore generale, quale organo titolare del potere di proporre impugnazione contro i provvedimenti emessi, nell’ambito dell’ordinario processo di cognizione, dai giudici del distretto anche quando il pubblico ministero del circondario abbia già compiuto in merito la sua valutazione, positiva o negativa. La richiamata sentenza Lorini ha riconosciuto il potere del procuratore generale richiamando, oltre al dato testuale del generico riferimento al pubblico ministero di cui all’art. 464-quater c.p.p., comma 7, le norme che regolano il procedimento di rito camerale articolo 127 e 128 c.p.p. con il quale si svolge la fase incidentale, innescata dall’istanza di messa alla prova dell’imputato e che determinerebbero la necessità di notificare anche al procuratore generale l’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai fini della decorrenza del termine di impugnazione. Tali argomenti, ad avviso del Collegio, non sono risolutivi dal momento che danno per dimostrato il potere di impugnazione che, invece, per le descritte ragioni di diritto positivo non appare in un approccio di sistema riconducibile al procuratore generale che, nella materia in esame, non è istituito presso il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato e dal quale deriva la competenza in materia di impugnazione nè presso il giudice di merito avente giurisdizione di merito a livello superiore dal momento che, come si è detto, l’ordinanza di sospensione del procedimento per messa alla prova è impugnabile solo con il ricorso per cassazione. Ai fini della estensione del diritto di impugnazione al procuratore generale presso la corte di appello non soccorre neppure la disposizione di cui all’art. 608 c.p.p. che consente l’impugnazione del procuratore generale limitato alle sentenze. Il riferimento al pubblico ministero contenuto nell’art. 464-quater c.p.p., comma 7, non possiede valore dirimente stante la oggettiva ambiguità del dato letterale della norma, ambiguità che consente, al contrario, di far ricorso ai profili di carattere sistematico anche interni alla disciplina dell’istituto della messa alla prova compatibili con la descritta finalità di stabilizzare l’ordinanza di ammissione della provà anche attraverso la lettura del disposto normativo, non contrastata da norme positive, che operi la selezione dei soggetti legittimati all’impugnazione evitando di rimettere in discussione, a fronte di un percorso trattamentale ormai positivamente concluso, i presupposti di applicazione della misura che sono ormai preclusi agli altri soggetti processuali, cioè il pubblico ministero, e la persona offesa, che pure si trovavano in posizione antagonista rispetto alla scelta processuale fatta valere dall’imputato. L’ambiguità della disposizione normativa, suscettibile di dare luogo ad applicazioni differenti, deve indurre l’interprete, piuttosto che a letture astrattamente plausibili in base ad una interpretazione letterale, ad una interpretazione ragionevole rispetto al sistema procedimentale approdato ormai al suo esito definitivo e coerente con la scelta del legislatore che, in un’ottica di economia processuale, ha dettato una disciplina funzionale alla finalità di ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento così favorendo anche la scelta dell’imputato che si troverebbe, a fronte di un positivo percorso trattamentale, respinto alla casella di partenza del processo essendo stati rimessi in discussione non gli aspetti sostanziali del programma rieducativo, già assolti, ma i presupposti stessi dell’ammissione al rito. Deve, dunque pervenirsi alla conclusione che il procuratore generale presso la corte di appello non è legittimato ad impugnare l’ordinanza di accoglimento dell’istanza di sospensione del procedimento neppure insieme alla sentenza con la quale il giudice dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della prova non essendo il procuratore generale individuato tra i soggetti l’imputato, il pubblico ministero e la persona offesa che possono proporre ricorso per cassazione contro l’ordinanza che decide sull’istanzà di messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater c.p.p., comma 7. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.