Gli effetti della declaratoria di incostituzionalità sul giudicato di prevenzione

L’effetto della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 1, comma 1 lett. a del codice antimafia è assimilabile – in sede di prevenzione – all’effetto previsto per le disposizioni di carattere penale incidenti sulla responsabilità o sulla determinazione della pena e ciò in ragione della incidenza della disposizione dichiarata incostituzionale sulla ablazione patrimoniale, posto che non vi è giustificazione costituzionale del sacrificio del diritto di proprietà in assenza di idonea base legale” tesa a concretizzarne il presupposto.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14825/2021, depositata il 20 aprile. Il caso. Il Tribunale di Bologna, Sezione misure di prevenzione, respingeva la domanda di revoca ex tunc della confisca, essendosi concluse le procedure di prevenzione rispettivamente nel 2011 e nel 2014 ed essendo queste ultime basate su un precedente decreto di applicazione della misura personale emesso nel 2009. Il Tribunale rilevava come la pericolosità del condannato fosse stata inquadrata nelle ipotesi di cui alle lettere a e b dell’art. 1, comma 1, codice antimafia. Dunque, le ipotesi di dedizione abituale a traffici delittuosi e di sostentamento abituale, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. Avverso la predetta ordinanza veniva proposto ricorso per cassazione, lamentando erronea applicazione della legge e violazione dell’art. 30 l. n. 87/1953, nonché vizio di motivazione. Lamentava il ricorrente che la categoria soggettiva in cui era stata inquadrata la pericolosità dello stesso fosse, essenzialmente, quella prevista dall’art. 1, comma 1, lett a cod. antimafia, oggetto di pronuncia di illegittimità costituzionale n. 24/2019. Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso l’effetto retroattivo della pronuncia di illegittimità costituzionale, da ritenersi al contrario sussistente, attesa l’incidenza di tale decisione sul diritto di proprietà costituzionalmente garantito. Gli effetti della declaratoria di incostituzionalità. La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso proposto meritevole di accoglimento, sottolineando sia la configurabilità della pronuncia della Consulta n. 24/2019 quale sopravvenienza in diritto, sia la natura giuridica del cosiddetto giudicato di prevenzione, diverso dal giudicato penale in senso proprio. La categoria di pericolosità di cui all’art. 1, comma 1, lett a cod. antimafia è stata dichiarata incostituzionale per indeterminatezza dei contenuti descrittivi della disposizione di legge. Gli Ermellini, dunque, hanno correttamente rilevato come la permanenza di effetti della disposizione caducata, in caso di ablazione della proprietà derivante dall’inquadramento tipico del soggetto nella disposizione eliminata, ove la ricognizione di pericolosità sia fondata esclusivamente su tale norma, rende doverosa la rimozione del giudicato di prevenzione. Ciò in quanto la natura della disposizione regolatrice consiste nella funzione di base legale” di una limitazione autoritativa di un diritto costituzionalmente garantito e, dunque, l’effetto retroattivo è tale da imporre la rimozione del giudicato. Non è al contrario opponibile il limite delle situazioni esaurite”, dovendosi invece applicare l’art. 30, comma 3, l. n. 87/1953, per cui le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. In tale quadro deve essere considerato il giudicato di prevenzione, con conseguente cedevolezza del medesimo in caso di rivisitazione della base legale” che aveva determinato l’affermazione della pericolosità in ossequio, peraltro, ai principi di tassatività e determinatezza. Conseguentemente, la permanenza della misura di prevenzione in seguito a declaratoria di incostituzionalità della base legale” su cui è fondata comporterebbe un ingiustificato sacrificio del diritto di proprietà costituzionalmente tutelato Del resto, come sottolineato dal Supremo Collegio, la permanenza di effetti di una decisione di confisca basata su un inquadramento della pericolosità difforme dai canoni interpretativi condizionanti la stessa validità costituzionale della previsione di legge contravverrebbe al principio di uguaglianza e parità di trattamento sancito dall’art. 3 della Costituzione. Il Giudice della fase revocatoria, dunque, è chiamato ad operare puntuale verifica in tal senso, non potendo consentire la permanenza in essere di una decisione che comprime illegittimamente un diritto costituzionalmente protetto, nonché ad una complessiva rivalutazione dei contenuti delle decisioni emesse in sede di cognizione conforme alla pronuncia n. 24/2019 della Corte Costituzionale. Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza oggetto di gravame, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 gennaio – 20 aprile 2021, n. 14825 Presidente Centofanti – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza emessa in data 16 dicembre 2019 il Tribunale di Bologna, Sezione misure di prevenzione ha respinto la domanda di revoca ex tunc della confisca, introdotta nell’interesse di L.G. . 1.1 Le procedure di prevenzione che hanno determinato la confisca si sono concluse nel 2011 e nel 2014 e si sono basate su un precedente decreto di applicazione della misura personale emesso nel 2009. In sede cognitiva la pericolosità del L. , per come ricostruita dal Tribunale, risulta inquadrata tanto nella ipotesi tipica di cui alla lett. a che in quella della lett. b del D.Lgs. n. 159 del 2011 da ora in avanti cod.ant. , essendo stato fatto riferimento non soltanto alla dedizione a traffici delittuosi” ma anche alla commissione di più reati contro il patrimonio. 2. In motivazione si afferma, in sintesi, che a quanto alla sopravvenienza della nota decisione Corte Cost. n. 24 del 2019, con cui è stata dichiarata, per difetto di specificità, la illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 1 lett. a cod.ant., non può ritenersi consentita la produzione di un effetto retroattivo tale travolgere le decisioni applicative della confisca, trattandosi di situazioni esaurite” e dunque insensibili alla eliminazione della disposizione dal quadro normativo b in ogni caso, la base legale della confisca è rappresentata anche dall’avvenuto inquadramento tipico del L. nella condizione descritta dal legislatore all’art. 1, comma 1, lett. b cod.ant., il che rende intangibili le decisioni emesse in sede cognitiva. 3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - L.G. , articolando una unica doglianza, in termini di erronea applicazione della legge regolatrice, violazione della L. n. 87 del 1953, art. 30 e vizio di motivazione. 3.1 Il ricorrente afferma che la categoria soggettiva in cui era stata censita la pericolosità del L. era, essenzialmente, quella di cui all’art. 1, comma 1, lett. a, cod.ant., oggetto della pronunzia di illegittimità costituzionale n. 24 del 2019. Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso l’effetto retroattivo della pronunzia di illegittimità costituzionale, da ritenersi sussistente, data l’incidenza della decisione definitiva sul diritto di proprietà, costituzionalmente garantito. Il mero richiamo, contenuto in una delle decisioni, alla categoria di cui all’art. 1, comma 1, lett. b cod.ant. non sarebbe assistito da una effettiva ricognizione delle condizioni di legge, per come risultanti dai contenuti della medesima pronunzia del giudice delle leggi. 4. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono. 4.1 Il tema trattato in sede di merito ed oggetto del ricorso riguarda le ricadute - in tema di confisca - della pronunzia della Corte Costituzionale n. 24 del 2019 con cui è stata dichiarata la illegittimità di una delle categorie soggettive di pericolosità art. 1, comma 1, lett. a, cod.ant. e sono state recepite, in chiave di tenuta complessiva del sistema, alcune coordinate interpretative della previsione di legge rimasta in vigore art. 1, comma 1, lett. b, cod.ant. . Si tratta di sopravvenienze in diritto rispetto a pronunzie definitive che hanno disposto la confisca - in sede di prevenzione - di beni riferibili al soggetto portatore di pericolosità. L’analisi delle conseguenze di detta pronunzia deve muovere da alcune considerazioni in diritto, relative sia alla incidenza delle decisioni ablazione del diritto di proprietà con vocazione definitiva che alla natura giuridica del cd. giudicato di prevenzione, ontologicamente caratterizzato da margini di flessibilità, che lo rendono sui generis e, dunque, diverso dal giudicato penale in senso proprio. 4.2 Giova ricordare, quanto ai contenuti della sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale n. 24 del 2019 che nella sua parte demolitivi” la decisione, come è noto, ha dichiarato la illegittimità della categoria di pericolosità di cui all’art. 1, comma 1, lett. a, cod.ant. abituale dedizione a traffici delittuosi per indeterminatezza dei contenuti descrittivi della disposizione di legge. La rilevanza dogmatica di simile statuizione sta, in particolare, nell’aver ritenuto applicabili - anche in ragione dell’accertamento di violazione dei contenuti dell’art. 2 Prot.n. 4 Conv. Edu derivante dalla nota decisione GC Corte Edu De Tommaso contro Italia - alle disposizioni regolatrici in tema di prevenzione i principi di tassatività descrittiva delle fattispecie, in chiave di prevedibilità delle conseguenze sfavorevoli di determinate condotte, pur restando le misure di prevenzione strumenti giuridici non attratti” nella materia penale. In rapporto alle ricadute di tale pronunzia - quanto all’art. 1, comma 1, lett. a, - va affermato che la ontologica permanenza di effetti della disposizione caducata, in caso di ablazione della proprietà derivante dall’inquadramento tipico del soggetto nella disposizione eliminata, rende doverosa - in ipotesi di ricognizione della pericolosità soggettiva basate in via esclusiva sulla disposizione dichiarata incostituzionale - la rimozione del giudicato di prevenzione. Come si è osservato in alcune decisioni emesse da questa Corte di legittimità, la natura della disposizione regolatrice, pur in un ambito non strettamente penale, è quella di fungere da base legale di una limitazione autoritativa di un diritto costituzionalmente garantito e, pertanto, va detto che l’effetto retroattivo - con individuazione di un vizio ab origine tipico del giudizio di costituzionalità- derivante dall’accertato contrasto della disposizione censurata con una o più norme costituzionali, è tale da imporre la rimozione del giudicato. In tale cornice ermeneutica appare decisiva la considerazione della permanenza di effetti la perdita della proprietà di carattere afflittivo, quale fatto ricollegabile alla applicazione della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima. Non può pertanto ritenersi opponibile il limite delle situazioni esaurite”, dovendosi dare ampia espansione alla disposizione della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3 secondo cui le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione quanto alla naturale retroattività degli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale, sia pure con individuazione di possibili limitazioni, v. di recente Corte Cost. n. 246 del 2019 . In tale ottica il particolare carattere del giudicato di prevenzione forma di preclusione sui generis, posto che attiene all’avvenuto riconoscimento di una condizione soggettiva, più che di un fatto, secondo gli insegnamenti derivanti da Sez. U n. 18 del 1996, Simonelli agevola, sul piano dogmatico, il riconoscimento della sua cedevolezza - qui in bonam - derivante da rivisitazioni della ‘base legalè che aveva determinato l’affermazione della pericolosità. Ciò del resto appare un ineludibile risvolto della definitiva affermazione contenuta nella sent. n. 24 del 2019 c.c.ost. dei principi di tassatività e determinatezza delle previsioni regolatrici in tema di prevenzione, ferma restando la natura non penale” delle medesime, aspetto che consente di ritenere in quanto derivante da pronunzia sopravvenuta emessa dal giudice delle leggi non vincolante in rapporto ai contenuti dell’art. 618 c.p.p., comma 1 bis la risalente posizione espressa in tema di misure di sicurezza ex art. 240 c.p. - nel senso della non rivedibilità delle statuizioni applicative, pure in presenza di declaratoria di illegittimità costituzionale della correlata norma incriminatrice - da Sez. U n. 2 del 1998, Maiolo, decisione orientata a ritenere sussistente in riferimento alla naturale espansione retroattiva della pronunzia di incostituzionalità il limite delle situazioni esaurite”. 4.3 Può dunque ritenersi, per quanto sinora detto, che l’effetto della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 1, comma 1, lett. a cod.ant. sia assimilabile - in sede di prevenzione - all’effetto previsto per le disposizioni di carattere penale incidenti sulla responsabilità o sulla determinazione della pena v. Sez. U 2014 Gatto , e ciò in ragione della incidenza” della disposizione dichiarata incostituzionale sulla ablazione patrimoniale effetto che si manifesta come permanente ed è dunque in atto” al momento della decisione di incostituzionalità , posto che non vi è giustificazione costituzionale del sacrificio del diritto di proprietà in assenza di idonea base legale tesa a concretizzarne il presupposto. 4.4 Ciò posto, va altresì precisato che la doverosa verifica di permanenza della base legale della decisione applicativa di misura di prevenzione è stata estesa, in taluni recenti arresti che il Collegio condivide v. Sez. I n. 11661 del 10.1.2020, Pilato, rv 278738 in caso di misura personale Sez. II n. 33641 del 13.10.2020, Sabatelli, rv 279970 in caso di confisca alle ipotesi di intervenuta applicazione, in sede cognitiva, anche della categoria tipica di cui all’art. 1, comma 1, lett. b cod.ant. il vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose . Ciò per hè in riferimento ai contenuti di tale disposizione la citata decisione del giudice delle leggi - lungi dal convalidare senza rilievi i contenuti espressivi del testo - si atteggia a sentenza interpretativa di rigetto, i cui contenuti argomentativi pongono talune precise condizioni di validità costituzionale del modus interpretativo adottato nel caso concreto si vedano, sul tema Sez. I n. 27696 del 1.4.2019, rv 275888 Sez. II n. 11445 del 8.3.2019, rv 276061 Sez. VI n. 21513 del 9.4.2019, rv 275737 . In particolare, giova ricordare che a seguito dell’intervento della Consulta, nella cd. parte constatativa” del giudizio di prevenzione, l’applicazione della disposizione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b può dirsi conforme ai principi costituzionali di riferimento se ed in quanto il giudice del merito abbia rispettato, dandone conto in motivazione, quei particolari connotati di tassatività dei contenuti, già individuati da questa Corte di Cassazione negli arresti posteriori alla nota decisione Corte Edu De Tommaso contro Italia v. Sez. I n. 349 del 15.6.2017, dep.2018 ric. Bosco, rv 271996 e successive conformi e così riassunti nella sent. n. 24 del 2019 le categorie di delitto che possono essere assunte a presupposto della misura sono in effetti suscettibili di trovare concretizzazione nel caso di specie esaminato dal giudice in virtù del triplice requisito - da provarsi sulla base di precisi elementi di fatto , di cui il tribunale dovrà dare conto puntualmente nella motivazione art. 13 Cost., comma 2 - per cui deve trattarsi di a delitti commessi abitualmente e dunque in un significativo arco temporale dal soggetto, b che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui, c i quali a loro volta costituiscano - o abbiano costituito in una determinata epoca - l’unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito . Le precisazioni operate dal giudice delle leggi nel corpo della decisione riconoscono, pertanto, quanto alla categoria tipica di cui all’art. 1, comma 1, lett. b cod.ant., una validità costituzionale condizionata alla avvenuta adozione di un preciso canone ermeneutico, il che equivale a porre fuori dalla compatibilità con i principi costituzionali e convenzionali le applicazioni concrete non conformi a simile inquadramento. Non può parlarsi, in tale ambito, di una mera evoluzione interpretativa giurisprudenziale” che sarebbe, come è noto, fenomeno non influente sulle decisioni definitive già emesse , essendosi verificato in virtù di interventi di attori giurisdizionali diversi un fenomeno di allineamento costituzionale e convenzionale” dei contenuti semantici e prescrittivi della disposizione pur rimasta, ovviamente, invariata ben più complesso. In particolare, è la stessa sentenza n. 24 del 2019 ad affermare come - in tal caso l’interpretazione giurisprudenziale maturata in sede di legittimità a ridosso della decisione Corte Edu De Tommaso contro Italia del 2017 abbia contributo a delineare con sufficiente chiarezza ed in forma compatibile con il principio di prevedibilità gli stessi contenuti della disposizione di legge, arrivando a recepire detta interpretazione come l’unica in grado di resistere alla censura di indeterminatezza che ha colpito la previsione di cui alla lettera a del medesimo articolo di legge. Da ciò deriva la medesima conseguenza, in punto di rivedibilità dei giudicati di prevenzione, già illustrata a proposito della parte demolitiva della decisione, con la avvertita necessità di un intervento del giudice della fase revocatoria o esecutiva, teso a riconoscere o meno , la perdurante base legale della ablazione patrimoniale, nel senso imposto - quanto a tale ipotesi tipica - dai contenuti prescrittivi della decisione n. 24 del 2019 tali da rappresentare, come è stato affermato nella citata sent. Sez. II n. 33641 del 2020 un parametro obbligatorio di riferimentò anche per il giudice della revocazione . Non sarebbe rispondente, in altre parole, al principio costituzionale di uguaglianza e parità di trattamento espresso dall’art. 3 Cost., la permanenza di effetti” di una decisione di confisca basata su un inquadramento della pericolosità in fase constatativa del giudizio di prevenzione difforme dai quei” canoni interpretativi condizionanti la stessa validità costituzionale della previsione di legge art. 1, comma 1, lett. b, cod.ant. applicata nel caso concreto. Ciò consente di attribuire al giudice della fase revocatoria nel caso in esame trattasi del Tribunale in virtù dell’epoca di proposizione delle domande applicative, in applicazione della L. n. 1423 del 1956, art. 7 il dovere di operare simile verifica, non potendosi altrimenti consentire la perdurante incidenza della decisione su un diritto costituzionalmente protetto. 4.4 Tutto ciò premesso, nel caso in esame le valutazioni espresse dal Tribunale non appaiono rispondenti ai principi in diritto sin qui esposti. In particolare, va rilevato che non può dirsi esaurito” il rapporto sorto sulla base della disposizione dichiarata incostituzionale, essendo in atto” l’effetto di ablazione della proprietà. Ciò determina la segnalata necessità di complessiva rivalutazione dei contenuti delle decisioni emesse in cognizione, dovendosi escludere la permanenza di effetti della previsione di legge dichiarata incostituzionale l’art. 1, comma 1, lett. a cod.ant. ed al tempo stesso dovendosi accertare l’avvenuta applicazione della previsione di legge di cui all’art. 1, comma 1, lett. b cod.ant. in modo conforme ai contenuti della decisione Corte Cost. n. 24 del 2019, ritenuti in linea con i principi costituzionali e convenzionali in punto di chiarezza e precisione delle disposizioni descrittive della categoria tipica di pericolosità. La decisione impugnata va pertanto annullata con rinvio, come da dispositivo. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna.